Breve appunto sui due 11 settembre, di 22 e 50 anni fa

22 anni fa
50 anni fa

L’ 11 settembre 1973 fu il giorno che giunse dopo che l’anno prima (il 1972) si era raggiunta la maturità massima del mondo occidentale iniziato negli anni 30 del XX secolo, quando l’economia USA era ripartita su basi completamente nuove per evitare di nuovo ciò che qualche anno prima aveva portato al crollo finanziario-economico del 1929.

Il 1973 fu l’inizio della fine del boom partito nella seconda metà degli anni 50, dovuto a quella specie di “capitalismo dal volto umano” (in cui tutti potevano avere un posto fisso) da cui fu caratterizzata la ricostruzione post 1948, capeggiato dagli USA. Le caratteristiche della fase di boom postbellico e della fine del boom postbellico le delineammo rispettivamente in questi due post del blog: L’anno più felice di sempre e Il ritorno dello spartiacque storico del 1973 come suo rovesciamento prossimo venturo.

L’ 11 settembre 1973 venne scalzato dalla presidenza del Cile l’eletto democraticamente socialista vero Salvador Allende con un colpo di stato molto violento in cui lo stesso presidente perse la vita durante gli scontri a fuoco nel palazzo presidenziale della Moneda. Al posto di Allende venne poi insediata una dittatura militare capeggiata dal generale Augusto Pinochet. E’ risaputo che a organizzare quel golpe sanguinoso furono certi settori dei servizi segreti statunitensi del cui operato se ne lavò bellamente le mani l’allora segretario di stato Henry Kissinger (che ha compiuto 100 anni proprio in questo 2023!) di quella amministrazione Nixon che anche lei stessa sarebbe stata scalzata via l’anno successivo al 1973.

Il tipo di economia che venne implementata in Cile dopo l’11 settembre 1973 fu tutt’altro che una prosecuzione del socialismo vero di Salvador Allende, fu tutt’altro che un “capitalismo dal volto umano” alla John Keynes ma fu invece liberismo duro e puro: una economia (guidata dalla finanza) solo e secondo le ferree leggi darwiniane della domanda e dell’offerta di più cose possibili trasformate in merce. Un tipo di economia che nei decenni successivi, prendendo slancio dalle “rivoluzioni conservatrici” in UK e USA di rispettivamente Thatcher e Reagan, la si sarebbe vista estendersi anche in tutto il mondo occidentale non anglosassone, tracimando in seguito – dagli anni 90 in poi – pure fuori dall’occidente con quella globalizzazione che veleggiando verso l’anno 2000, pareva proprio trionfante.

L’11 settembre 2001 cosa ci fu? Un attentato terroristico islamico che sminuzzò le due torri del World Trade Center (quel “world trade”, “commercio mondiale” sinonimo della globalizzazione) e squarciò col fuoco un’ala del palazzo del potere militare USA a forma di pentagono (quel potere militare e d’intelligence da cui partì il golpe di allora 28 anni prima.) Vennero usati 4 arei di linea (4, brutto numero): 2 sui grattacieli, 1 sul pentagono e il quarto avrebbe dovuto colpire quel Campidoglio che sarebbe stato preso d’assalto solo il 6 gennaio 2021.

Secondo diverse ricostruzioni, l’organizzazione degli attentati terroristici fu intrapresa da servizi segreti sauditi, i servizi segreti USA lo sapevano cosa stessero architettando ma se ne lavarono bellamente le mani, in particolare l’allora vicepresidente USA Dick Cheney.

L’11 settembre di 22 anni fa e l’11 settembre di 50 anni fa sono due grossi anelli di una catena che deve ancora vedere la sua fine ma che prima o poi (speriamo più prima che che poi) la vedrà.