Fisica Zen: La scienza della Morte e la logica della reincarnazione (libro scritto da astrofisico Darling) come indagine definitiva sulla coscienza unica alla base dell’ universo

La distinzione che forse vuole intendere Eric Wargo riguardo alla “coscienza superiore” che viene “ristretta” e “ricostruita” per essere metaforicamente “contenuta” entro i confini fisici del cervello del soggetto per dare origine alla “percezione di un Io” in un certo senso non si estende “nello spazio” ma “nel Tempo”. Essa esiste anche se per ragioni relative alle percezioni limitate del nostro cervello non è tangibile, ma è comunque inevitabile. Poi, non so come essa funzioni, ma è come se invece di avere “massa nello spazio” avesse “massa nel Tempo” ed è per questo che noi possiamo ricevere informazioni dal futuro. E’ come se questo “imbuto restringente” che cattura uno spicchio di coscienza unica – superiore si esprimesse nel Tempo. E’ solo che Wargo preferisce “stabilire” che ciò che noi intendiamo per coscienza allargata sia esclusivamente un “senso dell’ Io allungato” che trascende il Tempo e non l’ universo in sé fatto di coscienza che viene ristretto o rimpicciolito o ricostruito in chiave cerebrale dall’ organo neuronale, ma io non sono d’ accordo. Le due cose vanno assieme e non si escludono l’ una con l’ altra. In un certo senso esiste sia l’ Io esteso che trascende il Tempo da una “fonte” cerebrale, sia l’ universo fatto di coscienza da cui il cervello “risucchia” metaforicamente uno spicchio di esso per metabolizzarne una “copia” (di file, si potrebbe dire, metaforicamente) in “chiave neuronale”. Infatti è proprio l’ aggiunta della dimensione “paranormale” della “precognizione” e della “retrocausalità” che trascende il Tempo che completa il disegno di un cervello che “clona” la coscienza universale in una versione confinata al corpo e che quindi fa del cervello essenzialmente un “figlio” dell’ universo, o comunque una sorta di “riduzione” di esso in scala frattale. La mente individuale è il granello singolo di un deserto di sabbia che rappresenta l’ universo – coscienza.

(mio commento in una conversazione nella chat social di noi bloggers)

Non c’è ragione di supporre a priori che il problema della morte debba essere improponibile a livello scientifico.

Due principali conclusioni verranno elaborate, entrambe da prendere in seria considerazione, ed entrambe, se non fosse per la mole di evidenze che le supportano, potrebbero sembrare incredibili, assurde. La prima conclusione: una forma di reincarnazione naturalistica è logicamente inevitabile dopo la morte di un soggetto. La vita dopo la morte è inevitabile. E inoltre, deve esserci la continuità della coscienza (della percezione di esistere), così che appena finisci il tuo percorso in questa vita ne inizierai un altro in qualche altra forma (di vita). La seconda conclusione: il cervello non dà origine alla percezione della coscienza da parte del soggetto, ma è in realtà un organo che la restringe e rielabora attraverso “interpretazioni in base fisica – materiale”, attingendo la coscienza che percepiamo da una fonte che è la Mente in quanto “proprietà fondamentale e pervasiva dell’ universo”, una (per così dire) sostanza che è “aldilà” ma che allo stesso tempo costituisce “un insieme – il tutto contenuto in esso” e che è indistruttibile ed eterna.

Troppo spesso la scienza si pone come qualcosa che distrugge le speranze di sopravvivenza dell’ uomo in un mondo “giungla”. Ma non deve essere necessariamente percepita in questo modo. Una sorta di crescita o trasformazione mentale, spirituale, psicologica può essere raggiunta tramite l’ applicazione della logica e del pensiero.

Epicuro parlava dell’ irrazionalità di temere la fine della percezione della propria coscienza nella sua Lettera a Menoeceus: “devi acclimatarti alla credenza che la morte non è niente per noi. Perché tutto il bene e il male consistono in sensazioni, ma la morte è una deprivazione di sensazioni. E quindi la mortalità della vita è piacevole, non perché ci porta via la brama di immortalità, ma perché non c’è niente di terribile nella vita di un uomo che ha realmente compreso che non c’è niente di terribile nel “non essere in vita”.”

Ludwig Wittgenstein: “Noi non facciamo esperienza della nostra morte. La nostra vita non ha fine nello stesso modo in cui il nostro campo visivo non ha limiti. “ Per usare una analogia matematica, come una curva “asymptotic” si avvicina sempre di più ad una linea ma non la tocca mai per davvero, così noi ci avviciniamo alla nostra morte, lungo il nostro percorso di vita, ma non raggiungiamo mai l’ esperienza della nostra morte ( se per essa si intende la fine della nostra percezione di essere coscienti in quanto “essere Io”).

Se la morte marca la fine permanente della tua coscienza individuale, allora dal tuo punto di vista quando muori, l’ intero futuro dell’ universo (possibilmente decine di miliardi di anni se non di più) dovrebbero “telescope down” (srotolarsi all’ indietro – essere spinti all’ indietro verso di te da una forza di attrazione), come descriveva Socrate, in un singolo sfuggevole istante. (Questo concetto assomiglia alla descrizione del momento dell’ Eschaton alla data zero della Timewave Zero di Terence Mckenna, e ciò potrebbe farci capire che “una timeline individuale” (il tempo di vita di un soggetto) e la “vita” distribuita in fasi dell’ universo, a livelli diversi ma frattali, rappresentano lo stesso concetto, sono la stessa cosa, la vita dell’ individuo cosciente (dotato di organo restringente della coscienza unica) e l’ universo sono interpretabili come identici, così che in un certo senso la morte di un individuo singolo corrisponde allo smaterializzarsi dell’ universo stesso, e in un certo senso si potrebbe concludere che ciò che vuole esprimere il concetto di “Tempo frattale” che viene attirato da un “punto di attrazione gravitazionale – temporale” nel futuro e quindi una concezione del Tempo come di una timeline diretta verso un “traguardo finale” è che ipoteticamente al momento del raggiungimento della Data Zero, quando raggiungeremo la manipolazione del Tempo attraverso l’ attivazione di un macchinario, allo stesso tempo daremo origine ad un simile “effetto srotolatorio” nel Tempo, connettendo ogni punto del futuro con un singolo momento nel presente, e quindi in un certo senso creando una “morte temporale dell’ universo” e metaforicamente “spegneremo” la dimensione temporale nell’ universo, e ci verrà rivelata una indescrivibile “connessione priva di confini e limiti” con tutti i momenti del Tempo.

E’ probabile che tutte le creature senzienti che sono emerse nell’ universo siano passate attraverso una lunga fase nella loro evoluzione di pensiero, nella quale si sentono frustrati dalla potenzialmente devastante contraddizione di una “macchina cosciente di sé che lavora per la propria sopravvivenza” quale è il cervello, che viene a comprendere senza ombra di dubbio che non può sopravvivere per sempre, che alla morte non può sfuggire.

LA GHIANDOLA PINEALE CHE UN TEMPO SI CREDEVA OSPITASSE L’ ANIMA UMANA

Sarebbe una immensa rassicurazione se la teoria del filosofo francese Descartes dovesse essere rivendicata scientificamente, poiché egli credeva fermamente nell’ esistenza separata di un corpo e di un’ anima. Lui la identificava con la ghiandola pineale, una struttura neurologica che aveva scelto perché era sia centralmente localizzata nel corpo e l’ unica “parte di cervello” (così veniva intesa) che non era connessa ai due emisferi cerebrali. L’ anima non veniva intesa come qualcosa dalla “natura meramente tenue”, una sostanza elusiva simile a quella dei fotoni (quanti di luce) o neutrini, ma realmente non – fisica. Nella sua concreta concezione, essa era al di là degli schemi conosciuti della fisica. Il fatto è che, l’ anima come la abbiamo rappresentata finora a livello collettivo, non è un fenomeno accessibile alla analisi scientifica. Allo stesso modo la scienza non sarà mai in grado di eliminare tutte le prove dell’ esistenza dell’ anima. Molti neurologi hanno ora raggiunto la conclusione che una concezione cartesiana dell’ ego o dell’ Io non è necessaria per verificare l’ esistenza della “percezione di un Io”. La concezione dualista è semplice e desiderabile, ma non è realmente matura. Al tempo presente, non c’è nessuna traccia di evidenza credibile che suggerisce che ci sia di più dietro alla “concezione di essere un Io”, niente di più che un sorprendente e complesso pattern di attività chimica ed elettrica attraverso i tuoi neuroni.  

Noi percepiamo noi stessi come “persone distinte”, individui unici. Ma la realtà è che, alla nascita, nei limiti del nostro makeup genetico, siamo teoricamente capaci di diventare una personalità qualunque (non necessariamente quello che effettivamente diventeremo). Per il primo anno di vita dopo la nascita, i nostri cervelli sono nello stato più malleabile, impressionabile e recettivo, più di quanto avremo mai esperienza successivamente. Huttenlocher ha realizzato che il cervello neonatale ha il 50 per cento in più di connessioni sinaptiche di un cervello adulto, anche se tali sinapsi sono ancora immature, di forma diversa e molto meno definite e raffinate. Durante questo primo anno di vita, un considerevole 60 per cento dell’ energia dell’ infante va a carburare lo sviluppo del cervello. Anche se quindi il cervello perde di volta in volta il potenziale per diventare “una qualunque personalità”, guadagna la abilità di percepire sé stesso come “una determinata personalità”.

Un cervello reale inizia come se fosse un Buddha, omni – ricettivo. Ma immediatamente, sotto un controllo genetico preprogrammato, si mette in moto per trasformarsi in una “macchina per la sopravvivenza” (di sé). I suoi comandi genetici lo guidano nel processo di condensarsi da una sorta di stato gassoso di totale ingenuità non discriminatoria fino a diventare un acuto, cristallino stato di effettiva focalizzazione del sé con la abilità di rimanere in vita.

Con un sistema di credenze rudimentale, il cervello comincia a interpretare e valutare ogni cosa che attira la sua attenzione. Così facendo il cervello diventa sempre più dogmatico, attaccato alle sue opinioni, con un bias di percezione nel suo modo di pensare. Trattiene le informazioni e ricorda le esperienze, favorendo la visione del mondo che meglio gli apporta vantaggi, e allo stesso tempo tende a negare o rifiutare qualsiasi cosa che non appare allacciarsi in modo congruo, coerente, con il suo sistema di pensiero e di credenze. In questo modo il cervello si posiziona in una “isola di stabilità”, su una “roccia di prevedibilità”, anche se tutto attorno a lui persiste un oceano di caos, potenzialmente fatale, e  di cambiamento, spesso manifestandosi in modo inspiegabile. In particolare, il potere di formare la nostra personalità, da parte dei nostri genitori, è eccezionale. Ma noi non riusciamo a realizzare che le nostre credenze sul mondo e su noi stessi, ciò che noi percepiamo come saggio, o sacro, sono “concetti tentativi”, e che possono anche essere sbagliati, male interpretati. Ma è anche vero che il condizionamento comincia prima ancora che il cervello conscio prenda le redini.

Le analisi scientifiche negli anni hanno dimostrato che la maggior parte di quello che viene effettivamente registrato dai nostri occhi ed eventualmente dal cervello, sfuggono alla nostra attenzione conscia. Ma credere che gli umani, nel corso della loro “evoluzione”, non siano sempre stati consci di un Io, è una teoria estremamente radicale: (qui Darling fa una momentanea critica alla tesi di Julian Jaynes nel suo libro “Le origini della coscienza nella mente bicamerale”, dove l’ autore suggerisce che la percezione conscia dell’ uomo è emersa solo duemila anni fa, cosa che appunto definisce una “ipotesi estremamente radicale”.)

Ma è anche vero che la valorizzazione dell’ individuo in sé non era molto accentuata, prima dell’ era moderna, nel corso della Storia: per esempio, nella Europa medievale, la società era composta da una struttura rigida. Ognuno doveva fare i conti con il proprio posto nello schema delle cose, non era possibile “uscire dal copione prestabilito”, e questo schema classificava la famiglia di provenienza (il valore del proprio cognome), il gender e la classe sociale. Non c’ era “mobilità sociale”. Da qui si deduce che la nostra moderna enfasi sull’ importanza fondamentale dell’ individuo non è universale, è un traguardo raggiunto dal nostro attuale momento nella Storia. Le varie personalità, le differenze individuali, le opinioni, venivano all’ epoca considerate irrilevanti e indesiderabili a confronto con il “potere dittatoriale dei regnanti” e le credenze religiose. E infatti non vennero prodotte autobiografie da parte della gente comune, e anche le biografie dei personaggi “importanti” di valore storico erano poche. E comunque, in questi scritti, non veniva approfondita la “essenza psicologica” di queste persone.

E’ stata una altra delle “conseguenze eccezionali” della Rivoluzione Industriale, questa ascesa dell’ individuo. Improvvisamente, il vecchio stile di vita agricolo, nel quale il figlio diventava come il padre, dove i mestieri si tramandavano di generazione in generazione, e dove veniva visto in malo modo e considerato futile, per un individuo, uscire dal recinto, venne spazzato via. Al suo posto si sviluppò il concetto di “ambizione personale” e una rinnovata, precedentemente ignota (ed eretica) enfasi sull’ individualità e il proprio benessere. Improvvisamente, era cosa buona, e favorevole, e opportunisticamente utile, emergere in quanto individuo, essere un pioniere, andare per la propria strada, essere differente dalla massa. Una attitudine che è giunta fino ai giorni nostri. E’ per questo che, infatti, noi del mondo occidentale magnifichiamo la personalità, la posizioniamo su un piedistallo. E’ una cultura senza precedenti, questa, dove le persone si focalizzano in modo ossessivo sul proprio benessere e sulla elevazione del proprio ego.  

Dobbiamo riconoscere che anche se, ad un certo livello, l’Io potrebbe non essere così sostanzioso come appare normalmente, ad un altro livello è oggetto reale e importante di inchiesta. La stessa situazione si applica agli atomi, che consistono quasi interamente di spazio vuoto. Sembra incredibile che in grandi numeri, atomi possono dare una tale convincente impressione di solidità. Appare totalmente non convincente, alla luce di ciò di cui abbiamo esperienza ogni giorno, che ci venga detto che l’Io non ha una reale esistenza. Ad un certo livello esso certamente esiste. L’ anima risiede al di fuori del regno dell’ inchiesta scientifica, ma ciò non è vero per il “self”, l’ Io.

Anche se la scienza ci dice che siamo come dei robot o delle macchine, in genere la consideriamo un’ idea folle. Secondo la scienza, la coscienza di sé è un recente emergente fenomeno della materia. Ma una tale descrizione non dà giustizia alla condizione umana, perché non siamo solo oggetti, ma “objectifiers”. (manufatturieri)

Le altre persone ti vedono oggettivamente, dal punto di vista di uno spettatore, come un essere umano con certe caratteristiche uniche. Osservano un corpo, una faccia, le espressioni, la proiezione della personalità nel mondo. Gli occhi vengono in genere chiamati “le finestre sull’ anima”, ma noi possiamo assumere una maschera, nascondendo i nostri sentimenti reali. Siamo abituati a presentare una facciata a beneficio degli altri e a beneficio di noi stessi, ed è una messinscena, una rappresentazione errata, del reale stato mentale che ci appartiene.

C’è quindi questa percezione esteriore di te come una “dramatis persona”, un attore che interpreta una parte in modo convincente. Ma c’è anche una percezione interiore, della quale solo tu sei cosciente: essa è la esperienza soggettiva di essere una certa persona. La coscienza è il fattore che separa oggettivo e soggettivo. Nessuna forma di comunicazione simbolica, verbale, grafica, matematica può farci percepire l’ essenza di cosa significa essere una persona in particolare, un io, il mio io, il tuo io. Non c’è ragione di supporre che ci sia differenza fra le esperienze soggettive di una persona e quelle di chiunque altro, il linguaggio è utile per comunicare i nostri sentimenti.

Essere un Io significa sapere di essere differenti da chiunque altro, e consiste nell’ avere una concezione chiara di dove “tu” finisci e dove inizia il resto della realtà, la consapevolezza dei “boundaries”. (limiti).

La questione è: siamo il nostro corpo o semplicemente ne possediamo uno. I limiti fisici del corpo non sono così fissi e definiti come immaginiamo che siano. L’ implicazione è chiara: istintivamente consideriamo noi stessi essere qualcosa di più, o almeno qualcosa di molto differente, piuttosto che solo il contenuto materiale del nostro corpo e cervello.

Due aspetti di noi stessi sono di cruciale importanza: l’ identità personale. Anche se non abbiamo più l’ aspetto che avevamo da bambini, né i pensieri in un certo senso qualcosa della nostra identità è rimasto intatto e incontaminato. Il mondo sarebbe diverso se le persone non mantenessero la loro identità generale come un fatto inviolabile, per esempio non si potrebbe stabilire se una persona può essere responsabile di un crimine compiuto anni nel passato, oppure non si potrebbe dare il merito a qualcuno per una opera buona del passato, perché questi crimini e buone azioni apparterebbero ad una personalità che non esiste più.

Il secondo aspetto è la continuità: identità e continuità possono sembrare qualità differenti, ma sono correlate, e una implica l’ altra. L’ identità è correlata all’ esistenza del corpo, che cambia poco fra un anno e quello precedente o successivo. C’è continuità anche nella vita mentale perché c’è correlazione fra la tua consapevolezza e il tuo cervello. Una persona è qualcuno che può avere “pensieri sul proprio io” che implica l’ esistenza della coscienza di sé. Ma sono concetti elusivi. Io e te sappiamo di essere coscienti di noi stessi, ma per gli altri non è ovvio capire la differenza fra la nostra coscienza di sé e lo stato inconscio. Non c’è garanzia che parole come “Io”, “il sé” e “persona” corrispondano a qualcosa di reale al di là del nostro contesto culturale.

Per le prime settimane dopo il concepimento siamo una forma di vita di basso livello, e non possiamo ricordare come ci sentivamo. Non c’ era un Io che lo poteva percepire. In altre specie potrebbe invece esistere in una forma a noi non familiare.

Molto di cui noi crediamo su noi stessi deriva da come gli altri si rapportano e reagiscono a noi. Ogni piccolo cambiamento in come ci mostriamo esternamente influenza la reazione delle persone attorno a noi, e ciò influenza ulteriormente ciò che crediamo di noi stessi. Ma ovviamente non ci sforziamo di creare una nuova immagine di noi stessi di volta in volta ogni giorno. Ma il nostro Io non è realmente solido e sicuro, ma non è altro che una qualsiasi sensazione che proviamo nel momento presente, rafforzato dalla memoria e dai ricordi di esperienze passate. Siamo il prodotto della storia delle nostre vite, dei modi diversi in cui il nostro cervello ha interpretato e ricordato quanto ci è accaduto. Inevitabilmente, molto di ciò che ricordiamo non è quello che è effettivamente accaduto, ma una sua versione confabulata che ci aiuta a convincerci che sappiamo di cosa stiamo parlando e cosa è accaduto. Inganniamo noi stessi tutto il tempo.

Ogni tanto bisognerebbe perdere la memoria, magari solo parzialmente, o riguardo a minimi dettagli, per renderci conto che è la memoria che tiene in piedi le nostre vite. Perché essa è un link al passato e la base per le azioni nel tuo futuro. Per essere una persona bisogna avere memoria perché solo così si tiene le redini della propria vita e vi si è attivamente e intimamente coinvolti. La memoria sopravvive nonostante l’ infinita trasformazione metabolica delle particelle in ogni cellula del nostro corpo. Dobbiamo essere attivi per essere vivi perché attività e attualità sono la stessa cosa. Ma anche se noi percepiamo il possesso di una memoria fotografica o eidetica un beneficio, in realtà una forma così estrema di memoria può essere un peso, una maledizione, un handicap o addirittura portare a disordini neurologici destabilizzanti.

Una memoria totale può sembrare una storia di fantasia, una leggenda, ma un famoso neurologo, Luria, ha documentato uno di questi rari casi nel suo stupefacente libro “La mente di un mnemonista”. Il soggetto era un uomo russo, Sherashevsky, che non poteva dimenticare nessun dettaglio delle esperienze della sua vita: ogni cosa che vedeva, che sentiva, che gustava e che odorava, che toccava, ogni suo pensiero e prima impressione, ogni cosa in sostanza, e ovviamente era un disastro per lui perché non aveva alcun senso di discriminazione, non poteva mai concentrarsi su un problema o situazione specifica perché la sua mente era piena di dettagli irrilevanti. Ogni ricordo creava collegamenti a migliaia di altri piccoli ricordi. Non riusciva a fare un ragionamento, a prendere decisioni, a interessarsi pienamente ad un argomento. Non poteva funzionare in modo normale e trascorreva le sue giornate nella depressione e nella miseria. L’ Io è definito dalla memoria. Ma per molte ragioni non è sempre possibile per un cervello mantenere un record di ricordi completo e ininterrotto. Per molti di noi, la perdita graduale della memoria nella vecchiaia non sarà che un piccolo fastidio o inconveniente. La continuità della nostra storia, l’ integrità della nostra galleria mentale rimarrà in – compromessa essenzialmente e non avremo difficoltà nel mantenere una impressione stabile della nostra identità e di quelle delle persone a noi care e familiari. Ma per una notevole percentuale della popolazione (l’ 11 per cento delle persone sopra i sessantacinque anni) avverrà una rapida e catastrofica perdita delle funzioni cognitive a causa di varie forme di demenza senile.

Hume riconosceva che la identità personale, la cosa che vogliamo disperatamente che sia reale, non è altro che un trucco del cervello, e la neurologia moderna conferma pienamente.

La storia di Patsy Cannon, dell’ Alabama: nel 1986 un incidente automobilistico le provocò una grave amnesia retrograda che rese inaccessibili tutte le memorie del suo passato. E’ ancora ignoto se il suo cervello in qualche modo mantiene, in una qualsiasi forma, i suoi ricordi, ma ciò è infine totalmente irrilevante. Può darsi che, siccome il principale danno è alle connessioni del suo ippocampo, anche se tali ricordi sopravvivono in qualche forma biochimica latente, non saranno mai più accessibili alla sua mente conscia. Patsy ha dovuto reimparare come parlare, con l’ aiuto di filmati, audio e degli amici. In una occasione un visitatore menzionò per caso che stava “piovendo gatti e cani”, e lei si impanicò e corse alla finestra, aspettandosi di vedere piovere animali veri, mentre invece si trattava di un modo di dire. Quando vide la figlia di nove anni per la prima volta dopo lo schianto, non percepì nulla, nessun segno di riconoscimento, nessun segno di attaccamento. Dovette reimparare persino ad amare sua figlia di nuovo. Patsy dovette acquisire una rassegna di ricordi completamente nuovi in modo da poter funzionare come un normale essere umano. Ma ciò che imparò per la seconda volta non la fece diventare la stessa persona di prima. Ora ha una personalità differente, interessi diversi, si veste diversamente, e preferisce cibi diversi. Nemmeno nei sogni ricorda qualcosa della sua vecchia vita, e quando guarda delle vecchie foto, afferma con convinzione che quella persona che era è morta, e ora è una nuova vita, poiché per lei è come se niente fosse andato perduto per davvero.

Quando avviene una simile estrema cancellazione della memoria con sostituzione di essa, c’è sicuramente giustificazione nel parlare della morte di un individuo e della nascita di un altro. Ed è proprio con questi termini, e senza esitazione, che le persone alle quali è avvenuta questa catastrofe descrivono la loro esperienza interiore. I casi di totale e permanente amnesia ci spingono a rivalutare il concetto di Morte, perché ciò è del tutto simile, anzi, ontologicamente identico alla Morte come la intendiamo noi. La sua entità psicologica è effettivamente morta. Medicamente, geneticamente, legalmente e oggettivamente, è una altra storia, e se la corteccia cerebrale rimane in vita, dalla società verrà considerata come la stessa persona di prima.   

Quando noi diciamo che qualcuno “non è sè stesso oggi” non abbiamo la convinzione che un nuovo Io abbia temporaneamente preso il suo possesso. La maggior parte di noi, a patto di poter trasferire il nostro Io mentale, non avrebbero paura della prospettiva di avere un nuovo corpo e cervello, in salute. Sembra, a noi, che ci sia una corrispondenza particolare fra un corpo specifico e un Io specifico, ma non è così. Essere un “Io” è avere esperienza di uno specifico flusso di coscienza, una entità soggettiva che emerge dal corpo, ma non c’è niente che obbliga che ci sia una corrispondenza unica fra “avere esperienza di essere me/te” e un cervello specifico, e viceversa.

In effetti ci sono periodi, soprattutto nel passato remoto, in cui non si ha un ricordo cosciente del proprio corpo. Ogni minuto di ogni giorno sperimentiamo una piccola amnesia naturale, e anche se abbiamo l’ impressione di una continuità lineare, siamo in realtà psicologicamente disconnessi. Dobbiamo vedere la nostra vita non come una unità ininterrotta ma come una sequenza di “self” differenti. Percepito da dentro sembra che ci sia un Io coerente e continuativo con il quale siamo intimamente familiari, ma nella realtà esso è sconnesso. Se svieni o ti addormenti non noti nessun gap di coscienza. Un istante sei cosciente e l’ istante dopo riprendi coscienza. Non sei cosciente…quando non sei cosciente. Soggettivamente, non scompari mai, e non noti niente di particolare. La nozione oggettiva e scientifica dell’ Io è quindi illusoria e non corrisponde a niente di definito nella sostanza e nella durata. Da un punto di vista oggettivo la coscienza di un individuo è ripetutamente punteggiata. A livello microscopico si accende e si spegne. Dalla tua prospettiva interiore, comunque, “Tu” non sei mai non – cosciente, perché rappresenta una contraddizione di termini. Non c’è mai stato un momento della tua vita in cui non sei stato presente soggettivamente. E non può accadere niente nel futuro che cambierà questo fatto. Questa percezione di essere un Io è quindi un fenomeno persistente. Non è semplicemente possibile dal tuo punto di vista sapere o avere esperienza o concepire cosa significa NON essere “Tu”.

Ci sono altre bizzarre e complesse manifestazioni di questo effetto di dissoluzione e ricreazione della coscienza, per esempio nella sindrome della personalità multipla (se davvero esiste, cosa che io personalmente dubito). Parlare con una persona così è sconcertante, come cercare di avere una conversazione con un gruppo di persone che lottano per il possesso del microfono, ma puoi conversare con una sola “entità” alla volta e non puoi mai sicuro quale di esse ti ritroverai davanti la prossima volta.

C’ era un periodo, all’ inizio di questo secolo, in cui era in voga criticare questa sindrome e negarne la condizione di realtà clinica. Ma pochi ricercatori oggi credono seriamente che questa sindrome sia una frode o un inganno, anche se alcuni ritengono che sia una creazione influenzata indirettamente dal terapista stesso. Il dibattito è in che modo le varie personalità sono separate, visto che sono ovviamente un prodotto dello stesso cervello. In molti casi la personalità di base originale non è cosciente che le altre esistono, ma queste sono invece coscienti dell’ esistenza delle altre e di quella di base. Un modo per verificare questa separazione è controllare se ci sono onde cerebrali con patterns consistentemente diversi. Frank Putnam ha scoperto che le differenza fra le onde cerebrali sono come quelle di due individui differenti con l’ elettroencefalogramma, reazioni della corteccia cerebrale visivamente evocate e reazioni della “galvanic skin”, e con test della verità. Non c’è modo di negare che le diverse personalità sono reali oggettivamente nel senso che dimostrano stati fisiologici differenti come quelli di un gruppo di individui diversi, misurabili. A livello soggettivo sono reali poiché sono percepite internamente dal paziente come flussi di pensiero e di coscienza distinti. La personalità di base trova allarmante che improvvisamente diverse ore o addirittura diversi giorni scompaiono, inaccessibili alla sua memoria e conoscenza. La sindrome non è ancora adesso compresa pienamente. E’ poco chiaro se c’è una singola personalità che ad un certo punto si frammenta o se c’è una personalità in sviluppo che fallisce nell’ emergere e in qualche modo si disperde. Può darsi che vi sia un trauma infantile che in qualche modo interferisce con il normale processo di integrazione, portando a personalità frammentate che si sviluppano in isolamento e diventano essenzialmente separate, in modo patologico.

Robert Jay Lifton ha indagato lo stato mentale dei dottori che hanno commesso atrocità sui prigionieri dei campi di concentramento nel nome della scienza per capire come potessero passare da un ruolo all’ altro, ed essere genitori e coniugi al ritorno dalle ore di “lavoro”, e ha concluso che le loro personalità si sono effettivamente scisse in due self relativamente autonomi, uno dei quali usava “manovre psicologiche” per evitare di percepirsi come dei killer dall’ Io conscio.

Ma in un certo senso siamo tutti personalità scisse, a livelli minori, capaci di amare e di essere spericolati, di essere moderati o esagerati, ambiziosi o pigri, e le nostre vite sono divise in scompartimenti, a seconda delle aspettative degli altri, e il nostro comportamento cambia drasticamente a seconda dei ruoli sociali che interpretiamo di volta in volta.

Altre condizioni estreme come il sonnambulismo, la scrittura automatica sotto ipnosi e la schizofrenia mettono in difficoltà gli standard della psicologia classica di ciò che siamo realmente. Pare che dietro la facciata stabile che presentiamo al mondo si celi un accenno di Jekyll e Mr. Hyde.

In sostanza, per capire esattamente cosa succede quando uno muore bisogna avere chiaro cos’è che può effettivamente morire. Le evidenze psicologiche mostrano che l’ Io può essere alterato, frammentato, distrutto e ricreato durante il corso di una singola vita.

I due emisferi del cervello sono effettivamente come due cervelli differenti, e questo fa in modo che se un emisfero subisce danni per incidenti o malattie c’è una ragionevole possibilità che l’ altro emisfero possa prendere il posto del danneggiato e mantenere in parte o totalmente le funzioni mentali consuete (e relegate alla gestione dell’ altro emisfero)

Ogni emisfero cerebrale ha le sue sensazioni private, percezioni, pensieri, idee, tutte cose che sono divise, tagliate fuori dalle esperienze corrispondenti dell’ altro emisfero opposto. Ognuno dei due ha il suo privato flusso di ricordi ed esperienze apprese che sono inaccessibili all’ altro. Si potrebbe quindi dire che per molti aspetti ogni emisfero ha una mente separata tutta sua.

Lo psicologo Norman Geschwind, riferendosi alla pratica di disconnessione dei due emisferi ritiene che non si può parlare di un paziente unico, ma ritiene che a tutti gli effetti ci sono due persone che possiedono lo stesso cervello. Questa teoria infastidisce chi crede, come Descartes, che ogni essere umano ha un unico posto che contiene la sua coscienza, una singola mente che non può essere divisa, frammentata, non importa cosa accade al cervello che la ospita.

Fra quelli che criticano questa teoria che separare gli emisferi inevitabilmente porta alla creazione di due menti separate c’era il neurofisiologo Sir John Eccles, uno dei pochi dualisti rimanenti nella sua professione. Secondo lui era un fatto ben noto che nella maggior parte delle persone, le due metà del cervello umano non sono immagini specchiate l’ una dell’ altra. Possono dare questa impressione, ma in realtà si rilevano piccole differenze nella struttura e grandi differenze nelle funzioni. L’ obiezione dei dualisti come Eccles e Karl Popper, alla teoria che una commissurotomia possa creare due distinte menti o flussi di coscienza si basa sul fatto che un emisfero, il dominante, di solito il sinistro, è di gran lunga il migliore a gestire il linguaggio sofisticato. Eccles ritiene che l’ emisfero destro è muto, primitivo, bestiale ed essenzialmente inconscio. Secondo lui ogni essere umano ha un Io indivisibile, un ego Cartesiano, associato esclusivamente con l’ emisfero sinistro del cervello. Ma questa tesi non viene supportata sotto oggetto di evidenza clinica. I dualisti trovano problematico, per esempio, spiegare i ricoveri post operazione straordinari dopo una emisferoctomia, la rimozione chirurgica di un intero emisfero del cervello, una procedura drastica che accade dozzine di volte ogni anno negli Stati Uniti. E’ un trattamento per l’ encefalite di Rasmussen, che provoca ricorrenti e frequenti attacchi epilettici potenzialmente letali. Straordinariamente, è stato rilevato che se questa operazione viene fatta su un paziente molto piccolo o su un bambino, il rimanente emisfero, qualsiasi esso sia, assume e gestisce tutte le funzioni, anche quelle che erano gestite dall’ altro emisfero. Apparentemente, il lato del cervello normalmente muto ha una latente capacità di mediare il parlato e capire il linguaggio ad un livello avanzato. Il sinistro normalmente esercita una influenza inibitoria sul destro.

La perdita di qualche funzione orale potrebbe essere inevitabile, ma quelli che vivono accanto a queste persone con un solo emisfero cerebrale sono convinti che questi individui possiedono ancora una mente piena e vigorosa e una personalità che si esprime in molti modi diversi.

I ricercatori sono stati in grado di stabilire un ragionevole livello di dialogo separatamente con ogni emisfero, un breakthrough che ha portato alla conferma dell’ ipotesi della mente duale di Sperry. Le conversazioni separate hanno rivelato che ogni emisfero ospita in effetti un flusso di coscienza indipendente, poiché le due metà spesso rispondevano in due modi completamente diversi alla stessa domanda. Generalmente è stato scoperto che nei giorni in cui i due emisferi davano risposte simili, il paziente era felice e rilassato, mentre quando erano in netto disaccordo, il paziente sembrava più emotivo e fuori forma. Ogni emisfero nel paziente ha un senso di sé, un Io, e ognuno possiede il suo sistema per valutare gli eventi soggettivamente, pianificare eventi nel futuro, porsi delle priorità, e generare risposte. Di conseguenza, bisogna considerare l’ implicazione pratica e teorica del fatto che il meccanismo della doppia coscienza può esistere. Come i gemelli siamesi sono due persone distinte che condividono un corpo, la persona “callosum – sectioned” ha due flussi di coscienza che condividono un cervello, una testa, un corpo. Anche se in rare occasioni i pazienti osservano le loro mani destra e sinistra agire in opposizione l’ una all’ altra, la maggior parte delle volte il loro comportamento è assolutamente normale. E’ vero che questi pazienti non hanno più una connessione diretta fra le due metà della corteccia cerebrale, ma l’ assenza di commissures cerebrali può apparentemente essere sostituita da atri meccanismi che non sono influenzati dall’ operazione. I pazienti non riportano di essere coscienti di un conflitto interiore, e non descrivono la presenza di due menti differenti.

Quando un paziente parla, solo il suo emisfero sinistro produce il discorso e si esprime. Il destro, essendo muto, semplicemente sta ad ascoltare. Anche se volesse esprimere una sua propria opinione sembra avere molta meno forza di volontà e concentrazione del sinistro, non ne sarebbe capace. Quindi chiedere se il paziente percepisce due menti differenti non risolve niente. Anche nei casi dove ci sono due emisferi parlanti, uno di essi è chiaramente più articolato dell’ altro e in circostanze normali agisce come portavoce dell’ intero cervello.

Per esempio, in uno degli esperimenti di Sperry, a un paziente è stata mostrata una matita in modo che l’ immagine potesse essere percepita solo dall’emisfero destro. Il paziente non poteva vederla per niente. Ma quando gli è stata offerta una serie di oggetti e gli è stato chiesto di indicare con la sua mano sinistra l’ oggetto mostrato in precedenza, il paziente ha immediatamente individuato la matita con la mano. Quando gli si chiedeva perché, il paziente appariva confuso e si inventava una scusa. In un’ altra occasione, Sperry ha mostrato a un paziente una serie di immagini innocue nel campo visivo sinistro di una donna, e poi ha inserito anche una immagine con nudità. Immediatamente la donna si è sentita imbarazzata, ma non poteva spiegarne la ragione. Il suo emisfero sinistro, non avendo visto la foto, non aveva idea del perché il paziente arrossiva e si sentiva a disagio. Quindi cercava il modo di nascondere la sua ignoranza, e si lamentava che il macchinario era “molto particolare”. La risposta è semplice: non ci sono circostanze concepibili in cui una persona può “sentire doppio” / “percepire doppio”, perché chi sarebbe lì a percepire così? La logica e l’ intuizione determinano che tu puoi essere una sola persona alla volta. Nella sindrome di personalità multipla, tipicamente una sola è attiva tutto il tempo, ed è come se una singola torcia illuminasse ogni personaggio a turno, e anche in situazioni dove una delle personalità dichiara di avere accesso ai pensieri di un’ altra personalità, la personalità che funge da “supervisore” non percepisce doppio, non percepisce la doppiezza dell’ esperienza. Anche nei pazienti “split -brain” non c’è una singola entità che fa esperienza di coscienza duale. La coscienza, per sua natura, è inevitabilmente singolare e unitaria. Non puoi essere due persone contemporaneamente, e non puoi immaginare il tuo flusso di coscienza dividersi, perché immagini il periodo dopo lo split dal punto di vista di uno dei flussi risultanti da esso. Il nostro linguaggio quindi incorpora una filosofia dell’ io che non corrisponde alla realtà scientifica: una persona può diventare due, il tuo “Io” può diventare “più di uno tuo io”. Le biforcazioni della coscienza accadono.

Ma è importante capire che quando un Io si divide, cambia, o finisce, o comincia non è un problema per nessuno coinvolto. L’ unico problema è la paura del cambiamento prima che accada. Quando smetti di essere ciò che sei, la paura sparisce e sei libero di continuare la tua vita come qualcun altro, un nuovo “Te”.

Come ha fatto l’ agente cosciente dentro di te ad occupare quel particolare corpo? Perché sei nato proprio in questo posto, in questa epoca e non, per esempio, duemila anni fa in Egitto o a Roma, o un milione di anni nel futuro o in un’ altra parte della galassia? Perché la nostra personale esistenza è unica? Appena ci concentriamo sulla nostra particolare coscienza, sembrano emergere sconcertanti paradossi. Di tutti i miliardi di centri di coscienza umani e non umani che sono esistiti, che esistono ed esisteranno nel tempo e nello spazio, perché tu sei l’ individuo che sei, in questo corpo, qui, e ora?

Possiamo respirare la stessa aria e mangiare lo stesso cibo, quindi perché non possiamo condividere o scambiarci la coscienza? Perché tu non puoi essere me e io essere te?

La tua esperienza di un albero, la tua percezione della sua essenza con tutta probabilità, è affine alla mia. Il calore del sole, il profumo di una rosa, la sensazione del dolore, e innumerevoli altre sensazioni certamente più o meno vengono percepite allo stesso modo da te come da me. Siamo stati cresciuti supponendo che la coscienza di una persona in particolare è interamente separata e distinta dalla coscienza di qualcun altro, di chiunque altro, che ognuno di noi ospita la propria piccola bolla di coscienza. Siamo portati a credere che l’ esperienza interiore di essere una persona particolare un “Te” o un “Io” è una faccenda esclusivamente privata. E così accettiamo senza dubbi che questa esperienza interiore deve essere associata unicamente con un particolare corpo e cervello, quello che capita di essere “nostro”. Ma questa credenza è solo una convenzione sociale, non è realistica.

Io so cosa significa provare dolore, ma non l’ ho percepito allo stesso tempo o nello stesso luogo o nello stesso contesto psicologico di quando – tu – hai provato dolore. So cosa significa innamorarsi, ma non di quella persona in particolare che – tu – hai incontrato quando avevi diciassette anni.

Supponiamo che la neurochirurgia si sviluppi fino al livello in cui è possibile trapiantare una parte o un cervello per intero. Noi istintivamente siamo portati a credere che “uno va dove il cervello risiede” ma potrebbe anche essere che avere un nuovo corpo e una nuova apparenza fisica porterebbe eventualmente a cambiamenti marcati in come uno pensa e percepisce e si sente di essere. Più problematico sarebbe il caso in cui opteremmo per un graduale trasferimento e scambio dei nostri cervelli. Dopo la prima operazione, piccole porzioni di cellule dalle parti corrispondenti dei due cervelli differenti cambierebbero di posto. Come verrebbe percepito questo da te e da me? Una possibilità è che, quando uno riprende coscienza, potrebbe notare la presenza di alcuni nuovi ricordi, la perdita di certi ricordi e forse una sensazione difficile da definire di non essere pienamente noi stessi.

Non c’è nessuna ragione di supporre che a qualsiasi livello della riconfigurazione neurale esisterebbe la percezione di essere due persone contemporaneamente. Gli osservatori certamente sarebbero forzati ad essere d’ accordo sul fatto che la persona uscita dall’ operazione sarebbe molto diversa da quella originale. Ma l’ esperienza del paziente non avrebbe mai la percezione che il suo “Io” precedente abbia smesso di esistere e non sperimenterebbe mai una coscienza duale e frammentata. Potrebbe sentirsi disorientato, agitato, spaventato, incerto della sua identità, ma senza ombra di dubbio sperimenterebbe una continuità singola di coscienza. Come dovremmo classificare una simile persona? Questo problema potrebbe rivelarsi difficile o impossibile da risolvere a meno che non ci si prepari ad adottare una percezione radicalmente nuova. Una definizione nuova. Siamo condizionati dall’ etica e dalla società in cui viviamo, nel pensare che il nostro “Io” sia chiaramente definito, speciale, unico e degno di essere preservato ad ogni costo. Siamo talmente focalizzati sulla nostra particolare coscienza che non ci rendiamo conto del fatto che “percepire di essere un Io” e “percepire la propria esistenza” è un fenomeno universale. E’ un fatto semplice ma sottovalutato, che tutti noi percepiamo l’ Io allo stesso modo.

Come puoi affermare di essere una entità unica e definitiva, di avere un Io immutabile, quando la successione di tanti passati Io e il tuo Io presente sono così diversi l’ uno dall’ altro, una vasta collezione di individui totalmente diversi? Potrebbe essere che te che stai leggendo potresti avere più in comune con il modo in cui io mi sto sentendo di come tu ti sentivi a quest’ ora ieri.

Solo quando potremo comprendere al livello più profondo che la identità personale non è ciò che importa potremo fare progressi nella comprensione della nostra vera natura. Se tua madre di avesse concepito cinque minuti dopo, una altra “sperm cell” sarebbe stata fertilizzata dall’ ovulo di tua madre e sarebbe nato un figlio con un makeup genetico diverso da quello che tu hai sviluppato. Chiediti se TU potevi essere quell’ altro figlio, o se potevi nascere come tuo fratello o tua sorella invece di essere te. Oppure immagina di avere un gemello identico e che i tuoi genitori divorzino quando tu hai compiuto tre anni.

Trent’ anni dopo, non essendo stato in contatto con il tuo gemello per tutto questo tempo, potresti scoprire che la tua vita è stata felice ma modesta mentre quella di tuo fratello è stata ampiamente privilegiata. Immagina che qualcuno torni indietro nel tempo e produca uno scambio fra te e tuo fratello. Tu diventi lui e lui diventa te. Diventeresti te quello ricco e privilegiato o saresti ancora moderatamente felice ma di risorse modeste. Ma tutto ciò importa?

Tu hai scelto di leggere questo testo. Potrebbe rivoluzionare la tua vita o potrebbe anche non farlo. Quello che è certo è che, semplicemente assimilando queste informazioni, che tu ci creda in queste cose oppure no, non sei più, in qualche piccolo modo, la persona che saresti stato se non avessi letto questo testo. Anche se noi pensiamo di sapere chi siamo esattamente ora, non abbiamo idea di come saremo un domani, che sia nel prossimo futuro o in quello remoto. Qualsiasi cosa accadrà, tu penserai comunque di essere la stessa persona, una continuazione del tuo “vecchio Io”. Ma a tutti gli effetti sarai cambiato.

L’ identità personale cambia tutto il tempo. Non sei lo stesso Io che eri la settimana scorsa e nemmeno quello di un secondo prima di ora. E’ un’ illusione che tu sia una entità fissa. La nozione di identità personale costante e duratura è un mito, che però può sembrare vero nella quotidianità e può servire ad uno scopo.

La grande difficoltà nel pensare alla Morte è che noi la vediamo solo negli altri, mai in noi stessi. C’è il consenso generale che, nel negare l’ esistenza dell’ anima, la scienza precluda ogni possibilità di continuità della vita dopo la morte. Ma al contrario, la scienza offre una sorprendente varietà di scenari, ognuno dei quali si può definire niente di meno che una reincarnazione naturalistica. Se il tuo cervello dovesse essere ricostituito, in qualche momento del futuro, fino all’ ultimo atomo (e la replicazione potrebbe non necessitare precisione totale) tu effettivamente vivresti di nuovo. Le possibilità di questa ricostruzione atomica del cervello può sembrare ora incredibilmente remota. Ma potrebbe realmente accadere, con la tecnologia del futuro.

L’ universo potrebbe essere ciclico, alternandosi fra epoche di crescita, collasso, e rinnovato sviluppo. E infatti esiste una teoria che si sta affermando sempre di più, secondo la quale l’ universo si espande e si dissolve per ri – espandersi successivamente, a cicli potenzialmente infiniti. Qualsiasi specifica aggregazione di materia, complessa o no, potrebbe ritornare a svilupparsi, molte volte, nel futuro distante. Potrebbe essere già successo così, moltissime volte nel passato, per quel che ne sappiamo. Se ciò fosse una realtà, il salto fra una esistenza e l’ altra, come esperienza che tu percepisci, sarebbe istantaneo.

Siamo di fronte ad un dilemma. Abbiamo la forte necessità di restare gli stessi, restando in vita o sopravvivendo alla morte nella persona che siamo. Ma la vita sembra focalizzarsi sulla novità, sul progresso e sul cambiamento. Ma la continuità dell’ esistenza sembra demandare che diventiamo qualcos’ altro. Come possiamo risolvere questa apparente contraddizione?

Quando si tratta del cervello, siamo riluttanti ad accettare che si tratta “solo” di un processore di informazioni con una “batteria” corta, in corsa verso l’ esaurimento di risorse. La primaria funzione biologica dell’ Io è avere paura della Morte. Solo così l’ Io può svolgere il suo ruolo per la sopravvivenza della persona.

L’ Io e la paura della Morte quasi certamente sono emersi assieme, durante l’ evoluzione della razza umana e durante lo sviluppo di ogni essere umano. Sono inseparabili. E di conseguenza, possono scomparire solo assieme, contemporaneamente. All’ inizio delle nostre vite siamo tutti, da un punto di vista soggettivo, uguali e indifferenziati. Un neonato non può distinguere sé stesso dal mondo circostante, perché non ha un Io sviluppato e non ha un senso dei limiti e barriere e confini. Il senso dell’ Io non è completamente ben definito fino alla tarda adolescenza.

A livello logico e pratico, cambiare l’ Io è l’ esatto equivalente della Morte. L’ evidenza scientifica chiarisce che il cervello non smette mai di cambiare durante la vita. Sviluppiamo costantemente nuovi ricordi, perdiamo quelli vecchi, abbiamo sentimenti e percezioni diverse, ci sentiamo costantemente un po’ più diversi da prima. Nonostante lo stupefacente progresso nella neurologia e nello scoprire i meccanismi del cervello, come società non ci siamo mossi dal dualismo corpo – anima di Renè Descartes.

E’ logicamente impossibile per Te (in quanto tua percezione di essere un Io nel presente) morire. Non potrai mai essere niente altro che la percezione di un Io nel presente. La Morte marca semplicemente il limite per nuove esperienze che possono emergere basate sulla sequenza di ricordi ai quali un cervello può accedere. Noi crediamo che se la Morte mette fine ad un particolare Io, allora deve per forza significare la fine di tutta l’ esperienza soggettiva. Ma al contrario la Morte porta ad un nuovo inizio.

Certo, non c’è niente di noi stessi che può sopravvivere nel futuro, ma ciò è per la semplice ragione che non c’è niente di veramente sostanzioso su di noi come Io durante la vita. Tutto ciò che è rilevante è che soggettivamente, dopo la Morte, la percezione di esistere continua.

Dobbiamo adottare una modalità di pensiero meno self – centered, una modalità non dualistica per afferrare il concetto che la continuità della coscienza in generale è più importante, più fondamentale e più desiderabile della continuità dell’ esistenza di una persona o identità che immaginiamo di essere ora.

Prendi in considerazione l’ attore che studia la sua parte così bene che si sente come se avesse sviluppato una nuova personalità. Quando recitano, in un certo senso “sono” il personaggio che interpretano. Prendi in considerazione i casi di gemelli identici, che, dopo essere stati distanti per tanti anni, scoprono di aver vissuto vite incredibilmente simili, speculari, con lo stesso lavoro, gli stessi hobbies, sposando addirittura persone con lo stesso nome e producendo figli con gli stessi nomi, e questi casi sono ben documentati, come anche i casi in cui un gemello percepisce che suo fratello non sta bene o è in pericolo, a distanza. In queste occasioni è come se fosse crollata la barriera che separa un Io dall’ altro, permettendo la condivisione della coscienza di due individui. Alcuni schizofrenici, come documentato, sembrano essere in grado di percepire direttamente quello che qualcun altro sta pensando.

Un paziente schizofrenico affermava che i pensieri di un presentatore televisivo venivano percepiti dalla sua mente: “Non ci sono altri pensieri qui, solo i suoi. Tratta la mia mente come uno schermo e ci fa rimbalzare i suoi pensieri contro”. Un altro paziente sembrava consapevole di ridere, ma che non si trattava di una sua emozione felice, ma quella di un altro che si proiettava su di lui. In questi casi è come se il self residente fosse diventato “disperso” o essere diventato uno specchio per riflettere la coscienza altrui.

Poi c’è il fenomeno della scomparsa delle differenze fra le persone, soggettivamente e oggettivamente, quando si formano culti, sette, gang e altri movimenti di massa.

La storia della vita di ognuno include numerose lacune in cui non siamo i nostri normali “self”. Potremmo fantasticare e fare finta di essere un altro, empatizzare con un altro, imitare un altro, o adottare un ruolo specifico per affrontare un altro. Quando partecipiamo e facciamo parte di gruppi, associazioni, partiti, in qualche modo permettiamo che la nostra identità si sottometta per fare lo sforzo di cooperazione. Queste esperienze rendono più facile concepire cosa significa diventare qualcun altro.

Come abbiamo visto, la scienza e la logica includono una terza opzione, che la continuità soggettiva della coscienza e la percezione di essere qualcuno in particolare, non termina con la nostra morte. Pensiamo ad una catena di isole vulcaniche nell’ oceano. A livello della superficie, percepiamo quelle isole come separate e distinte, ma ad un livello più profondo, sotto all’ oceano, è chiaro che le isole sono parte di una massa singola e hanno una origine comune. La loro separazione, come quella delle nostre individualità, è una illusione.

Sì, “Tu” vivrai di nuovo, ma sembrerà sempre come se fosse la prima volta. Il nostro “Io” non sopravvive e non trasferisce nessuna memoria della nostra esistenza presente. L’ esperienza della morte fisica può essere immaginata come lo scenario di una vittima di totale amnesia che si risveglia in un posto dove è circondata da persone che non l’ hanno mai conosciuta in precedenza per quella che era, e quindi non possono ricordarle come si sentiva e come si identificava. Quindi in sostanza, sarebbe come l’ esperienza della nostra nascita.

Bertrand Russell: La materia è meno materiale, e la mente meno spirituale di quanto si creda. L’ abituale separazione fra fisica e psicologia, fra mente e materia è metafisicamente non supportabile, non difensibile.

Quello che la scienza cerca così assiduamente di ignorare, l’ aspetto soggettivo, è in realtà il modo in cui tutti i fenomeni studiati dalla scienza sono inizialmente portati all’ attenzione dell’ individuo e poi degli altri. La categorizzazione di Galileo si può capovolgere: la nostra esperienza primaria e immediata è soggettiva, e successivamente l’ esperienza è proiettata fuori come espressione di un modello mentale sul quale la nostra cultura può formare un consenso generale. L’ aspetto soggettivo non può essere messo da parte o sottovalutato. Al contrario, è inestricabilmente connesso al mondo in cui ci troviamo.

Ad un certo punto, i ricercatori si sono trovati di fronte ad un paradosso mostruoso. Non solo la luce rivelava la dualità fra onde e particelle, ma anche le particelle di materia. Gli elettroni e ogni altra materia costituente del mondo subatomico esibivano una natura schizoide. Un elettrone agiva prima come un piccolo spicchio di materia, poi si manifestava come un’ onda. Born, fisico tedesco, suggerì che l’ onda associata con una particella subatomica non era per niente fisica, ma invece matematica, era quindi un’ onda di probabilità. Poteva essere descritta da un artefatto matematico chiamato “funzione onda” che effettivamente dava le possibilità di trovare la particella in ogni dato punto dello spazio e del tempo se fosse avvenuto un tentativo di controllare.

La scienza mainstream dovette acclimatarsi con la bizzarra nozione che, al suo livello più basico, la materia nell’ universo non è concreta e determinata, ma astratta e condizionale. A meno che non venisse effettuato un tentativo di identificarla, la somma totale di quello che era e poteva essere noto su dove si trovava una particella era contenuta nella sua funzione onda, una descrizione puramente statistica. Non poteva essere affermato, nella nuova dimensione quantica del mondo, che le particelle esistessero davvero al di là della osservazione di esse (quando non venivano osservate).

Il fisico John Wheeler ha descritto questo mistero quantico così: “Nulla è più importante sul principio della quantistica del fatto che distrugge il concetto di un mondo che risiede là fuori. L’ universo non sarà mai più lo stesso. Per descrivere quanto è accaduto, bisogna cancellare la parola “osservatore” e rimpiazzarla con “partecipante”, perché l’ universo è partecipatorio”.

E’ attraverso l’ atto dell’ osservazione che le particelle subatomiche sono evocate fuori da una specie di neverland matematica di potenzialità e possibilità verso un mondo solido di cose ed eventi tangibili. In termini quantistici, l’ osservazione risulta nel collasso della funzione onda, una telescopizzazione istantanea della probabilità in un punto localizzato, una particella reale. Ma chi o cosa si qualifica come un effettivo osservatore quantistico, lo strumento di misurazione, una persona, un gruppo di persone? Nessuno ne è sicuro. Il collasso della funzione onda è provocato da una osservazione COSCIENTE, nella mente. Tutta la materia dell’ universo consiste di particelle subatomiche. Quello che si credeva essere un mondo concreto e oggettivamente reale non si può più affermare che esista al di là dell’ osservazione soggettiva. E’ quindi la mente che funge da link fra la possibilità matematica e la attualità fisica.

Il fatto è che la natura proibisce di osservare il “retroscena” nel tentativo di capire cosa sta realmente accadendo senza cambiare irreversibilmente ciò che sta accadendo. Siamo noi che costringiamo a prendere una decisione definitiva fra particella e onda. Il fisico Richard Feynman dice che la regola è che se il percorso dei fotoni è distinto, la luce si comporta come una particella. Se non sono distinti, la luce si comporta come onda. Quindi osservando lo stato di un sistema inevitabilmente produciamo un’ influenza profonda nella natura del sistema. E’ il nostro intervento che produce particelle separate e discrete fra loro.

L’ osservazione è obbligatoria come requisito per rendere la realtà del mondo tangibile, e non solo, ogni componente dell’ universo, è in qualche modo immediatamente “cosciente” di cosa sta accadendo. Si potrebbe arrivare persino a credere che ogni particella subatomica abbia una elementare forma di coscienza.

Il mondo quantistico nella pratica è tanto oltraggioso quanto suggerisce il suo formalismo matematico. L’ universo crea sé stesso, a partire da sé stesso, momento per momento, attraverso la interazione reciproca fra soggetto e oggetto. Sir Arthur Eddington disse: “Abbiamo scoperto che dove la scienza è progredita di più, abbiamo trovato strane tracce nell’ ignoto e abbiamo formulato teorie per determinarne l’ origine. Siamo riusciti a capire che la creatura che ha formato quelle tracce siamo noi”.

Incredibilmente, la fisica moderna, che è il prodotto più avanzato del nostro modo dualistico di pensare, ha dimostrato che il dualismo non è più supportabile. La coscienza è una proprietà inestricabile ed essenziale del nostro mondo e universo. Soggetto e oggetto non possono essere separati. Non c’è gap, ritardo, differenza nel mondo reale fra essere ed esperienza. Non c’è esistenza senza atto cosciente. E non c’è esistenza senza contingenza. Ogni evento ha significato solo in come si pone in diretta correlazione con il resto del cosmo. Il mondo non può essere percepito come un complesso di cose distinte, ma tutto è attaccato ad una rete che abbraccia qualsiasi cosa e che mette in connessione ogni cosa, ogni evento. Appare quindi come un singolo gigante e universale campo, una unità non frammentabile.

L’ unità basica, la “oneness” dell’ universo come è rivelata dai meccanismi quantistici è anche la caratteristica centrale della esperienza mistica. Gli occidentali sono ritornati ad una visione unificata del mondo che un pensatore olistico Greco come Eraclito avrebbe riconosciuto immediatamente. L’ approccio scientifico standard, persino nella fisica sperimentale delle particelle è quella di procedere ancora come se ci fosse un mondo oggettivo indipendente dai nostri sensi e dalle nostre singolari esperienze. Noi pensiamo che la società sia molto avanzata nel suo modo di pensare. Ma esso è maturato solo in certe specifiche direzioni, come quelle scientifiche e tecnico – tecnologiche, cioè nella manipolazione degli oggetti nel mondo oggettivo. Il nostro linguaggio ci obbliga ad essere analizzatori compulsivi, a suddividere la nostra esperienza del mondo in elementi composti. Il fatto che ci possano essere modi di pensare interamente diversi sfugge alla nostra attenzione, ma è effettivamente così.

E’ una strana coincidenza il fatto che stessi scrivendo questo pezzo sulla mentalità Giapponese il giorno prima che Shinzo Abe fosse assassinato…questo articolo parla della “scienza della Morte”…

In Giappone, per esempio, la prima e la seconda persona sono spesso omesse nel soggetto della frase. Deve essere carpita dal contesto. L’ approccio giapponese è quello di non riferirsi esplicitamente al soggetto dell’ azione, se non è strettamente necessario, ma di localizzare l’ individuo nell’ esperienza. In Giappone, una singola parola può servire a completare e definire un intero concetto, un intero discorso. Noi distinguiamo immediatamente il percettore dal percepito, l’ attore dalla azione, ma non è così nel linguaggio Giapponese. Lo stile è quello di dare la precedenza all’ interconnessione, alle relazioni umane piuttosto che all’ individuo. Speciali pronomi sono richiesti per riferirsi ai superiori, agli uguali, agli inferiori, alle persone intime e agli estranei e se una scelta sbagliata viene fatta, è grave per un Giapponese, poiché emergono confusione, difficoltà e si fanno figuracce, una eventualità disastrosa per un Giapponese. Il numero non è sempre reso esplicito nella grammatica Giapponese. E non vi è sempre distinzione fra il singolare e il plurale delle parole. L’ uso dei suffissi plurali è determinato dalla relazione fra i ranghi sociali e la percezione provata dall’ interlocutore. I Giapponesi quindi pensano in termini di connettività e non di separazione fra self nel mondo oggettivo. Così, la coscienza di un individuo come entità distinta diventa meno definibile.

Nella società Giapponese non è desiderabile agire in modo “self – willed”, con la propria forza di volontà. Ai bambini viene insegnato a non essere differenti, il sistema educativo Giapponese è rigorosamente conformista, a non esprimere apertamente le proprie emozioni, a non fare capricci, a non lamentarsi, nemmeno di fronte a gravi difficoltà o a disastri. La “poker face” Giapponese è nota, e gli orientali in genere sono imperscrutabili, una qualità che è parte della vita reale ed essenziale nell’ Oriente.

Ecco perché le vittime di sventure e disastri appaiono spesso come non – emotive, quasi fredde, senza sentimenti apparenti, ma in Oriente ciò dimostra forza interiore e un senso di fatalismo quieto. E’ una prospettiva su mondo non – egocentrica. La Morte non è percepita con paura e disperazione, ma come una fase naturale, integrata nella vita, e la si affronta con calma, rassegnazione e dignità. In nessuna parte del mondo l’ ego è tenuto ristretto e ridotto e indebolito come in Giappone. Ciò rende particolarmente difficile penetrare nella mentalità dei Giapponesi. Noi diamo grande valore alla logica, all’ analisi, all’ astrazione, in Giappone si valorizza l’ estetica, la intuizione, il concreto.

Lao – tzu, in un certo senso, fu il primo pensatore anticonvenzionale e indipendente, vissuto in Cina, e poco è noto di lui, neanche il suo vero nome, poiché Lao – tzu significa semplicemente “vecchio filosofo” o “vecchio bambino”, e potrebbe non essere neanche una singola persona. Ciò che importa è il libro che ha scritto, che negli scorsi due millenni è stato chiamato Tao Te Ching (Tao Virtue Classic), che ha dato origine al Taoismo, formato il Buddhismo, dato il via alla meditazione Ch’ an e incoraggiato lo sviluppo del “landscape painting” Giapponese. Lao – tzu rifiutava la violenza, la oppressione, la superstizione e la autorità imposta di ogni genere, ma più di ogni altra cosa, rifiutava e rinnegava il “self”, l’ Io.

Per sua natura il Tao trascende ogni descrizione. Lao – tzu diceva che il Tao che poteva essere espresso non era quello eterno, e quindi se le sue parole sono lette con una analisi logica, lo sforzo per la comprensione di esso finirà per generare frustrazioni. Il Tao è considerato essere al di sopra di tutto e incluso in ogni cosa. E’ sia niente che il qualcosa. Il Tao si focalizza sul fatto che non bisogna porre l’ Io al centro di tutto ciò che accade, non bisogna manipolare persone e cose, e non bisogna imporre la propria volontà sugli eventi, e non bisogna cercare di controllare la realtà. Non bisogna dare nome alle cose perché è un tentativo di soggiogare la realtà attraverso astrazione ed analisi.

Lao – tzu ha introdotto un metodo di porre paradossi logici come antidoto ai nomi e al pensiero razionale. Il proposito è quello di bypassare l’ intelletto ed essere illuminati da improvvisi flash di intuizione, per togliere il velo alle cose del mondo. Propone una attitudine nei confronti della vita che è piena di calore, divertimento, meraviglia e accettazione e di non reagire contro la natura cercando costantemente di controllarla, migliorarla, e fare dell’ Io il focus dell’ attenzione. La sua filosofia è diametralmente opposta a quella a cui aderiscono gli Occidentali. Il significato della vita nell’ Occidente è da trovarsi nell’ espressione di sé. Nella nostra cultura, l’ egocentrismo è una trappola alla quale non si può sfuggire.

Nel Tao bisogna andare con la corrente, lasciare che le cose scorrano, semplicemente fare esperienza della realtà, di tutte le cose dell’ uomo e di tutti i meccanismi e fenomeni della natura. Il Taoismo ha messo le radici e si è sviluppato come una delle due principali visioni del mondo in Cina, assieme al Confucianesimo. L’ universo viene percepito come organico e non meccanicistico, spontaneo e non costretto e manipolabile, circolare piuttosto che lineare, sintetico piuttosto che analitico. L’ Occidente percepisce convenzionalmente Dio come qualcosa o qualcuno là fuori, mentre il Tao è inerente e pervasivo. E’ dentro a tutto.

Nella visione Occidentale, essere e non essere si escludono a vicenda, sono opposti, mentre nella visione Cinese essi sono inclusivi e complementari. Nel Taoismo, l’ universo non è stato creato o messo in ordine da una forza esterna. Non c’è niente di distinto, separato ed esterno al Tao. Tutto esiste assieme, allo stesso tempo, e l’ universo è considerato come autogenerato.

Il concetto di Zen è così alieno alla mente analitica Occidentale che è forse più semplice dire che cosa non è. Non è una fede perché non spinge ad accettare nessun dogma, credo e non ha oggetti di adorazione. Non è nemmeno antireligioso o ateistico. Semplicemente non fa commenti in materia. Non è una filosofia e nemmeno una forma di misticismo. Se è necessaria una etichetta che si approssima alla definizione dello Zen è quella di “intuizione dinamica”. Nello Zen si dice che nel momento in cui parli di una cosa, hai mancato l’ obiettivo.

Lo Zen dice che, vivendo in un mondo di concetti e credenze abbiamo perso il potere di apprendere la realtà direttamente, perché le nostre menti sono permeate da nozioni di causa ed effetto, soggetto e oggetto, essere e non essere, vita e morte. L’ enfasi è sulla esperienza della realtà per quella che è, non sulla soluzione dei problemi, che emergono dai nostri sbagli ed errate credenze. Poiché evita l’ uso dell’ intelletto, può apparire nichilistico, ma non lo è, ed elusivo, che in effetti è. Nello Zen non c’è un sistema di pensiero, ma è innegabilmente buddhista in origine ed essenza.

La qualità dell’ esistenza è relazionale, non c’è anima, non ci sono cose, né concetti indipendenti dal contesto. Tutte le cose sono prive di realtà assoluta ed esistono solo relativamente a certe condizioni. L’ universo è una unità di processi interpenetranti, un flusso continuo. La logica e il sistema di pensiero occidentale è Aristotelica mentre quella Buddhista non lo è. Il loro metodo di ricerca è quello di rivolgersi all’ interno, ed esplorare sistematicamente stati di coscienza ad una profondità virtualmente ignota nell’ Occidente.

Le frasi del libro di Heisenberg (fisico quantistico) “Fisica e Filosofia” sono indistinguibili da ciò che venne scritto duemila anni prima da Nagarjuna, un filosofo Buddhista. E’ avvenuta una convergenza nella descrizione della realtà. La filosofia orientale ha sempre affermato, non come fecero invece i Greci, che lo spazio e il tempo sono costrutti della mente. 

Un passaggio del “Madhyamika Sastra” dice che nello spazio – tempo, tutte le epoche del Tempo sono date in blocco, e ad un osservatore, mentre scorre il tempo, appare come se ogni tempo (passato, presente, futuro) siano in successione, ma nella realtà, tutto lo spazio – tempo esiste prima che venga percepito.

Non c’è un “ora”, nessuna reale barriera fra passato e futuro, nessun scorrere del tempo fuori dall’ egocentrica coscienza dell’ osservatore. Sia il Buddhismo che la teoria della Relatività dimostrano che siamo in un universo in cui lo spazio e il tempo di ogni epoca e di ogni luogo già esistono, in completo dettaglio topografico, per chiunque abbia il vantaggio e la capacità di osservarli.

Gli Occidentali si trovano in difficoltà a causa della credenza nella supremazia dell’ intelletto. Se noi pensiamo che il “self” sia separato dal mono, non potremo mai fare esperienza di “selflessness”. A livello subatomico tutte le divisioni e i confini e le barriere imposte da noi sull’ universo sono in effetti illusorie, persino quella fra mente e materia. Nonostante tutto, a livello intellettuale, ci sentiamo ancora come a parte (fuori e separati) non come parte di (dentro e uniti) dell’ universo nel suo intero. Nel sacro testo dell’ Upanishads, la conoscenza superiore è quella trascendentale e assoluta, mentre quella inferiore è analitica, scientifica. La verità più grande quindi può essere ottenuta solo sospendendo logica e simbolismo.

Lo Zen equivale alla fisica moderna occidentale, nella storia del pensiero Orientale. Ma mentre la fisica si focalizza su teorie, concetti, formule, lo Zen valuta solo il concreto e il semplice. Lo Zen vuole i fatti, ma non cose che sono misurabili e numeriche (che sono in effetti astrazioni), ma cose viventi, immediate e tangibili.

L’ obiettivo dello Zen è quello di indurre una catastrofe intellettuale, un salto improvviso che sollevi l’ individuo fuori dal regno delle parole e della razionalità in un regno diretto, di esperienza non mediata (satori). L’ obiettivo unico di studiare lo Zen è quello di fare esperienze Zen, momenti improvvisi, flash di intuizioni fulminanti, short – circuit dell’ intelletto, dove non c’è una barriera fra colui che fa esperienza e la realtà. Lo Zen può sembrare caotico e irrazionale, e può fare infuriare, ma tradizionalmente è impartito in forma altamente formale e dottrinale.

Quando un individuo ha una spontanea esperienza mistica, improvvisamente, percepisce, senza ombra di dubbio, di essere fondamentalmente tutt’ uno con l’ universo. Questa percezione mistica è stata chiamata “la Filosofia Perenne”.

Il messaggio è molto diretto, esplicito: smettila di pensare e comincia a percepire e fare esperienze. Ogni principale religione e codice morale nel suo nucleo ha la nozione che dovremmo cercare di essere SELFLESS. Secondo Aldous Huxley il sistema nervoso filtra e limita l’ intensità e la quantità di esperienze che la nostra mente può metabolizzare, e per lui il cervello era un impedimento, una “valvola di riduzione” che restringeva il campo di ciò che altrimenti saremmo riusciti a percepire. Ha fatto dei tentativi di aprire questa valvola riduttiva usando l’ allucinogeno mescalina.

Basta un piccolo cambiamento nella nostra visione delle cose per produrre effetti drammatici e profondi nelle nostre vite: come le filosofie orientali hanno a lungo dimostrato, – il cervello non produce la coscienza -. La storia della scienza è piena di esempi di grandi gaps concettuali risolti da nuovi sviluppi e improvvisi flash intuitivi. Ma la divisione fra eventi neurali e coscienza e fra cervello e mente è di un livello totalmente diverso.

C’è un interessante parallelismo fra i tentativi di un neurologo di spiegare come fa il cervello a produrre la coscienza e quelli di un cosmologo di dimostrare come l’ universo materiale è stato creato e perché esiste. In entrambi i casi c’è un persistente fallimento nel riconoscere una verità semplice oltre alla complessità e ingegno delle loro teorie. La verità è che quello che stanno cercando di fare non è solamente difficile e complesso, ma fondamentalmente e categoricamente impossibile. Non si può arrivare a spiegare l’ esistenza stessa della realtà da una teoria.

Perché c’è attualità e non solo potenzialità? Perché le equazioni sono valide per le cose concrete? Perché c’è un copione e anche uno show?

Non sarà mai possibile spiegare perché l’ attività fisica nel cervello, per quanto intricata e ben integrata, possa dare origine alla esperienza soggettiva della coscienza. L’ Occidente ritiene che qualcosa per essere reale deve essere materiale. La materia è ciò che importa. La mente no. E’ diventato un assioma della nostra cultura, è un fatto assodato.

Per questo a noi appare facile e naturale che se i dati sono gestiti da un sistema sufficientemente complesso e adatto, la coscienza può emergere. Negare ciò appare oltraggioso, sbagliato, impossibile. Ma il principio scientifico che la materia e il mondo oggettivo sono primari è arbitrario e completamente insupportabile. Al contrario, vi è evidenza che il mondo materiale è condizionale e conoscibile solo attraverso interpretazioni.

La coscienza non è prodotto del cervello e non è emersa ad un certo punto, spuntata dal nulla durante lo sviluppo della vita. Dobbiamo riesaminare le fondamenta metafisiche della nostra visione del mondo. La coscienza non può mai essere divisa dalla materia, e ogni aspetto dell’ universo ha natura sia oggettiva che soggettiva. Le cose non hanno una realtà indipendente dalla loro location in esperienza, ma richiedono l’ intimo coinvolgimento della mente per sviluppare sostanza e concretezza.

La coscienza è “ubiquitous”, essenziale, permanente, inerente proprietà dell’ universo, e diventa ovvio quando sfuggiamo temporaneamente allo stato mentale normale ed egocentrico durante esperienze mistiche e trascendentali. L’ Io sparisce del tutto, l’ attività analitica del cervello è soppressa, e la “background consciousness” dell’ universo “floods in”, allaga la nostra mente. Le barriere sono rimosse, la divisione fra soggetto e oggetto dissolta.

Nell’ Occidente noi tendiamo a considerare equivalenti avere coscienza con avere pensieri, ricordi e memoria, e un Io, ma questo è un serio errore. Finchè il self è “in residence”, non possiamo mai essere veramente consci, perché mentre esistiamo siamo intrappolati in una fantasia, una illusione ottica di Einstein, e questi condizionamenti ci fanno dare una falsa interpretazione del mondo. Solo quando cessano simbolismo, analisi, definizioni, barriere, ego, pensiero e self comincia la coscienza genuina.

Ciò che il cervello fa veramente è esaminare una porzione estremamente ridotta della realtà attraverso i sensi e quindi reinterpretarle in modo drastico e altamente selettivo. La nostra percezione di un Io è solo un residuo ridotto, diminuito di una percezione molto più inclusiva, che abbraccia tutto, che corrisponde ad una relazione più intima fra l’ Io e il mondo.

Siamo di fronte a dei seri test per “gli scettici”, perché stiamo iniziando a scoprire che l’ universo è interamente naturale, naturalistico. L’ unica realtà che esiste è di fronte a noi, niente è nascosto, niente sta oltre alla nostra percezione. O qualcosa sta qui o non sta da nessuna parte. Forse è uno dei segnali definitivi di una specie senziente che raggiunge la maturità, quando finalmente lascia andare la “coperta di sicurezza” del supernaturale. Una persona non è altro che un cervello pensante, un piccolo ed effimero whirlpool di memoria e pensieri nel più grande fiume della vita. L’ obiettivo delle religioni sincere è sempre stato quello di andare oltre il self e la sua controparte spirituale (che abbiamo visto entrambi essere illusioni) per raggiungere la coscienza senza limiti e barriere della realtà. Questo è il nucleo del messaggio.

Dimenticare e perdere sé stessi ed entrare in contatto con la coscienza timeless dell’ universo. L’ obiettivo sia del misticismo che della scienza è vedere l’ universo come UNO. Non siamo altro che l’ universo che comunica con sé stesso.

Come si può ricongiungere tutto ciò (l’ ininterrotto flusso di coscienza) con la conclusione della reincarnazione naturalistica? Non vi è incompatibilità, ma sono due aspetti complementari dell’ universo, per fare un paragone con il concetto della complementarietà di onda e particella in fisica e di soggetto e oggetto nella filosofia orientale. Il Cosmo esiste in blocco ma in esso si sono sviluppati Io individuali, e uno non preclude l’ altro, ma sono in una straordinaria e intima simbiosi.

Nuovi Io emergono quando nuovi cervelli si sviluppano, perché il cervello agisce come un filtro e un limitatore della coscienza, un formatore di self, un separatore di oggetto e soggetto. Il cervello assimila e manipola informazioni rilevanti esclusivamente alla sopravvivenza di quel particolare spicchio di coscienza che è l’ individuo. Il cervello costruisce e sostiene il mito della personalità e dell’ Io, e il suo programma lavora incessantemente per rendere sostanziale il fantasma dell’ “inner being”.

A livello soggettivo vi è un flusso continuo di “essere te / essere me”. Non devi avere paura di morire, perché nel momento in cui smetti di essere associato ad un particolare cervello e una particolare narrazione di vita, la percezione di esistere come un Io riemerge in una nuova forma. Non è il concetto tradizionale di trasmigrazione di anime, ma semplicemente “essere un Io” è un fenomeno universale e generale. Non c’è un collegamento oggettivo e attuale che determina ciò che diventerai successivamente. Non è che ti trasformerai in esso, non “diventerai” esso, ma ci sarà un flusso continuo e ininterrotto di esperienza di YOU-NESS, “essere un Io”.

Noi non possediamo realmente un corpo e una mente e non esercitiamo su di essi la nostra volontà, ma siamo semplicemente parte di un infinito processo in via di sviluppo costante. Può essere deludente, ma anche esilarante e liberatorio, perché significa che c’è di più oltre alle nostre brevi vite. Non è più ammissibile il detto “La vita è una”, perché la vita è TUTTO, TUTTE LE VITE, (umane, animali, extraterrestri, robotiche, dovunque ci sia un CERVELLO) in sequenza. Questa è l’ unica genuina e ideale modalità in cui esistere. Siccome non possiamo nemmeno cercare di sfuggire a questo fenomeno eterno e costantemente in svolgimento, possiamo semplicemente smettere di pensarci, perché in effetti non c’è mai stato un vero momento in cui non siamo stati liberi, rimane comunque la illusione del libero arbitrio, una illusione che appare perfettamente reale ai nostri occhi. Il fatto è che noi siamo GIA’ uno con l’ universo, non siamo mai stati separati da esso, e solo la presenza dell’ Io ci faceva credere ciò.

Universo = Dio = Coscienza = Percezione di un Io = Vita umana = Reincarnazione naturalistica (Individualismo Aperto Sequenziale)

DEEPAK CHOPRA: “SONO STATO ATEO FINO A QUANDO NON HO REALIZZATO DI ESSERE DIO”

LA SCOPERTA PIU’ GRANDE E “NASCOSTA” DELLA FISICA QUANTISTICA E’ CHE LA REALTA’ OGGETTIVA NON ESISTE, E QUINDI TUTTO CIO’ CHE ESISTE E’ ACCESSIBILE SOLO ATTRAVERSO LA MENTE. FUORI DAL CERVELLO NON ESISTE NULLA, MA IN REALTA’ ANCHE LA MATERIA E’ UNA ILLUSIONE. QUESTO SIGNIFICA CHE L’ UNIVERSO NON ESISTE COME “ENTITA’ MATERIALE”. L’ UNIVERSO E’ UNA (LA) MENTE. QUESTO CONCETTO SI CHIAMA “COSCIENZA UNICA” E INDICA CHE L’ UNIVERSO E’ “COSCIENTE” E NON C’E’ DISTINZIONE FRA DIO E UNIVERSO. L’ UNIVERSO E’ AUTO – CREATO PERCHE’ IN QUANTISTICA UNA COSA ESISTE SOLO SE E QUANDO VIENE OSSERVATA. L’ OSSERVAZIONE DELL’ UNIVERSO PROVIENE DAL FUTURO. E’ STATA QUELLA OSSERVAZIONE DAL FUTURO A CREARE L’ UNIVERSO NEL PASSATO. IL TEMPO E’ UNA ILLUSIONE: LE AZIONI DEL FUTURO E DEL PRESENTE SONO IN GRADO DI DETERMINARE COME SI SVOLGERA’ IL PASSATO. IL TUO PASSATO E PRESENTE DIPENDE (ANCHE) DA QUELLO CHE E’ SUCCESSO NEL TUO FUTURO. IL TUO FUTURO ESISTE GIA’, E IN FISICA QUANTISTICA E’ IN UNO STATO DI SOSPENSIONE MA NON E’ UN “NULLA” DOVE ANCORA E’ TUTTO DA ESSERE DECISO. COSA SUCCEDE NEL TUO PASSATO DIPENDE DA QUELLO CHE AVRAI FATTO NEL FUTURO. NON C’E’ DISTINZIONE FRA UNIVERSO, DIO E COSCIENZA (MENTE UMANA). LA MENTE E’ L’ UNIVERSO. LA MENTE E’ DIO. IN QUESTO NUOVO MODELLO DI PENSIERO DIO E’ UN UNIVERSO CHE PERCEPISCE DI ESISTERE OGNI VOLTA SOLO IN UNA MENTE SINGOLA. LA COSCIENZA E’ COME UNA FORMA DI ENERGIA INVISIBILE. SI PUO’ PARAGONARE ALLA LUCE E ALLA ELETTRICITA’. CIO’ CHE ACCENDE LE LAMPADINE E’ UNA COSA SOLA. CREDERE CHE LE NOSTRE MENTI SIANO SEPARATE E MORTALI E’ COME CREDERE CHE PER OGNI LAMPADINA CI SIA UNA FORMA DI LUCE /ELETTRICITA’ DIVERSA CHE SI ESTINGUE ALLO SPEGNERSI. PRIMA DELLA TUA VITA C’ ERA ALTRA VITA, DOPO LA TUA VITA CI SARA’ ALTRA VITA, E TUTTE QUELLE VITE LE HAI PERCEPITE / LE PERCEPIRAI TU, PERCHE’ C’E’ UN SOLO “IO” CHE CRESCE, SI EVOLVE, E SI RESETTA E RIPARTE DA UNA TABULA RASA OGNI VOLTA. IL DIO CHE CERCHI E’ “LA PERCEZIONE DI UN IO”.      

Per comprendere la natura di Dio, bisogna essere schizofrenici, oppure guardare il mondo con i loro occhi,simularli e interpretare il loro modo di pensare e il loro ruolo nella realtà.
Dio è solipsistico, un creatore che non ha mai varcato i confini di sé stesso. Dio ha creato un palcoscenico, una rappresentazione nella quale lui stesso è l’ unico protagonista, e ogni volta che si svolge la vita di una creatura è Dio a farne esperienza. Io, tu, lui, esso, siamo tutti un ruolo interpretato da Dio. Dio si è plurificato per sperimentare la vita in soggettiva.

L’ unica cosa che costituisce la realtà, l’ unica cosa che esiste è la percezione di esistere, una coscienza unica e identica per tutti gli individui.  

Individualismo sequenziale ( aperto ): La fisica spirituale e religione naturalistica sotto forma di “teoria filosofica”.

Mentre esisti, ti trovi in un universo dalla consistenza essenzialmente mentale – psichico, basato interamente sul tuo punto di vista, sulla tua soggettività personale ( personalizzata ). E “nuoti” attraverso un invisibile tesseract simile a quello mostrato in Interstellar. 

Ogni volta che vivi questa tua vita dall’ inizio alla fine, l’ universo si riconfigura in una modalità, una dimensione interamente basata sul tuo individuo. E questo fenomeno si ripete costantemente. Non hai solo questa tua vita che sta leggendo ora, a disposizione. Tu hai vissuto/ vivrai tutte le esistenze possibili, sotto forma di tutte le creature esistite/ esistenti/ che esisteranno. nonostante l’ universo si ricalibri ogni volta che noi muoriamo, la linea temporale collettiva ci appare lineare e costante.

Ogni singolo punto di vista, ogni singola esperienza, da parte di ogni creatura dotata di un livello minimo di coscienza e di percezione sensoriale, deve essere riprodotto e rivissuto sotto forma di tutti i punti di vista.

Ogni forma di tempo è interamente soggettiva. L’ illusione della simultaneità è data da un entaglement quantistico, una sorta di misteriosa comunicazione fra tutti noi che ci permette di armonizzare i nostri universi – guscio soggettivi. Bisogna comprendere che c’e‘ una costante connessione a distanza fra questi “gusci di tempo”, queste bolle temporali che costituiscono i personaggi, ed è questa connessione a dare origine alla parvenza che vi sia simultaneità e contemporaneità, e che vi sia un presente condiviso.

Se sei nato prima di me, io sono nato, vissuto e morto nella tua forma, nella tua mente, in te, essenzialmente, per tutti gli anni della tua vita, per tutti gli istanti della tua vita. Se sei nato dopo di me, io nascerò, vivrò e morirò in te, facendo esperienza soggettiva di tutti gli istanti della tua vita.

n questo modo l’ eternità esiste, ma non viene percepita come tale. Tutto ciò che conosciamo viene riprodotto, incontriamo noi stessi tutti i giorni, e ogni cosa avviene a diversi livelli, allo stesso modo in cui si è verificata prima, e nello stesso modo in cui verrà ricordata da vite future. Un supertempo per una coscienza unica che si riproduce e si ricalibra ogni tot. Ogni esperienza osservabile viene osservata soggettivamente, ogni frammento del supertempo viene osservata da tutti gli individui dal nostro unico “occhio”.

In questo modo della comunicazione fra gusci si elimina la percezione del solipsismo, nel senso che anche se noi siamo uno solo, esiste comunque una simultaneità, ma è una comunicazione fra livelli e fra “tempi soggettivi”. Siamo costantemente “al telefono” per così dire. Totalmente isolati e totalmente allacciati allo stesso tempo. Nell’ universo basato su di me, in teoria, potrei esistere solo io “per davvero”, e vivere a contatto con proiezioni, ma se inseriamo questa faccenda della comunicazione interferenza le cose cambiano. Perchè altrimenti sarebbe come se davvero nel mio universo basato su di me, io sono l’ unico attore che comunica con fantasmi del passato e proiezioni di potenziali individui non ancora  esistiti, dal mio punto di vista. Invece se ci mettiamo una specie di comunicazione “temporale” si spiega la percezione di simultaneità.

Si tratta infatti proprio di vivere dall’ inizio alla fine ogni vita, riprodurre ogni esperienza, dal punto di vista di ogni persona che vi assiste …andiamo al cinema? Rivedremo lo stesso  film, dal punto soggettivo di ogni persona seduta in quella sala, ad un certo punto del nostro “viaggio infinito” … non solo, qualora all’ interno della sala fossero presenti mosche o zanzare, rivivremmo la stessa scena, sotto forma di questi insetti, uno alla volta! E così siamo stati e saremo ogni singolo animale dotato di anche un minimo livello di coscienza e capacità osservativa, e ogni essere umano  che è esistito, esiste ora ed esisterà dal prossimo istante a tutto il futuro disponibile.

Ho anche trovato uno che la chiama “legge della conservazione della coscienza” …secondo il mio modello di questa teoria, anche se accadesse una estinzione di massa sul nostro pianeta, la coscienza unica verrebbe conservata, si nasce di nuovo e si arriva al punto dell’ estinzione molteplici volte, tornando indietro e arrivando a quel punto molteplici volte. Arrivati a esaurimento scorte, per così dire, c’è sempre la possibilità di “sfruttare” l’ esistenza di creature aliene su altri pianeti al sicuro …In mancanza di qualsiasi altra risorsa, il ciclo di tutte le esistenze può ricominciare da capo, eliminando quindi ogni limite all’ immaginazione.

E’ una comunicazione. Tutti i soggetti agiscono al presente. Solo che il tuo presente, dal punto di vista mio, rappresenta il mio passato/ il mio futuro e io l’ ho già vissuto/ devo ancora viverlo. Quindi è una comunicazione. E’ un presente collettivo a diversi livelli, una comunicazione e una percezione che viaggia nel tempo, una modalità di tempo completamente differente da quella che conosciamo. Il presente esiste solo per il soggetto attraverso il quale l’ universo  ricostruisce la realtà. E’ come quella cosa che si dice che tutti i tempi esistono  contemporaneamente. Esistiamo tutti in modalità solipsistica, e siamo separati per via temporale, ma le nostre percezioni eliminano completamente tale    separazione. E’ come se questo universo fosse in grado di “ricordare”, “creare” e   “futurare” allo stesso tempo.

n questo modo, sarebbero da ripensare cose come aborto di un neonato o embrione sano, e cose come l’ eutanasia. L’ eliminazione di un neonato sano sarebbe un “crimine totale”, la rinuncia personale ad una potenziale vita sana e produttiva, mentre il prolungamento della sofferenza terminale sarebbe un non  senso, se pensiamo che avremmo a disposizione una miriade di vite di tot durata  in condizioni di salute normali!

CHI E’ DIO NELL’ UNIVERSO MENTALE

Dio è la Coscienza Unica che si genera da sé e si autoriproduce sotto forma della mente e punto di vista ( Osservatore ) della creatura individuale, del soggetto con il quale tu/lui/lei/esso si identifica. Dio è inconsapevole di sé stesso e non ha il controllo della sua esistenza. Dio può solo percepire l’ esistenza di qualcosa di superiore alle creature individuali, attraverso la sua creazione nel suo intero. Dio è soggetto ad una super linea temporale, nella quale ogni istante si protrae per la durata della vita di una creatura individuale. Questa linea temporale si estende alla stessa velocità dell’ estensione dell’ universo come lo conosciamo.

In questa filosofia, in questa interpretazione della verità, Dio (la coscienza collettiva e unica) e’ soggetto ad una super linea temporale, nella quale, ogni istante dura la vita di una creatura, ogni istante rappresenta una vita dall’ inizio alla fine. Questa linea temporale continua a scorrere, ma la totalità di questo supertempo e’ indescrivibile, si potrebbe dire che si tratta di una linea temporale, un orologio che “si espande” allo stesso modo in cui si espande l’ universo. Pensiamo che se includiamo solo tutti gli esseri umani che hanno vissuto nella  storia umana, assieme a quelli che stanno vivendo ora e che nascono ogni minuto, avremmo gia’ totalizzato la durata dell’ universo come nota di almeno  200 volte. Questo a dire che il materiale fornito dalle esperienze della totalita‘ delle vite umane contiene tante informazioni quanto l’ intera esistenza dell’ universo moltiplicata per 200. Solo nell’ ambito umano. Se esistesse un film di  tutto quanto, servirebbero 200 universi pieni di creature, per visualizzarlo per intero. Se le vite umane esistite ed esistenti finora fossero un liquido, servirebbero 200 universi per contenerle.

Cosa si deduce da tutto ciò? Si deduce che tu (io, tu, lui) sei un Dio, o una sorta di Dio, che si nasconde a sé stesso, che crea e si fa creare dalle sue creazioni, che esiste come individuo e come collettività allo stesso tempo, e che di sé possiede solo la percezione che ci sia qualcosa di superiore. Sei un Dio che vive all’ interno della Grande Storia dell’ Esistenza, come unico protagonista del Grande Film. Una creatura incredibile, che nonostante abbia essenzialmente annullato sé stesso, riesce comunque ad esistere attraverso il suo Grande Sogno, la sua Grande Immaginazione.  Dio in sostanza sei tu, e qualunque persona tu incontri, e qualunque animale tu incontri.  

Da un certo punto di vista, siamo una “creatura” molto anomala, che soffre e gode di sé stesso e a causa di sé stesso, che si alimenta unicamente di sé stesso, che si aiuta e si odia da solo, che combatte e si oppone a sé stesso, che ha nostalgia di sé stesso, che ricorda sé stesso e che comunica solo con sé stesso, che trova compagnia in una versione di sé stesso. Siamo sempre soli, in un certo senso, ma non lo siamo mai perché siamo divisi e frammentati. Una creatura che riproduce versioni di sé, e che uccide e viene ucciso da versioni di sé. Una creatura che teme e si strugge di qualcosa che non esiste, la Morte. Una creatura che prega e venera sé stesso, o che nega l’ esistenza di sé stesso.   Dio non è   quello delle religioni, Dio non sa di essere tale, Dio non ha controllo sulla propria esistenza, nonostante cio’ riesce comunque a creare un universo di estrema creativita’. In sostanza, Dio c’e‘ e non c’e‘. Allo stesso tempo. 

Secondo Sir James Jeans: il flusso della conoscenza si sta dirigendo verso una realtà non meccanic; l’ Universo comincia ad apparire più come un grande pensiero piuttosto che una grande macchina. La mente non rappresenta più un intruso accidentale nel regno della materia … dovremmo invece considerarla ( elevarla a ) creatrice e governatrice del regno della materia.

Rimane una domanda: se tutto ciò che esiste è costituito dalla Mente Unica come Coscienza Collettiva, perché non possiamo agire sul panorama circostante come facciamo con il nostro corpo? Perché non possiamo percepire sensorialmente oltre la superficie del nostro corpo? Perché non possiamo muovere gli oggetti con la nostra mente, come facciamo con le braccia e le gambe? Come può la “bounded mentation” ( mentazione limitata ) esistere all’ interno della Coscienza Unica Collettiva? I contesti mentali possono diventare dissociati, con una discontinuità o interferenza nella loro normale integrazione. Questa integrazione dei contenuti mentali avviene tramite concatenazioni di associazioni cognitive. Queste associazioni funzionano tramite la logica implicita. Anche se si perde accesso ai contenuti mentali circostanti, si rimane integrali alla Coscienza Collettiva ospitante i tali. Non c’è bisogno di evocare distinzioni ontologiche dalla mente. L’ analogia della dissociazione è utile per spiegare come psiche distinte e individuali possono formarsi, secondo il modello “ognuno è un frammento della coscienza universale”. Quindi non possiamo influenzare le leggi della natura o interagire con la realtà circostante come facciamo con il nostro corpo perché siamo dissociati dai corrispondenti contenuti mentali. I contenuti mentali di un frammento non possono evocare direttamente i contenuti mentali all’ esterno, ma l’ un l’ altro possono influenzarsi.

In filosofia esistono tre tipi di Individualismo: quello classico – occidentale lo interpreta come CHIUSO ( Ogni individuo possiede una sola vita, e quando finisce non succede nulla. L’ Io esiste, ma è limitato ). Ci sono due alternative: L’ Individualismo VUOTO ( L’ io non esiste, e ogni giorno rappresenta una sorta di nuova vita. Quando finisce l’ ultimo giorno non succede nulla. ), e sinceramente non ha molto senso. L’ altra alternativa è l’ Individualismo APERTO (L’ io esiste come un collettivo frammentato, e viene espresso in modo diverso da individuo a individuo. Quando finisce una vita, ne comincia un’ altra. Alcuni ritengono che la coscienza soggettiva “si sposta”, quindi quando un individuo muore, la sua coscienza passa alla persona più vicina al morente, quella che si sta svegliando in quel momento, oppure quella che sta sviluppando il primo ricordo della sua vita in quel momento. In sostanza, è come se la “percezione di esistere” fosse “la luce” – la luce esiste in molte forme, ma non si può pluralizzare la luce. Quando una luce si spegne, la luce persiste in un altro apparecchio. Da qualche parte c’è sempre una luce accesa. Ma queste opzioni sono arbitrarie ). La vita inizia nel momento in cui il soggetto comincia ad osservare il mondo circostante, a cominciare dall’ interno dell’ utero. Osservare comprende anche la “registrazione percettiva” fornita dai sensi. In sostanza, un individuo diventa una persona quando il suo cervello sviluppa le basi per la coscienza e per la percezione sensoriale, quindi a sei mesi dal concepimento. La nuova opzione è l’ Individualismo SEQUENZIALE ( L’ io si riconfigura da soggetto a soggetto, partendo da una tabula rasa, e quando il soggetto muore l’ universo si riconfigura, in una sorta di continuo alternarsi fra “Big Bang” e “Big Crunch”. Quando una persona muore, rinasce a partire dalla forma di embrione che sviluppa coscienza e osservazione sensoriale ).

Questo modello di reincarnazione è completamente naturalistica, da intendersi come interpretazione. Ogni vita riparte da una tabula rasa. Non ci sono “premi” e “punizioni” per le azioni commesse in una vita differente. Il cosiddetto karma agisce solo nell’ ambito di una singola vita, e tutti i premi e punizioni che possiamo ricevere sono limitati da ciò che può accadere nel “mondo reale”. La tua personalità sarà sempre unica e irripetibile, i corpi cambiano continuamente, ma la percezione di esistere della creatura sarà sempre in relazione a te, sarà sempre percepita da te, sarai tu ad averne esperienza, sarai tu ad esistere sotto forma di quella creatura, umana o animale. Anche se una creatura animale non è cosciente di esistere come lo è un essere umano, rimane comunque il fatto che il suo punto di vista, la sua osservazione del mondo circostante, le sue percezioni sensoriali, saranno tue. A seconda della vita in cui ti troverai, preferirai fare del bene o fare del male, oppure agirai per istinto, come cacciatore – predatore o come preda.

Il cambiamento più importante, ragionevolmente, avverrebbe nell’ ambito del concetto della mortalità, poiché questa teoria la mette completamente al tappeto. Questa “consapevolezza maledetta” dell’ umanità, assente nel mondo animale, dell’ inevitabile ed eventuale conclusione della propria vita, verrà ufficialmente e definitivamente superata. Questo malessere interiore collettivo non avrà più ragion d’ essere. Ci si impegnerà molto di più per agire e attuare cambiamenti e decisioni nella propria vita, si accetterà e si formulerà un significato della vita differente da quello occidental – nichilista di oggi.

Inoltre le varie religioni dovranno necessariamente aggiornarsi alle consapevolezze moderne, e cercare di mettere assieme una “religione collettiva” meno legata alla sacralità e all’ immaginario ritual – religioso, e più legata alla “meta-realtà della fisica”.

Allo stesso modo, la scienza dovrà limitare il suo approccio ostile nei confronti della spiritualità in generale, e dovrà anche essa adattarsi alle consapevolezze moderne, ed eliminare tutte quelle ideologie scientiste che la contaminano attualmente.

In sostanza, le religioni andranno all’ esplorazione del “meta-reale” con i nuovi aggiornamenti della fisica dell’ universo mentale immateriale, e le scienze andranno all’ esplorazione del “paranormale” con gli studi sulla precognizione, e dovranno cercare di avvicinarsi a dimensioni del tutto nuove.

Si potrebbe quindi dire che, osservando lo zeitgeist dei nostri tempi, l’ atmosfera della nostra attualità, dove si sta creando una scissione fra conservatori etici religiosi che auspicano ad un ritorno al passato, e futuristi nichilisti iper – tecnologici che auspicano la realizzazione del superuomo, attraverso una indottrinazione scientista e una “kurzweilizzazione” del futuro, insomma, si sta preparando una certa atmosfera, tutto si sta mettendo in moto, ma ben presto le motivazioni e le ambizioni cambieranno!

Lo stesso riduzionismo che abbiamo applicato tramite la scienza nei confronti della natura umana lo dobbiamo applicare nel contesto della “localizzazione” dell’ Universo. L’ universo reale è molto più ristretto di quello che pensiamo, e praticamente non si estende al di là del conosciuto, al di là dell’ accessibilità dell’ osservatore centrale. In sostanza, ciò che un individuo non conosce, letteralmente non esiste. E tutto ciò che ha conosciuto, e che arriverà a conoscere, è preprogrammato ad ogni nuova vita ( universo ricalibrato sul soggetto ).

DESCRIZIONE DELL’ UNIVERSO LOCALE

Immaginiamo un universo che ci presenta più o meno sempre lo stesso ambiente, in un range di sequel che va avanti per un tot periodo, che si modifica con l’ avanzare del progresso tecnologico, dove il soggetto centrale, colui che ne fa esperienza in soggettivo ( che cambia ogni volta che l’ universo si ricalibra, facendo tabula rasa, e ricostruendosi su un altro “frammento della Coscienza Unica Collettiva ) vive a contatto – esclusivamente – con le sue vite passate e future, umane e animali. ( avevamo deciso nello scorso articolo di escludere le piante e i microorganismi ) – sarebbe in sostanza un universo dove, pur essendo le azioni compiute tutte al tempo presente – il libero arbitrio è sostanzialmente assente. La distanza temporale fra i frammenti della Coscienza Collettiva ( avevamo compreso nello scorso articolo che noi come individui non siamo divisi attraverso lo spazio, ma temporalmente separati, pur agendo sempre ad un livello di presente, presente solo per me/ per te/ per esso ) non è più comparabile con la distanza sconfinata fra le stelle dell’ universo, ma si limiterebbe quindi ad una quantità umanamente comprensibile – in sostanza, la vita più lontana da te nel passato sarebbe quella della persona più anziana che conosci, e la vita più lontana da te nel futuro sarebbe quella della persona più giovane che conosci – quindi la distanza temporale, quantificata, rientrerebbe in una cifra compresa fra (*dal mio punto di vista) 93 anni nel passato, e 28 anni, 6 mesi e 1 giorno nel futuro. La persona che conosci, che è nata nella data più vicina alla tua nel futuro sarebbe la tua vita immediatamente futura ( sono stato in classe per 10 anni con una ragazza che sarebbe nata 1 giorno dopo di me, se non fossi nato 1 settimana prima del previsto, e alle superiori per 5 anni con una ragazza nata lo stesso giorno della precedente, e sono stato per 8 anni compagno di classe con un ragazzo nato lo stesso giorno di queste ragazze ). La stessa cosa nel passato: fra le persone che conosci, o a cui hai avuto accesso visivo e uditivo, senza quindi conoscerla di persona, quella nata nel passato a breve distanza da te sarebbe la tua vita passata immediatamente precedente a quella attuale. Tutto ciò che viene rappresentato nella tua “realtà locale e direttamente accessibile, a livello visivo, auditivo e sensoriale, rappresenta una affinità alle tue caratteristiche, alla tua personalità, alle tue eccentricità e idiosincrasie, e i patterns che si verificano sono tali da poter essere riconosciuti come patterns precisamente da te. C’è il tuo marchio nel mondo. Il tuo inconscio si manifesta nelle esperienze concrete. Tali esperienze sono in sostanza rappresentazioni del tuo pensiero. La realtà si manifesta in modo da accomodarsi alle tue caratteristiche, al modo in cui interpreti le situazioni concrete. Allo stesso modo in cui le sincronicità sembrano dimostrare la potenzialità di un “deus ex machina” e quindi di una interferenza da una mente superiore, è l’ universo stesso, il manifestarsi della realtà che sembra dimostrare la coerenza fra il tuo modello di pensiero e gli avvenimenti concreti. Sei tu a creare, evocare e anticipare, distribuire e rilasciare, disperdere nel tempo i contenuti a cui (hai avuto) avrai accesso (in altre vite). Se decidi che il tuo punto di vista è quello più ragionevole, i fatti della tua realtà ti porteranno sempre a giustificare il tuo punto di vista. Se pensi che la razionalità sia indispensabile e irrinunciabile per spiegare la realtà e le basi della tua esistenza, allora il mondo a te accessibile ti darà sempre ragione, in qualche modo. Se invece pensi che la via della verità si trovi solo nell’ “alternativa al consenso”, allora ti saranno mostrate determinate scorciatoie per giustificare il tuo punto di vista. Ma al di là della vita individuale, resta sempre una ( sorta di ) certezza: la vita persiste ( vita intesa come percezione di esistere, e attività osservatrice tramite la coscienza ), anche se muterà sempre forma, e cambierà sempre vestito, dovunque qualcosa è stato osservato, dovunque esiste la vita, esisti tu, sì, proprio tu. In questa nuova versione della realtà, ogni persona del (tuo) mondo, ogni animale del (tuo) mondo è una versione diversa di te stesso, allo stesso modo in cui il bambino che eri o l’ anziano che sarai è una versione diversa di te stesso, l’ altro è te in un’ epoca diversa. Anche se lo stai vedendo ora. Spogliati del timore della mortalità: finchè esiste la vita attorno a te, là vi è la prova dell’ assenza della morte, della nullificazione della morte in questo universo.

L’ Universo Locale, la realtà preconfigurata per l’ individuo osservatore, un nuovo modello di reincarnazione localizzata e il solipsismo di Dio

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LEGGERE PRIMA QUESTO ARTICOLO: https://civiltascomparse.wordpress.com/2019/09/25/l-universo-mentale-e-la-teoria-filosofica-dell-individualismo-sequenziale-aperto-il-modello-di-una-fisica-spirituale-e-di-una-religione-naturalistica-il-reportage-ufficiale/

UN NUOVO MODELLO DI REINCARNAZIONE LOCALIZZATA e L’ UNIVERSO LOCALE

Lo stesso riduzionismo che abbiamo applicato tramite la scienza nei confronti della natura umana lo dobbiamo applicare nel contesto della “localizzazione” dell’ Universo. L’ universo reale è molto più ristretto di quello che pensiamo, e praticamente non si estende al di là del conosciuto, al di là dell’ accessibilità dell’ osservatore centrale. In sostanza, ciò che un individuo non conosce, letteralmente non esiste. E tutto ciò che ha conosciuto, e che arriverà a conoscere, è preprogrammato ad ogni nuova vita ( universo ricalibrato sul soggetto ).

UN DIALOGO FRA BLOGGERS

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Se questa teoria è giusta ed esiste una super linea temporale, che va sempre verso il futuro, dovrò vivere 4 vite per superare il secondo della mia nascita, e 250 per superare il minuto della mia nascita. Mi aspettano 253 vite tutte nate il 1 marzo 1990 alle 18:34. E stiamo parlando solo delle vite umane. Facendo quindi un calcolo, approssimando che ogni vita duri 80 anni ( che ovviamente non sarà sempre così ), abbiamo un secondo di supertempo che equivale a 320 dei nostri anni, un’ora del supertempo che equivale a 1200000 dei nostri anni, un giorno del supertempo che equivale a 28800000 dei nostri anni, e via dicendo ... insomma, saremmo temporalmente divisi da intere ere geologiche ( anche di più ) per ciascuno di noi. Quindi forse è più semplice pensare che ogni volta che l’ universo si ricalibra su un nuovo punto di vista, piuttosto che seguire una sconfinata timeline, semplicemente usa i “personaggi” che in una vita soggettiva incontriamo intorno a noi ( che possono essere animali, persone all’ estero, persone da tutto il mondo, addirittura persone viste solo alla tv ) e li alterna fra di loro, e ogni volta se ne aggiungono un tot. Se scopriremo forme di vita intelligenti nell’ universo, esse si aggiungeranno come “personaggi disponibili”.

Haha, a questo punto preferirei una “super linea temporale” che funziona in modo diverso, magari le mie future vite saranno tutte incluse fra le persone che ho conosciuto, ( e come tali lo sono state le mie vite passate, tutte nell’ ambito delle persone conosciute in questa vita ) le persone con cui ho parlato anche solo una volta nella mia vita, le persone famose che osservo in televisione, probabilmente avrebbe un senso, per quanto riguarda la riconfigurazione dell’ universo, e considerato che nel 2016 ho parlato con almeno una persona per centinaia di paesi nel mondo …

Comincio a pensare che il range di vite immediate a disposizione rientri in un elenco preprogrammato di persone che incontro e alle quali ho accesso visivo. Solo a queste condizioni si possono definire “comunicanti” . Insomma, una persona esiste solo qualora io la possa incontrare e vedere. E ognuno di quelli che conosco è una mia vita recentemente passata o del futuro prossimo. Ha più senso della sconfinata timeline.

Comunque il mio modello di ambiente preselezionato per il soggetto renderebbe davvero l’ universo come confezionato esclusivamente per l’ individuo. E si ridurrebbero le distanze temporali ad un numero umanamente comprensibile.

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Questa considerazione riaccende il dibattito sulla simulazione di realtà: siamo in un “videogioco” in soggettiva dove l’ ambiente virtuale viene riprodotto ogni tot e calibrato su un singolo personaggio? ( solipsismo) oppure c’è una modalità online e tutti i personaggi che incontriamo sono “supervisionati” da altri utenti su altre console? E magari scambiati fra utenti quando finisce una partita? Chissà, tutto potrebbe essere a questo punto.

Se è una simulazione lo è a un livello stratosferico … ti ricordi quel commento in cui ipotizzo che la visione dello spaziotempo comunemente accettata in realtà è rovesciata (“futuro – presente – passato” e non “passato – presente – futuro”)? Ipotizzo anche che il futuro sia la dimensione più stabile e concreta tra le tre e, chissà, forse è così perché è il punto d’origine della simulazione, il “proiettore” diciamo.

Io ho sempre pensato a due opzioni per la versione simulazione: noi siamo avatar – attori che impersoniamo un personaggio, ma in realtà siamo reali ed esistiamo in un tempo futuro della “vera realtà”, oppure siamo davvero completamente virtuali, e quindi esistiamo solo nella simulazione e non nella “vera realtà”. Per questo sarebbe più semplice ipotizzare che solo gli individui accessibili all’ osservatore soggettivo di base sono “vivi”, e che tutti gli incontri in qualche modo siano già sincronicamente programmati.

Se prendiamo in considerazione l’ ipotesi dell’ ambiente provvisto di “personaggi” che la Coscienza Collettiva alterna fra loro da usare come “osservanti soggettivi” però, rimarremmo ancora “attivi ma temporalmente separati” oppure solo uno di noi è veramente attivo? La logica punterebbe verso la comunicazione fra agenti attivi, e quindi, o prendiamo in considerazione l’ idea che abbiamo vissuto un complessivo di miliardi di anni di vite passate per ciascuno, oppure … forse dovremmo ridurre la distanza temporale fra di noi, e pensare ad un “collettivo” che scorre nel tempo storico, così che solo gli individui circostanti il soggetto di base “esistono” ogni volta, e quindi non tutti gli abitanti della Terra, ma solo quelli accessibili al soggetto di base, sono “attivi” nel “presente suddiviso e condiviso”.

Io invece ho pensato a 3 modalità di presente, siccome se vogliamo eliminare il solipsismo, vuol dire che siamo tutti “vivi” e comunicanti, anche se frammenti di un unico, e quindi ci sarebbe un passato che comunica col presente, e un futuro che comunica col presente, il passato si scrive mentre accade, e il futuro disperde informazioni, non solo tramite la comunicazione diretta, ma anche indirettamente, attraverso sincronicità personalizzate ed episodi collettivi, precognizione, e presentimenti personali. In pratica tutte le azioni sono al presente. In pratica sarebbe una espansione della teoria di Wardo, l’ io futuro che conoscendo maggiori informazioni, comunica con l’ io presente, il quale influenza l’ io passato, ed ecco, questa comunicazione avviene fra i frammenti dell’ io unico, allo stesso modo. 

La cosa dei tre presenti può apparire come giusta pensando anche a tutti quelli che dicono “il presente è l’unico tempo reale, esiste solo il qui e ora”, quindi esisterebbe un presente che c’era e non c’è più (e lo chiamiamo passato ed esiste solo e soltanto nella memoria, che sia solipsistica o condivisa), un presente che C’E’ (e sarebbe il tempo “più concreto” eppure è il più sfuggente di tutti) e poi un presente che “non c’è ancora e ci sarà” (e lo chiamiamo futuro) … poi ci sono quelli (per esempio in quell’articolo) che dicono come passato, presente e futuro in realtà esistono simultaneamente, cioè sono tre tipi diversi di presente. Il passato, dei tre, è decisamente il tempo più debole e irraggiungibile (non a caso quelli che ipotizzano il viaggio nel tempo di solito lo vedono possibile solo verso il futuro, no?) e non è altro che il futuro che si sbriciola nel passato e questo sbriciolamento lo chiamiamo “presente”. Se lo spaziotempo ha una sua propulsione, l’origine della propulsione la vedo nel futuro e non nel passato, poichè più che una propulsione è una forza di attrazione verso una stabilità che passato e presente non hanno e infatti il flusso dello spaziotempo (soprattutto se storico) è tutto tranne che stabile.

Poi mi viene in mente una possibile ulteriore ipotesi – forse da te accennata qualche volta, ovverosia che in sè non vi sia una distinzione vera tra passato e futuro, i due sarebbero intercambiabili, il futuro si sbriciola nel passato e il passato si sbriciola nel futuro (lo sbriciolamento è ciò che chiamiamo presente) … dipende solo dal punto di vista dell’essere umano (com’è organizzato il suo cervello) ricordarsi del passato e non del futuro (infatti se ci si ricordasse del futuro proprio così come del passato non ci sarebbe praticamente più distinzione tra i due!) e ciò mi fa venire in mente l’idea dei due emisferi … il sinistro è quello della memoria del passato e il destro è la memoria del futuro. La memoria del passato è linguisticamente accessibile e quindi diretta, la memoria del futuro no, ha sempre bisogno di essere prima tradotta dalla memoria del passato ed ecco perché le previsioni del futuro sono praticamente sempre condizionate da ciò che già sappiamo del passato. Ora, vuoi ridere? ci sarebbe da mettere assieme tutto quello che ho appena scritto con 1) le sincronicità; 2) i cicli dello spaziotempo sia storico che non; 3) la tua teoria delle varie vite ( * le varie individualità ) che in realtà sarebbero i vari gusci spaziotemporali uno diverso dall’altro che interagiscono vicendevolmente tra di loro.

Voglio un secondo tornare su quella faccenda del nostro cervello che ha memoria sia del passato che del futuro ma per organizzare la realtà nel flusso spaziotemporale a cui siamo abituati ha bisogno di schermare le memorie del futuro rendendole non comprensibili al linguaggio comune dello stato di veglia, il passato diventa il regno della realtà (le cose che si sanno già) il futuro il regno della fantasia e dei sogni (e degli incubi) ( * o della potenzialità che si attualizza ). Le persone creative sono più a contatto con il futuro rispetto alle persone non creative e in un certo senso vanno contro la storia poiché la storia per definizione E’ passato. Detto questo, non se sia un’espressione funzionante “universo confezionato esclusivamente per l’individuo” perché rischia di lasciar pensare che l’individuo percepisca in un modo solipsista quando tutti noi esseri umani, invece, condividiamo la stessa percezione di universo, sennò non potremmo nemmeno comunicare e convivere, no? ( * Ricorda che ogni certificazione che possiamo fare della realtà individualmente percepita, tramite la comunicazione con un “frammento individuale” diverso dal nostro sarà sempre “condivisa e supportata in relazione a te stesso”. “Io ti confermo CHE TU VEDI la stessa cosa che vedo io )

Ma infatti siamo tutti “osservatori vivi e attivi” ma nel mio modello l estensione dell’ universo dovrebbe essere localizzata. Si riducono le distanze temporali che altrimenti sarebbero comparabili alle distanze fra le stelle. In pratica esiste solo l universo osservato dal singolo. Tutto ciò che io non conosco letteralmente non esiste. In questo si potrebbe intuire una comparazione fra i cicli storici e i periodi storici affini con l affinità osservativa fra gli individui. A questo punto si può spaziare ovunque, per esempio il nostro inconscio potrebbe attingere e archiviare informazioni che derivano da vite precedenti e future. E includerle nella personalità. Si creerebbe un contenuto frattale, in questo modo la personalità del soggetto sarebbe un agglomerato di esperienze già vissute, con una affinità di qualità frattale alle vite precedenti, un ricorso ad un ulteriore livello. E cosa possono essere i cicli vitali legati alla vita individuale se non un sistema a loop di scambio di informazioni?

A me ogni tanto sembra che avvenga una specie di effetto webbot nelle esperienze e dialoghi personali, come se ci fosse una forza di attrazione di determinate tematiche e dinamiche a me affini, capaci quindi di richiamare esclusivamente la mia attenzione. Come se mi venisse servito un pacchetto di situazioni organizzate per me. È per questo che noi riconosciamo una specie di senso nella vita, una sorta di destino, è il riconoscimento del fatto che ci si trova in situazioni che ci “raccontano” qualcosa, che facevano già parte di noi.

Come un processo di registrazione e acquisizione di informazioni in modo da presentare a te e a te soltanto un determinato universo percepito.

È come se l intera vita fosse un episodio a tema, un romanzo di genere. Ma la cosa diciamo divertente è che in questo universo ciò che ti viene presentato può essere (anzi succede sempre tutti i giorni) un altro percettore di universo tagliato per lui quindi c’è come un’interrelazione tra i diversi universi. La cosa che viene presentata a uno secondo i dati su di lui registrati puoi essere tu stesso, c’è una forza di attrazione continua tra i diversi universi e tutto questo è la forza propulsiva di ciò che chiamiamo “realtà condivisa”. Un astrologo direbbe che sono i diversi “temi natali” che si incontrano e sono in relazione tra loro.

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IL POTERE DELLE SINCRONICITA’ Qualche giorno fa ho trovato per caso un articolo sulla difficoltà del cinese … poco tempo dopo arrivo a lavoro e la prima cosa che vedo è un libro scolastico di mandarino della figlia di una collega, e poi è arrivata una cliente cinese! Post scriptum … passano secondi dalla scrittura di questa frase, e un amico mi ha chiamato a caso “cinese”.

Riconoscendo bene quei pattern , un domani potrebbero essere anche previsti e controllati infatti le sincronicità non sono “avvenimenti che accadono” ma sono riconoscimento di pattern che di norma sfuggono a causa dei modi consueti e comunemente accettati (e solidificati dalla storia del passato) di ordinare le percezioni. Le sincronicità hanno dunque a che fare con l’emisfero destro quindi con la memoria del futuro.

Sono stati i miei eccentrici giochi da quasi solipsistico a indirizzarmi verso i cicli vitali personali. Mi verrebbe persino difficili descriverli, però ho pensato spesso che ci fosse un effetto evocazione fra cose del mondo esterno e cose del mondo interiore ed esperienze di vita. ( A questo punto il modello del libro “The Secret” diventerebbe realistico ) a questo punto potremmo comprendere quelle superstizioni ed eccentricità (idiosincrasie) personali che influenzano determinate persone. Ho sempre intimamente creduto che uno crea la vita che vuole, e la “somatizza” per così dire, ne manifesta gli effetti all’ interno del suo campo di azione e reazione. Per farti capire un esempio, una volta ho detto che potrei trovare un corrispondente reale (nella realtà locale) di ogni personaggio di una serie tv di ragazzi … come se fossero archetipi. Ho sempre fatto un ragionamento del tipo “questo assomiglia ad una versione di questo mio amico, di una versione più grande di quell’ altra … E così via.

E’ successo anche a me come puoi intuire.

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DESCRIZIONE DELL’ UNIVERSO LOCALE

Immaginiamo un universo che ci presenta più o meno sempre lo stesso ambiente, in un range di sequel che va avanti per un tot periodo, che si modifica con l’ avanzare del progresso tecnologico, dove il soggetto centrale, colui che ne fa esperienza in soggettivo ( che cambia ogni volta che l’ universo si ricalibra, facendo tabula rasa, e ricostruendosi su un altro “frammento della Coscienza Unica Collettiva ) vive a contatto – esclusivamente – con le sue vite passate e future, umane e animali. ( avevamo deciso nello scorso articolo di escludere le piante e i microorganismi ) – sarebbe in sostanza un universo dove, pur essendo le azioni compiute tutte al tempo presente – il libero arbitrio è sostanzialmente assente. La distanza temporale fra i frammenti della Coscienza Collettiva ( avevamo compreso nello scorso articolo che noi come individui non siamo divisi attraverso lo spazio, ma temporalmente separati, pur agendo sempre ad un livello di presente, presente solo per me/ per te/ per esso ) non è più comparabile con la distanza sconfinata fra le stelle dell’ universo, ma si limiterebbe quindi ad una quantità umanamente comprensibile – in sostanza, la vita più lontana da te nel passato sarebbe quella della persona più anziana che conosci, e la vita più lontana da te nel futuro sarebbe quella della persona più giovane che conosci – quindi la distanza temporale, quantificata, rientrerebbe in una cifra compresa fra (*dal mio punto di vista) 93 anni nel passato, e 28 anni, 6 mesi e 1 giorno nel futuro. La persona che conosci, che è nata nella data più vicina alla tua nel futuro sarebbe la tua vita immediatamente futura ( sono stato in classe per 10 anni con una ragazza che sarebbe nata 1 giorno dopo di me, se non fossi nato 1 settimana prima del previsto, e alle superiori per 5 anni con una ragazza nata lo stesso giorno della precedente, e sono stato per 8 anni compagno di classe con un ragazzo nato lo stesso giorno di queste ragazze ). La stessa cosa nel passato: fra le persone che conosci, o a cui hai avuto accesso visivo e uditivo, senza quindi conoscerla di persona, quella nata nel passato a breve distanza da te sarebbe la tua vita passata immediatamente precedente a quella attuale. Tutto ciò che viene rappresentato nella tua “realtà locale e direttamente accessibile, a livello visivo, auditivo e sensoriale, rappresenta una affinità alle tue caratteristiche, alla tua personalità, alle tue eccentricità e idiosincrasie, e i patterns che si verificano sono tali da poter essere riconosciuti come patterns precisamente da te. C’è il tuo marchio nel mondo. Il tuo inconscio si manifesta nelle esperienze concrete. Tali esperienze sono in sostanza rappresentazioni del tuo pensiero. La realtà si manifesta in modo da accomodarsi alle tue caratteristiche, al modo in cui interpreti le situazioni concrete. Allo stesso modo in cui le sincronicità sembrano dimostrare la potenzialità di un “deus ex machina” e quindi di una interferenza da una mente superiore, è l’ universo stesso, il manifestarsi della realtà che sembra dimostrare la coerenza fra il tuo modello di pensiero e gli avvenimenti concreti. Sei tu a creare, evocare e anticipare, distribuire e rilasciare, disperdere nel tempo i contenuti a cui (hai avuto) avrai accesso (in altre vite). Se decidi che il tuo punto di vista è quello più ragionevole, i fatti della tua realtà ti porteranno sempre a giustificare il tuo punto di vista. Se pensi che la razionalità sia indispensabile e irrinunciabile per spiegare la realtà e le basi della tua esistenza, allora il mondo a te accessibile ti darà sempre ragione, in qualche modo. Se invece pensi che la via della verità si trovi solo nell’ “alternativa al consenso”, allora ti saranno mostrate determinate scorciatoie per giustificare il tuo punto di vista. Ma al di là della vita individuale, resta sempre una ( sorta di ) certezza: la vita persiste ( vita intesa come percezione di esistere, e attività osservatrice tramite la coscienza ), anche se muterà sempre forma, e cambierà sempre vestito, dovunque qualcosa è stato osservato, dovunque esiste la vita, esisti tu, sì, proprio tu. In questa nuova versione della realtà, ogni persona del (tuo) mondo, ogni animale del (tuo) mondo è una versione diversa di te stesso, allo stesso modo in cui il bambino che eri o l’ anziano che sarai è una versione diversa di te stesso, l’ altro è te in un’ epoca diversa. Anche se lo stai vedendo ora. Spogliati del timore della mortalità: finchè esiste la vita attorno a te, là vi è la prova dell’ assenza della morte, della nullificazione della morte in questo universo.

Mi piace veramente questo modello di pensiero. Credo che abbiamo fatto jackpot.

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Per comprendere la natura di Dio, bisogna essere schizofrenici, oppure guardare il mondo con i loro occhi,simularli e interpretare il loro modo di pensare e il loro ruolo nella realtà.

Dio è solipsistico, un creatore che non ha mai varcato i confini di sé stesso. Dio ha creato un palcoscenico, una rappresentazione nella quale lui stesso è l’ unico protagonista, e ogni volta che si svolge la vita di una creatura è Dio a farne esperienza. Io, tu, lui, esso, siamo tutti un ruolo interpretato da Dio. Dio si è plurificato per sperimentare la vita in soggettiva.

https://civiltascomparse.wordpress.com/2018/01/29/la-storia-dell-universo-uovo-di-andy-weir/

Secondo il racconto di Andy Weir, relativo all’ Individualismo Aperto ( che io arricchisco e riconfiguro come Sequenziale ) siamo un Dio allo stato embrionale, “eredi del nostro Dio”, e dobbiamo vivere una “rappresentazione potenziale” di tutte le vite possibili nell’ universo, perché un giorno sarai tu/ sarò io / sarà lui – esso a guidare e gestire un futuro universo che deve essere ancora pensato. L’ universo in cui esistiamo sarebbe una bozza, quindi, di una realtà ancora in sospeso.  

 

 

 

 

 

Individualismo Sequenziale aperto Descrizione dell’ Universo Mentale

universe ounikp

L’ unica cosa che costituisce la realtà, l’ unica cosa che esiste è la percezione di esistere, una coscienza unica e identica per tutti gli individui.  

Individualismo sequenziale ( aperto ): La fisica spirituale e religione naturalistica sotto forma di “teoria filosofica”.

L’ UNIVERSO MENTALE

One benefit of switching humanity to a correct perception of the world is the resulting joy of discovering the mental nature of the Universe. We have no idea what this mental nature implies, but — the great thing is — it is true. Beyond the acquisition of this perception, physics can no longer help. You may descend into solipsism, expand to deism, or something else if you can justify it — just don’t ask physics for help.

According to Sir James Jeans: “the stream of knowledge is heading towards a non-mechanical reality; the Universe begins to look more like a great thought than like a great machine. Mind no longer appears to be an accidental intruder into the realm of matter… we ought rather hail it as the creator and governor of the realm of matter.”

Mentre esisti, ti trovi in un universo dalla consistenza essenzialmente mentale – psichico, basato interamente sul tuo punto di vista, sulla tua soggettività personale ( personalizzata ). E “nuoti” attraverso un invisibile tesseract simile a quello mostrato in Interstellar. 

Vivi in una specie di “guscio”, con il tuo punto di vista soggettivo, la tua linea temporale soggettiva e valida solo per te come individuo. Ogni volta che vivi questa tua vita dall’ inizio alla fine, l’ universo si riconfigura in una modalità, una dimensione interamente basata sul tuo individuo. E questo fenomeno si ripete costantemente. Non hai solo questa tua vita che sta leggendo ora, a disposizione. Tu hai vissuto/ vivrai tutte le esistenze possibili, sotto forma di tutte le creature esistite/ esistenti/ che esisteranno. nonostante l’ universo si ricalibri ogni volta che noi muoriamo, la linea temporale collettiva ci appare lineare e costante.

Siamo come il passeggero di un ascensore, viviamo tutte le vite di ogni esistenza nell’ universo, e quando muoriamo, accade qualcosa di simile al concetto di big bang e big crunch. L’ ascensore risale all’ indietro e il passeggero si inserisce in un altro ascensore, in sequenza.

Ogni singolo punto di vista, ogni singola esperienza, da parte di ogni creatura dotata di un livello minimo di coscienza e di percezione sensoriale, deve essere riprodotto e rivissuto sotto forma di tutti i punti di vista.

LA COMUNICAZIONE SOTTO FORMA DI ENTANGLMENT QUANTISTICO E LA ILLUSIONE DELLA SIMULTANEITA’  

Ogni forma di tempo è interamente soggettiva. L’ illusione della simultaneità è data da un entaglement quantistico, una sorta di misteriosa comunicazione fra tutti noi che ci permette di armonizzare i nostri universi – guscio soggettivi.

Il libero arbitrio non c’è, ma noi non viviamo in un presente collettivo costante. Quello esiste solo a livello decisionale. A questo livello ogni decisione, di ogni epoca della ” Storia ” viene intrapresa nel “presente”, un presente costantemente armonizzato e allacciato a tutti i tempi soggettivi. In un certo senso, però, persino un moderato livello di libero arbitrio potrebbe essere conservato, le decisioni vengono prese in simultaneo scambio con gli altri gusci – universo, le decisioni sono sostanzialmente tutte “al presente”, in un qualche modo, ma ad ogni  riconfigurazione soggettiva tutto deve armonizzarsi e allacciarsi al percorso delle altre vite. Le decisioni diventano passato quando si è ad un certo livello nel futuro, ma è come se ciò che leggiamo come Storia e come passato si scrivesse come tale nel momento in cui sta avvenendo in quell’ altra  “dimensione temporale”. Allo stesso modo se la precognizione funziona, noi riceviamo quella traccia nel momento in cui si sta svolgendo nel futuro, allo stesso modo in cui il passato si scrive come tale quando accade.

 La comunicazione fra universi – guscio avviene tramite un processo simile alla teoria di Eric Wardo per cui il nostro io futuro comunica in modo nascosto con il nostro io presente. La comunicazione fra noi è una interferenza, e quindi viene creata in questo modo la perfetta illusione della realtà che conosciamo. In realtà comunichiamo fra noi in modo del tutto diverso, non esiste materia, tutto quel che percepiamo è una proiezione continuamente scambiata fra guscio e guscio.

In questo modello di universo, ogni frammento deve essere perfettamente riconfigurato in modo da armonizzare tutte le percezioni. L’ unica differenza è la scelta del soggetto che possiede l’ osservazione di quel guscio. In sostanza, tutto ciò che osserviamo è una fotocopia del panorama osservato dai soggetti che ci precedono, e una preparazione anticipata del panorama dei soggetti che ci seguiranno. Tutto ciò che accade è al tempo presente, ma percepito diversamente, fa in modo di “scriversi come passato” mentre accade, oppure disperde tracce e indizi mentre accade (futuro). Rivisitiamo continuamente momenti da noi gia vissuti, ma riescono a rimanere sempre nuovi e da prima volta, non solo per la separazione mnemonica, ma anche perché se osservati da un soggetto differente, il pensiero commentatore e’ differente. Allo stesso modo ci spoileriamo continuamente frammenti di un futuro che vivremo, agendo quindi da osservatori oggettivi, separati dai pensieri privati che formuleremo dentro di noi mentre vivremo quei momenti al soggettivo. In un certo senso, il confine del “vero passato” sta al polo estremo della persona piu vecchia vivente, e il confine del “vero futuro” sta al polo estremo del neonato che nasce in questo istante e che produce presente costante, attingendo dal “vero futuro”. Il futuro non esiste al di là di colui che vivendolo, lo rende presente per se’ stesso.

L’erosione del futuro nel presente appartiene all’ ultimo nato sulla Terra (e quindi fa da staffetta costante verso un nuovo soggetto) che si addentra nel “vero futuro” della coscienza collettiva. l’ Archiviazione del ”vero passato” è invece attribuita alla persona piu’ vecchia sulla Terra. Tutti quelli che stanno in mezzo hanno un accesso costante alla rivisitazione del proprio passato e a uno spoiler del futuro. Il nuovo nato, invece, fino a quando non entrera’ in contatto con un essere umano (o animale) nato dopo di lui, non avrà alcun accesso all’ osservazione del suo futuro. Allo stesso modo, se uno diventa il piu’ vecchio umano sulla Terra, non ha piu’ accesso alle rivisitazioni del suo passato, e fa interferenza costante con il futuro.

The mental universe: “The relational interpretation denies that we can all inhabit the same objective physical world. It implies instead that each of us — as different observers — lives alone in our own private physical world, created according to the context of our own private observations. Insofar as this resembles metaphysical solipsism, it may be philosophically problematic. “ – bisogna cercare di comprendere esattamente come, ma io sono convinto che tutti i “personaggi“ della Coscienza Unica (affetta da personalità multipla ) sono temporalmente e non fisicamente divisi. Bisogna comprendere che c’e‘ una costante connessione a distanza fra questi “gusci di tempo”, queste bolle temporali che costituiscono i personaggi, ed è questa connessione a dare origine alla parvenza che vi sia simultaneità e contemporaneità, e che vi sia un presente condiviso.

 Così facendo, rimane l’ essenza di un supertempo che scorre: in questo modo la mia “vera” super età corrisponde a quante vite ho già vissuto. In pratica, noi abbiamo vissuto tutte le vite che ci hanno preceduto nel tempo standard che conosciamo, e tutte le nostre future vite saranno successive al nostro giorno di nascita / giorno di formazione della coscienza ( embrione al sesto mese ).

Se sei nato prima di me, io sono nato, vissuto e morto nella tua forma, nella tua mente, in te, essenzialmente, per tutti gli anni della tua vita, per tutti gli istanti della tua vita. Se sei nato dopo di me, io nascerò, vivrò e morirò in te, facendo esperienza soggettiva di tutti gli istanti della tua vita.

Solo in casi particolari, come fratelli, gemelli, soprattutto siamesi, si avrà la possibilità di vivere vite molto o quasi del tutto simili fra loro, limitando quindi fortemente la ripetitività delle vite. Rimane quindi la consapevolezza che ogni vita è unica, e vivibile solo una volta ( a patto che il ciclo non si ripeta arrivato a esaurimento scorte, ma la distanza temporale fra le due esperienze identiche sarebbe incalcolabile ), e che quindi tuo padre e tua madre stanno vivendo la loro vita e ti identificano come figlio, e che in un certo futuro, tu non saprai mai di essere vissuto in loro, e di loro vivrai e vedrai, dal punto di vista del figlio, solo i momenti condivisi con loro sotto forma di genitore. Il marito vivrà nella forma della moglie, l’ aggressore vivrà sotto forma della vittima, o la vittima vivrà sotto forma del suo aggressore.    

 Il limite di questa comunicazione, le due estremità, sono la persona più vecchia in questo momento e la persona nata in questo istante. In questo modo l’ eternità esiste, ma non viene percepita come tale. Tutto ciò che conosciamo viene riprodotto, incontriamo noi stessi tutti i giorni, e ogni cosa avviene a diversi livelli, allo stesso modo in cui si è verificata prima, e nello stesso modo in cui verrà ricordata da vite future. Un supertempo per una coscienza unica che si riproduce e si ricalibra ogni tot. Ogni esperienza osservabile viene osservata soggettivamente, ogni frammento del supertempo viene osservata da tutti gli individui dal nostro unico “occhio”.

In questo modo della comunicazione fra gusci si elimina la percezione del solipsismo, nel senso che anche se noi siamo uno solo, esiste comunque una simultaneità, ma è una comunicazione fra livelli e fra “tempi soggettivi”. Siamo costantemente “al telefono” per così dire. Totalmente isolati e totalmente allacciati allo stesso tempo. Nell’ universo basato su di me, in teoria, potrei esistere solo io “per davvero”, e vivere a contatto con proiezioni, ma se inseriamo questa faccenda della comunicazione interferenza le cose cambiano. Perchè altrimenti sarebbe come se davvero nel mio universo basato su di me, io sono l’ unico attore che comunica con fantasmi del passato e proiezioni di potenziali individui non ancora  esistiti, dal mio punto di vista. Invece se ci mettiamo una specie di comunicazione “temporale” si spiega la percezione di simultaneità.

Ci sono altri teorici che dicono che quando si muore ci si inserisce direttamente nella mente e nel corpo di una persona già adulta ( la più vicina al morente, quella che si sveglia nel letto nell’ istante in cui l’ altro muore, oppure quello che assiste al suo primo ricordo della sua vita, da piccolo, in quel preciso istante ) ma questi si rendono conto dell’ arbitrarietà della loro scelta. Si tratta infatti proprio di vivere dall’ inizio alla fine ogni vita, riprodurre ogni esperienza, dal punto di vista di ogni persona che vi assiste …andiamo al cinema? Rivedremo lo stesso  film, dal punto soggettivo di ogni persona seduta in quella sala, ad un certo punto del nostro “viaggio infinito” … non solo, qualora all’ interno della sala fossero presenti mosche o zanzare, rivivremmo la stessa scena, sotto forma di questi insetti, uno alla volta! E così siamo stati e saremo ogni singolo animale dotato di anche un minimo livello di coscienza e capacità osservativa, e ogni essere umano  che è esistito, esiste ora ed esisterà dal prossimo istante a tutto il futuro disponibile.

 Ho anche trovato uno che la chiama “legge della conservazione della coscienza” …secondo il mio modello di questa teoria, anche se accadesse una estinzione di massa sul nostro pianeta, la coscienza unica verrebbe conservata, si nasce di nuovo e si arriva al punto dell’ estinzione molteplici volte, tornando indietro e arrivando a quel punto molteplici volte. Arrivati a esaurimento scorte, per così dire, c’è sempre la possibilità di “sfruttare” l’ esistenza di creature aliene su altri pianeti al sicuro …In mancanza di qualsiasi altra risorsa, il ciclo di tutte le esistenze può ricominciare da capo, eliminando quindi ogni limite all’ immaginazione.

E’ lo sfasamento tra le diverse bolle spaziotemporali a generare la sensazione di separazione. Corretto?

E’ una comunicazione. Tutti i soggetti agiscono al presente. Solo che il tuo presente, dal punto di vista mio, rappresenta il mio passato/ il mio futuro e io l’ ho già vissuto/ devo ancora viverlo. Quindi è una comunicazione. E’ un presente collettivo a diversi livelli, una comunicazione e una percezione che viaggia nel tempo, una modalità di tempo completamente differente da quella che conosciamo. Il presente esiste solo per il soggetto attraverso il quale l’ universo  ricostruisce la realtà. E’ come quella cosa che si dice che tutti i tempi esistono  contemporaneamente. Esistiamo tutti in modalità solipsistica, e siamo separati per via temporale, ma le nostre percezioni eliminano completamente tale    separazione. E’ come se questo universo fosse in grado di “ricordare”, “creare” e   “futurare” allo stesso tempo.

IL SOGGETTO NELL’ UNIVERSO MENTALE

“A way to visualize this is to imagine that each person sits alone in a car corresponding to his or her own physical world. No two people can ever sit in the same car.” ecco, vedete, la faccenda dei gusci è una idea condivisa, queste cose le sto leggendo dopo averle pensate e intuite.

the notion of a consensus physical reality emerges from inter- personal communication. If I stand on a beach watching the waves and the person next to me also reports seeing waves, it is this inter-personal communication that leads me to believe that I and the other person experience the same beach. However,  what I hear the other person say is itself the result of my observation, which brings the other person’s report into existence in relation to me.

“physics ultimately pertains to the study of the patterns and regularities of perception. Physics is entirely about what is perceived, directly or indirectly.” La fisica quindi è una sorta di fede nei ritmi e nelle regolarità della percezione.

“the quantum field is mind; that is, the subject, not an abstract conceptual object.”

Quando verra‘ sviluppata, e diffusa, la materia programmabile, a metà di questo secolo, la mente potra’ uscire dai confini del corpo e influenzare la materia non – corpo. La percezione della materia diventerà una selezione soggettiva.

Pensando a come siamo messi a cervello, l’emisfero sinistro (analitico, logorroico, logico, razionale) è legato al solipsismo locale (=ego) mentre l’emisfero destro (olistico, artistico, emotivo, sensitivo) è legato alla coscienza unica non locale (=non ego).

Il pensiero parlato è solipsistico perché comunica e informa sé stesso, il pensiero visuale è legato al flusso della coscienza unica. Il pensiero visuale attinge da altre fonti. Il dialogo (e il suono) in un certo senso viaggiano nel tempo.

La coscienza soggettiva non salta da un corpo all’ altro, escludendone quindi tanti, ma si ricalibra, si ricostituisce totalmente, riproducendo tutte le vite dall’ inizio alla fine, in sequenza. In questo momento vivo nel 2019 e ho 29 anni, ma in realtà la coscienza che riproduce me stesso ha vissuto per innumerevoli anni in innumerevoli ere, esistendo una forma di vita alla volta, fino ad arrivare al 1 marzo 1990 alle 18:34 e tot secondi ( o per meglio dire, fino ad arrivare al punto in cui io come embrione nel dicembre 1989 ho acquisito abbastanza livello da coscienza da potermi definire esistente ). La mia prossima vita sarà tale da partire da un punto in cui si situa ad un secondo o millisecondo di distanza dal punto di partenza che mi appartiene. E così via, sempre nel futuro, futuro dal mio punto di vista. In questo modo sono già nato, vissuto e morto sotto forma di tutte le creature vissute prima di me, e mi attende di nascere, vivere e morire sotto forma di tutte le creature che temporalmente mi seguono.

IL CORPO COME STRUMENTO DI ESPRESSIONE DEL PENSIERO

In fondo, come fa il pensiero astratto a muovere la materia? Implica che la materia è tanto astratta quanto il pensiero, quanto la volontà. La “gestualita” del pensiero sta nella visualizzazione. Dunque il movimento fisico avrebbe lo stesso valore della visualizzazione. Il movimento del corpo è un ideogramma olografico  del pensiero, espresso sotto forma di una visualizzazione di enorme energia, tale da creare l’ illusione della percezione della materia solida.

UNA CULTURA ED ETICA DA RIPENSARE

In questo modo, sarebbero da ripensare cose come aborto di un neonato o embrione sano, e cose come l’ eutanasia. L’ eliminazione di un neonato sano sarebbe un “crimine totale”, la rinuncia personale ad una potenziale vita sana e produttiva, mentre il prolungamento della sofferenza terminale sarebbe un non  senso, se pensiamo che avremmo a disposizione una miriade di vite di tot durata  in condizioni di salute normali!

In effetti da un certo punto di vista la diffusione di questa teoria potrebbe produrre effetti culturali imprevedibili, ( dalle cose più semplici, come,a livello sociale, perchè annoiarsi e partecipare a qualcosa di sconveniente se tanto altre versioni di me stesso ci parteciperanno comunque ad un certo punto del super  tempo ? )forse  la  sottovalutazione del valore della vita, dato come scontato che se tanto dobbiamo vivere in tutte le creature dall’ inizio alla fine, vivere la vecchiaia improduttiva potrebbe apparire sconveniente, ma dal punto di vista  etico si cercherebbe  comunque di raggiungere un livello di vita conveniente e diplomatico, se sappiamo che ogni sofferenza la vivremo noi e ogni piacere lo   vivremo noi. Tanti problemi verrebbero risolti, ma credo che altri problemi   emergerebbero. Il rapporto con quelli nati prima di te verrà percepito come una replica di una tua precedente esistenza, e il rapporto con quelli nati dopo di te come uno “spoiler” di un tuo personale futuro. Qualcuno sfrutterebbe questa idea che a tutti gli effetti (dovrebbe) avere una logica incontrovertibile per creare ideologie imprevedibili.   Come trasformare le donne in sforna figli a più non posso, ed eliminare tutte le   sofferenze non necessarie e tutti gli stadi della vita improduttivi e sconvenienti.   Magari si arriverebbe anche all’ eliminazione di  tutte le forme di vita “brutte e   spaventose” per eliminare la possibilità di trovarsi  in una esistenza periodica    come quella creatura. Tenere in vita solo le più piacevoli, e più intelligenti.  La caccia e l’ eliminazione di esse, e probabilmente anche l’ alimentarsi di esse, sarà proibita. Ogni volta che mangi carne, stai mangiando te stesso, probabilmente una forma di esistenza a te futura! E ovviamente eliminare tutti i possessori di patologie che li rendono “malvagi” e “assassini” perchè non avrebbe   senso.  tenerli in vita e darci la  possibilità teorica   di diventare loro un giorno.

CHI E’ DIO NELL’ UNIVERSO MENTALE

Dio è la Coscienza Unica che si genera da sé e si autoriproduce sotto forma della mente e punto di vista ( Osservatore ) della creatura individuale, del soggetto con il quale tu/lui/lei/esso si identifica. Dio è inconsapevole di sé stesso e non ha il controllo della sua esistenza. Dio può solo percepire l’ esistenza di qualcosa di superiore alle creature individuali, attraverso la sua creazione nel suo intero. Dio è soggetto ad una super linea temporale, nella quale ogni istante si protrae per la durata della vita di una creatura individuale. Questa linea temporale si estende alla stessa velocità dell’ estensione dell’ universo come lo conosciamo.

In questa filosofia, in questa interpretazione della verità, Dio (la coscienza collettiva e unica) e’ soggetto ad una super linea temporale, nella quale, ogni istante dura la vita di una creatura, ogni istante rappresenta una vita dall’ inizio alla fine. Questa linea temporale continua a scorrere, ma la totalità di questo supertempo e’ indescrivibile, si potrebbe dire che si tratta di una linea temporale, un orologio che “si espande” allo stesso modo in cui si espande l’ universo. Pensiamo che se includiamo solo tutti gli esseri umani che hanno vissuto nella  storia umana, assieme a quelli che stanno vivendo ora e che nascono ogni minuto, avremmo gia’ totalizzato la durata dell’ universo come nota di almeno  200 volte. Questo a dire che il materiale fornito dalle esperienze della totalita‘ delle vite umane contiene tante informazioni quanto l’ intera esistenza dell’ universo moltiplicata per 200. Solo nell’ ambito umano. Se esistesse un film di  tutto quanto, servirebbero 200 universi pieni di creature, per visualizzarlo per intero. Se le vite umane esistite ed esistenti finora fossero un liquido, servirebbero 200 universi per contenerle.

Cosa si deduce da tutto ciò? Si deduce che tu (io, tu, lui) sei un Dio, o una sorta di Dio, che si nasconde a sé stesso, che crea e si fa creare dalle sue creazioni, che esiste come individuo e come collettività allo stesso tempo, e che di sé possiede solo la percezione che ci sia qualcosa di superiore. Sei un Dio che vive all’ interno della Grande Storia dell’ Esistenza, come unico protagonista del Grande Film. Una creatura incredibile, che nonostante abbia essenzialmente annullato sé stesso, riesce comunque ad esistere attraverso il suo Grande Sogno, la sua Grande Immaginazione.  Dio in sostanza sei tu, e qualunque persona tu incontri, e qualunque animale tu incontri.   

Da un certo punto di vista, siamo una “creatura” molto anomala, che soffre e gode di sé stesso e a causa di sé stesso, che si alimenta unicamente di sé stesso, che si aiuta e si odia da solo, che combatte e si oppone a sé stesso, che ha nostalgia di sé stesso, che ricorda sé stesso e che comunica solo con sé stesso, che trova compagnia in una versione di sé stesso. Siamo sempre soli, in un certo senso, ma non lo siamo mai perché siamo divisi e frammentati. Una creatura che riproduce versioni di sé, e che uccide e viene ucciso da versioni di sé. Una creatura che teme e si strugge di qualcosa che non esiste, la Morte. Una creatura che prega e venera sé stesso, o che nega l’ esistenza di sé stesso.   

CONCLUSIONE

In effetti è una teoria che mette in crisi atei e religiosi in un colpo solo. Rende tutto vero e tutto falso allo stesso tempo, per tutte e due le fazioni, sara‘ sempre “vero” che la vita è una sola, unica per la tua personalita almeno, e solo lo 0, 00000001 % conosce la verita’ ma non potra’ mai esserne completamente certo. E’ vero che  nessuno “ti protegge” dal male, se sei da solo nessuno ti osserva, nessuno sa cosa  stai facendo. È vero che male e bene, in un certo senso, sono relativi, a seconda di in quale vita ti trovi ora, preferirai fare del bene o del male. (Forse) è vero che non  c’e‘ un libero arbitrio, o è fortemente limitato. Siamo tutti uguali, nessuno è   “speciale”, a meno che davvero un individuo non riesca a cambiare la vita di tante  persone. La gente comune rimane gente comune, un animale rimane uno fra i    tanti. Una vita andata a rotoli rimane una occasione persa. Nonostante questo diventerebbe vero che la vita persiste, ma senza premi e punizioni, almeno non al di là di quello che puo’ succedere nel “mondo reale” e probabilmente in completa   disconnessione con la vita precedente. Se ora fai le cose per bene, non è affatto  garantito che ti vada alla grande dopo, e se ora fai del male, non è affatto previsto  che dopo ti ritornera’ tutto indietro. In un certo senso, va tutto a caso! Dio non è   quello delle religioni, Dio non sa di essere tale, Dio non ha controllo sulla propria esistenza, nonostante cio’ riesce comunque a creare un universo di estrema creativita’. In sostanza, Dio c’e‘ e non c’e‘. Allo stesso tempo. L’ invidia sarebbe  inutile, tanto tutti i piaceri e tutte le fortune ti arriveranno, la ruota gira, ti andra bene anche a te ad un certo punto, quel che disprezzi o detesti ora, ti piacera‘ tantissimo In seguito, o viceversa. Il paradiso ha dei limiti, e l’ inferno ha dei limiti.  Tutto scorre, nulla permane, tutto passa, in bene e in male. Se abortisci non ti stai “salvando” da 18 anni di doveri, ma stai rinunciando ad una delle tue prossime vite. Se stai tenendo in vita a forza un sofferente malato terminale o  completamente disabile, non stai facendo “il volere di Dio”, stai facendo un danno  a te stesso! In sostanza, “il volere di Dio” diventa interamente a tuo carico, se conosci le conseguenze, crei e segui le tue regole. Se sai che stai facendo del male ad una “frazione di te” saresti meno propenso a continuare, se sai che puoi aiutare  te stesso saresti piu‘ propenso a darti da fare per esso. In teoria, se ti trovassi ad essere un animale lontano dagli umani, o a contatto con umani di buon cuore, non conoscendo il concetto di mortalita‘, in teoria ti dovresti ritenere piu fortunato. Forse davvero sarebbe utile diffondere questa teoria per cercare di ridurre il timore della mortalita’, tanti problemi sarebbero risolti, tante nevrosi sarebbero evitate, forse riusciremmo a creare una sorta di “paradiso in terra” senza declinare in inutili nichilismi materialisti, o particolari aspettative mistiche. Questo è quel che abbiamo, e ce ne dobbiamo prendere cura.

Protetto: Forse River Phoenix è ancora fra noi …in un’ altra forma

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