A proposito dell’ “accelerazione dei tempi”

Salve a tutti,

qualche tempo fa, una serie di articoli messi su questo blog e tratti dal blog di Christopher Knowles (ora criptati con password) avevano portato il nostro fedele amico Kxp – il quale di recente ha anche pubblicato un suo articolo qui – a riflettere sul sincromisticismo americano, considerandolo come appesantito dall’obesità della pop culture angolofona ( quella che si è espansa globalmente), la quale zavorra a tal punto il sincromisticismo da fargli spesso perdere il filo, mostrando così tante coincidenze simboliche-mitologiche-astrologiche nei film, nei videoclip, nella musica rock-pop, nelle notizie dei mass media, da portare il sincromisticismo dentro dei vicoli ciechi da cui non si esce, in cui si ci perde e si fatica a sintetizzare e giungere al dunque.

Quegli articoli di Knowles di cui dicevo poco fa, per esempio, erano così pieni zeppi di materiale video da rendere difficoltoso lo scorrimento della pagina web: questa era stata l’unica ragione del mio essere costretto a renderli criptati con password.

Tornando al nostro amico Kxp, gli avevo proposto di scrivere qualcosa al riguardo precisando più dettagliatamente la sua critica al sincromisticismo però, come negli ultimi tempi succede a diversi di quelli che si occupano un po’ di questi argomenti (compreso chi scrive) l’ispirazione latita e il blocco dello scrivere sopraggiunge.

Nonostante tutto, in un recente scambio di messaggi con Kxp, mi ha allegato un testo che ora vi presento, in cui svolge un breve esame critico dell’argomento inerente l’accelerazione dei tempi.

 

 

Terence McKenna (1946-2000)

# Accelerazione

Sono ormai vari anni che cerco di venire a patti una sensazione comune a molti: quella che il tempo stia subendo un’accelerazione e che gli eventi si susseguano  ad un ritmo ormai forsennato, di cui si stenta a tenere il passo.

Chi segue questo blog conosce quasi sicuramente le idee di Terence McKenna che ha realizzato una teoria su basi matematiche nota come «Novelty teory» o teoria delle novità. In essa gli eventi della nostra storia (ciclica e non lineare) si dipanano attraverso una sorta di onda temporale o Timewave soggetta ad un processo di progressiva accelerazione verso l’Eschaton finale.

E’ questa accelerazione percepita il motivo per il quale mi sono accostato la prima volta a questo blog ed è questo argomento che, di tanto in tanto, mi spinge a fare ricerche sul web relative alle  più significative teorie in grado di spiegare l’accelerazione del tempo.

Il fatto che Terence McKenna abbia elaborato una complesso teorico così preciso e verificabile, oltre all’intuizione così cara (e talora così nociva) a tanta controcultura americana degli anni 60 circa la necessità di indagare proprio il fenomeno della percezione, anche attraverso l’uso delle sostanze psicotrope, non preclude comunque il dar credito ad altre ipotesi ed elaborazioni di natura logica, magari più terra terra, ma in grado di interpretare con efficacia, sia utilizzando gli elementi del pensiero analitico, sia quelli della folgorazione intuitiva.

Ad esempio, una lettura nota e comune su base scientifica (o pseudo tale) della sensazione di percepire un tempo accelerato vuole che si tratti di un fenomeno collegato all’età. Poiché quando siamo più vecchi abbiamo già vissuto molto tempo nel passato, il tempo attuale ci sembra molto più breve confrontato con la massa del tempo trascorso la quale, oltretutto, aumenta di anno in anno. Questa idea sembra intuitiva ma mi ha sempre lasciato un po’ perplesso, essendo vagamente tautologica. In altre parole spiega che è così ma non spiega perché è così. Cosa ci impedisce di percepire il tempo semplicemente per quel che è?

Ho trovato invece molto interessante, pur se soggetta teoricamente alla stessa fallacia di fondo, la teoria descritta nel libro, capitatomi casualmente tra le mani, intitolato “Accelerazione e alienazione – Per una teoria critica del tempo nella tarda modernità” di Hartmut Rosa.

Qui la spiegazione del processo di accelerazione non ha la volontà di indagare temi mistico-esoterici o scientifico-fisiologici poiché siamo dalle parti della sociologia ma l’intuizione interessante coinvolge varie riflessioni collegate a questo blog.

L’assunto di fondo è che l’uomo tende a crearsi un prima e un dopo, una storia, un percorso. In pratica ha necessità di passare, mentalmente da un punto A ad un punto B, creando una narrazione coerente.

La percezione di accelerazione dei nostri tempi viene data allora da un semplice fatto: il ritmo del moderno sistema economico, anche a causa di una sorta di dittatura della tecnica (vedi autori quali Jacques Ellui) produce una serie di eventi e doveri slegati dalla nostra volontà e dalla nostra autodeterminazione. Questo susseguirsi frenetico di novità incontrollabili, a cui possiamo semplicemente dare il nome di precarietà (o se volete, come Zigmunt Bauman, «società liquida») mette in crisi la nostra percezione di  camminare lungo un percorso ben definito. La nostra intima narrazione fatica perciò a tenere il passo.

Il risultato è allora un eterno presente insensato, che si è espanso in modo incontrollato, eliminando passato e futuro.

E allora potremmo definire tutte le nostre ansie di catturare il tempo, di interpretarlo attraverso il fenomeno sincromistico, come la volontà di riappropriarcene, di imporre un ritmo più coerente con la nostra necessità di crearne una nostra narrazione (lineare).

Certo, è un’interpretazione possibile.

Personalmente però non credo che spieghi tutto.

La domanda di fondo, come in molte questioni scientifiche della post-modernità, è: dobbiamo fidarci della nostra percezione?

Ma insomma cosa diavolo è questa vaporwave?

Continua da: https://civiltascomparse.wordpress.com/2017/01/23/eroi-di-un-sogno-di-sixthclone/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2017/01/17/la-chiamavano-vaporwave/

La vaporwave è un genere musicale ispirato dalla EDM (Electronic Dance Music),  dal seapunk, dalla dance indipendente chillwave, dalla synthwave, dal glo fi, dalla summermusic, dalla newretrowave (che però è filosoficamente tutta un’altra cosa rispetto al vaporwave); è stato ispirato anche dall’hypnagogic pop e dal cosiddetto futur funk, oltre che dalla muzak o elevator music (la musica degli ascensori, dei supermercati e delle sale di attesa) ed è stato influenzato pure dallo smooth jazz, dal contemporary rythm’blues e dalla lounge music. Il genere vaporwave eredita anche lo spirito della house music – dal momento che si può fare comodamente a casa con applicazioni di manipolazione audio gratuiti e scaricabili – ed è un genere fatto per la Rete. I brani musicali vengono downloadati dalla Rete e, rimasticati, vengono poi uploadati nella stessa Rete, è il genere musicale di internet e dei prosumer, è il genere musicale della Casaleggio Associati.

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I file audio – soprattutto di brani electro synth pop anni ottanta novanta – vengono modificati stiracchiandone il tempo, rallentandoli, rimontandoli in dei modi inediti con gli effetti audio dei software di audio editing. La vaporwave è anche conosciuta per il suo uso di ideogrammi orientali (preferibilmente giapponesi ma non solo, anche coreani) dentro i titoli delle tracce sonore. Gli ideogrammi fanno ricordare il mondo dei romanzi postmoderni di Banana Yoshimoto, e dei cartoni animati giapponesi, gli anime. Non a caso, visto che il postmoderno giapponese è il postmoderno più postmoderno che ci sia.

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Il genere vaporwave è stato spesso descritto come una satira della cultura della globalizzazione neoliberista delle multinazionali e del consumismo e, nello specifico, una critica verso il mondo della musica pop dance elettronica commerciale.

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La sua storia è la seguente: secondo un articolo del Chicago Reader, il genere vaporwave emerge nel luglio 2011 con la comparsa dell’album New Dreams LTD di Laserdisc Visions, il quale fu successivamente definito utilizzando la parola “vaporwave” dal produttore texano Will Burnett.

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Il produttore texano Will Burnett.

Il primo conosciuto uso del termine fu pubblicato in una recensione per l’album Surfs Pure Hearts di Girlhood nel blog musicale Weed Temple il 13 ottobre 2011.

C’è stato un numero di album descritti da molti nella comunità vaporwave per essere stati una sorta di catalizzatori per il genere o “proto-vaporwave.” Questi album includono una pubblicazione di Daniel Lopatin (anche conosciuto come Oneohtrix Point Never) sotto Chuck Person, intitolata Chuck Person’s Eccojams vol. 1 e poi abbiamo l’album di James Ferraro Far Side Virtual. La musica di Eccojams’ consiste in ciò che Lopatin ha definito come “echo jams” (ovvero “inceppamenti di eco”) dove le forme di musica pop, di solito degli anni ottanta, sono rallentate e qualche volta messe a loop oltre che tagliate e avvitate. I temi e lo stile di Far Side Virtual di Ferraro sono simili a quelli del vaporwave: la globalizzazione, la cultura internet e la critica della cultura consumista postmoderna, una critica fatta con campionamenti musicali di sample e loop che ricordano (cioè che vengono proprio fatte con) musiche di ascensore, musichette di windows e altra roba di questo tipo. Fino a qui il testo su http://knowyourmeme.com/memes/cultures/vaporwave

Possiamo aggiungere che il termine sembra derivare dal neologismo informatico vaporware, con cui si indicano, sarcasticamente, i prodotti informatici (hardware e software) di cui viene indicata una data ufficiale di uscita sul mercato ma poi questi prodotti informatici alla fine non escono, si vaporizzano e c’è chi dice che sembra anche derivare da un passo del “Manifesto del partito comunista” di Marx ed Engels in cui si scrive che “Tutti i solidi alla fine si vaporizzeranno nell’aria.”

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Bene, se pensate che quanto scritto sopra vi abbia spaccato la testa (ancor prima di iniziare a sentire un singolo suono di questa musica) ciò è niente in confronto alla pagina wikipedia inglese alla voce vaporwave dove ci si infila dentro anche il surrealismo, il cyberpunk, la glitch music (quella fatta con gli errori delle apparecchiature acustiche), la stock music, il retrofuturismo, l’hardvapour, il seapunk, Friedrich Nietzsche, l’utopismo, l’ipercontestualizzazione, una “distopia dada”, fino a giungere alla simpson wave e alla trump wave! (in Italia sembra sia nato il filone costanzo wave.)

Colpevolmente, a nostro parere, viene dimenticato il possibile apporto della witch house a tutto questo: la musica house fatta rielaborando sonorità estremamente gotic e dark, “de paura.” La quale si diffuse su You Tube qualche anno fa, con immagini e video di tipo creepy che accompagnavano i brani, generando una determinata atmosfera torbida e morbosa.

Ebbene, qui si è iniziato col classico, col modo classico di parlare di musica, anche quella più pop e contemporanea: gli album (magari definiti DISCHI addirittura!), gli artisti, le pubblicazioni, i rilasci, i generi, i sottogeneri, le recensioni, le riviste di musica ecc.

Tuttavia, la vaporwave, a nostro parere, va OLTRE tutto questo. La maggior parte della roba vaporwave (soprattutto quella più memica, il MEME vaporwave, quello dei rallentamenti dei brani del passato, ma non solo) non ha assolutamente nessun artista, nessun album alle spalle, sono tutti anonimi, con nickname. I titoli sul tubo (su You Tube) sono per una buona parte in giapponese e la parte non in giapponese è fatta con i caratteri, con il font vaporwave.

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Una cosa importante dell’attuale vaporwave (da qualcuno definita sorpassata e defunta ma secondo noi non è vero, anzi è appena agli inizi) è che non si limita affatto alla semplice musica, ai semplici suoni manipolati ma è una sinergia tra suoni e immagini e anche titoli. E’ la creazione di un ambiente, di un clima psichico, una specie di realtà virtuale fatta di

  1. Elaborazione audio, più o meno estrema, di brani pop radiofonici del recente passato;
  2. Titoli in ideogrammi, caratteri ASCII, font particolarmente “estetico”;
  3. Immagini di anime giapponesi, grafica windows del passato, statue classiche, ambienti palmizi tipo Florida o California, estetica multinazionale anni ottanta novanta;
  4. A tutto ciò (di base, di default diciamo) si aggiunge qualsiasi altra cosa: per noi in Italia, ad esempio, la cedrata Tassoni o il Cinzano o Jerry Calà e Umberto Smaila di Colpo Grosso e le FIAT Tipo ecc. (vedere per esempio https://www.facebook.com/vaportorino/?fref=ts)

ci vuole tanto vapore

E il tutto può benissimo essere fatto “in diretta”: ho visto in un video dedicato all’iperstizione (hyperstition) e al cosiddetto “accelerazionismo” (spero ne riparleremo sul blog) dove viene mostrata della gente che fa vaporwave in diretta, in un qualche evento in un locale – come fossero dei deejay – utilizzando you tube, you tube converter, ricerca di immagini google, photoshop, effetti sonori mp3, applicazione scaricate di manipolazione audio, e ci dà dentro, smanetta e crea lì sul momento l’aesthetic vaporwave per tutti i presenti.

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Si, perché un concetto centrale di tutto questo è che il risultato di queste manipolazioni audio-video-immagini di questa specie di NET.ART (arte di internet) è creare AESTHETICS. Cioè, quelle manipolazioni non devono portare a qualcosa di gratuito, di brutto e fastidioso anche se strano e originale, ma devono avere come obiettivo l’estetica, il bello, il meraviglioso in una forma di scintillante decadenza postmoderna controllata oltre che allucinata, psichedelica, distaccata e critica.

La vaporwave è un po’ il punto di vaporizzazione dei solidi (come si è detto prima citando Marx ed Engels), quando la complessità tipo matrioska dei sottogeneri musicali pop rock synyh jazz electro funk R&B ecc contemporanei diventa così estrema da andare fuori controllo ed arrivare a essere sostanzialmente irrintracciabile giungendo a qualcosa d’indescrivibile, una specie di caos magico.