Stanislav Petrov, l’uomo che nel 1983 salvò il mondo

Il 26 settembre del 1983, durante il picco della cosiddetta “seconda guerra fredda”, il quarantaquattrenne Stanislav Evgrafovich Petrov, colonnello dell’Armata Rossa, era l’ufficiale di servizio al bunker Serpukhov 15, nei pressi di Mosca. La tensione internazionale si tagliava col coltello: poco più di tre settimane prima i russi avevano abbattuto un aereo passeggeri coreano nel tristemente noto volo KAL 007 uccidendo 269 passeggeri, tra i quali diversi americani e persino, pare, un deputato del congresso. Secondo fonti giornalistiche – dopo che nel marzo precedente il presidente americano Ronald Reagan aveva definito in un discorso l’URSS come l’impero del male, e inaugurato la strategia delle “guerre stellari” – la gerontocratica dirigenza sovietica era stata colta da una specie di paranoia e il Kgb avrebbe diffuso un’informativa in cui si allertava per un possibile conflitto nucleare, facendo monitorare costantemente ogni più infima azione del blocco occidentale per cogliere indizi che mostrassero la volontà da parte della NATO di attaccare il Patto di Varsavia.

Il colonnello Petrov, la notte del 26 dicembre 1983, aveva la responsabilità di controllare il satellite e informare i suoi superiori di un eventuale attacco nucleare di ICBM contro l’Urss. Nel caso si fosse verificato, la strategia sovietica era quella di lanciare immediatamente i missili su vasta scala contro gli Stati Uniti, secondo la dottrina della Mutual Total Destruction, che ispirò il Dottor Strarnamore di Kubrick.

Tra la mezzanotte e l’una del 26, dunque (negli Stati Uniti era ancora il 25 settembre) il computer segnalò che gli USA avevano lanciato un missile contro l’URSS.
Su Petrov gravava una responsabilità immensa.

Il colonnello mantenne, però, il sangue freddo, ragionando sulla circostanza che se gli Stati Uniti avessero inteso lanciare un attacco nucleare lo avrebbero fatto con un massiccio numero di missili e non facendone partire uno solo. Così l’ufficiale classificò il segnale del computer come un falso allarme.

Ma solo pochi istanti dopo, lo schermo radar, collegato coi satelliti spia, segnalò che altri quattro missili erano stati lanciati dagli americani. La convinzione di Petrov – nutrita anche da una sua speranza azzardata – era che si trattasse di un errore del computer, ma non aveva la possibilità di riscontrare in alcun modo cosa stesse accadendo. Davanti al suo sguardo incredulo lampeggiava un pulsante con la parola “START”, che aspettava solo di essere premuto per sprofondare il pianeta nell’inferno nucleare.

Il colonnello si trovò di fronte al drammatico dilemma:

– se l’attacco era effettivamente in corso e lui non dava l’allarme, il suo paese sarebbe stato oggetto di un disastroso lancio di ICBM, senza il tempo di fare alcuna controffensiva. Quindi, in questo caso, Petrov avrebbe mancato al suo dovere;

– ma se si trattava solo di un equivoco del computer, Petrov, allertando i suoi superiori, avrebbe potuto innescare (inutilmente) un massiccio contrattacco nucleare sovietico, che probabilmente avrebbe scatenato una catena di ulteriori attacchi, e sicuramente sarebbe costato la vita a milioni, forse decine o centinaia di milioni di persone, se non miliardi.

Il possibile inizio della Terza Guerra Mondiale, insomma, dipendeva dalla sua decisione.
Petrov si fidò della sua intuizione e stabilì, ufficialmente, che si trattava di un falso allarme.

“Non scatenerebbero la Guerra Mondiale attaccandoci con soli cinque missili”,

pensò in quel lunghissimo momento, come ebbe a rivelare anni dopo. In effetti nessun ICBM era in viaggio verso l’Unione Sovietica, i sistemi satellitari radar avevano erroneamente scambiato i raggi del sole dall’altra parte del globo, con il luccichìo dei missili.

Una inenarrabile catastrofe su scala planetaria senza precedenti era stata, dunque, evitata.
Petrov originariamente non era di turno quella sera. Se ci fosse stato un altro uomo al suo posto, questi avrebbe potuto maturare una decisione diversa, producendo un’alternativa linea temporale, con molta probabilità terribile per la soppravivenza del genere umano.

Il gruppo hard rock Beehoover ne ha tratto un brano da questa vicenda poco conosciuta, e anche un videoclip, che vi proponiamo.

Autore: Civiltà Scomparse

Questo blog tratta di punti di vista inconsueti sul mondo che mi circonda, in particolare inerenti l'esaurimento storico del tipo di realtà a cui siamo abituati. Il suo approccio al riguardo non è nè troppo credulone nè troppo scettico, consapevole della complessità del reale e della parzialità dei vari punti di vista. Perciò qui dentro non troverete né ossessioni complottiste-new age né atteggiamenti da scettico iper-razionalista e scientista: due facce della stessa medaglia, a mio parere. Civiltà Scomparse si limita a percepire quanti "punti di fuga" ci sono nella realtà che viene considerata normale, prendendo anche, occasionalmente, spunto dall'informazione alternativa, per tracciare nuove vie dell'immaginario. Buone visite.

6 pensieri riguardo “Stanislav Petrov, l’uomo che nel 1983 salvò il mondo”

  1. Quest’ufficiale sovietico è stato senz’altro un eroe ed ha avuto un gran coraggio nel prendere questa decisione…..
    Un saluto. Danilo

  2. Ho saputo che è caduto in disgrazia per non aver ubbidito e per dimostrato che il sistema era fallibile.
    Come sarebbe possibile inviargli ache solo 50 euro a questo immenso uomo ??

  3. Ciao a tutti, anche io Corrado ho avuto lo stesso pensiero e stavo cercando informazioni per fare una donazione. Sarebbe bello avere certezza che gli arrivi e mobilitare un po i Socia Network per fargli passare la vecchiaia in maniera almeno civile.

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