Cose sempre più strane

In attesa di riuscire finalmente a postare due post lunghissimi, DEFINITIVI (dopo averli postati potrei addirittura non scriverci mai più su questo blog!) ispirati da due post del blog, abbastanza recenti, di Christopher Knowles dedicati agli anni 1979 e 1983, voglio ripresentarmi qui un attimo questo mese facendo una specie di “punto della situazione.” 

La sincro-sfera mi sembra che viva un momento difficile, nel senso che: emersa ai tempi dei blog e dei forum nel 2006-2012 quando ci si connetteva attraverso i computer fissi e tutt’al più dai laptop portatili, in questi tempi delle piattaforme social, degli algoritmi-metadati (e dei video e dei social organizzati da questi), a cui ci si connette con gli smartphone, è la sincro-sfera – nello stesso momento –  si ad essere ricca come non mai di nuovi contenuti postati sul web ma risulta pure confusa e disorganizzata al massimo: basandosi in gran parte sulle coincidenze, ne nota (e ne crea anche direi) così tante da però perdercisi dentro con piacere ed è quindi assai difficile mantenere la rotta e organizzarne i contenuti in una maniera adeguata e comprensibile, come in un libro o un film, per dire.

Anche perché si tratta di un modo così personale di vedere le cose del mondo (ogni sincro-ricercatore ha i suoi metodi o pseudo tali) che non ci sono ricette ben definite. Ci sono quelli più linguaggio del crepuscolo-effetto copycat-cose alla Charles Fort (Loren Coleman), quelli più legati a una specie di neo-gematria basata su ricorsi di particolari numeri (Alex Fulton), quelli che si concentrano su unione di astroteologia, sezione aurea, mitologia antica e coerenza multicontestuale (Goro Adachi), quelli come Eric Wargo attenti alle coincidenze basate sull’ “io esteso”, la retro-causalità e la memoria del futuro, quelli come Jake Kotze e Blackdogstar, concentrati sulle associazioni astro-teo-simboliche tra i film di Hollywood, le serie tv e le celebrities, quelli appunto come Christopher Knowles studiosi di coincidenze e profezie apocalittiche nel mondo della musica pop rock e dello show biz… e tanti altri, spesso alquanto meno famosi e al di fuori dei radar di una certa notorietà, i quali magari, sperduti nel web, vengono scoperti inaspettatamente e non si sapeva della loro esistenza fino a poco prima.

Canale di Blackdogstar: https://www.youtube.com/channel/UCC4i57xJGXN378as5l3jRcA

A differenza di diversi sincro-ricercatori tra i più noti, che pare abbiano un po’ “mollato gli ormeggi” ultimamente, Christopher Knowles, al contrario, sta invece premendo sull’acceleratore nei suoi spazi web, mettendo anche contenuti a pagamento (così come da anni già fa Goro Adachi nel suo Supertorchritual) e Knowles, come aveva annunciato nel seguente post https://civiltascomparse.wordpress.com/2022/05/10/2001-prossimamente-e-i-disastri-annunciati-di-woke-il-politicamente-corretto-cool-e-autoritario/ pare stia scavando tantissimo nelle sue ricerche come mai prima e può essere che la decisione di farsi pagare (mettendo quindi in piedi un suo club più ristretto) sia stata dovuta proprio alla intensificazione dei suoi sforzi “tuffandosi sempre più in profondità nelle cose sempre più strane” esponendone la loro “storia segreta.”

Chi ha fatto anche un minimo di ricerca in proposito (nel nostro piccolo, anche noi piccoli blogger incuriositi dal “mondo simbolico”) SA che le “cose strane” nel nostro mondo-acquario in cui nuotiamo come pesciolini rossi comprati al Luna Park delle celebrities e dallo showbiz del mainstream, le “cose strane” nel nostro Occidente atlantizzato contro-continentale, partirono quasi di netto da una ben determinata manciata di anni in poi, il 1966-1969. Mentre dunque le “cose strane” partirono in quella fine ’60 del XX secolo, le “cose più strane” (secondo gli studi matti e disperatissimi di Knowles basati anche sui suoi ricordi personali) ebbero la loro partenza netta nel 1983.

La storia delle “cose sempre più strane” sembrerebbe ebbe inizio il giorno prima in cui quasi scoppiò la guerra nucleare intercontinentale a causa dell’esercitazione NATO “Able Archer”, i giochi militari dell’occidente atlantico anti-continentale che quasi portarono all’Armageddon nucleare, così come qui sul blog si parlò anni fa quando ancora di Christopher Knowles non sapevamo nulla e nemmeno di sincromisticismo: https://civiltascomparse.wordpress.com/2009/02/22/stanislav-petrov-luomo-che-nel-1983-salvo-il-mondo/, quando avevamo voluto commemorare Stanislav Petrov. un oscuro ufficiale dell’armata rossa che effettivamente salvò il mondo intero dalla più irreversibile delle catastrofi.

Quindi, che dire, i sincromistici amano le interconnessioni che producono sorprendenti coincidenze facendo emergere storie “sempre più strane” (ovvero realtà insospettate che superano le fantasie) dall’accorgersi di incroci e crocevia underground che nemmeno nei sogni si sarebbero creduti possibili. Il far scorrere, come in un film con l’indietro veloce, gli ultimi decenni della storia, confrontandoli con la storia precedente accorgendosi della stranezza intrinseca del tutto.

Detto questo, presentiamo due cose: un brano dei Fluxus risalente al 1994 e una specie di manifesto letterario scritto da Ferruccio Parazzoli, Tommaso Pincio, Antonio Riccardi, Giuseppe Genna e Michele Monina, risalente al 1999.

“Vita in un pacifico mondo nuovo”, come diversi altri brani di quei Novanta, prefigurava gli allora 25 anni successivi, mentre il “Manifesto 1999” proclamava come l’ipo-testo (ovvero i libri di carta per esempio i romanzi ben definibili e riconoscibili) non avrebbe mai potuto più essere lo stesso di prima avendo dover a che fare con l’iper-testo del web, ovvero quello su cui si è, fin dal suo inizio, basata la sincro-sfera.

In occasione di un convegno organizzato nel 1999 dalla rivista Letture, venne elaborato un manifesto estetico che, ai tempi, parve bizzarro. Gli estensori, sotto l’egida di Ferruccio Parazzoli, erano Tommaso Pincio, Antonio Riccardi, Giuseppe Genna e Michele Monina.
Il manifesto non pretendeva di imporsi ideologicamente, non intendeva porsi come vasca di raccolta di pesci sguazzanti e nemmeno ambiva a un ruolo di leadership avanguardista.
Soltanto, intendeva fotografare ciò che percepiva come presente avanzato – una porzione di futuro imminente.
L’invito è a misurare questo manifesto con l’attuale deriva narrativa e poetica.

“Scrivo di cose che non vidi, non mi capitarono, non seppi da nessuno, e che per di più non esistono affatto, né a priori possono accadere”.
Luciano, Storia vera

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In una foresta di segni nella quale si aggirano spettri, qualcuno tenta di parlare, gioire, piangere, meditare, cercare in sé o fuori di sé una verità che lo appassioni.

– Abbiamo l’impressione che, questa miriade di segni e di significati, il mondo la esprima autonomamente come se avesse elaborato, all’insaputa dei sapienti, strategie interne e modalità creative, avendo avuto cura di eliminare la mente che le pensa, le sente e le realizza.

– Segnale inequivocabile di queste strategie è la ricerca del divertimento, una coazione a ripetere ormai del tutto frenetica e automatica.

– E’ tempo di prendere partito per una strategia creativa che sia figlia di una complicità di menti: autori plurimi, proliferazione di eteronimi, progressivo ritrarsi dell’individuo. Ciò che conta è l’opera, ciò che dice e che narra, la sua voce provenendo da luoghi che non si incarnano in alcun preciso soggetto.

– La lingua è un’espressione che porta in sé i sogni o gli incubi di chi la parla. Una lingua che entri in contatto con molti e diversi tempi, tutti contemporanei. Useremo una lingua falsa, porosa, simile, ma non identica, alla flattanza linguistica che invade le case e le menti.

– Non è più tempo per lo stile. Non è prioritario agire sulla lingua quanto lo è agire sulle strutture, sugli intrecci, sulle chiavi che aprono e chiudono i cassetti delle storie.

– Lavoriamo anzitutto a intrecci che ci permettano di dare vita a un’opera più grande di quanto noi stessi possiamo immaginare. Strutture complesse, spesso giocate sugli equilibri interni, pagine che si richiamano a distanza, personaggi e tempi in assoluta libertà di allontanamento e avvicinamento, spariscono per poi ritornare, il diritto e il rovescio del binocolo.

– Io, tu, noi. Sono questi i personaggi di un’opera che ambisce a essere, al tempo stesso, epica e lirica, che utilizza i dialoghi, i salti temporali, l’immaginifico e il prodigioso come sogni che gli uomini non hanno il coraggio di sognare.

– Trilogie narrative, poemi sequenziali, opere incastrabili con altre opere: è il segno che conosciamo quanto il senso sia complesso e affascinante, facitore di storie, non immediatamente percepibile. L’immediata intuizione, l’illuminazione, la folgorazione sono possibili e fondate soltanto all’interno di una più ampia struttura che un mondo virtuale e parallelo al mondo reale.

– Guardiamo all’allegoria come strumento privilegiato. Sfruttiamo il piacere che dà l’allegoria. L’allegoria non parla soltanto del mondo e non allude soltanto a un eterno presente: essa parla anche della morte e della fine del mondo. L’allegoria allude a qualcosa di segreto, che cerca non di portare alla luce, ma di nascondere meglio, perché sia viva la sensazione che qualcosa può esistere anche senza che venga totalmente spiegato.

– L’allegoria rappresenta la tregua tra una visione teologica e una visione artistica dell’universo. Il reportage – genere teologico per eccellenza, da quando la cronaca ha sostituito la sacra scrittura -, il noir, la fantascienza, il poema barocco non smettono di parlare della possibilità o dell’impossibilità di un dio, della sua bellezza o del suo orreore.

– Il lettore è nostro complice: non vogliamo per complice un idiota con due occhi.

– Bisogna fare spreco di sé. Il nostro realismo è salito di grado: ogni rovina, ogni uomo, significano qualcosa d’altro. Un realismo allegorico che racconta le storie di questo mondo e di un mondo diverso, che parla di tutto, indifferentemente, e di ogni personaggio.

– Il soggetto, il famigerato io alla cui dissoluzione la modernità ha lavorato con instancabile alacrità, torna a essere personaggio, ha acquistato un nuovo senso: significa ‘uomo’ e, allo stesso tempo e con la medesima intensità, significa veramente ‘io’.

– All’ironia sostituiamo il grottesco, il paradossale. Un genere storicamente sospetto.

– Posto che la bellezza debba essere intesa come imitazione del felice, chi oggi è in grado di indicarci un uomo felice?

– Chiunque dipenda da Qualcuno o da Qualcosa, senza sapere da Chi o da Cosa, come tutti noi dipendiamo, deve pure avere un’arma con cui tenere a bada il padrone: rettitudine, sincerità, mala lingua, congiure, dicerie, scambi di binari, false rotte stellari.

Vogliamo un celebre anonimato.
Vogliamo scrivere tutto.

27 ottobre 1962, il re del terrore

Ricordo da ragazzino, quando seguivo ancora i programmi della televisione, come vi fossero delle serate in cui alla tv “non vi era niente”, nulla di interessante né in un canale né in un altro mentre vi erano altre serate in cui dovevi in continuazione saltare da un canale all’altro, fare zapping o flipping,  perché stavano trasmettendo molte cose interessanti contemporaneamente: uno show (un tempo si diceva “varietà”) nuovo di zecca su rai 2, un film per la tv o fiction (un tempo si diceva “sceneggiato”) interessantissimo su canale 5, una partita di calcio “che non te la potevi assolutamente perdere” su rai 1 ecc. Tutto nella stessa serata di programmazione tv.

Penso sia così anche per certi anni, mesi e giorni della storia occidente-centrica che conosciamo: in alcuni sembra che davvero non succeda nulla di nuovo e che l’abitudine regni sovrana; uno scorre le notizie, le news, e vede che rigurgitano di non novità, di cose che potevano benissimo succedere anche un giorno, un mese, un anno, cinque anni prima; in  altri anni, mesi e giorni, sui giornali, le tv, le radio (e in seguito anche internet) si assiste invece come a un surriscaldamento, a un sovraccarico, a un eccesso di notizie importanti che sembrano avvenire tutte nello stesso tempo e prendersi quasi a spintoni l’un l’altra.

Un esempio di ciò avvenne esattamente 55 anni fa, nell’ottobre 1962 in generale e il 27 ottobre 1962 in particolare. Quel mese e giorno furono PIVOTALI, per usare un neo-inglesismo, fu un periodo in cui in futuro si faceva spazio più del solito e toglieva spazio più del solito al passato quasi franandogli addosso, in cui venivano al pettine nodi della Storia allora recente e nello stesso tempo se ne generavano altri di nodi, in cui si aprivano spazi e orizzonti che si sarebbero fatti sentire per un bel pezzo a venire e avrebbero dato forma a diversi zeitgeist dei lustri e decenni futuri.

Non so se il mio collega di blog Teozakari abbia un giorno o l’altro voglia di studiare l’ottobre 1962 in generale e il 27 ottobre 1962 in particolare su uno dei suoi particolareggiati grafici dell’onda temporale di Terence McKenna, per vedere se, in effetti, anche per la teoria frattale-ricorsiva della Timewave, quel punto lì della nostra storia occidente-centrica mostri qualche anomalia-singolarità pure su quei grafici, in modo da far ritenere che davvero sia stato un momento cardine di grande incremento di novità storica e di grande decrescimento dell’abitudine storica.

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Nell’ottobre 1962 il pianeta Terra si trovò mai come allora vicino a una Guerra Mondiale tra Stati Uniti e Unione Sovietica la quale si sarebbe giocata a colpi di terrificanti armi termonucleari. Si era nel picco, nel culmine assoluto della tensione atomica tra le due superpotenze la quale stava durando da almeno dodici anni. Tutto era iniziato nell’agosto precedente, – l’agosto in cui morì Marylin Monroe – quando l’URSS di Krusciov sfidò gli USA di Kennedy cominciando a installare rampe di missili nell’isola di Cuba retta dai  socialisti di Castro, le foto aeree USA scoprirono le installazioni missilistiche URSS a Cuba. L’esercito americano impedì alle navi sovietiche di raggiungere la costa cubana senza prima aver esaminato il carico delle navi. Cominciò un pericolosissimo “braccio di ferro” tra le due superpotenze che, attraverso i mass media, “lasciò il mondo col fiato sospeso”.

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In quello stesso ottobre 1962, iniziò a Roma il Concilio Vaticano II, organizzato per cominciare a svecchiare l’istituzione secolare e secolarizzata della Chiesa Cattolica Apostolica Romana e tenerla “al passo coi tempi”, i quali stavano cambiando soprattutto a causa della tecnologia e della diffusione sempre più crescente dei mass media. Il Concilio venne inaugurato da Giovanni XXIII, il quale in questa foto (apparsa come copertina di una rivista) appare significativamente col pianeta Terra alle sue spalle.

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In quella terza decade di ottobre 1962 venne deciso un blocco navale da parte delle navi militari USA nei confronti delle navi URSS che attraversavano l’Atlantico verso Cuba cariche di componenti militari per i missili a corto-medio raggio. Intanto, con la procedura “Chrome Dome” del generale delle forze strategiche aeree SAC Thomas Power,  almeno venti bombardieri B 52 erano costantemente in volo sopra l’emisfero nord, fino al polo, sempre armati di bombe termonucleari assai più potenti della bomba di Hiroshima: era la cosiddetta “airborne alert”, “allerta in volo”, in ogni momento questi B 52 potevano essere allertati e dirigersi verso lo spazio aereo sovietico nemico. Durante la “crisi di Cuba” dell’ottobre 1962, il numero di questi aerei militari in volo carichi di bombe atomiche pronte all’uso in caso di allerta, raggiunse quasi la settantina.

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Nello stesso ottobre 1962 uscì la rivista mensile “Panorama”, che col tempo divenne settimanale e la più diffusa rivista di attualità politica, sociale e culturale in Italia . E’ proprio il caso di dire che si apriva un nuovo PANORAMA.

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La crisi missilistica di Cuba fu presente ininterrottamente sui mass media nella terza decade di ottobre 1962 fino alla pericolosissima giornata del 27 ottobre 1962, quando la crisi giunse il suo culmine. Se la crisi di Cuba fu il picco della paura atomica degli anni cinquanta il 27 ottobre 1962 fu il picco del picco: le navi sovietiche continuavano ad avanzare nell’Atlantico, la costruzione delle installazioni missilistiche sovietiche nella Cuba castrista non si fermava, i generali più “falchi” dicevano al presidente che ormai la sola opzione ragionevole era l’invasione militare (dalle conseguenze terribili); non solo, venne intercettato un aereo U2 sopra la Russia e a Cuba venne abbattuto un altro U2 in cui perse la vita il pilota Rudolf Anderson: ormai si era veramente a un passo dalla mezzanotte termonucleare. Il segretario alla difesa di allora, McNamara, in seguito disse che pensò a quel sabato come l’ultimo della sua vita, e non solo della sua.

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Nel medesimo giorno in cui McNamara pensava che quello fosse l’ultimo sabato della sua esistenza, vennero intervistati questi quattro ragazzotti con le zazzere e vestiti con abiti “mod”, questi quattro ragazzotti all’inizio di quello stesso ottobre 1962 fecero uscire il loro primissimo 45 giri, con Love me do su un lato e Please please please su un altro. Ben pochi allora li conoscevano. L’immagine che vedete venne scattata il 27 ottobre 1962 dentro uno studio radio-tv in Inghilterra.

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Quello stesso sabato 27 ottobre, in Italia, il potentissimo magnate del petrolio Enrico Mattei tornava in volo da Catania verso Milano con uno dei suoi piccoli aerei personali. Enrico Mattei era probabilmente il personaggio italiano più influente dell’epoca, era considerato davvero un grandissimo, una specie di divinità dell’Olimpo, veramente pochi oggi se ne rendono conto, era in assoluto l’industriale dell’epoca più conosciuto, ben più di Gianni Agnelli della FIAT. Nelle mani di Mattei, l’ENI divenne un impero in grado di sfidare le potenze petrolifere straniere, in particolare quelle anglosassoni. La sua morte avvenne proprio quel 27 ottobre 1962, quando a bordo del suo aereo precipitò presso una oscura località in provincia di Pavia. All’epoca si pensò a un tragico incidente, ma col tempo si appurò che la struttura del velivolo venne manipolata apposta per farlo perdere controllo e schiantare al suolo. Mattei fece una fine molto simile a quella del pilota Rudolf Anderson, alla guida dell’U2 abbattuto sui cieli di Cuba quello stesso 27 ottobre.

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Nell’ottobre 1962 vennero gettati i semi di un universo culturale pop che tutt’ora non se n’è andato: uscì sugli schermi cinematografici “Dr. No” (“Agente segreto 007, licenza di uccidere”), il primissimo film della lunghissima serie dell’agente segreto 007 James Bond al servizio di sua maestà britannica e vide la luce il primordiale 45 giri dei britannici The Beatles. In quell’ottobre 1962 vennero gettati i semi di un futuro piuttosto lungo da cui ancora non ne siamo usciti.

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La morte dello strapotente magnate petrolifero Enrico Mattei quel 27 ottobre 1962 fu il primo vero “mistero italiano” nello stile dei molti che sarebbero venuti in seguito, in modo particolare dal 1969 in avanti, dalla strage di piazza Fontana in poi . Quella di Mattei fu una fine che influenzò molto il futuro perché fu il primo attacco diretto e violento alla sovranità e all’indipendenza politico-economica dell’Italia, fu il primo atto eversivo nello stile di quella che si sarebbe in seguito chiamata “strategia della tensione”. Furono almeno due gli omicidi sensazionali dell’allora futuro che si ricondurranno al caso Mattei: l’omicidio del giornalista siciliano Mauro De Mauro che avverrà nel 1970 e l’omicidio dell’intellettuale critico, scrittore e regista Pier Paolo Pasolini nel 1975.

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Vasilij Aleksandrovič Archipov (in russo: Василий Александрович Архипов?; Orechovo-Zuevskij rajon, 30 gennaio1926Železnodorožnyj, 18 agosto1998) è stato un marinaio e militaresovietico.
Durante la crisi dei missili di Cuba, nel 1962, come comandante in seconda del sottomarino sovietico B-59 della classe Foxtrot, si oppose al lancio di un siluro nucleare malgrado il suo sottomarino fosse stato oggetto del lancio di bombe di profondità da parte di un gruppo da combattimento della US Navy composto dalla portaereiUSS Randolph e undici cacciatorpediniere[1]; il comandante ritenne la provocazione sufficiente a reagire nel modo più consono e diede disposizioni per lanciare un siluro a testata nucleare. Il vicecomandante Archipov tuttavia espresse disaccordo e convinse il proprio superiore ad attendere: il lancio di bombe da parte dei militari americani si interruppe, e il comandante russo ritirò l’ordine, evitando una possibile escalation che sarebbe potuta culminare in un conflitto atomico fra USA e URSShttps://it.wikipedia.org/wiki/Vasilij_Aleksandrovi%C4%8D_Archipov
Per lanciare quel siluro a testata nucleare, il protocollo da seguire stabiliva che tutti gli ufficiali a bordo del sottomarino dessero parere positivo al lancio, il solo ufficiale che si rifiutò di dare il suo voto e ruppe l’unanimità fu il vice comandante Archipov scongiurando così un’escalation letale. Una vicenda somigliante a questo episodio ed avvenuta più di vent’anni dopo, riguardò il tenente colonnello dell’armata rossa Stanislav Petrov e il suo rifiuto di rispondere con un contrattacco a un lancio di missili ICBM da parte USA, poi rivelatosi un falso allarme dovuto a un errore dei computer.

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Il numero del quotidiano “La Stampa” di domenica 28 ottobre 1962, il giorno del “sospiro di sollievo” dopo il picco altissimo di tensione del sabato.

Col tempo, venne alla luce che i missili sovietici già installati sull’isola di Cuba erano pienamente operativi e in grado di lanciare testate nucleari in caso di invasione dell’isola, all’epoca si riteneva invece che le batterie di missili a Cuba dovessero ancora essere completate e che quindi nessun missile era operativo e pericoloso; ciò facilitava le posizioni degli intransigenti del Pentagono che alla Casa Bianca premevano per un’invasione americana dell’isola: tanti anni dopo, l’allora segretario della difesa McNamara rivelò come quel 27 ottobre si andò “a tanto così” dall’invasione.

La crisi missilistica cubana e la morte di Enrico Mattei nel “black saturday” (come viene ancora oggi ricordato quel giorno negli Stati Uniti) influirono per lungo tempo a venire, molti nodi si erano sciolti e altri nodi si erano invece legati, gli anni Cinquanta furono in rotta di collisione con gli anni Sessanta e Settanta e, come si è detto, nuovi panorami mai visti prima si aprirono.

Nei giorni che seguirono, a inizio novembre, mentre i sovietici iniziavano a smantellare la loro base missilistica a Cuba venti giorni prima che gli americani decidessero di togliere il blocco navale, uscì nelle edicole il primissimo numero di un fumetto che fece scandalo per la sua crudezza e diversità dai soliti cliché delle storie a fumetti: il protagonista non era infatti per i ragazzi un esempio positivo da seguire, Diabolik è infatti un malvivente, un fuorilegge, un maledetto, un clandestino. Questo tipo di figura avrà un avvenire di fronte a sé, in Italia e non solo.

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La madre di tutte le operazioni terroristiche

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Prossimamente potremo avere a che fare con una serie di eventi d’impatto, i quali potrebbero culminare in un terrore collettivo, planetario, ben pubblicizzato da ogni mass media!

Ovvero il momento in cui due potenze nucleari possono essere vicine a uno scambio di missili intercontinentali, magari in seguito a uno scontro armato convenzionale o l’esplosione di una bomba atomica tattica di bassissima potenza.

E’ possibile che questo rischio lo si sia corso più di una volta nel recente passato, anche se tenuto volutamente nascosto, appunto per non spaventare la platea planetaria.

Del resto, il terrorismo è tale – oggi – quando il terrore scorre attraverso i mass media. Se, per esempio, delle persone muoiono per atti terroristici ma pochi lo vengono a sapere, il qui prodest dell’atto terroristico non può esserci.
Oggi, per avere successo, il terrorismo ha bisogno della radio, della tv, dei giornali e di internet. Senza di questi il terrorismo non può esistere. Se anche decine di migliaia di persone muoiono ma pochi lo vengono a sapere, l’obiettivo è mancato.
Lo devono sapere TUTTI!

E se, dunque, qualcuno decidesse che è il momento di provocare uno shock collettivo, in cui viene fatto sapere al pubblico di tutto il mondo di essere sull’orlo di una guerra nucleare intercontinentale?!

Comunque, secondo la teoria dei ricorsi storici degli ultimi anni, tenendo conto di ciò che è successo (anzi, di ciò che è stato amplificato dai media) la serie di eventi dovrebbe coinvolgere (la rosa non è molto amplia, se ci fate caso):

– Aerei in volo, aerei scomparsi e/o distrutti;

– Navi o sottomarini distrutti/affondati/scomparsi;

– Un’attacco/sparatoria ben pubblicizzato;

– Qualcosa riguardante la satira o il connubio politica-pornografia;

– Una guerra annunciata ripetutamente;

– Qualcosa che metta in cattiva luce una religione o un movimento politico;

– Risultati elettorali sorprendenti/inattesi/contestati/problematici;

– Un disastro a una centrale nucleare, o qualcosa del genere/disastro ecologico/black out;

– Tentativi di salvataggio di persone riusciti/falliti;

– Turbolenze/scandali/crolli finanziari esposti ai quattro venti;

– Terremoto/eruzione vulcanica/tsunami/meteorite;

– Rischio epidemia/pandemia ben strombazzato;

– Una ribellione di massa violenta/guerra civile, ben pubblicizzata;

– Bombardamenti che hanno eco sui mass media;

– Manifestazioni pacifiche che finiscono in violenza;

– Arresto/morte/ferimento/dimissioni di una personalità pubblica.

Ognuno di questi tipi standard di eventi ripetuti pubblicizzati è sempre a maggiore o minore magnitudine rispetto a eventi simili del passato.
Se ci pensate bene, la rosa dei possibili eventi d’impatto sulle coscienze (anzi, sulle MENTI, per dirla più propriamente) attraverso i mass media non è che sia dunque molto ampia, e – di norma – riguarda sempre qualcosa di traumatico.
E le “possibili conseguenze future di quello che è successo/succede.”
Si tratta quasi, infatti, d una specie di “violenza psicologica” di massa quella perpetrata dai media e, dirò, non solo quelli ufficiali ma anche quelli alternativi.

Il fuoco dev’essere sempre ben acceso per far sì che l’acqua (la mente collettiva) continui a bollire e non sia mai tranquilla.

Nell’ottobre 1962 vi fu la Crisi di Cuba: il momento della Guerra Fredda in cui – ci viene detto da sempre – le due superpotenze contrapposte dell’epoca USA e URSS andarono più vicino che mai alla guerra calda termonucleare. Il tutto venne ben monitorato dai mass media giorno dopo giorno per quei dodici giorni dell’ottobre ’62; altri momenti di rischio atomico vi furono negli anni e decenni seguenti: quando nell’ottobre 1973 gli USA alzarono il livello di allarme nucleare come risposta alla minaccia di intervento dell’URSS nella guerra dello Yom Kippur tra Israele e paesi arabi…anche allora questo rischio fu pubblicizzato dalla stampa, però senz’altro in modo molto meno incisivo e drammatico rispetto alla Crisi di Cuba di undici anni prima. Invece, dieci anni dopo, nel 1983 – nonostante si fosse già nel pieno di una tensione dovuta ai missili tattici contrapposti in Europa tra l’est e l’ovest – l’altissimo rischio di guerra atomica durante l’esercitazione NATO Able Archer (che fu interpretata male dai sovietici) non venne per nulla fatto sapere dai mass media dell’epoca alla popolazione ignara, così come anche (poche settimane dopo la distruzione da parte di un caccia sovietico del volo di linea sudcoreano KAL 007) nel settembre ’83 vi fu un altissimo rischio di guerra nucleare dovuto alla mala interpretazione da parte dei sovietici di ciò che le apparecchiature radar credevano fosse un lancio di missili da parte degli USA quando ciò non corrispondeva alla realtà (erano solo i raggi del sole), e la catastrofe venne evitata per un soffio da un’ufficiale con un gran sangue freddo, per non dire altro. Un qualcosa del genere successe di nuovo dodici anni dopo, quando il lancio di un missile norvegese venne male interpretato dal monitoraggio dei computer delle forze strategiche della Russia.
Vi sono senz’altro stati altri momenti ad altissimo rischio: uno nel 1979, quando gli elaboratori della difesa strategica USA ebbero le traveggole e interpretarono i dati come un imminente lancio di missili da parte URSS; un congressista americano, il quale si trovava nella base in quel momento, ebbe un brutto quarto d’ora e ricordò in seguito il senso di panico assoluto che si respirava in quei momenti, e mi sembra di ricordare di averne letto un’altro di questi momenti rischiosissimi, accaduto probabilmente una decina di anni fa, secondo il libro “Il mito dell’11 settembre e l’opzione dottor Stranamore.”

Ebbene, tutti questi momenti ad alta tensione, nel momento in cui sono accaduti, sono stati ben tenuti celati dai mass media dell’epoca, e si son venuti a sapere bene solo in un secondo tempo.
Il pubblico, ignaro, aveva questa spada di Damocle che stava per abbassarsi velocissimamente sul suo capo, ma nessun servizio giornalistico ebbe cura di informarlo (e terrorizzarlo), anche perchè, se i missili partono, il preavviso è di pochi minuti, e la catastrofe si abbatte su milioni di persone senza che vi sia alcuna notizia che lo annunci, solo il suono delle sirene, ma ormai è troppo tardi.

A tutt’oggi, nonostante la fine della contrapposizione storica USA/URSS e ai vari trattati di limitazione degli armamenti, vi sono ancora molti missili intercontinentali nei silos pronti per essere lanciati e, dunque, il rischio della catastrofe atomica non è scongiurato. E tutti, in modo più o meno vago, lo sanno.

Negli ultimi anni, il fuoco della tensione internazionale è sempre stato fatto bollire, soprattutto dal sistema dell’informazione e della comunicazione e – ultimamente – queste tensioni riguardano proprio potenze nucleari.

Ciò che mi chiedo è questo: se due potenze continentali armate di missili atomici arrivano allo scontro diretto con armi convenzionali, si avrà cura di non farlo sapere alle agenzie di informazione, o minimizzarlo molto (come pare sia, per esempio, accaduto durante l’affondamento del sottomarino russo Kursk nell’estate 2000, colato a picco – secondo certe ricostruzioni – da un’unità NATO) per evitare, appunto, che il vortice della guerra – dovuto alle imprevedibili reazioni della gente – si avviti su se stesso e giunga allo scontro nucleare, oppure (a differenza di tutte le altre volte) si vorrà fare terrorismo, pubblicizzando il più possibile lo scontro diretto tra le forze militari di due potenze nucleari?

Perchè l’informazione fa parte dell’arsenale bellico: se nessuno sa che siamo a un passo dalla guerra nucleare (come è già avvenuto in passato, si è detto) la reazione del pubblico è ovviamente nulla – visto che è ignara – ma se venisse pubblicizzato dai mass media che siamo davvero a uno sputo dallo scontro nucleare?

E quindi torniamo al discorso di prima: il far sapere al pubblico che l’umanità è sull’orlo del precipizio, davanti a un evento a potenziale livello estinzione, sarebbe l’OPERAZIONE TERRORISTICA SUPREMA, qualcosa che va ben al di là di quella quindicina di eventi standard elencati in precedenza.
Questa esperienza di pre-morte di massa sarebbe una specie di esperienza di picco collettiva (la quale mostrerebbe più il potere della comunicazione/informazione che delle armi nucleari) e le conseguenze di ciò non possiamo prevederle ma solo congetturarle.