Beppe Grillo, gli showman messia e il ritorno della caduta della repubblica di Weimar

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Copertina del diffusissimo settimanale “Tv sorrisi e canzoni” risalente all’anno 1981, quando Beppe Grillo, a 33 anni, è GIA’ all’apice della popolarità.

In un precedente articolo dedicato ad Adriano Celentano, avevo concluso dicendo che, da un certo punto di vista, potevo divertirmi a pensare che il Molleggiato, in quei suoi aspetti profetici e messianici ben noti a tutti gli italiani, proseguiti con continuità dalla seconda metà degli anni sessanta in poi, poteva lasciar pensare che seguisse una specie di ben precisa missione, una specie di AGENDA, magari, chissà, “dettata dall’alto”; questi, naturalmente, sono aspetti dietrologici, anche piuttosto fantasiosi ma, d’altra parte, siamo qui per conciliare realtà e immaginazione.

Prendiamo, per esempio, un altro showman italiano che ha calcato le scene della televisione del Belpaese (della RAI in particolare), dagli anni settanta in avanti, Giuseppe Piero Grillo, in arte Beppe Grillo. Divertiamoci un po’, e pensiamo che le coincidenze che punteggiano la sua carriera non siano unicamente dovute al “puro caso.”

Figlio di un piccolo imprenditore di Savignone (GE), diplomato in ragioneria, i suoi inizi sono oscuri, dopo essere stato componente dei famosi (perlomeno a Genova) “ragazzi di Piazza Martinez” (tra cui c’era anche Donato Bilancia, il “serial killer della Liguria”), svolge dei lavori trascurabili, si esibisce come comico a Milano, si dice rubando le battute ad altri comici della sua città, come Orlando Portento e, per un bel po’ di tempo, la fama per Grillo è un miraggio.

Poi, dopo la metà degli anni settanta, quel ragazzo riccioloso (che per i maligni, e anche per certi amici, è “completamente scemo”) viene notato da Pippo Baudo in uno dei locali dove si esibiva a Milano e, di lì a non molto, la sua carriera fa un balzo supersonico e, dopo alcune comparsate su vari programmi di comicità dell’epoca, in poco tempo arriva a condurre programmi tv in prima serata, dai vari “Fantastico” del sabato sera (seguiti da milioni di persone) a, intorno al 1981, programmi TUTTI SUOI, come i vari “Te la do io l’America”, “Te lo do io il Brasile”, ricordo che quand’ero piccolissimo m’avevano regalato un 45 giri con la sigla del programma cantata da lui in modo blues.

Bene, facciamo un po’ i fantasiosi. Mettiamo che fin dalle origini, in qualche modo, “si sapeva già come sarebbe andata a finire” o, perlomeno, i vari centri di intelligence nazionali e internazionali avevano già, nei loro cervelli elettronici di allora, calcolato uno scenario politico italiano come si sarebbe concretizzato decenni avanti e avevano quindi pensato di preparare una possibile carta da giocare, da preparare e da tirarla fuori all’occorrenza, nel momento giusto, quando i tempi sarebbero stati maturi,  una specie di “candidato manciuriano” all’italiana…oppure, no, magari tutte le coincidenze della carriera di Grillo non sono dovute alla mano dell’uomo, a complotti, cospirazioni, operazioni segrete (come a certuni piace credere) ma a misteriosi sincronismi, sincronicità, coincidenze, a una specie di intelligenza “non umana” (ma facente parte di ciò che chiamiamo “natura”) che, in qualche modo gioca con i simbolismi, gli archetipi, le somiglianze, le anticipazioni di qualcosa che si manifesterà meglio in seguito, nel corso del tempo e della storia, come avevo detto alla fine dell’articolo dedicato al “Codice Genesi e sincromisticismo.”

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La capigliatura “alla Gianroberto Casaleggio” di Grillo, quando, a 33 anni, interpretò “Gesù.”

Torniamo a quel 1981, anno cardine per Beppe Grillo, ormai completamente famoso a livello nazionalpopolare (qualcosa di impensabile per lui fino a cinque anni prima), come dicevamo, ha ora un programma tv condotto tutto da lui, dove fa il mattatore e l’one man show, e canta anche la sigla blues della trasmissione. Il regista Luigi Comencini gli fa fare il suo primo film da protagonista, “Cercasi Gesù”…leggiamo la trama del film presa dal dizionario di cinema Mereghetti:

Un editore cattolico cerca una faccia da Gesù per lanciare un’opera a fascicoli, e la trova in Giovanni (Grillo), uno sbandato senza fissa dimora che vive presso un falegname. Mite e stralunato, Giovanni viene prima rapito da una terrorista (Maria Schneider) che aveva cercato di aiutare, poi viene spedito dai preti [della casa editrice cattolica che l’aveva ingaggiato per fargli fare Gesù] in manicomio[…] Grillo esordisce al cinema ma non funziona.[…]

In effetti, nonostante la fama dello showman ligure, il film fu un flop, ricordo di averlo visto da ragazzino, in televisione su una tv privata genovese, diversi anni dopo e, a dire la verità, sembrava davvero anticipare cose che si sarebbero concretizzate solo molto successivamente nella vita di Grillo e, nello stesso tempo, rispecchiare avvenimenti già accaduti. L’editore cattolico, interpretato dall’attore spagnolo Fernando Rey, una specie di manager che scopre e ingaggia Grillo per farlo diventare famoso, sembra anticipare di anni quel Gianroberto Casaleggio che convinse Grillo a partecipare a un nuovo progetto politico imperniato su internet, facendolo quindi, in seguito, una specie di “Messia” e, lo stesso personaggio, fa anche ricordare il talent scout Pippo Baudo che scoprì Beppe in un locale di Milano, portandolo a diventare un comico televisivo della RAI.

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Pippo Baudo, Gianroberto Casaleggio, Fernando Rey.

Il protagonista del film, ricordo, aveva un’indole assai celentaniana, portata a essere “contro il sistema” ma, a dir la verità, in una maniera diversa rispetto a come – solo successivamente – Grillo sarebbe stato “contro il sistema”, a partire dalla seconda metà anni ottanta in poi, il suo linguaggio, infatti, mentre parlava dei disastri del nostro tipo di civiltà industriale (ricordo una strana scena dentro una discarica) era pacato…ciononostante, in questo film si manifesta per la prima volta, anche se in maniera molto blanda, un certo essere contestatario del comico. Nel film, i discorsi naturisti e pacifisti del personaggio di Giovanni (la figura del Messia per i fascicoli di una casa editrice) faranno poi arrabbiare i preti manager che l’avevano tolto dalla strada e reso celebre, fino a sbatterlo dentro una casa di cura.

Nell’anno in cui gira “Cercasi Gesù”, Grillo ha, guardacaso, 33 anni e, nel dicembre dello stesso anno, rischia anche di morire in un oscuro incidente d’auto in montagna dove persero la vita quattro persone e lui si salvò per miracolo.

Nello stesso anno, il 1981, in Francia, un comico italofrancese chiamato Michel Colucci, in arte Coluche, scende in campo in politica, candidandosi per le presidenziali francesi in opposizione sia al centrodestra che al centrosinistra, volendo far davvero sul serio, ma poi si ritira per non generare tensioni, dal momento che i sondaggi gli davano una preferenza tra l’elettorato francese del 16%. Un comico che entra in politica? Sembra davvero un Grillo ante litteram!

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Coluche all’epoca della sua corsa alle presidenziali francesi del 1981.

Coluche ha girato pochi film, Grillo anche, eppure il destino si diverte a far loro contendere il ruolo di protagonista in “Scemo di Guerra” di Dino Risi. Questa la trama tratta dal dizionario di Mereghetti:

In Africa orientale, sul fronte italiano, il sottotenente medico Lupi (Grillo) specializzato in psichiatria, trova nello squilibrato comandante Pilli (Coluche) un interessante caso clinico da studiare. Una commedia grottesca dal sapore amaro.[…] Il cinema, come sempre, non sembra essere fatto per Grillo.

E, infatti, anche “Scemo di guerra”, come “Cercasi Gesù”, fu un flop. L’avevo visto per sbaglio una notte sulla Rai, una vagonata di anni fa e ricordo diverse scene particolarmente crude e impressionanti. E’ tutt’altro che un film comico, credetemi.

Coluche, comunque, a suo modo, ha continuato a far politica, nel 1985, lo stesso anno di “Scemo di guerra”, fonda un’associazione che si occupa di dare da mangiare ai senzatetto e ai bisognosi; morirà l’anno dopo, in un incidente motociclistico, sospetto per alcuni.

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Nel 1987, lo stesso anno in cui fece le famose pubblicità ipnotiche, telepatiche, ufologiche per gli yogurt Yomo, Beppe Grillo interpreta il suo terzo e ultimo film, “Topo Galileo”, di Francesco Laudadio; leggiamo da Mereghetti:

Giuseppe Maria Galileo (Grillo), specialista in deratizzazioni, è incaricato di catturare la cavia Sigfrido fuggita dal laboratorio di una supermilitarizzata centrale nucleare. Ma Galileo finirà nella vasca di plutonio e diventerà anch’egli una cavia. Su un soggetto di Stefano Benni, sceneggiato con Beppe Grillo, il film vorrebbe essere un apologo antinucleare, ma è troppo schematico e diretto senza idee per essere convincente. Curiosa solo la prima parte, con qualche divertente parodia della fantascienza.

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Grillo si difende dalle radiazioni nucleari nel suo terzo e ultimo film, “Topo Galileo.”

Naturalmente, anche il terzo film con protagonista Grillo fu un flop, ricordo di averlo visionato chissà quando, avevo messo il timer di notte per registrare un certo film su VHS e, invece del film previsto nella programmazione, il giorno dopo avevo scoperto che avevano mandato in onda questo “Topo Galileo”…pensando a tutte le invettive contro il nucleare e gli inceneritori, in questi ultimi anni, da parte di Grillo, anche questa (dimenticabile) opera cinematografica sembrava, in qualche modo, essere presagio di ciò di cui si sarebbe occupato l’ex comico negli anni a venire.

Adesso, a proposito di videoregistrazione, metto l'”avanti veloce” e faccio una veloce carrellata  proprio su tutti gli anni successivi all’87 e gli anni novanta, ovvero gli anni della sempre maggiore politicizzazione degli spettacoli di Grillo, dalle battute sui socialisti dai palchi di Sanremo (che gli erano costate l’ostracizzazione da “mamma RAI”), allo spettacolone in prima serata nel 1993 (proprio durante la supertransizione tra la prima e la seconda repubblica nel fermento che portò alla globalizzazione), spudoratamente politico dall’inizio alla fine!

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Una copertina del settimanale “L’Espresso” del periodo post-tangentopoli, quando Grillo ebbe una trasmissione in prima serata tutta sua sul primo canale della RAI, politica dall’inizio alla fine.

E poi gli spettacoli che riempivano i palasport, come “Apocalisse morbida” del 1998 (periodo d’inizio della “nuova era” che il mio compare Mediter ha ben analizzato), da cui un filmato riguardante la moneta debito e la sovranità monetaria gira in rete da anni; i “discorsi di fine anno” – facendo il verso al presidente della repubblica ma parlando di argomenti che saranno stati propri del movimento politico di cui è uomo immagine – l’epoca, nella transizione dal XX al XXI secolo, in cui spaccava i computer sui palchi prima, invece, di rovesciarsi di segno e diventare una specie di paladino della comunicazione via computer…

Sembra quasi che ci sia l’illusione che personaggi come Beppe Grillo e Adriano Celentano siano stati forgiati dai mass media, per lunghissimi anni, in preparazione a un EVENTO prossimo venturo (o a una serie di eventi), che farà a pezzi il mondo in cui siamo stati abituati a vivere, qualcosa che si può anche definire come “La demolizione controllata dello Status Quo”, per dirla con gli amici del sito Anticorpi.info.

Lo stesso “Movimento 5 stelle”, di cui Beppe Grillo è “pasionario” e uomo immagine, è qualcosa di ben più dirompente di ciò che molti critici possano pensare a prima vista, il suo avere alte percentuali di voto tendenzialmente sempre in crescita, il suo non voler fare accordi e alleanze con nessun partito tradizionale, il generare da anni un certo tipo di immaginario fatto di “tempeste perfette”, “fuga dei politici con gli elicotteri”, “cacciata della casta”, ecc fa pensare a una possibile direzione futura dove, per dirla con Leo Zagami, si concretizzerebbe una “dittatura democratica”, una “dittatura della cittadinanza”, del resto lo stesso ex comico non ha sempre detto che “una volta raggiunto l’obiettivo il movimento potrà essere sciolto”? E L’obiettivo qual’è? Ne’ più ne’ meno che la  presa del potere totale da parte della “cittadinanza” di tutte le istituzioni politiche, il governo, forse la presidenza della repubblica, e il 100% del parlamento. Del resto, pensando a un possibile “governo a 5 stelle”, è immaginabile un’opposizione formata da tutto l’arco parlamentare della casta politica? E’ chiaro che questo “totalitarismo della cittadinanza” abbia bisogno di essere anticipato da una specie di psicodramma collettivo, una cerimonia collettiva che possiamo chiamare “il grande momento della cacciata della casta”, qualcosa a cui i mass media, piano piano, ci stanno preparando da anni ormai, anche con il contributo di diversi personaggi dello spettacolo, con Grillo come ariete da sfondamento. Questo momento, per riuscire davvero, avrà bisogno che, contemporaneamente, avvengano cose grosse in ambito internazionale e geopolitico.

Il definire il “governo 5 stelle” prossimo venturo una dittatura o un totalitarismo (per quanto della “democrazia diretta”), il mettere a confronto Beppe Grillo e Adolf Hitler, NON INTENDE ASSOLUTAMENTE dare giudizi di valore o di moralità, mettere in cattiva luce chicchessia, ma semplicemente confrontare due epoche storiche (quella della fine della “Repubblica di Weimar” in Germania, all’inizio degli anni 30 e quella che stiamo vivendo attualmente in Italia) e notare che le due epoche sono SORPRENDENTEMENTE SIMILI nel loro aspetto ricorsivo, avvenimenti che ritornano anche se in modo diverso. Cambiano tempi, luoghi, personaggi, tipo di storia, ma vi è come la stessa “aria di famiglia.”

Qualche tempo fa, circolò su internet un discorso che sembrava proprio scritto da Beppe Grillo in questi ultimi anni e invece, poi, alla fine, si scopriva che era un discorso di Adolf Hitler dell’inizio degli anni 30. Successivamente, venne fuori che si era trattato di una bufala ma, intanto, quel qualcuno che aveva messo in rete quello scritto tipo Grillo spacciandolo per uno di Hitler, aveva evidentemente colto – senza rendersene conto – una strana similitudine tra le due epoche storiche.

La cosiddetta “Repubblica di Weimar”, dal nome della città tedesca in cui ne fu siglata la costituzione, fu praticamente imposta come tale alla Germania dai vincitori della Prima Guerra Mondiale, tra la fine degli anni dieci e l’inizio degli anni venti del XX secolo. Era basata sul liberalismo di tipo anglosassone, quindi qualcosa di estraneo rispetto allo spirito tedesco (statalismo.) Unita alle riparazioni postbelliche, finì per generare una spirale di inflazione, indebitamento pubblico e disoccupazione generalizzata, che si aggravò tra fine anni venti e fine anni trenta, dopo la Grande Depressione proveniente dall’America in seguito al “lunedì nero di Wall Street del 1929.

Ci viene da paragonarla alla cosiddetta “Seconda repubblica” italiana, in un certo senso imposta all’Italia, dai vincitori della Guerra Fredda, dal 1992 in poi in seguito a “Tangentopoli” – siglata non a Weimar, ma a Maastricht – basata sul liberalismo di tipo anglosassone, qualcosa di estraneo rispetto allo spirito italiano (piccole medie imprese.) Unita alla corruzione e alla burocrazia, ha finito per generare una spirale di indebitamento pubblico, fiscalità aggressiva e chiusura delle aziende, il tutto aggravato tra il 2008 e il 2011, dopo la Grande Crisi finanziaria proveniente dall’America in seguito al crollo di Lehman Brothers, a tutto ciò che ne è seguito e al contraccolpo speculativo sui debiti che ha ricevuto l’Europa, anzi, la “Zona Euro.”

All’inizio degli anni 30 in Germania era già bene attivo politicamente il nazionalsocialismo, dopo che aveva cominciato a farsi sentire intorno alla metà del decennio precedente, e il suo obiettivo era di porre fine alla democrazia dei partiti e alla repubblica di Weimar.

All’inizio del 2010 in Italia era già bene attivo politicamente il movimento 5 stelle, dopo che aveva cominciato a farsi sentire intorno alla metà del decennio precedente, e il suo obiettivo è di porre fine alla democrazia dei partiti e alla seconda repubblica.

Lasciamo stare i cancellieri tedeschi prima del 30 marzo 1930 e i premier italiani prima del 16 novembre 2011 e concentriamoci su quelli dopo queste due date.

 

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Heinrich Brüning, cancelliere dal 30 marzo 1930 al 30 maggio 1932. Le sue azioni politiche furono emanate per decreto presidenziale. Un’alta pressione fiscale e i tagli al welfare, per diminuire il livello del debito pubblico, peggiorarono le condizioni dei ceti più sfavoriti e accentuarono l’espandersi della disoccupazione. Gli ultimi mesi di Brüning videro il crescere della marea nazista e il problema della successione dell’anziano presidente della repubblica Von Hindenburg. Mario Monti, premier dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013. Il suo governo nacque sotto l’egida del presidente della repubblica. Un’alta pressione fiscale e i tagli al welfare, per diminuire il livello del debito pubblico, peggiorarono le condizioni dei ceti più sfavoriti e accentuarono la chiusura di aziende e l’espandersi della disoccupazione. Gli ultimi mesi di Monti videro il crescere della marea pentastellata e il problema della successione dell’anziano presidente della repubblica Napolitano.

 

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Franz Von Papen, cancelliere dal 1º giugno 1932 al 17 novembre 1932. Il presidente Von Hindenburg lo nomina a patto che la sua amministrazione sia neutrale dal punto di vista politico e socio-economico. Il suo governo, invece, è reazionario e dalla parte del grande capitale tedesco, generando malcontento diffuso, che lo porterà a cadere entro breve tempo. I nazisti sono in parlamento e si cerca inutilmente di cooptarli per volerli normalizzare. Enrico Letta, premier dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014. Il presidente Napolitano lo nomina a patto che la sua amministrazione sia neutrale dal punto di vista politico e socio-economico. Il suo governo, invece, è reazionario e dalla parte delle grandi banche italiane e internazionali, generando malcontento diffuso, che lo porterà a cadere entro breve tempo. I pentastellati sono in parlamento e si cerca inutilmente di cooptarli per volerli normalizzare.

 

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Kurt Von Schleicher, cancelliere dal 4 dicembre 1932 al 28 gennaio 1933. Diretto responsabile della caduta del governo Von Papen, ex generale, definito in modi sprezzanti, fu sempre vicino a coloro che detenevano il potere, dotato di talento nell’intrigo politico e ai mutamenti di opinione. Cercò di utilizzare i nazisti come pedina politica Fece continue promesse alle masse, giocando continuamente di sponda in sponda e il suo governo finì per cadere. Matteo Renzi, premier dal 22 febbraio 2014. Diretto responsabile della caduta del governo Letta, ex sindaco, definito in modi sprezzanti, sempre vicino a coloro che detengono il potere, dotato di talento nell’intrigo politico e ai mutamenti d’opinione. Cerca di utilizzare i pentastellati come pedina politica. Fa continue promesse alle masse, giocando continuamente di sponda in sponda e…

A questo proposito vedere anche https://civiltascomparse.wordpress.com/2013/04/05/romolo-augusto/

 

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Paul Von Hindenburg è presidente della repubblica di Weimar all’epoca dell’inasprimento della crisi, è ultraottuagenario. Figura storica di un’epoca che non c’è più. Al momento della scadenza del suo mandato settennale, venne persuaso dai partiti a ripresentarsi per un secondo mandato, per contrastare l’ascesa dei nazisti. La sua prima presidenza venne inaugurata il 15 MAGGIO 1925. Giorgio Napolitano è presidente della seconda repubblica all’epoca dell’inasprimento della crisi, è ultraottuagenario. Figura storica di un’epoca che non c’è più. Al momento della scadenza del suo mandato settennale, viene persuaso dai partiti a ripresentarsi per un secondo mandato, in contrasto con i pentastellati. La sua prima presidenza viene inaugurata il 15 MAGGIO 2006. Napolitano è nato nel 1925, anno dell’inizio della prima presidenza Von Hindenburg.

In un’altra occasione presentato un’altra linea ricorsiva storica, dove, in pratica, avevamo mostrato l’attuale presidente della repubblica italiana come una sorta di Umberto II parte II, anche tenendo presente la leggenda urbana del Napolitano figlio illeggittimo dell’ultimo re d’Italia (indubbiamente diceria dovuta a una certa somiglianza fisioniomica) prima della proclamazione della (prima) repubblica.

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“Mi hanno proposto un’alleanza, ma loro sono morti! Non hanno capito di avere a che fare con qualcosa di completamente diverso da un partito. Abbiamo una nazione economicamente distrutta. gli agricoltori rovinati, la classe media in ginocchio. le finanze agli sgoccioli, sette milioni di disoccupati… chi è il responsabile?
Loro! I partiti! Per 13 anni hanno dimostrato cosa sono capaci di fare. Sono loro i responsabili! Io vengo confuso…oggi sono socialista, domani comunista, poi sindacalista. loro ci confondono, pensano che siamo come loro.
Noi non siamo come loro!
Loro sono morti. E vogliamo vederli tutti nella tomba! Io vedo questa sufficienza borghese nel giudicare il nostro movimento….mi hanno proposto un’alleanza.
Così ragionano! Ancora non hanno capitodi avere a che fare con un movimento completamente differente da un partito….E’ un movimento che non può essere fermato….non capiscono che questo movimento è tenuto insieme da una forza inarrestabile che non può essere distrutta….noi non siamo un partito.
RAPPRESENTIAMO L’INTERO POPOLO, UN POPOLO NUOVO”

Firmato: Adolf Hitler o Beppe Grillo?

http://www.hubmagazine.it/il-discorso-di-hitler-che-ricorda-grillo-una-bufala/

Federico Fellini una volta disse: “Non voglio dimostrare niente, io voglio mostrare.”

Joan Lui, Celentano e un dodicenne davanti all’Apocalisse in prima serata su Canale 5

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La locandina di “Joan Lui – ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì” di martedì 24 dicembre 1985.

Dal momento che questo blog è, in qualche modo, specializzato in ritorni, in corsi e ricorsi (anche non storici), pure all’interno dello stesso blog, riparliamo di Adriano Celentano, dopo che avevamo già dedicato al molleggiato un post riguardante una sua canzone, dedicata ai mass media, che aveva precorso i tempi.

Questa volta parliamo di un suo film uscito nelle sale nel dicembre 1985, tale “Joan Lui, ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì”, che fece un po’ di scalpore (mi piacerebbe dire “molto scalpore” ma non è così) dalla seconda metà degli anni ottanta in poi. L’opera cinematografica inaugurò ufficialmente l’epopea messianico-profetica di Celentano, cominciata in sordina qualche anno prima in alcune sequenze nell’altro suo film da regista “Geppo il folle” del 1978, proseguita nella fiaba ecologista del 1982 “Bingo Bongo” e poi, dopo appunto “Joan Lui” sfociata nella sua conduzione animalista-profetica dello show del sabato sera di Rai Uno, “Fantastico 5” e in altri programmi in prima serata dove lui era incontrastato mattatore.

C’è da dire che tutto ciò venne anticipato da alcune sue canzoni e album degli anni settanta e da quella canzone del 1966 che abbiamo citato all’inizio, coeva alla molto più nota “Il ragazzo della via Gluck.” Celentano, fin da quei tempi lontani, s’è sempre mostrato attratto dal lato oscuro della civilizzazione occidentale.

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Non vi stupirete, dunque, se scrivo che, fin e soprattutto dai tempi della mia infanzia, ho sempre trovato INQUIETANTE e quasi pauroso l’Adriano nazionale, che passava tranquillamente dalla comicità demenziale alla Jerry Lewis (suo mentore di gioventù) ad agghiaccianti presagi di sventura per l’Occidente intero. Quand’ero bambino, ovviamente, non potevo rendermi conto di certe cose, ma percepivo, comunque, la cupezza e l’angoscia di ciò che vedevo sullo schermo, guardando un film che, da commedia idiota si trasformava in una specie di horror denso di particolari da incubo e molto più paurosi, poiché non riguardavano Frankenstein, Dracula o l’Uomo Lupo ma orribili realtà della vita di tutti i giorni in Occidente.

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Già con “Bingo Bongo”, visto all’età di sette anni in un cinema scomparso della mia città, m’aveva angosciato l’umano-scimmia che mostra la sua forza atavica sollevando un camion in una zona malfamata della città, mentre poco prima era inseguito da brutti ceffi che volevano fargli la pelle, il tutto intervallato da immagini di una torbida orgia in un locale, ma “Joan Lui”, visto su Canale 5 in prima serata – e in prima visione – in non so quale sabato di novembre 1988, fu davvero una collezione di pugni nello stomaco, in crescendo. E ciò ancora più pauroso perché totalmente contrastante con la comicità stile “Drive In” che si respira soprattutto nella prima parte.

Vado a memoria: disperati che si bucano nel cesso del treno, sparatorie sanguinose in pieno giorno (tra l’altro nella mia città, dove girarono quelle scene), rapimenti di ragazze altolocate poi costrette a vivere legate in un tugurio tra ratti di fogna e con un folle che le sta per ammazzare con una siringa mentre vi è il “momento paranormale” – il quale  quindi genera ulteriore stranezza e inquietudine – del messia Celentano-Joan Lui che, dallo schermo Tv – dopo un interminabile momento di silenzio con gli occhi fissi – parla direttamente al drogato-rapitore intimandogli di liberare la ragazza, utilizzando giri di parole da messia; l’incontro con una specie di Anticristo orientale, magrissimo e terribile (che prima era assurdamente tra gli storpi che Celentano aveva miracolosamente guarito!) il quale si rivela essere una specie di “eminenza grigia” del Male che domina i governi del mondo; donne altolocate, apparentemente equilibrate, e poi in preda all’autodistruzione, annunci sibillini di Joan Lui in diretta Tv alla polizia che poi si rivelano anticipazioni telepatico-profetiche inerenti un carico di feti umani destinati alle multinazionali, dentro un treno merci fermo alla stazione…e poi la scena apocalittica finale, dove tutti i sinistri presagi dell’intero film hanno un esito tragico per l’intero pianeta, la Casa Bianca crolla, il demone orientale si trasforma in uno zombi dopo avere vomitato roba biancastra dentro una chiesa ormai completamente sconsacrata, coi crocefissi fatti a pezzi, Claudia Mori (una giornalista sovietica) rimane travolta dalle rovine mentre scrive a macchina e, sotto le macerie tra le sue dita sanguinanti, compare un foglietto con scritto “Ti amo.”

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La scena di “Joan Lui” dove Celentano e l’orientale hanno assurdamente la stessa voce (quella del molleggiato) e Celentano dice “Un tempo avevamo la stessa voce…”

La terribilità di tutte queste cose viene esaltata da un montaggio delle attrazioni – ad opera dello stesso Celentano – e da musiche ad hoc. Tra l’altro, in quel lontano sabato di novembre 1988, venne mandata in onda su Canale 5 la versione integrale, quella non tagliata, quella di più di due ore e mezza. Inoltre, il film, fin dall’inizio fu maledetto, costò uno sproposito ai produttori italiani (tant’è che dovettero persino essere aiutati da certi figuri della Germania Est), venne distribuito male, fece litigare Celentano con mezzo mondo e fu, infine un flop al botteghino.

Ripeto, all’età di dodici anni appena compiuti, dopo aver ricevuto in precedenza qualche avvisaglia dalla visione di “Bingo Bongo” (e successivamente qualche scena anomala di “Geppo il folle”), quel film mi scombussolò, e ciò fu probabilmente l’intenzione di Celentano, il quale ebbe come l’intenzione, tra una risata e l’altra (?!) di mostrare al pubblico come sia meglio non chiudere gli occhi di fronte alle cose più tremende dietro alla scena del mondo come lo conosciamo; a tratti pare che il molleggiato mostri uno strano piacere malefico nell’indugiare negli aspetti più turpi dell’ “anima nera” dell’Occidente.

Sembra quasi che Celentano sia in preda a una specie di “volontà di svegliare la gente prima che sia troppo tardi”, e si senta in diritto e dovere – utilizzando la sua popolarità e la sua esposizione mediatica – di dare il suo contributo per sensibilizzare il pubblico su realtà spiacevoli le quali trovano poco spazio nell’agenda massmediatica, tutta intenta, invece, a minimizzare e occultare gli aspetti spaventosi del sistema criminale in cui l’Occidente si trovava e si trova immerso.

Dicendo che ho altri pensieri al riguardo di questa sorta di MISSIONE di Celentano – la quale dura fin dal 1966 – ma che non esterno (ancora) perché troppo dietrologici, presento la scena del film dove l’Anticristo orientale fa lo stesso monologo che appare in un film americano di qualche anno prima, di Sidney Lumet, “Network”, in Italia “Quinto Potere.”