Umberto Eco da “In cosa crede chi non crede?”

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Come dimostrazione che a volte mi succede di rimanere un po’ lontano dal mondo, ho saputo in ritardo (ieri) della morte di Umberto Eco avvenuta il 19 febbraio.

Eco, un uomo di grande cultura, con luci e ombre, come tutti gli uomini. Sarà forse perché avvenuta nel pieno dell’inverno, ma mi ha messo una certa tristezza questa morte. Nello stesso periodo, due giorni dopo, s’è spenta Ida Magli, un’intellettuale italiana della stessa generazione di Eco: quest’ultimo era un’icona massmediatica per molti, Ida Magli solo per una ristretta cerchia di persone.

Esattamente venti anni prima, nel gennaio 1996, Umberto Eco, durante uno scambio di lettere col cardinale Carlo Maria Martini, poi raccolte nel volume “In cosa crede chi non crede?”, scrisse una lettera intitolata “Quando entra in scena l’altro nasce l’etica” e lui, da razionalista-materialista-scettico qual era, si azzardò a scrivere una fantasia sulla “vita dopo la morte”:

Non vorrei che si instaurasse una opposizione secca tra chi crede in un Dio trascendente e chi non crede in alcun principio sovraindividuale. Vorrei ricordare che proprio all’Etica era intitolato il grande libro di Spinoza, che inizia con una definizione di Dio come causa di se stesso. Salvo che questa divinità spinoziana, ben lo sappiamo, non è né trascendente né personale: eppure anche dalla visione di una grande e unica Sostanza cosmica in cui un giorno saremo riassorbiti, può emergere una visione della tolleranza e della benevolenza proprio perché  all’equilibrio e alla armonia dell’unica Sostanza siamo tutti interessati. Lo siamo perché in qualche modo pensiamo che è impossibile che questa Sostanza non venga in qualche modo arricchita o deformata da quello che nei millenni anche noi abbiamo fatto. Così che oserei dire (non è un’ipotesi metafisica, è solo una timida concessione alla speranza che non ci abbandona mai) che anche in tale prospettiva si potrebbe riproporre il problema di una qualche vita dopo la morte. Oggi l’universo elettronico  ci suggerisce che possano esistere delle sequenze di messaggi  che si trasferiscono da un supporto fisico all’altro senza perdere le loro caratteristiche irripetibili, e sembrano persino sopravvivere come puro immateriale algoritmo nell’istante in cui, abbandonato un supporto, non si sono ancora impressi su un altro. E chissà che la morte, anziché implosione, sia esplosione e stampo, da qualche parte, tra i vortici dell’universo, del software (che altri chiamano anima) che noi abbiamo elaborato vivendo, fatto anche di ricordi e rimorsi personali, e dunque sofferenza insanabile, o senso di pace per il dovere compiuto, e amore.

Da In che cosa crede chi non crede?, Liberal 1996, pp 77-78.

Vedere anche:

Umberto Eco e la bustina di Minerva

Nuovo post di sole immagini 2 Donald Trump

ATTENZIONE! Allerta sincromisticismo DONALD TRUMP (in testa come candidato presidente USA per i repubblicani.)

Continua da qui:

https://civiltascomparse.wordpress.com/2016/01/27/nuovo-post-di-sole-immagini/

 

Vedere anche:

https://civiltascomparse.wordpress.com/2014/12/18/ed-ecco-che-i-corsi-e-ricorsi-storici-producono-la-possibilita-del-testa-a-testa-hillary-clinton-e-jeb-bush/

 

https://civiltascomparse.wordpress.com/2012/10/19/fantapolitica-americana-prossima-ventura-addendum/

 

https://civiltascomparse.wordpress.com/2011/09/10/limpossibile-vittoria-di-ron-paul-alle-presidenziali-del-2012/

 

https://civiltascomparse.wordpress.com/2011/05/13/fantapolitica-americana-prossima-ventura/

 

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La suggestiva copertina del film “Home alone 2” del 1992, dove il protagonista Macaulay Culkin – già protagonista del precedente “Home alone” – incontra il miliardario Donald Trump in carne e ossa nella parte di se stesso. Nella copertina, la statua della libertà sembra spaventata per qualcosa che sta arrivando verso i grattacieli di New York.
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Nella versione italiana, i titoli di “Home alone” e “Home alone 2” sono “Mamma ho perso l’aereo” e “Mamma ho riperso l’aereo”. Aerei, torri, grattacieli, New York.
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Il protagonista Macaulay Culkin incontra Donald Trump nella parte di se stesso dentro la Trump tower in “Home alone 2 – lost in New York” alias “Mamma ho riperso l’aereo – mi sono smarrito a New York”.

 

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“Trump card” in inglese significa “asso nella manica”.

 

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Uno degli aerei Boeing personali di Donald Trump.

 

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Donald Trump e le Twin Towers, presenti molte volte nei suoi discorsi.

 

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L’almanacco del mistero 1990 di Martin Mystère dove compare la storia a fumetti intitolata “Condominium, ovvero come Donald Trump salvò la Terra”

 

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La comparsa di Donald Trump nella storia a fumetti dentro l’Almanacco del mistero 1990, in cui viene citata la Trump Tower.

 

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Una delle Trump Towers. Donald Trump è un multimiliardario che vuole comprarsi la presidenza degli Stati Uniti e che è proprietario di aerei e torri.

Da tutto questo, sembra che nell’immediato futuro (2016-2017) è probabile un evento o una serie di eventi riguardanti Donald Trump, l’11 settembre 2001 e le Twin Towers, tutto questo combaciante col rischio di catastrofe, di un nuovo gigantesco evento terroristico (o guerra) in Occidente e con Donald Trump che riesce a “salvare le cose”, sicuramente non con l’intento di ottenere questo risultato, una “conseguenza non intenzionale di azioni intenzionali”.

 

 

TENTATIVO DI RILANCIO DEL BLOG ” Lo Scrittore Sconosciuto “

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Fra un mese sono 10 anni che ho finito il mio primo libro a mano, che era il seguito di una acclamata ma anche poco conosciuta saga di fantascienza ( i soliti Animorphs ) e ultimamente ho deciso di riprendere in mano i vari progetti, molti dei quali non completati, che ho abbozzato o scritto in questi anni…Nel frattempo che mi organizzo e riconsidero quali sono i progetti più facili da revisionare e continuare, o creare, ho deciso di rilanciare il mio ” blog tentativo ” dedicato ai miei racconti, sperando che abbia un seguito e un pubblico. Se noterò che comincia ad esserci un notevole interesse l’ altro autore di questo blog lo affilierà a Civiltà Scomparse.

https://loscrittoresconosciuto.wordpress.com/

Nel mio curriculum di scrittore ci sono : un libro a mano di 70 pagine scritto a 16 anni in due mesi, un progetto in stile ” Ragazzi di strada ” e ” Post – apocalittico ” con il successivo remake fra il 2007 e il 2010, un copione professionale ispirato al film del 1995 The Cure ma con tematiche un po’ diverse, scritto a 18 anni, 111 scene in 3 settimane, più di 70 biografie di personaggi dei videogiochi fra  16 e i 17 anni, molteplici canzoni e poesie fra i 17 e i 20 anni, un racconto ” padre- figlio ” cominciato nel 2013 e un progetto in grande stile ispirato a ” The Dome ” di Stephen King cominciato nel 2015, e molti racconti dove ci sono solo le trame e gli abbozzi sui personaggi, e alcuni episodi fan-fiction di alcune serie tv. Nel frattempo, fra il 2011 e il 2016 ho anche scritto centinaia di pagine di diario, per esempio per i primi 6 mesi del 2015 ho scritto 214 pagine.

Per testare i gusti del pubblico, nel 2014 ho postato le prime pagine dei miei racconti ” Strade Mortali ” ( 2010 ) e ” Distant Alike ” ( 2013 ) ispirato a un film del 1992, American Heart. Buona lettura e mi raccomando commentate, mi servirà da stimolo per pubblicare i seguiti dei racconti.

Da “L’età del caos” di Federico Rampini

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Crediamo di vivere in un’epoca prodigiosamente innovativa, ma i gadget sfornati dalla Silicon Valley non stanno aumentando la produttività umana ai ritmi che erano tipici degli anni Sessanta. […]

Questo è davvero l’enigma economico del nostro tempo: la produttività è quasi immobile o progredisce a passo di lumaca. Problema serio, perché nel lungo termine è dal progresso della nostra produttività che può derivare un maggiore benessere collettivo.

Noi ci siamo convinti che stiamo vivendo in un’epoca di prodigiosa innovazione ma non ve n’è traccia nella nostra produttività. Anzi.

L’ex presidente della Federal Reserve, Alan Blinder, fornisce questo quadro inquietante: “Su un arco di 143 anni l’aumento medio della produttività è stato del 2,3 per cento annuo. Questo ci ha consentito di moltiplicare 25 volte il nostro tenore di vita. L’età dell’oro per l’aumento della produttività è il quarto di secolo che segue la fine della seconda guerra mondiale, quando l’aumento medio annuo salì fino al 2,8 per cento annuo. Poi ci fu una caduta, sorprendente e misteriosa, dal 1973 al 1995, quando scese all’1,4, il dato peggiore della storia recente.

Per fortuna si riprese dal 1995 e nel quindicennio successivo. Ma dall’inizio dell’ultimo decennio è crollata: +0,7 per cento all’anno dal 2010 a oggi, cioè la metà della performance peggiore nella storia precedente”.

E’ la conferma autorevole di quanto denunciando da tempo i teorici della stagnazione secolare: siamo circondati di nuovi gadget, di app, di social media, ma in questo vortice di innovazioni o pseudoinnovazioni la nostra produttività rimane immobile. Perché?

Martin Feldstein, che fu consigliere economico di Ronald Reagan, guida il partito degli ottimisti. La sua risposta è semplice: le statistiche sono sbagliate, siamo prigionieri di un’illusione ottica, viviamo nel migliore dei mondi possibili. “Le straordinarie innovazioni, dalle cure sanitarie ai servizi on line, al videostreaming, hanno reso la nostra vita migliore e non vengono misurate dai dati che indicano un impoverimento della famiglia media del 10 per cento dal 2000 a oggi” sostiene Feldstein.

Ma per credergli ci vuole un atto di fede. In che cosa esattamente il videostreaming (cioè la possibilità di scaricare film da internet) ha “migliorato le nostre vite” rispetto all’epoca in cui affittavamo le videocassette da Blockbuster?

Una delle invenzioni che definiscono il nostro tempo, se devo giudicare dallo spettacolo quotidiano che vedo attorno a me, è il costume di massa dei selfie. Ha migliorato la qualità della nostra esistenza? Ci ha reso più creativi, quest’orgia di vanità che si traduce nell’ossessione compulsiva di fotografare noi stessi e inviare all’istante l’immagine a tutti i nostri conoscenti?

Che cosa resterà di questi triliardi di immagini banali e fugaci, accumulate nei nostri gadget digitali, quando il nostro tempo sarà finito? Che ricchezza durevole avremo creato? A parte, s’intende, i miliardi pagati da Facebook per comprarsi Whatsapp e intascati dai suoi fondatori.

Il vero progresso tecnologico, quello è misurabile, eccome. Riduce la fatica degli esseri umani. Aumenta il frutto del nostro lavoro. Migliora la nostra salute. Affina le nostre intelligenze. Così fecero l’invenzione della stampa, della macchina a vapore e della ferrovia, dell’elettricità e del telefono, del microscopio e degli antibiotici. Grandi invenzioni, in questo senso, lo furono certamente il personal computer e Internet.

Non a caso gli anni Novanta videro un rimbalzo di produttività proprio mentre il personal computer invadeva le nostre scrivanie. Ma da alcuni anni assistiamo a un proliferare di invenzioni minori, francamente futili se misurate con il metro della storia.

“Twitter e Snapchat rendono davvero più produttivo il nostro lavoro?” si chiede Blinder. “Alcuni di questi servizi online molto popolari, al contrario, possono ridurre la nostra produttività, perché una parte delle nostre ore di lavoro le riempiamo con attività che sono di ozio e distrazione, in effetti è tempo sprecato.”

E’ dello stesso parere il Nobel Krugman, anche lui molto severo verso le pseudoinnovazioni sterili. Si diverte a dileggiare l’ultimo gadget di Apple, l’orologio da polso Apple Watch, con tutte le sue app ideate in particolare per aiutarci a stare in forma. “Vi ricordate” scrive Krugman in una column sul “New York Times” e “La Repubblica” “il romanzo del 1979 di Douglas Adams Guida galattica per autostoppisti? Liquidava la terra come un pianeta le cui forme di vita sono così primitive da credere ancora che gli orologi da polso digitali sono un’ottima invenzione.”

Nel 1979, ancora non usavamo quasi i personal computer…Trentasei anni dopo, ironizza Krugman, “la grande idea tecnologica del 2015 è un orologio digitale. Questo, però, ci avvisa quando dobbiamo alzarci in piedi, se siamo rimasti seduti troppo a lungo!”.

Poi ricorda che perfino il fondatore di PayPal, Peter Thiel, pur essendo organico alla cultura della Silicon Valley, si chiede come ci siamo ridimensionati dal sogno delle auto volanti ai 140 caratteri di Twitter.

“La tecnologia informatica che entusiasma le classi twittanti potrebbe non essere di così gran beneficio per l’economia.” Ironia a parte, Krugman denuncia: “Parlare a rotta di collo di come la tecnologia cambi tutto potrebbe sembrare innocuo. Invece funge da elemento di distrazione da questioni più basilari, e dà pretesto per gestirle male”.

Federico Rampini, “L’età del caos”, pagine 89-90.