Ricordo bene quell’autunno 2000, quando c’era stata la prima edizione italiana della trasmissione IL GRANDE FRATELLO.
Il Grande Fratello, come tutti sanno, è il dittatore assoluto che assoggetta le popolazioni attraverso gli schermi televisivi, nel libro distopico, 1984, dello scrittore britannico George Orwell.
Nulla, in quell’anno, lasciava presagire che, negli anni successivi, molti commentatori avrebbero bollato come orwelliana la gestione massmediatica della “guerra al terrorismo” e le leggi in materia di sicurezza promulgate in seguito, le quali ponevano limiti alla libertà e alla privacy della cittadinanza.
La prima edizione de Il grande fratello era qualcosa di “storico”, non mostrato soltanto come tale, nonostante fosse un format dell’agenzia olandese Endemol distribuito in molti paesi, non solo in Italia. Per la prima volta in questo paese, era trasmesso un programma che riprendeva 24 ore su 24 un gruppo di persone, prigioniere di una casa di loro spontanea volontà.
Le successive dodici edizioni de Il grande fratello, per me erano state solo copie malriuscite della prima, la VERA edizione storica e classica, indimenticabile, che sarebbe rimasta “scolpita nei secoli.” Forse soltanto ancora la seconda si era un po’ salvata, quella che fu fatta partire con una settimana di ritardo per via degli attacchi terroristici del settembre 2001.
Era forte, dunque, la NOVITA’ originale e originaria di quella prima edizione, avevo letto che persino Umberto Eco passava una parte del suo tempo a guardarla; tra i partecipanti ricordo personaggi come Rocco Casalino, Un certo “Ottusangolo” (come era soprannominato dalla Gialappa’s band), la pittrice sarda che di cognome faceva Tilloca, e adesso non ho voglia di andare su un motore di ricerca per rintracciare il suo nome (che ora me lo sono ricordato, era Maria Antonietta), poi la bagnina bionda del lago d’Iseo dal forte accento lombardo-orientale, il pizzaiolo-deejay siculo e pelato col bandana e altre figure che, settimana dopo settimana, venivano “nominate” dal televoto del pubblico a casa e dalle scelte dei loro compagni i quali, all’interno di una specie di loculo tutto rosso chiamato il “confessionale” decidevano chi per loro doveva uscire Era come un rituale molto preciso, una specie di cerimonia che andava avanti settimana dopo settimana il giovedì sera su Canale 5, condotta da Daria Bignardi e in onda sull’antenata di Sky, Stream Tv, come si è detto, 24 ore su 24.
Settimana dopo settimana, dunque, chi aveva ricevuto più nomitation (negative) sia dal pubblico a casa che dai loro compari – tutti sorrisi davanti e coltelli dietro – usciva dalla casa, e c’era il giornalista Marco Liorni ad accompagnare all’uscita colui o colei che era stata espulsa dalla casa, per poi ritrovarsi in studio di fronte alla Bignardi con, sullo schermo dietro alle loro spalle, i compari rimasti nella casa. E tutti commentavano l’uscita, con grandi emozioni, trasmesse al pubblico a casa, e non ancora diventate routine, come nelle edizioni successive, quelle condotte da Alessia Marcuzzi. In seconda serata, poi, ci pensava la Gialappa’s band a fare una specie di montaggio video della serie “vogliamo ricordarlo/a così”, con i momenti più salienti del personaggio dentro la casa, con il noto brano di Vangelis come accompagnamento musicale.
Tra i personaggi di quella prima edizione andata in onda nell’autunno del mitico anno 2000 (dall’equinozio di autunno al solstizio d’inverno), vi era uno che spiccava tra tutti per la sua personalità contraddittoria, multisfaccettata, verace, sincera, ma con una certa oscurità e malinconia di fondo, un po’ maudit. Senz’altro il più inquietante tra gli individui che popolavano la casa: PIETRO TARICONE.
Ricordo quando Pietro Taricone era riuscito a vincere la prima edizione de Il grande fratello, il 21 dicembre 2000, quando era rimasto SOLO nella casa, come un leone in gabbia dentro il grande soggiorno con il divano e tutte le altre stanze della grande casa, vuote come le stanze dell’albergo di Shining, con TUTTI che lo osservavano dallo studio televisivo della Bignardi e di Liorni, dove si erano radunati i suoi ex compagni, ormai tutti fuori, e restava soltanto lui là dentro, ricordo che la musica di accompagnamento era estremamente evocativa. Non era solo un momento di grande televisione che accade raramente (potete ridere ma è così) ma era anche l’incarnazione, in diretta Tv, di una mitologia, il mito dell’eroe il quale, dopo essere di ritorno da un viaggio, da una battaglia, si trova faccia a faccia con la solitudine del vincitore. Vi era, dunque, un aura in quell’ultima puntata della prima edizione, la quale non si sarebbe più ripresentata per tutte le dodici edizioni successive. Non era più un banale reality show (all’epoca quest’espressione non era ancora entrata nell’uso comune) ma la concretizzazione di un archetipo eterno.

In quel momento Taricone era l’ultimo uomo sulla Terra, era Adamo senza Eva, Caino senza Abele, Socrate prima di prendere la cicuta, Gesù Cristo sulla croce.
Ed era forse destino che Pietro seguisse l’espressione, resa famosa da una canzone di Francesco Guccini, “gli eroi muoiono giovani e belli” poiché il 29 giugno 2010, a soli 35 anni, morì in seguito a un incidente di paracadutismo, una disciplina in cui era esperto.
Tralasciando le considerazioni complottiste su questa vicenda, voglio concludere riportando uno scritto tratto dal blog The Hive, postato proprio nel giorno della morte di Pietro Taricone, e che riguarda avvenimenti tuttora in corso.
Cosa hanno in comune il prematuro decesso di Pietro Taricone, l’ aggressione a Papa Benedetto e l’ iter giuridico del processo al Vaticano (in merito allo scandalo pedofilia)? Tutti e 3 gli avvenimenti, avvenuti in perfetta specularità temporale (vedi figura sopra), parlano in modo figurato – o meno – della caduta della chiesa: la caduta del Papa, il massimo esponente Vaticano (S. Pietro), e la “Caduta” di Pietro Taricone, morto “inspiegabilmente” quando in USA la magistratura tuonava vendetta contro il Vaticano (S. Pietro), proprio durante il giorno di San Pietro! (quando è troppo è TROPPO).
La morte di Taricone è la perfetta risonanza temporale di un avvenimento simbolico del passato, che è il riflesso anticipato di un futuro che piano piano viene svelandosi, in maniera speculare e perfetta, noi oggi sappiamo, che questi segnali allegorici potrebbero essere il presagio di un futuro meno allegorico e piu concreto dove potremmo assistere inesorabilmente alla caduta (questa volta non allegorica) dell’ impero di S. Pietro..
Un futuro, che è stato gia pressoche scritto e programmato si preconfigura inizialmente in maniera immaginativa (a livello di pensiero), per poi mutare in evento simbolico ed allegorico, per diventare infine realtà.
I segnali arrivano, e il Messia moderno (la TV) anticipa a suon di “parabole” simboliche ciò che ci aspetta: a testimoniare la natura riflettente del tempo […]
Dal punto di vista umano, è pressochè evidente a questo punto, che chi lavora in televisione ed ha puntati addosso gli occhi di milioni o miliardi di persone, diventa a maggior ragione, pedina del gioco dell’ universo, ove tutto è in un perfetto Caos Organizzato.. fenomeni mediatici come ad esempio la morte di M. Jackson, e la morte di Taricone, sono segnali evidenti di una matrice intelligente di eventi che si muove e vibra in maniera organizzata, e di come gli esseri umani (sopratutto quelli che nella società hanno un ruolo chiave) vengono manovrati misteriosamente da questa matrice (la morte di Taricone e quella di Jackson sono state entrambe piuttosto anomale e misteriose).
http://hive1.blogspot.it/2010/06/specularita-30.html