Universo = Dio = Coscienza = Percezione di un Io = Vita umana = Reincarnazione naturalistica (Individualismo Aperto Sequenziale)

DEEPAK CHOPRA: “SONO STATO ATEO FINO A QUANDO NON HO REALIZZATO DI ESSERE DIO”

LA SCOPERTA PIU’ GRANDE E “NASCOSTA” DELLA FISICA QUANTISTICA E’ CHE LA REALTA’ OGGETTIVA NON ESISTE, E QUINDI TUTTO CIO’ CHE ESISTE E’ ACCESSIBILE SOLO ATTRAVERSO LA MENTE. FUORI DAL CERVELLO NON ESISTE NULLA, MA IN REALTA’ ANCHE LA MATERIA E’ UNA ILLUSIONE. QUESTO SIGNIFICA CHE L’ UNIVERSO NON ESISTE COME “ENTITA’ MATERIALE”. L’ UNIVERSO E’ UNA (LA) MENTE. QUESTO CONCETTO SI CHIAMA “COSCIENZA UNICA” E INDICA CHE L’ UNIVERSO E’ “COSCIENTE” E NON C’E’ DISTINZIONE FRA DIO E UNIVERSO. L’ UNIVERSO E’ AUTO – CREATO PERCHE’ IN QUANTISTICA UNA COSA ESISTE SOLO SE E QUANDO VIENE OSSERVATA. L’ OSSERVAZIONE DELL’ UNIVERSO PROVIENE DAL FUTURO. E’ STATA QUELLA OSSERVAZIONE DAL FUTURO A CREARE L’ UNIVERSO NEL PASSATO. IL TEMPO E’ UNA ILLUSIONE: LE AZIONI DEL FUTURO E DEL PRESENTE SONO IN GRADO DI DETERMINARE COME SI SVOLGERA’ IL PASSATO. IL TUO PASSATO E PRESENTE DIPENDE (ANCHE) DA QUELLO CHE E’ SUCCESSO NEL TUO FUTURO. IL TUO FUTURO ESISTE GIA’, E IN FISICA QUANTISTICA E’ IN UNO STATO DI SOSPENSIONE MA NON E’ UN “NULLA” DOVE ANCORA E’ TUTTO DA ESSERE DECISO. COSA SUCCEDE NEL TUO PASSATO DIPENDE DA QUELLO CHE AVRAI FATTO NEL FUTURO. NON C’E’ DISTINZIONE FRA UNIVERSO, DIO E COSCIENZA (MENTE UMANA). LA MENTE E’ L’ UNIVERSO. LA MENTE E’ DIO. IN QUESTO NUOVO MODELLO DI PENSIERO DIO E’ UN UNIVERSO CHE PERCEPISCE DI ESISTERE OGNI VOLTA SOLO IN UNA MENTE SINGOLA. LA COSCIENZA E’ COME UNA FORMA DI ENERGIA INVISIBILE. SI PUO’ PARAGONARE ALLA LUCE E ALLA ELETTRICITA’. CIO’ CHE ACCENDE LE LAMPADINE E’ UNA COSA SOLA. CREDERE CHE LE NOSTRE MENTI SIANO SEPARATE E MORTALI E’ COME CREDERE CHE PER OGNI LAMPADINA CI SIA UNA FORMA DI LUCE /ELETTRICITA’ DIVERSA CHE SI ESTINGUE ALLO SPEGNERSI. PRIMA DELLA TUA VITA C’ ERA ALTRA VITA, DOPO LA TUA VITA CI SARA’ ALTRA VITA, E TUTTE QUELLE VITE LE HAI PERCEPITE / LE PERCEPIRAI TU, PERCHE’ C’E’ UN SOLO “IO” CHE CRESCE, SI EVOLVE, E SI RESETTA E RIPARTE DA UNA TABULA RASA OGNI VOLTA. IL DIO CHE CERCHI E’ “LA PERCEZIONE DI UN IO”.      

Per comprendere la natura di Dio, bisogna essere schizofrenici, oppure guardare il mondo con i loro occhi,simularli e interpretare il loro modo di pensare e il loro ruolo nella realtà.
Dio è solipsistico, un creatore che non ha mai varcato i confini di sé stesso. Dio ha creato un palcoscenico, una rappresentazione nella quale lui stesso è l’ unico protagonista, e ogni volta che si svolge la vita di una creatura è Dio a farne esperienza. Io, tu, lui, esso, siamo tutti un ruolo interpretato da Dio. Dio si è plurificato per sperimentare la vita in soggettiva.

L’ unica cosa che costituisce la realtà, l’ unica cosa che esiste è la percezione di esistere, una coscienza unica e identica per tutti gli individui.  

Individualismo sequenziale ( aperto ): La fisica spirituale e religione naturalistica sotto forma di “teoria filosofica”.

Mentre esisti, ti trovi in un universo dalla consistenza essenzialmente mentale – psichico, basato interamente sul tuo punto di vista, sulla tua soggettività personale ( personalizzata ). E “nuoti” attraverso un invisibile tesseract simile a quello mostrato in Interstellar. 

Ogni volta che vivi questa tua vita dall’ inizio alla fine, l’ universo si riconfigura in una modalità, una dimensione interamente basata sul tuo individuo. E questo fenomeno si ripete costantemente. Non hai solo questa tua vita che sta leggendo ora, a disposizione. Tu hai vissuto/ vivrai tutte le esistenze possibili, sotto forma di tutte le creature esistite/ esistenti/ che esisteranno. nonostante l’ universo si ricalibri ogni volta che noi muoriamo, la linea temporale collettiva ci appare lineare e costante.

Ogni singolo punto di vista, ogni singola esperienza, da parte di ogni creatura dotata di un livello minimo di coscienza e di percezione sensoriale, deve essere riprodotto e rivissuto sotto forma di tutti i punti di vista.

Ogni forma di tempo è interamente soggettiva. L’ illusione della simultaneità è data da un entaglement quantistico, una sorta di misteriosa comunicazione fra tutti noi che ci permette di armonizzare i nostri universi – guscio soggettivi. Bisogna comprendere che c’e‘ una costante connessione a distanza fra questi “gusci di tempo”, queste bolle temporali che costituiscono i personaggi, ed è questa connessione a dare origine alla parvenza che vi sia simultaneità e contemporaneità, e che vi sia un presente condiviso.

Se sei nato prima di me, io sono nato, vissuto e morto nella tua forma, nella tua mente, in te, essenzialmente, per tutti gli anni della tua vita, per tutti gli istanti della tua vita. Se sei nato dopo di me, io nascerò, vivrò e morirò in te, facendo esperienza soggettiva di tutti gli istanti della tua vita.

n questo modo l’ eternità esiste, ma non viene percepita come tale. Tutto ciò che conosciamo viene riprodotto, incontriamo noi stessi tutti i giorni, e ogni cosa avviene a diversi livelli, allo stesso modo in cui si è verificata prima, e nello stesso modo in cui verrà ricordata da vite future. Un supertempo per una coscienza unica che si riproduce e si ricalibra ogni tot. Ogni esperienza osservabile viene osservata soggettivamente, ogni frammento del supertempo viene osservata da tutti gli individui dal nostro unico “occhio”.

In questo modo della comunicazione fra gusci si elimina la percezione del solipsismo, nel senso che anche se noi siamo uno solo, esiste comunque una simultaneità, ma è una comunicazione fra livelli e fra “tempi soggettivi”. Siamo costantemente “al telefono” per così dire. Totalmente isolati e totalmente allacciati allo stesso tempo. Nell’ universo basato su di me, in teoria, potrei esistere solo io “per davvero”, e vivere a contatto con proiezioni, ma se inseriamo questa faccenda della comunicazione interferenza le cose cambiano. Perchè altrimenti sarebbe come se davvero nel mio universo basato su di me, io sono l’ unico attore che comunica con fantasmi del passato e proiezioni di potenziali individui non ancora  esistiti, dal mio punto di vista. Invece se ci mettiamo una specie di comunicazione “temporale” si spiega la percezione di simultaneità.

Si tratta infatti proprio di vivere dall’ inizio alla fine ogni vita, riprodurre ogni esperienza, dal punto di vista di ogni persona che vi assiste …andiamo al cinema? Rivedremo lo stesso  film, dal punto soggettivo di ogni persona seduta in quella sala, ad un certo punto del nostro “viaggio infinito” … non solo, qualora all’ interno della sala fossero presenti mosche o zanzare, rivivremmo la stessa scena, sotto forma di questi insetti, uno alla volta! E così siamo stati e saremo ogni singolo animale dotato di anche un minimo livello di coscienza e capacità osservativa, e ogni essere umano  che è esistito, esiste ora ed esisterà dal prossimo istante a tutto il futuro disponibile.

Ho anche trovato uno che la chiama “legge della conservazione della coscienza” …secondo il mio modello di questa teoria, anche se accadesse una estinzione di massa sul nostro pianeta, la coscienza unica verrebbe conservata, si nasce di nuovo e si arriva al punto dell’ estinzione molteplici volte, tornando indietro e arrivando a quel punto molteplici volte. Arrivati a esaurimento scorte, per così dire, c’è sempre la possibilità di “sfruttare” l’ esistenza di creature aliene su altri pianeti al sicuro …In mancanza di qualsiasi altra risorsa, il ciclo di tutte le esistenze può ricominciare da capo, eliminando quindi ogni limite all’ immaginazione.

E’ una comunicazione. Tutti i soggetti agiscono al presente. Solo che il tuo presente, dal punto di vista mio, rappresenta il mio passato/ il mio futuro e io l’ ho già vissuto/ devo ancora viverlo. Quindi è una comunicazione. E’ un presente collettivo a diversi livelli, una comunicazione e una percezione che viaggia nel tempo, una modalità di tempo completamente differente da quella che conosciamo. Il presente esiste solo per il soggetto attraverso il quale l’ universo  ricostruisce la realtà. E’ come quella cosa che si dice che tutti i tempi esistono  contemporaneamente. Esistiamo tutti in modalità solipsistica, e siamo separati per via temporale, ma le nostre percezioni eliminano completamente tale    separazione. E’ come se questo universo fosse in grado di “ricordare”, “creare” e   “futurare” allo stesso tempo.

n questo modo, sarebbero da ripensare cose come aborto di un neonato o embrione sano, e cose come l’ eutanasia. L’ eliminazione di un neonato sano sarebbe un “crimine totale”, la rinuncia personale ad una potenziale vita sana e produttiva, mentre il prolungamento della sofferenza terminale sarebbe un non  senso, se pensiamo che avremmo a disposizione una miriade di vite di tot durata  in condizioni di salute normali!

CHI E’ DIO NELL’ UNIVERSO MENTALE

Dio è la Coscienza Unica che si genera da sé e si autoriproduce sotto forma della mente e punto di vista ( Osservatore ) della creatura individuale, del soggetto con il quale tu/lui/lei/esso si identifica. Dio è inconsapevole di sé stesso e non ha il controllo della sua esistenza. Dio può solo percepire l’ esistenza di qualcosa di superiore alle creature individuali, attraverso la sua creazione nel suo intero. Dio è soggetto ad una super linea temporale, nella quale ogni istante si protrae per la durata della vita di una creatura individuale. Questa linea temporale si estende alla stessa velocità dell’ estensione dell’ universo come lo conosciamo.

In questa filosofia, in questa interpretazione della verità, Dio (la coscienza collettiva e unica) e’ soggetto ad una super linea temporale, nella quale, ogni istante dura la vita di una creatura, ogni istante rappresenta una vita dall’ inizio alla fine. Questa linea temporale continua a scorrere, ma la totalità di questo supertempo e’ indescrivibile, si potrebbe dire che si tratta di una linea temporale, un orologio che “si espande” allo stesso modo in cui si espande l’ universo. Pensiamo che se includiamo solo tutti gli esseri umani che hanno vissuto nella  storia umana, assieme a quelli che stanno vivendo ora e che nascono ogni minuto, avremmo gia’ totalizzato la durata dell’ universo come nota di almeno  200 volte. Questo a dire che il materiale fornito dalle esperienze della totalita‘ delle vite umane contiene tante informazioni quanto l’ intera esistenza dell’ universo moltiplicata per 200. Solo nell’ ambito umano. Se esistesse un film di  tutto quanto, servirebbero 200 universi pieni di creature, per visualizzarlo per intero. Se le vite umane esistite ed esistenti finora fossero un liquido, servirebbero 200 universi per contenerle.

Cosa si deduce da tutto ciò? Si deduce che tu (io, tu, lui) sei un Dio, o una sorta di Dio, che si nasconde a sé stesso, che crea e si fa creare dalle sue creazioni, che esiste come individuo e come collettività allo stesso tempo, e che di sé possiede solo la percezione che ci sia qualcosa di superiore. Sei un Dio che vive all’ interno della Grande Storia dell’ Esistenza, come unico protagonista del Grande Film. Una creatura incredibile, che nonostante abbia essenzialmente annullato sé stesso, riesce comunque ad esistere attraverso il suo Grande Sogno, la sua Grande Immaginazione.  Dio in sostanza sei tu, e qualunque persona tu incontri, e qualunque animale tu incontri.  

Da un certo punto di vista, siamo una “creatura” molto anomala, che soffre e gode di sé stesso e a causa di sé stesso, che si alimenta unicamente di sé stesso, che si aiuta e si odia da solo, che combatte e si oppone a sé stesso, che ha nostalgia di sé stesso, che ricorda sé stesso e che comunica solo con sé stesso, che trova compagnia in una versione di sé stesso. Siamo sempre soli, in un certo senso, ma non lo siamo mai perché siamo divisi e frammentati. Una creatura che riproduce versioni di sé, e che uccide e viene ucciso da versioni di sé. Una creatura che teme e si strugge di qualcosa che non esiste, la Morte. Una creatura che prega e venera sé stesso, o che nega l’ esistenza di sé stesso.   Dio non è   quello delle religioni, Dio non sa di essere tale, Dio non ha controllo sulla propria esistenza, nonostante cio’ riesce comunque a creare un universo di estrema creativita’. In sostanza, Dio c’e‘ e non c’e‘. Allo stesso tempo. 

Secondo Sir James Jeans: il flusso della conoscenza si sta dirigendo verso una realtà non meccanic; l’ Universo comincia ad apparire più come un grande pensiero piuttosto che una grande macchina. La mente non rappresenta più un intruso accidentale nel regno della materia … dovremmo invece considerarla ( elevarla a ) creatrice e governatrice del regno della materia.

Rimane una domanda: se tutto ciò che esiste è costituito dalla Mente Unica come Coscienza Collettiva, perché non possiamo agire sul panorama circostante come facciamo con il nostro corpo? Perché non possiamo percepire sensorialmente oltre la superficie del nostro corpo? Perché non possiamo muovere gli oggetti con la nostra mente, come facciamo con le braccia e le gambe? Come può la “bounded mentation” ( mentazione limitata ) esistere all’ interno della Coscienza Unica Collettiva? I contesti mentali possono diventare dissociati, con una discontinuità o interferenza nella loro normale integrazione. Questa integrazione dei contenuti mentali avviene tramite concatenazioni di associazioni cognitive. Queste associazioni funzionano tramite la logica implicita. Anche se si perde accesso ai contenuti mentali circostanti, si rimane integrali alla Coscienza Collettiva ospitante i tali. Non c’è bisogno di evocare distinzioni ontologiche dalla mente. L’ analogia della dissociazione è utile per spiegare come psiche distinte e individuali possono formarsi, secondo il modello “ognuno è un frammento della coscienza universale”. Quindi non possiamo influenzare le leggi della natura o interagire con la realtà circostante come facciamo con il nostro corpo perché siamo dissociati dai corrispondenti contenuti mentali. I contenuti mentali di un frammento non possono evocare direttamente i contenuti mentali all’ esterno, ma l’ un l’ altro possono influenzarsi.

In filosofia esistono tre tipi di Individualismo: quello classico – occidentale lo interpreta come CHIUSO ( Ogni individuo possiede una sola vita, e quando finisce non succede nulla. L’ Io esiste, ma è limitato ). Ci sono due alternative: L’ Individualismo VUOTO ( L’ io non esiste, e ogni giorno rappresenta una sorta di nuova vita. Quando finisce l’ ultimo giorno non succede nulla. ), e sinceramente non ha molto senso. L’ altra alternativa è l’ Individualismo APERTO (L’ io esiste come un collettivo frammentato, e viene espresso in modo diverso da individuo a individuo. Quando finisce una vita, ne comincia un’ altra. Alcuni ritengono che la coscienza soggettiva “si sposta”, quindi quando un individuo muore, la sua coscienza passa alla persona più vicina al morente, quella che si sta svegliando in quel momento, oppure quella che sta sviluppando il primo ricordo della sua vita in quel momento. In sostanza, è come se la “percezione di esistere” fosse “la luce” – la luce esiste in molte forme, ma non si può pluralizzare la luce. Quando una luce si spegne, la luce persiste in un altro apparecchio. Da qualche parte c’è sempre una luce accesa. Ma queste opzioni sono arbitrarie ). La vita inizia nel momento in cui il soggetto comincia ad osservare il mondo circostante, a cominciare dall’ interno dell’ utero. Osservare comprende anche la “registrazione percettiva” fornita dai sensi. In sostanza, un individuo diventa una persona quando il suo cervello sviluppa le basi per la coscienza e per la percezione sensoriale, quindi a sei mesi dal concepimento. La nuova opzione è l’ Individualismo SEQUENZIALE ( L’ io si riconfigura da soggetto a soggetto, partendo da una tabula rasa, e quando il soggetto muore l’ universo si riconfigura, in una sorta di continuo alternarsi fra “Big Bang” e “Big Crunch”. Quando una persona muore, rinasce a partire dalla forma di embrione che sviluppa coscienza e osservazione sensoriale ).

Questo modello di reincarnazione è completamente naturalistica, da intendersi come interpretazione. Ogni vita riparte da una tabula rasa. Non ci sono “premi” e “punizioni” per le azioni commesse in una vita differente. Il cosiddetto karma agisce solo nell’ ambito di una singola vita, e tutti i premi e punizioni che possiamo ricevere sono limitati da ciò che può accadere nel “mondo reale”. La tua personalità sarà sempre unica e irripetibile, i corpi cambiano continuamente, ma la percezione di esistere della creatura sarà sempre in relazione a te, sarà sempre percepita da te, sarai tu ad averne esperienza, sarai tu ad esistere sotto forma di quella creatura, umana o animale. Anche se una creatura animale non è cosciente di esistere come lo è un essere umano, rimane comunque il fatto che il suo punto di vista, la sua osservazione del mondo circostante, le sue percezioni sensoriali, saranno tue. A seconda della vita in cui ti troverai, preferirai fare del bene o fare del male, oppure agirai per istinto, come cacciatore – predatore o come preda.

Il cambiamento più importante, ragionevolmente, avverrebbe nell’ ambito del concetto della mortalità, poiché questa teoria la mette completamente al tappeto. Questa “consapevolezza maledetta” dell’ umanità, assente nel mondo animale, dell’ inevitabile ed eventuale conclusione della propria vita, verrà ufficialmente e definitivamente superata. Questo malessere interiore collettivo non avrà più ragion d’ essere. Ci si impegnerà molto di più per agire e attuare cambiamenti e decisioni nella propria vita, si accetterà e si formulerà un significato della vita differente da quello occidental – nichilista di oggi.

Inoltre le varie religioni dovranno necessariamente aggiornarsi alle consapevolezze moderne, e cercare di mettere assieme una “religione collettiva” meno legata alla sacralità e all’ immaginario ritual – religioso, e più legata alla “meta-realtà della fisica”.

Allo stesso modo, la scienza dovrà limitare il suo approccio ostile nei confronti della spiritualità in generale, e dovrà anche essa adattarsi alle consapevolezze moderne, ed eliminare tutte quelle ideologie scientiste che la contaminano attualmente.

In sostanza, le religioni andranno all’ esplorazione del “meta-reale” con i nuovi aggiornamenti della fisica dell’ universo mentale immateriale, e le scienze andranno all’ esplorazione del “paranormale” con gli studi sulla precognizione, e dovranno cercare di avvicinarsi a dimensioni del tutto nuove.

Si potrebbe quindi dire che, osservando lo zeitgeist dei nostri tempi, l’ atmosfera della nostra attualità, dove si sta creando una scissione fra conservatori etici religiosi che auspicano ad un ritorno al passato, e futuristi nichilisti iper – tecnologici che auspicano la realizzazione del superuomo, attraverso una indottrinazione scientista e una “kurzweilizzazione” del futuro, insomma, si sta preparando una certa atmosfera, tutto si sta mettendo in moto, ma ben presto le motivazioni e le ambizioni cambieranno!

Lo stesso riduzionismo che abbiamo applicato tramite la scienza nei confronti della natura umana lo dobbiamo applicare nel contesto della “localizzazione” dell’ Universo. L’ universo reale è molto più ristretto di quello che pensiamo, e praticamente non si estende al di là del conosciuto, al di là dell’ accessibilità dell’ osservatore centrale. In sostanza, ciò che un individuo non conosce, letteralmente non esiste. E tutto ciò che ha conosciuto, e che arriverà a conoscere, è preprogrammato ad ogni nuova vita ( universo ricalibrato sul soggetto ).

DESCRIZIONE DELL’ UNIVERSO LOCALE

Immaginiamo un universo che ci presenta più o meno sempre lo stesso ambiente, in un range di sequel che va avanti per un tot periodo, che si modifica con l’ avanzare del progresso tecnologico, dove il soggetto centrale, colui che ne fa esperienza in soggettivo ( che cambia ogni volta che l’ universo si ricalibra, facendo tabula rasa, e ricostruendosi su un altro “frammento della Coscienza Unica Collettiva ) vive a contatto – esclusivamente – con le sue vite passate e future, umane e animali. ( avevamo deciso nello scorso articolo di escludere le piante e i microorganismi ) – sarebbe in sostanza un universo dove, pur essendo le azioni compiute tutte al tempo presente – il libero arbitrio è sostanzialmente assente. La distanza temporale fra i frammenti della Coscienza Collettiva ( avevamo compreso nello scorso articolo che noi come individui non siamo divisi attraverso lo spazio, ma temporalmente separati, pur agendo sempre ad un livello di presente, presente solo per me/ per te/ per esso ) non è più comparabile con la distanza sconfinata fra le stelle dell’ universo, ma si limiterebbe quindi ad una quantità umanamente comprensibile – in sostanza, la vita più lontana da te nel passato sarebbe quella della persona più anziana che conosci, e la vita più lontana da te nel futuro sarebbe quella della persona più giovane che conosci – quindi la distanza temporale, quantificata, rientrerebbe in una cifra compresa fra (*dal mio punto di vista) 93 anni nel passato, e 28 anni, 6 mesi e 1 giorno nel futuro. La persona che conosci, che è nata nella data più vicina alla tua nel futuro sarebbe la tua vita immediatamente futura ( sono stato in classe per 10 anni con una ragazza che sarebbe nata 1 giorno dopo di me, se non fossi nato 1 settimana prima del previsto, e alle superiori per 5 anni con una ragazza nata lo stesso giorno della precedente, e sono stato per 8 anni compagno di classe con un ragazzo nato lo stesso giorno di queste ragazze ). La stessa cosa nel passato: fra le persone che conosci, o a cui hai avuto accesso visivo e uditivo, senza quindi conoscerla di persona, quella nata nel passato a breve distanza da te sarebbe la tua vita passata immediatamente precedente a quella attuale. Tutto ciò che viene rappresentato nella tua “realtà locale e direttamente accessibile, a livello visivo, auditivo e sensoriale, rappresenta una affinità alle tue caratteristiche, alla tua personalità, alle tue eccentricità e idiosincrasie, e i patterns che si verificano sono tali da poter essere riconosciuti come patterns precisamente da te. C’è il tuo marchio nel mondo. Il tuo inconscio si manifesta nelle esperienze concrete. Tali esperienze sono in sostanza rappresentazioni del tuo pensiero. La realtà si manifesta in modo da accomodarsi alle tue caratteristiche, al modo in cui interpreti le situazioni concrete. Allo stesso modo in cui le sincronicità sembrano dimostrare la potenzialità di un “deus ex machina” e quindi di una interferenza da una mente superiore, è l’ universo stesso, il manifestarsi della realtà che sembra dimostrare la coerenza fra il tuo modello di pensiero e gli avvenimenti concreti. Sei tu a creare, evocare e anticipare, distribuire e rilasciare, disperdere nel tempo i contenuti a cui (hai avuto) avrai accesso (in altre vite). Se decidi che il tuo punto di vista è quello più ragionevole, i fatti della tua realtà ti porteranno sempre a giustificare il tuo punto di vista. Se pensi che la razionalità sia indispensabile e irrinunciabile per spiegare la realtà e le basi della tua esistenza, allora il mondo a te accessibile ti darà sempre ragione, in qualche modo. Se invece pensi che la via della verità si trovi solo nell’ “alternativa al consenso”, allora ti saranno mostrate determinate scorciatoie per giustificare il tuo punto di vista. Ma al di là della vita individuale, resta sempre una ( sorta di ) certezza: la vita persiste ( vita intesa come percezione di esistere, e attività osservatrice tramite la coscienza ), anche se muterà sempre forma, e cambierà sempre vestito, dovunque qualcosa è stato osservato, dovunque esiste la vita, esisti tu, sì, proprio tu. In questa nuova versione della realtà, ogni persona del (tuo) mondo, ogni animale del (tuo) mondo è una versione diversa di te stesso, allo stesso modo in cui il bambino che eri o l’ anziano che sarai è una versione diversa di te stesso, l’ altro è te in un’ epoca diversa. Anche se lo stai vedendo ora. Spogliati del timore della mortalità: finchè esiste la vita attorno a te, là vi è la prova dell’ assenza della morte, della nullificazione della morte in questo universo.

A proposito dell’ “accelerazione dei tempi”

Salve a tutti,

qualche tempo fa, una serie di articoli messi su questo blog e tratti dal blog di Christopher Knowles (ora criptati con password) avevano portato il nostro fedele amico Kxp – il quale di recente ha anche pubblicato un suo articolo qui – a riflettere sul sincromisticismo americano, considerandolo come appesantito dall’obesità della pop culture angolofona ( quella che si è espansa globalmente), la quale zavorra a tal punto il sincromisticismo da fargli spesso perdere il filo, mostrando così tante coincidenze simboliche-mitologiche-astrologiche nei film, nei videoclip, nella musica rock-pop, nelle notizie dei mass media, da portare il sincromisticismo dentro dei vicoli ciechi da cui non si esce, in cui si ci perde e si fatica a sintetizzare e giungere al dunque.

Quegli articoli di Knowles di cui dicevo poco fa, per esempio, erano così pieni zeppi di materiale video da rendere difficoltoso lo scorrimento della pagina web: questa era stata l’unica ragione del mio essere costretto a renderli criptati con password.

Tornando al nostro amico Kxp, gli avevo proposto di scrivere qualcosa al riguardo precisando più dettagliatamente la sua critica al sincromisticismo però, come negli ultimi tempi succede a diversi di quelli che si occupano un po’ di questi argomenti (compreso chi scrive) l’ispirazione latita e il blocco dello scrivere sopraggiunge.

Nonostante tutto, in un recente scambio di messaggi con Kxp, mi ha allegato un testo che ora vi presento, in cui svolge un breve esame critico dell’argomento inerente l’accelerazione dei tempi.

 

 

Terence McKenna (1946-2000)

# Accelerazione

Sono ormai vari anni che cerco di venire a patti una sensazione comune a molti: quella che il tempo stia subendo un’accelerazione e che gli eventi si susseguano  ad un ritmo ormai forsennato, di cui si stenta a tenere il passo.

Chi segue questo blog conosce quasi sicuramente le idee di Terence McKenna che ha realizzato una teoria su basi matematiche nota come «Novelty teory» o teoria delle novità. In essa gli eventi della nostra storia (ciclica e non lineare) si dipanano attraverso una sorta di onda temporale o Timewave soggetta ad un processo di progressiva accelerazione verso l’Eschaton finale.

E’ questa accelerazione percepita il motivo per il quale mi sono accostato la prima volta a questo blog ed è questo argomento che, di tanto in tanto, mi spinge a fare ricerche sul web relative alle  più significative teorie in grado di spiegare l’accelerazione del tempo.

Il fatto che Terence McKenna abbia elaborato una complesso teorico così preciso e verificabile, oltre all’intuizione così cara (e talora così nociva) a tanta controcultura americana degli anni 60 circa la necessità di indagare proprio il fenomeno della percezione, anche attraverso l’uso delle sostanze psicotrope, non preclude comunque il dar credito ad altre ipotesi ed elaborazioni di natura logica, magari più terra terra, ma in grado di interpretare con efficacia, sia utilizzando gli elementi del pensiero analitico, sia quelli della folgorazione intuitiva.

Ad esempio, una lettura nota e comune su base scientifica (o pseudo tale) della sensazione di percepire un tempo accelerato vuole che si tratti di un fenomeno collegato all’età. Poiché quando siamo più vecchi abbiamo già vissuto molto tempo nel passato, il tempo attuale ci sembra molto più breve confrontato con la massa del tempo trascorso la quale, oltretutto, aumenta di anno in anno. Questa idea sembra intuitiva ma mi ha sempre lasciato un po’ perplesso, essendo vagamente tautologica. In altre parole spiega che è così ma non spiega perché è così. Cosa ci impedisce di percepire il tempo semplicemente per quel che è?

Ho trovato invece molto interessante, pur se soggetta teoricamente alla stessa fallacia di fondo, la teoria descritta nel libro, capitatomi casualmente tra le mani, intitolato “Accelerazione e alienazione – Per una teoria critica del tempo nella tarda modernità” di Hartmut Rosa.

Qui la spiegazione del processo di accelerazione non ha la volontà di indagare temi mistico-esoterici o scientifico-fisiologici poiché siamo dalle parti della sociologia ma l’intuizione interessante coinvolge varie riflessioni collegate a questo blog.

L’assunto di fondo è che l’uomo tende a crearsi un prima e un dopo, una storia, un percorso. In pratica ha necessità di passare, mentalmente da un punto A ad un punto B, creando una narrazione coerente.

La percezione di accelerazione dei nostri tempi viene data allora da un semplice fatto: il ritmo del moderno sistema economico, anche a causa di una sorta di dittatura della tecnica (vedi autori quali Jacques Ellui) produce una serie di eventi e doveri slegati dalla nostra volontà e dalla nostra autodeterminazione. Questo susseguirsi frenetico di novità incontrollabili, a cui possiamo semplicemente dare il nome di precarietà (o se volete, come Zigmunt Bauman, «società liquida») mette in crisi la nostra percezione di  camminare lungo un percorso ben definito. La nostra intima narrazione fatica perciò a tenere il passo.

Il risultato è allora un eterno presente insensato, che si è espanso in modo incontrollato, eliminando passato e futuro.

E allora potremmo definire tutte le nostre ansie di catturare il tempo, di interpretarlo attraverso il fenomeno sincromistico, come la volontà di riappropriarcene, di imporre un ritmo più coerente con la nostra necessità di crearne una nostra narrazione (lineare).

Certo, è un’interpretazione possibile.

Personalmente però non credo che spieghi tutto.

La domanda di fondo, come in molte questioni scientifiche della post-modernità, è: dobbiamo fidarci della nostra percezione?

Sindrome di Nida – Rumelin; esiste? Visione dei colori a spettro inverso

Pensate che se ci fossero persone che vedono il mondo con lo spettro dei colori completamente invertito ce ne renderemmo conto?

Visualizza immagine di origine

Ho trovato questo: esiste una rara condizione genetica prevalentemente maschile di “double color blindness ” che sostituisce il rosso con il verde e viceversa e quindi potrebbe generare una “inversione totale dei colori”! (sindrome di Nida – Rumelin)

si stima che la sindrome di Nida – Rumelin potrebbe colpire 14 PERSONE SU 10.000!!! (Ma non è stato riconosciuto e scoperto nessun caso finora)

Ma pensate alla sindrome Afantasia fino a poco tempo fa sconosciuta, e alla sindrome del Situs Inversus che inverte la posizione degli organi interni… 

Come qualche anno fa si è arrivati a capire che non tutte le persone sono in grado di visualizzare immagini nella mente (e vivono normalmente senza mai immaginare questo “potere” della gente comune) un giorno potremmo scoprire che qualcuno di noi vive in un mondo completamente alieno…?

An experiment with monkeys suggests color perception emerges in our brains in response to our experiences of the outside world, but that this process ensues according to no predetermined pattern. The result shows there are no predetermined perceptions ascribed to each wavelength. Our neurons aren’t configured to respond to color in a default way; instead, we each develop a unique perception of color. “Color is a private sensation,”

In pratica pare che è stato scoperto che non c’è un pattern predeterminato nella percezione dei colori, e associabili ad ogni lunghezza d’ onda, e invece ognuno di noi sviluppa una percezione unica del colore, come una sensazione privata, perchè i neuroni non rispondono ad un colore in una configurazione di default uguale per tutti.

An unknown number of women may perceive millions of colors invisible to the rest of us. One British scientist is trying to track them down and understand their extraordinary power of sight.

Una donna su 10 milioni vede 4 bande di colori ( quindi centinaia di colori a noi invisibili ), invece delle 3 classiche, senza saperlo.

https://www.popsci.com/article/science/woman-sees-100-times-more-colors-average-person?fbclid=IwAR31Sk8Q755alBBuzpw6anZgh_UVutn42R0qBeAE1FmUVnCam3jZl2IvQjo

A sinistra la visione tetracromatica

color scientists have categorized humans with “normal vision” in around 8 categories of more subtle color differences, where these are caused by genetics and slight differences in the composition of the light-sensitive proteins.

esiste una rara condizione genetica maschile di “double color blindness ” che sostituisce il rosso con il verde e viceversa e quindi potrebbe generare una “inversione totale dei colori”! ( sindrome di Nida – Rumelin )

Martine Nida-Rümelin (1996) argues that color science indicates that behaviorally undetectable spectrum inversion is possible and raises this possibility as an objection to functionalist accounts of visual states of color. I show that her argument does not rest solely on color science, but also on a philosophically controversial assumption, namely, that visual states of color supervene on physiological states. However, this assumption, on the part of philosophers or vision scientists, has the effect of simply ruling out certain versions of functionalism. While Nida-Rümelin is quite right to search for empirical tests for claims about the nature of visual states, philosophical issues remain pivotal in determining the correctness of these claims. Central claims of colour vision science when combined with specific empirical assumptions lead to the predictionthat there are red-green-inverted people.

Is it possible that a person who behaves just like you and me in
normal life situations and applies colour words to objects just as we
do and makes the same colour discriminations and colour similarity
judgements that we make, see green where we see red and red where
we see green? Many philosophers assert that the description of such
a case is somehow incoherent. Often the motivation for this assertionis “that they suspect that admitting that claim [the possibility of sucha case] will put one on a slippery slope which will eventually landone in skepticism about other minds”.1
Among philosophers, however, it does not seem to be common
knowledge that there is scientific evidence for the existence of such
cases.

As mentioned in the introduction, it is estimated that about 14 of 10000 males could suffer from this defect.
Of course, it would not at all be easy to identify those people, since, in contrast to individuals suffering from red-green-blindness, they could make a difference between reddish and greenish shades and, grown up in our linguistic community, they would call the
same things reddish and greenish as we do. For that reason, they may be called pseudonormal. Indeed, it seems even possible that the differences in their visual system are completely compensated somehow, so that they would not differ from normally sightedpeople in any behavioral respect.However, the theoretical assumptions which have been outlined in this section seem to imply that there is a psychological or mental difference between normally sighted people and pseudonormal individuals, even if their behavior is not at all affected by it.

(No such person has been found, but we can predict that there are 14 such persons for every 10,000 males.)Nida-Rümelin argues that such a person might be anatural case of spectrum inversion.

se sul tablet imposti la regolazione dei colori sul daltonismo, e poi inverti i colori, puoi scoprire come dovrebbe vedere uno di questi introvabili tizi “super daltonici”!

LA VICENDA DI “THE DRESS 2015”: 

Vi ricordate questa storia trend nel 2015? Se sul tablet settate i colori del daltonismo e poi invertite i colori otterrete i colori della sindrome di Nida – Rumelin, e il vestito appare – chiaramente – bianco e oro – arancio!!! ( E per la cronaca, io lo vedo chiaramente blu e oro 😉 )

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Un deserto a colori invertiti

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Una caverna a colori invertiti

Voi direte: questa persona si sentirebbe di vivere in un mondo assai bizzarro, dove gli oggetti bollenti hanno colori freddi, e i fluidi hanno colori caldi, dove il Sole genera oscurità e le caverne sono avvolte dalla luce e da un inquietante candore…

Il Sole a colori invertiti

E invece questa persona imparerebbe a vivere sensazioni analoghe alle nostre attraverso la visione di un ambiente esattamente opposto al nostro e completamente alieno alla nostra realtà. Per questa persona, andare sotto alla calda luce del Sole significherebbe avvicinarsi ad una “zona d’ombra calda”, e il Sole apparirebbe come una sfera nera o blu scuro, mentre la sua luce gialla apparirebbe violacea – rosa, e la notte invece sarebbe ammantata di un bianco intenso. Come noi ogni tanto osserviamo che una fiamma può essere azzurra e quindi avere colori freddi ma essere caldissima, la persona imparerebbe ad associare il colore verde all’ intenso calore del fuoco.

L’ uomo apparirebbe verde per questi individui

Se adesso vi mettete a pensare che solo di recente ( pochissimi anni fa ) è stato scoperto che non tutti gli umani sono in grado di visualizzare immagini nella mente con il “terzo occhio”, e in questo istante una notevole quantità di persone vivono senza immaginare di essere circondati da persone che possono “vedere cose che non ci sono” anche ad occhi aperti, e che pensano solo attraverso le parole, potete immaginare che con tutta probabilità qualcuno là fuori vede il mondo con colori molto diversi dai miei e dai tuoi.

In the past, most scientists would have answered that people with normal vision probably do all see the same colors. The thinking went that our brains have a default way of processing the light that hits cells in our eyes, and our perceptions of the light’s color are tied to universal emotional responses. But recently, the answer has changed.

“I would say recent experiments lead us down a road to the idea that we don’t all see the same colors,” Neitz said.

Another color vision scientist, Joseph Carroll of the Medical College of Wisconsin, took it one step further: “I think we can say for certain that people don’t see the same colors,” he told Life’s Little Mysteries.

One person’s red might be another person’s blue and vice versa, the scientists said. You might really see blood as the color someone else calls blue, and the sky as someone else’s red. But our individual perceptions don’t affect the way the color of blood, or that of the sky, make us feel.

we each develop a unique perception of color. “Color is a private sensation,” Carroll said.Sean Day performed a survey that compared which colors are mapped to their respective letters in different synesthetes. The survey compared 25 synesthetes and clearly shows variability between color and letter association. If synesthesia has a genetic and environmental influence of color mappings, then it is highly likely that the mapping of wavelengths to a color is also variable .

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Risultato immagine per we see colors differently

Il suo mondo apparirebbe a noi come immerso nell’ oscurità generata da una stella oscura, e la notte sarebbe di un bianco accecante, come se fossimo in alta montagna e osservassimo una distesa di neve che ricopre tutto. Il cielo apparirebbe come rosso con tracce di nero, e il rosso sarebbe un colore freddo mentre il blu e il verde sarebbero i colori più caldi. Gli spinaci che a me danno la nausea gli provocherebbero la stessa sensazione, anche se questi spinaci apparirebbero a lui come rosa brillante.

Un mondo a colori complementari invertiti sarebbe costituito da erba rossa, cielo giallo, e i termini associati ai colori sarebbero gli stessi, ma con diverse sensazioni. La luminosità assumerebbe una sensazione del tutto bizzarra. Infatti dove noi vedremmo una scena oscura e offuscata, la persona invertita vedrebbe una scena molto chiara, distinta e “illuminata”.

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In un mondo dai colori capovolti, il giallo sarebbe un colore molto femminile, il limone sarebbe rosa, e la lavanda sarebbe gialla, cio‘ che da noi sarebbe viola e fucsia, da loro sarebbe giallo. L’ oceano apparirebbe arancione, mentre gli astronauti americani indosserebbero il blu. Il colore della notte nel cielo apparirebbe color marrone – ruggine, il verde e il rosso sarebbero scambiati, quindi piante rosse e tramonti verdi, la menta sarebbe rosa e il color verde menta sarebbe molto femminile ( rosa ), le olive sarebbero rosso scuro, l’ acqua di mare sarebbe rossa sgargiante. Lo spazio dell’ universo apparirebbe di un bianco sporcato di arancio.

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A destra la versione invertita

Nell’ immagine sotto  possiamo vedere una foresta immersa nella notte, con i colori invertiti. Per la persona che vede questo, il bianco confonderebbe la visuale, e apparirebbe come una tonalità inquietante o calmante, a seconda del carattere.

Pensate come sarebbe strano vivere in un mondo del genere …Un mondo dove il buio ci permette di vedere con chiarezza mentre la luce offusca la visuale. Un mondo dove saremmo come mostri alla Avatar, blu con degli occhi da gatto, con le interiora avvolte nella luce, i capelli bianchi, e dove la carta sarebbe nera.

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La foresta di notte a colori invertiti

L’ universo a colori invertiti

L’ Oceano a colori invertiti

Siamo personaggi in ( non solo una ) storia

 

Risultati immagini per comic character

Non penso che potremo mai uscire collettivamente o individualmente da questa realtà percettiva. C’è una realtà di base ( almeno per noi ) là fuori che è così totalmente incomprensibile per noi, che la differenza fra loro e noi equivale a quella fra un personaggio dei fumetti e un umano, la differenza che passa fra un mondo bidimensionale di carta e un mondo tridimensionale di materia. 

Siamo personaggi in una storia dove tutto è vero e falso allo stesso tempo. I personaggi di un fumetto vivono in un mondo particolare, dove ogni storia singola rappresenta un universo, e quasi mai una storia è collegata ad ogni altra storia, c’è sempre qualche aggiunta o differenza particolare. Di conseguenza, possiamo pensare che anche se il multiverso scientificamente non funziona, effettivamente è reale perchè noi probabilmente viviamo la storia della nostra vita ogni volta in modalità differenti. Non mi è ancora chiaro se noi viviamo sempre nella stessa personalità ma inserita in una infinità di modalità, circostanze locali e internazionali diverse, e finali differenti, oppure se la nostra coscienza percettiva è unica e quindi viviamo le vite di tutte le persone, conosciute e sconosciute, una alla volta. 

La seconda opzione aggiungerebbe una infinita ulteriore varietà per la nostra serie di vite, ma ci farebbe anche pensare di essere un po’ bizzarri, e forse è più logico pensare che effettivamente gli altri non sono versioni alternative di noi, ma altri personaggi. La prima opzione potrebbe non piacere a chi come me ha sempre desiderato essere un altro, ma dovremmo considerare che esisterebbe quindi una virtualmente infinità varietà di circostanze che renderebbe la nostra vita completamente unica e originale ad ogni turno. 

Se pensiamo alla maggior parte dei fumetti che conosciamo, non c’è continuità generalmente fra una storia e un’ altra, i personaggi vivono in un mondo che è sempre presente, in cui le circostanze possono cambiare ogni volta come anche essere così simili da sembrare identiche, ma alla fine c’è sempre qualcosa che , grazie allo svolgimento della storia, cambia le circostanze di partenza. 

La morte sarebbe quindi semplicemente un passaggio fra una vita e un’ altra, un viaggio indietro nel tempo ma allo stesso tempo anche un passaggio di dimensione, perchè ogni vita non è semplicemente un replay ma un vero e proprio rimontaggio e riconfigurazione ogni volta. 

Ecco perchè non abbiamo libero arbitrio. Nessun ” personaggio ” può effettivamente avercelo, in qualsiasi circostanza viene progettato. Noi abbiamo un / dei designer/s e dei ” lettori ” se così possiamo percepirli, dentro la stragrande maggioranza delle persone ci sono due ” essenze” , una vive la circostanza e l’ esperienza, e l’ altra la critica, la commenta. Probabilmente in determinati casi, il ” lettore ” è anche autore allo stesso tempo. Noi dobbiamo far pace con quella figura perchè viviamo in simbiosi con essa. Se ci fondiamo riusciamo a creare quella sensazione che chiamiamo ” essere immersi nella vita “.

E se noi viviamo in un mondo creato, ogni cosa può essere vera e falsa, presente e assente, anche se le leggi che governano l’ universo sono effettivamente coerenti, sono coerenti solo per quanto riguarda questa precisa e singola dimensione in cui ci troviamo. Fossimo in un’ altra, altre cose potrebbero essere vere che qui non lo sono.

Quindi, in sostanza, la scienza e la religione sono vere e false allo stesso tempo, sono semplicemente una caratteristica del mondo che ci avvolge. 

Il senso della vita è immergersi, vivere e sfruttare l’ occasione, creare simbioticamente una storia originale e degna di tutto rispetto. 

Chissà quante volte abbiamo vissuto diversamente, chissà se questa è solo la prima volta. Non fa molta differenza, tutto per noi è nuovo come se fosse sempre la prima volta. 

Chissà quante cose sono effettivamente ispirate alla realtà di base, chissà se là oltre ci vivono quelle che noi chiamiamo divinità, o semplicemente esseri come noi, o esseri diversissimi da noi, come se potessimo comparare i personaggi di Topolino con la nostra realtà, forse loro hanno creato gli umani che sono animali dal loro punto di vista. 

E’ un po’ come comprendere in tutta la sua essenza e significato il mondo di Toy Story. Noi rincorriamo e chiediamo consiglio e guida alle divinità, ma siamo essenzialmente fatti in simbiosi con loro, e forse a differenza di loro , siamo intercambiabili e infinitamente variabili, la differenza sta nel chi ” ci legge ” e chi ” ci scrive “, e forse siamo anche più duraturi di loro. Non è detto che una volta che una serie di storie è finita, anche noi siamo finiti. Non credo ci sia differenza fra i personaggi, che siano di Topolino, o Braccio di Ferro, o Tex. Forse siamo come quelle melodie che noi abbiamo messo in moto e che potrebbero durare più della nostra stessa civiltà. E forse un giorno qualcun altro arriverà e si metterà ad ascoltare. 

    

Vivere in una simulazione olografica

Abbiamo già trattato dell’argomento “realtà come videogioco olografico” a proposito dei Destini Clonati, e la cosa è stata accennata anche in un recente articoletto su “Sincronicità e illuminazione.”

Precedentemente, se n’era già trattato nella seguente pagina:

https://civiltascomparse.wordpress.com/2011/11/10/ci-troviamo-perennemente-in-televisione/

il-tredicesimo-piano

Il presente post – che contiene un articolo di Giancarlo Barbadoro sull’idea di come il nostro mondo possa essere una “realtà virtuale olografica” (ovvero qualcosa di ideato da un’intelligenza come quella umana, anche se notevolmente più avanzata) – nasce da un pensiero che ho fatto al riguardo dei cosiddetti “alieni” o “extraterrestri”: il vederli in modo molto diverso rispetto a come si è stati condizionati a pensare a loro, sia in un modo sia in un altro. Non quelle creature mostruose, o mostriciattoli, di un gran numero di film di fantascienza (“Alien”, “La guerra dei mondi”, “Indipendence day”, “Bagliori nel buio”…) ma nemmeno quella specie di esseri angelici interstellari, intergalattici, esseri superiori spirituali, sulle loro astronavi enormi e fantascientifiche, secondo una certa “new age.”

Insomma, sarebbero, invece, esseri molto simili a noi, molto più simili a noi di quanto lascerebbero a intendere le descrizioni appena fatte; ai quali, chissà, magari piacciono gli stessi film, gli stessi libri, la stessa musica che piace a noi; sarebbero come degli esseri umani “alternativi” i quali però, rispetto a noi, possiedono il valore aggiunto di divertirsi a giocare con la realtà (con ciò che noi vediamo come realtà materiale inamovibile e data una volta per tutte) così come noi ci divertiamo a giocare coi videogame. Perché questi esseri “extraterrestri” – che forse sarebbe più corretto chiamare “extradimensionali” – hanno una visione della materia molto più elastica rispetto a quella che abbiamo noi. Probabilmente, anche il compianto Gustavo Rol conobbe questi segreti, viene da pensare. Viene anche in mente quando il prof. Corrado Malanga riporta quelle storie raccolte dagli addotti (“rapiti dagli alieni”), sotto ipnosi, i quali raccontano come le creature aliene entravano nelle loro stanze per “rapirli”, uscendo dalle pareti o entrando dalle finestre chiuse, proprio come se, per queste creature, la nostra realtà materiale fosse nulla di più di una costruzione virtuale che è possibile modificare cambiando i suoi codici.

Anche se, comunque, non viene per nulla trattata nel seguente articolo, la cosiddetta “questione aliena” penso sia dunque – com’è assai probabile – strettamente e intrinsecamente legata a questi rivoluzionari modelli di comprensione della realtà.

http://www.shan-newspaper.com/web/scienze/688-vivere-in-un-ologramma.html

Vivere in un Ologramma

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21 Dicembre 2012

Le nuove concezioni della fisica moderna portano alla contraddizione della percezione sensoriale aprendo a scenari rivoluzionari. Il mistero dell’entanglement e del multiverso. L’esperienza virtuale di Second Life.

di Giancarlo Barbadoro

Il mondo secondo la moderna rivoluzione scientifica

La ricerca scientifica moderna si sta spingendo oltre il modello dell’universo così come è stato rappresentato fino ad ora. Le vecchie e consolidate concezioni cosmologiche vengono superate dalla fisica quantistica che affronta il mistero dell’esistenza attraverso sempre nuove scoperte.

Anche se ancora oggi il cosiddetto “modello standard” della fisica tende a dominare il campo della ricerca scientifica, si aprono inaspettati ambiti di studio assolutamente non convenzionali dell’universo sia da un punto di vista sensoriale che teoretico.

Uno di questi nuovi campi di ricerca cosmologica della fisica moderna riguarda la natura reale dell’architettura dell’universo, che sempre più spesso viene interpretato come un ente artificiale. Ovvero, non tanto come il risultato di un processo naturale verificatosi sulla scala cosmica dei fenomeni dell’esistenza, ma come un vero e proprio universo creato in laboratorio da una intelligenza superiore o, come sostengono alcuni ricercatori, realizzato da una civiltà evoluta che ha voluto dar vita a un esperimento di laboratorio.

In merito a questa tendenza di visione cosmologica, possiamo citare il caso della “Calling Card of God”, il “biglietto da visita del Creatore”, che riguarda la ricerca attuata da esperti del MIT americano, il Massachusetts Institute of Technology , e altri ricercatori internazionali su un presunto testo in codice binario osservato nella fluttuazione termica della radiazione fossile del Big Bang, testo che è stato considerato come un messaggio lasciato dai “costruttori” dell’universo per le civiltà più evolute che fossero pervenute a poterlo rilevare.

Oppure potremmo citare gli studi del team di ricercatori dell’Università di Bonn, guidato dal professor Silas Beane, che sta tentando di capire se viviamo effettivamente in un universo artificiale e ha messo a punto uno specifico test che cerca di verificare se il mondo che ci circonda sia o meno una simulazione artificiale creata da un’intelligenza superiore. Un test che avrebbe rivelato, già dalle sue prime applicazioni, la manifestazione a livello subatomico del cosiddetto “Effetto GZK” che indicherebbe un preciso vincolo fisico imputabile alla natura artificiale dell’universo.

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La teoria dell’ “universo olografico”

Che il nostro universo possa essere il frutto di un esperimento di laboratorio lo si potrebbe anche evincere dalla moderna teoria cosmologica conosciuta con il termine di “universo olografico”.

Nel 2003 lo scienziato Jacob David Bekenstein, ricercatore in fisica teoretica dell’Università Ebraica di Gerusalemme, è giunto a formulare l’ipotesi che l’universo non sia realmente concreto come ci appare ma sia solamente una rappresentazione olografica.

Questa tesi cosmologica risulterebbe supportata da altri ricercatori, come David Bohm, fisico dell’Università di Londra mancato nel 1992, secondo il quale la realtà percepita dai sensi non esiste. Anche per questo fisico inglese, l’universo, nonostante la sua apparente solidità, sarebbe in realtà un “fantasma” della mente, un gigantesco ologramma meravigliosamente dettagliato in tutti i suoi fenomeni. Umanità compresa.

La teoria cosmologica dell’universo olografico prende origine dallo studio sul comportamento fisico dei buchi neri, che ha messo in evidenza incongruenze strutturali dell’universo così come lo conosciamo e immaginiamo.

Un buco nero è un oggetto celeste previsto dalla relatività ristretta, che si forma quando una stella implode su se stessa accrescendo la propria massa in uno spazio limitato. L’oggetto celeste a questo punto inizia ad attrarre la materia circostante inglobando tutto nella sua singolarità. Neppure un fascio di luce, nonostante la sua peculiarità fenomenica, sarebbe in grado di uscire dal limite dell’orizzonte degli eventi che rappresenta la superficie del buco nero.

In seguito, la scienza moderna ha dato origine a un’altra grandezza fisica, identificata nel concetto di Informazione relativa ai bit informatici. In tal modo si è giunti a constatare che il limite di informazione che può essere contenuta da un oggetto non è determinato dal suo volume, ma è legato alla sua superficie.

Constatazione che è stata utilizzata per definire meglio il concetto di entropia applicato ai buchi neri. Applicando questo principio alle caratteristiche del comportamento dei buchi neri si è visto che questi corpi celesti non avrebbero potuto contenere tutta la materia che in apparenza potrebbero divorare. Ovvero che in un buco nero non può entrare materia all’infinito, più di quanta possa contenerne la superficie dell’orizzonte degli eventi.

In definitiva, l’architettura funzionale dei buchi neri non sembra funzionare come in apparenza dovrebbe secondo le precedenti teorie astrofisiche, rivelando il fenomeno di una realtà che, all’analisi dei fatti, non corrisponde ai modelli fisici che possono essere ideati seguendo il luogo comune dell’osservazione scientifica fino ad ora seguita.

Per comprendere quanto ha rivelato la funzione strutturale effettiva dei buchi neri e quindi la scoperta di una possibile illusione sensoriale che abbiamo dell’universo, possiamo rivolgerci alla tecnologia della proiezione olografica e delle caratteristiche degli ologrammi.

L’oggetto olografico ordinario che viene mostrato in una qualsiasi proiezione olografica non è un oggetto reale, né tridimensionale come appare, ma è solamente un “fantasma” prodotto dalla proiezione di un fascio di luce laser. Un oggetto che appare di natura tridimensionale, ma che nasce dall’immagine bidimensionale che è impressa sul supporto piatto della pellicola olografica.

La tridimensionalità dell’oggetto olografico che viene proiettato è solamente una illusione percepita dagli spettatori che si convincono di trovarsi di fronte a un oggetto solido e reale.

Se, per ipotesi, ci si dovesse mettere a contare i pixel contenuti dall’immagine tridimensionale di un cubo, valutando tutte le facce che si evidenziano, ci si troverebbe di fronte al paradosso di ottenere un inevitabile risultato inferiore al previsto. I pixel sarebbero sempre inevitabilmente quelli contenuti nell’immagine piatta di sorgente che viene proiettata.

Ovvero, l’informazione dei bit rilevabili su un ologramma sarà sempre dipendente dal limite posto dal supporto olografico bidimensionale sul quale c’è l’immagine a due dimensioni che determina la percezione tridimensionale.

La realizzazione di una proiezione olografica è complessa. Per effettuarla occorre registrare la forma dell’oggetto e la distanza delle varie parti dell’oggetto dal supporto in modo che, durante la fase di riproduzione, si possa ricreare l’immagine apparentemente tridimensionale dell’oggetto stesso.

Nella realizzazione di un ologramma è necessario avere un laser come sorgente di luce. Il laser ha la caratteristica di emettere un fascio di luce in cui tutte le singole parti del fascio vibrano in sincrono e quindi mantengono una determinata coordinazione nella lunghezza d’onda. Quando diverse parti del fascio di luce, che si muovono in sincrono, incontrano un oggetto tridimensionale, vengono riflesse in momenti diversi, in questo modo recano anche informazioni sulla distanza oltre che sul colore e sulla forma.

Il risultato di questo complesso procedimento è che partendo da una immagine bidimensionale impressa sul supporto piatto della pellicola olografica viene realizzata la proiezione di una immagine che risulta per gli spettatori totalmente tridimensionale.

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La proiezione dell’ologramma del principe Carlo d’Inghilterra che gli ha permesso di partecipare, rimanendo nel suo studio di Londra, al “World Future Energy Summit” tenuto nel 2008 a Abu Dhabi negli Emirati Arabi Uniti

L’illusione olografica dell’universo

Un buco nero, secondo i modelli cosmologici precedenti, sarebbe stato in grado di divorare all’infinito tutto quanto lo circonda, ma in realtà è stato constatato che non è così. Non può incamerare e contenere bit di informazione più di quanti ne possa racchiudere la sua intera superficie.

La quantità di informazione trattenuta in un buco nero risulta essere infatti quella della sua superficie e non del suo volume come risulterebbe dalla nostra esperienza cognitiva ordinaria.

Proprio come si evince riferendoci all’immagine olografica di un cubo. Si potrebbe dire che il numero di pixel che lo costituiscono è rapportabile al suo volume, ma in realtà la conta mostrerebbe i soli pixel che formano la sua immagine bidimensionale che è disegnata sul piatto supporto olografico.

La stessa cosa che accade nella moderna osservazione del comportamento fenomenico dei buchi neri, che porta a considerare che questi corpi celesti non possono contenere i bit di Informazione in una dimensione volumetrica, ma solamente secondo la loro superficie. Ovvero che i buchi neri sono l’effetto di una possibile proiezione olografica.

Questo significa che, come per i buchi neri, anche il resto dell’universo, percepito attraverso il luogo comune determinato dai sensi, non è reale, ma rappresenta una raffigurazione olografica che ha origine da una immagine bidimensionale posta su un qualche supporto piatto che si trova da qualche parte e che viene proiettata dall’equivalente di un fascio laser.

Secondo la tesi di Bekenstein l’universo sarebbe quindi una rappresentazione olografica con una architettura ben diversa dal mondo conosciuto attraverso i sensi e l’osservazione concettuale. L’universo, come un qualsiasi ologramma, sarebbe quindi il riflesso olografico di una matrice posta lontana nello spazio che riflette leggi ed esperienze che sono in origine bidimensionali.

Se la tesi di Bekenstein risultasse effettiva, in questo caso non esisterebbe lo spazio tridimensionale in cui siamo abituati a vivere, ma saremmo in realtà delle entità bidimensionali assolutamente piatte che si muovono su una superficie altrettanto piatta, illusi dalle proprietà funzionali del nostro cervello che crea dentro di sé la virtualità di un mondo apparentemente tridimensionale.

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Il complesso procedimento di realizzazione di un ologramma

L’esperienza di Second Life

Se la teoria dell’universo olografico si dimostrasse esatta, l’universo si rivelerebbe una struttura artificiale ideata da qualche entità evoluta che ha creato una sorta di videogioco, realizzato con l’impiego di minori mezzi possibili ma funzionali allo scopo, in cui sperimentare la vita intelligente, oppure per dare modo che essa potesse comparire come se, in questo caso, l’universo fosse un grande utero artificiale.

Come ipotizza Bekenstein, nell’universo olografico ci troveremmo a vivere una realtà bidimensionale che il nostro cervello interpreterebbe come una dimensione apparentemente tridimensionale.

Saremmo né più e né meno come degli omini di un videogioco che vivono la dimensionalità offerta dallo schermo piatto del monitor ma condizionati, da un preciso software che agisce sul loro sistema cerebrale, a vivere come se si trattasse di un mondo effettivo e tridimensionale in cui muoversi e interpretare i ruoli previsti dal videogioco.

L’esperienza di una esistenza vissuta in un possibile universo olografico la possiamo verificare in maniera concreta prendendo a riferimento il mondo virtuale di Second Life, realizzato dalla Linden Lab americana, in cui viene simulata la dimensione spazio-temporale del “mondo primario” in cui viviamo.

Second Life non è un gioco, nonostante lo possa sembrare a una prima impressione, ma rappresenta un vero e proprio strumento mediatico di comunicazione globale, nuovo e rivoluzionario, che abbraccia l’intero pianeta.

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La struttura digitalizzata del mondo virtuale di Second Life ricorda l’illusione del mondo fantasma ipotizzato dalla teoria cosmologica dell’ “universo olografico”. Anche se il mondo di SL non è altro che una immagine piatta sullo schermo del computer, il nostro cervello lo percepisce tridimensionale e gestisce azioni creative di identica natura

Quella di Second Life è una dimensione virtuale che esiste attraverso un’architettura digitalizzata creata con l’impiego di numerosi server collegati tra di loro e operanti con un identico software. Un’architettura virtuale che consente agli utenti di potervi entrare da ogni parte del pianeta e muoversi dentro ad essa a loro piacere.

Quando ci si collega a questo mondo virtuale attraverso il proprio computer, lo si vede “rezzarsi”, ovvero prendere forma fino ad affacciarsi sullo schermo del monitor.

L’immagine che appare, costituita dai pixel dello schermo, è inevitabilmente piatta così come lo è lo schermo del monitor. Tuttavia le prospettive della spazialità tridimensionale che sono rese dal software della Linden Lab portano immediatamente il cervello ad adattarsi alla sensazione di affacciarsi a una finestra da cui si guarda a un vero mondo tridimensionale.

Ed è così che all’esperienza umana risulta possibile entrare a far parte della dimensione virtuale di Second Life utilizzando il proprio “avatar”, la simulazione digitalizzata dell’utente, che porta a inoltrarsi in un vero e proprio mondo alternativo costituito da pianure e montagne, muovendosi nelle vie di città e navigando su vasti mari.

Dopo un po’ l’impressione personale è proprio quella di essere in una situazione effettivamente tridimensionale, dimenticando che si sta guardando la superficie piatta dello schermo del monitor.

Non solo, ma la spazialità tridimensionale che ci offre il sistema virtuale consente agli avatar di costruire oggetti e di operare in varie altre cose, oppure di intrattenere rapporti “reali” con altri avatar. Sempre pilotando il tutto dalla tastiera e con il mouse.

Se facciamo un parallelismo tra l’esperienza sviluppabile nel mondo di Second Life e quella dell’universo olografico in cui secondo Bekenstein ci troveremmo a vivere, ci viene facile considerare come la lastra olografica della teoria cosmologica assomigli alla piattaforma di software della Linden Lab e come il computer che la raccoglie e la elabora nell’immagine piatta dello schermo non sia altro che il nostro cervello che interpreta la proiezione olografica e la trasforma nel mondo tridimensionale in cui siamo abituati a vivere.

È un parallelismo impressionante che porta ad acquisire un’esperienza diretta di quello che si può intendere per universo olografico.

Se la teoria di Bekenstein è vera, forse ci può consolare l’idea che noi e l’universo non siamo stati proprio inventati di sana pianta. Ovvero che le entità evolute abbiano impiegato, così come ha fatto la Linden Lab, per ottenere l’aspetto dell’esistenza olografica in cui viviamo, gli elementi di riferimento di un effettivo mondo reale che comunque, da qualche altra parte oltre lo schermo interiore della nostra mente, esiste per davvero.

 

Vedere anche quest’articolo molto recente, in cui si ipotizza che l’universo visibile sia la proiezione in 3d di un universo 2d:

http://www.ilnavigatorecurioso.it/2013/12/14/il-nostro-universo-e-un-ologramma-e-la-proiezione-di-un-cosmo-piu-semplice/

I ricercatori hanno eseguito due calcoli separati, per poi compararli. Il primo calcolo è partito dall’evidenza di ciò che accade in un buco nero: tutti gli oggetti che vi cadono non potrebbero mai essere contenuti fisicamente in esso, ma ‘memorizzati’ come frammenti di dati, come avviene in un ologramma, nel quale l’intera informazione è contenuta in un solo frammento.

Hyakutake ha calcolato l’energia interna di un buco nero, la posizione del suo orizzonte degli eventi (il confine tra il ‘buco nero’ e il resto dell’Universo), l’entropia a altre proprietà basate sulle previsioni della teoria delle stringhe, nonché gli effetti delle cosiddette particelle virtuali che compaiono e scompaiono continuamente dal continuum spaziotemporale.

Il secondo calcolo, invece, è stato eseguito dai colleghi di Hyakutake per calcolare l’energia interna del ‘cosmo inferiore’ con meno dimensioni e senza gravità. Con grande stupore dei ricercatori, i due calcoli al computer corrispondevano. In un senso più ampio, la teoria suggerisce che l’intero universo può essere visto come una struttura bidimensionale proiettata su un orizzonte cosmologico tridimensionale. Cioè, il nostro universo 3D è la proiezione di un universo 2D più semplice.

 

Concludiamo con alcune considerazioni dell’amico Matteo sul fatto che vi siano delle prove di come stiamo vivendo in una realtà simulata.

  1. Coincidenze seriali di Paul Kammerer: un biologo Viennese con la passione delle coincidenze voleva dimostrare che gli eventi sono collegati da ondate di serialità: passava le sue giornate estive sulle panchine di un parco annotando le persone di passaggio, dividendole per sesso, età, abbigliamento e piccoli particolari. Se compariva uno con barba e cappello poco dopo ne passavano altri con barba e cappello, e cosi’ via per tutti i tipi di particolare. Riusciva ad anticipare e prevedere anche a che ora una di queste serie sarebbe successo. La precisione era tale che cominciò a pensare che ci fosse qualcosa che governasse tutto ciò.
  2. Vite clonate: due gemelli nell’Ohio furono adottati da subito da due famiglie diverse e si incontrarono a 39 anni. Stesso nome, stesso lavoro, stesse passioni e stessi hobby. Tutti e due avevano sposato una Linda, tutti e due hanno avuto un solo figlio. Tutti e due divorziati, entrambi sposarono una Betty. Avevano lo stesso identico cane, chiamato con lo stesso identico nome. Andavano sempre in vacanza nello stesso posto senza essersi mai incontrati prima.
  3. Albert Rivers e Betty Cheetham in vacanza in Tunisia nel 1998 furono fatti accomodare in un ristorante accanto a un’ altra coppia: Albert Cheetham e Betty Rivers! Stessa età, sposati lo stesso giorno dello stesso anno, due figli di stesse rispettive età, stesso numero di nipoti e pronipoti. Stesso lavoro le mogli. Stesso lavoro i mariti. 
  4. Joseph Figlock si vide cadere addosso un bambino da una finestra e lo salvò prendendolo in braccio. Esattamente un anno dopo Joseph si ritrovò a fare la stessa strada, e il bambino cadde di nuovo, e lui lo salvò di nuovo. Stesso giorno di un anno prima.
  5. James Gates Jr. genio scientifico, studiando le formule matematiche della teoria delle stringhe ha trovato che le equazioni delle super-simmetrie sono del tutto simili a quelle che vengono definite ” codici da computer ” di un normale computer moderno. La natura/ la realtà usa le stesse formule.