Una bestia chiamata Occidente: la maschera di Pandora

21 08 2022

“Questa è l’estate prima della tempesta. Senza tema di smentita, con i prezzi dell’energia destinati a salire a livelli senza precedenti, ci stiamo avvicinando a uno dei più grandi terremoti geopolitici degli ultimi decenni. È probabile che le convulsioni che ne deriveranno possano essere di un ordine di grandezza assai maggiore rispetto a quelle seguite al crollo finanziario del 2008, che scatenò proteste culminate nel ‘Movimento Occupy’ e nella ‘Primavera Araba’…

“La carneficina economico-finanziaria è già arrivata nel cosiddetto mondo in via di sviluppo, con interruzioni di corrente da Cuba al Sud Africa. Lo Sri Lanka è solo uno di un folto numero di paesi a basso reddito in cui i leader rischiano di essere cacciati dal potere per via di un’ignominiosa fiammata di penuria petrolifera e inadempienze sui prestiti.

“Ma l’Occidente non sfuggirà a questo Armageddon. In effetti, per molti versi, sembra destinato a essere il suo epicentro – e la Gran Bretagna, il suo Ground Zero. In Europa e in America, un sistema d’élite tecnocratico costruito sul mito-modernismo e sull’autocompiacimento si sta sgretolando. La sua favola fondante – che profetizzava il glorioso inviluppo degli stati nazione dentro un governo mondiale basato sulle catene di approvvigionamento globali – si è trasformata in una parabola riguardante i pericoli di questa globalizzazione (la quale è più che altro un’ideologia, il ‘globalismo.’)

“Questa volta, le élite non possono sottrarsi alla responsabilità per le conseguenze dei loro errori fatali… In parole povere, l’imperatore non ha più i vestiti: di fronte alle difficoltà, l’establishment semplicemente non ha più promesse e nemmeno messaggi per gli elettori. L’unica visione per il futuro che può evocare è ‘Net Zero’, un’agenda distopica che porta la politica sacrificale di austerità e finanziarizzazione dell’economia mondiale a nuovi livelli. Ma è un programma perfettamente logico per un’élite che si è svincolata dal mondo reale”.

Se, così com’era previsto, l’Occidente è diventato così incline a un disorientamento “da far girare la testa”, attraverso una pioggia costante di disinformazione consistente in etichette attaccate a casaccio su qualsiasi critica al “pensiero unico” – e anche da ovvie menzogne – una bella parte del mondo occidentale [cioè dei “noi” che costituiscono quella “bestia” chiamata Occidente, direbbe Igor Sibaldi] ha iniziato a mettere in discussione il suo livello di sanità mentale.

Nella sua, chiamiamola, creduloneria, gran parte dell’Occidente è giunto a considerare i ripetitivi messaggi riguardanti la politica dei sacrifici e la finanziarizzazione di tutto come “cose perfettamente razionali”. E’ stato reso come tenuto immobile in una ragnatela. E’ stato come stregato.

«Quando uso una parola», disse Humpty Dumpty con tono piuttosto sprezzante,

“significa proprio quello che scelgo che significhi, né più né meno.”

“La domanda è”, disse Alice, “se puoi far sì che le parole significhino così tante cose diverse”.

“La domanda è”, disse Humpty Dumpty, “che è essere il padrone… tutto qui.”

( Attraverso lo specchio di Lewis Carroll )

Sì, quello che potremmo chiamare “canto delle sirene della Bestia” per la politica dei sacrifici da esercitare sulla gente, mentre – come cavalieri dell’Apocalisse – Guerra e Pandemia urlano a tutti che si stanno appunto avvicinando delle ore apocalittiche. Potremmo chiamarla una sindrome collettiva – simile alla psicosi delle streghe nel XIV-XVII secolo – ma oggi il fenomeno che il poeta W.B. Yeats definì la ‘bestia ruvida’ con il suo sguardo ‘vuoto e spietato come il sole’, è meglio conosciuto semplicemente come Ideologia.

La parola “ideologia” è spesso usata come sinonimo di idee politiche, una corruzione del linguaggio che nasconde il suo latente e antipolitico carattere totalitario. L’ideologia è invece incapace di trattare gli esseri umani come partecipanti distinti a una vita sociale condivisa e apolitica. Per esempio, l’ideologia WOKE (“https://civiltascomparse.wordpress.com/tag/woke/“) vede la società umana piuttosto, come dei “gruppi su cui agire.” È esplicitamente anti-nazionale, anti-sovrana, anti-religione tradizionale, anti-cultura tradizionale, anti-infrastrutture non globali e anti-famiglia.

Il termine “idéologie” fu coniato durante la Rivoluzione francese da Antoine Destutt de Tracy, un filosofo materialista anticlericale che concepì appunto l’ ideologia come una scienza sociale delle “idee” che sarebbe stata la base della costruzione di una società razionale progressista governata da un’élite illuminata, la cui competenza tecnica avrebbe giustificato la loro pretesa di governare.
 
Questa fisionomia dell’ideologia europea, così come emerse durante l’età rivoluzionaria francese, fu in gran parte tracciata dai Franchi nel periodo prima e dopo Carlo Magno. Fu allora che sorse la dottrina della superiorità razziale (gli “altri” erano “barbari” e pagani e servivano solo come schiavi). Fu allora, inoltre, che l’espansionismo predatorio proiettato all’esterno (le Crociate, poi il colonialismo) si radicò nella psiche europea.
 
L’età di Carlo Magno ha ulteriormente cementato uno scisma sociale incolmabile: L’oligarca franco viveva nel suo castello e i suoi vescovi inculcavano ai loro servi villani, che vivevano ai piedi del castello, la viva paura dell’inferno eterno. A cui erano predestinati i non eletti, a meno che non avessero ottenuto la grazia di Dio. Questa nascente ‘idea’ franca era precorritrice di come noi europei siamo oggi: il senso di assoluta superiorità; di appartenere a una razza eletta; e i divari di classe in Europa sono le ombre di oggi di quel mondo totalitario di più di mille anni fa.
 

“Ma io non voglio andare in mezzo alla gente matta,” disse Alice.

“Oh, non puoi farci niente” disse lo Stregatto: “noi qui siamo tutti matti, lo sono io e lo sei anche tu”

Ciò che la Rivoluzione francese aggiunse fu la CRUDA IDEOLOGIA, attraverso il cambiamento radicale nel rapporto tra stato e società tradizionale. Rousseau viene spesso considerato l’icona della “libertà” e dell'”individualismo” ed è ampiamente ammirato. Eppure qui abbiamo proprio quella chiara corruzione del linguaggio di cui si diceva, che nasconde il carattere fondamentalmente anti-politico dell’ideologia.

Rousseau rifiutò esplicitamente la partecipazione umana alla vita condivisa non politica. Vedeva le associazioni umane piuttosto come “gruppi su cui agire” in modo che i pensieri e i comportamenti quotidiani potessero essere ripiegati dentro la mente unitaria di uno stato unitario.

E Rousseau sostiene proprio quello stato unificato – lo stato assoluto –  a scapito delle altre forme di tradizione culturale, e lo sostiene insieme alle “narrazioni” morali che forniscono contesto a termini come bene, giustizia e telos.

L’individualismo del pensiero di Rousseau, non è quindi un’affermazione libertaria di diritti assoluti contro lo Stato omni-consumatore. Non è prevista nessuna “insurrezione del ‘tricolore’ contro uno stato oppressivo.”

E’ piuttosto il contrario! L’appassionata “difesa dell’individuo” di Rousseau nasce dalla sua opposizione alla “tirannia delle convenzioni sociali” , le forme e gli antichi miti che legano la società: religione, famiglia, storia e istituzioni sociali. Il suo ideale può essere proclamato come quello della libertà individuale; ma è “libertà”, tuttavia, non in un senso di immunità dal controllo dello stato, ma nel rifiuto delle presunte oppressioni e corruzioni della società collettiva.

La relazione familiare viene così sottilmente trasmutata in una relazione politica; la molecola della famiglia è scomposta negli atomi dei suoi individui. E questi atomi, oggi sono ulteriormente preparati per essere pronti a liberarsi del loro genere biologico, della loro identità culturale ed etnica per poi venire nuovamente fusi nell’unica unità dello stato.

Sì, così com’era previsto, l’Occidente è diventato così incline a un disorientamento “da far girare la testa”, attraverso una pioggia costante di disinformazione consistente in etichette attaccate a casaccio su qualsiasi critica al “pensiero unico” – e anche da ovvie menzogne – che una bella parte del mondo occidentale ha iniziato a mettere in discussione il proprio livello di sanità mentale.

Nella sua, chiamiamola, ‘creduloneria’, gran parte dell’Occidente è giunto a considerare i ripetitivi messaggi riguardanti la politica dei sacrifici e la finanziarizzazione di tutto come “cose perfettamente razionali”. E’ stato reso come tenuto immobile in una ragnatela. Stregato.

«Quando uso una parola», disse Humpty Dumpty con tono piuttosto sprezzante,

“significa proprio quello che scelgo che significhi, né più né meno.”

“La domanda è”, disse Alice, “se puoi far sì che le parole significhino così tante cose diverse”.

“La domanda è”, disse Humpty Dumpty, “che è essere il padrone… tutto qui.”

( Attraverso lo specchio di Lewis Carroll )

Sì, quello che potremmo chiamare “canto delle sirene della Bestia” per la politica dei sacrifici da esercitare sulla gente, mentre – come cavalieri dell’Apocalisse – Guerra e Pandemia urlano a tutti che si stanno appunto avvicinando delle ore apocalittiche. Potremmo chiamarla una sindrome collettiva – simile alla psicosi delle streghe nel XIV-XVII secolo – ma oggi il fenomeno che il poeta W.B. Yeats definì la ‘bestia ruvida’ con il suo sguardo ‘vuoto e spietato come il sole’, è meglio conosciuto semplicemente come Ideologia .

La parola “ideologia” è spesso usata come sinonimo di idee politiche, una corruzione del linguaggio che nasconde il suo latente e antipolitico carattere totalitario. L’ideologia è invece incapace di trattare gli esseri umani come partecipanti distinti a una vita sociale condivisa e apolitica. Per esempio, l’ideologia WOKE vede la società umana piuttosto, come dei “gruppi su cui agire.” È esplicitamente anti-nazionale, anti-sovrana, anti-religione tradizionale, anti-cultura tradizionale, anti-infrastrutture non globali e anti-famiglia.

Il termine “idéologie” fu coniato durante la Rivoluzione francese da Antoine Destutt de Tracy, un filosofo materialista anticlericale che concepì appunto l’ ideologia come una scienza sociale delle “idee” che sarebbe stata la base della costruzione di una società razionale progressista governata da un’élite illuminata, la cui competenza tecnica avrebbe giustificato la loro pretesa di governare.
 
Questa fisionomia dell’ideologia europea, così come emerse durante l’età rivoluzionaria francese, fu in gran parte tracciata dai Franchi nel periodo prima e dopo Carlo Magno. Fu allora che sorse la dottrina della superiorità razziale (gli “altri” erano “barbari” e pagani e servivano solo come schiavi). Fu allora, inoltre, che l’espansionismo predatorio proiettato all’esterno (le Crociate, poi il colonialismo) si radicò nella psiche europea.
 
L’età di Carlo Magno ha ulteriormente cementato uno scisma sociale incolmabile: L’oligarca franco viveva nel suo castello e i suoi vescovi inculcavano ai loro servi villani, che vivevano ai piedi del castello, la viva paura dell’inferno eterno. A cui erano predestinati i non eletti, a meno che non avessero ottenuto la grazia di Dio. Questa nascente ‘idea’ franca era precorritrice di come noi europei siamo oggi: il senso di assoluta superiorità; di appartenere a una razza eletta; e i divari di classe in Europa sono le ombre di oggi di quel mondo totalitario di più di mille anni fa.
 

“Ma io non voglio andare in mezzo alla gente matta,” disse Alice.

“Oh, non puoi farci niente” disse lo Stregatto: “noi qui siamo tutti matti, lo sono io e lo sei anche tu”

Ciò che la Rivoluzione francese aggiunse fu la CRUDA IDEOLOGIA, attraverso il cambiamento radicale nel rapporto tra stato e società tradizionale. Rousseau viene spesso considerato l’icona della “libertà” e dell'”individualismo” ed è ampiamente ammirato. Eppure qui abbiamo proprio quella chiara corruzione del linguaggio di cui si diceva, che nasconde il carattere fondamentalmente anti-politico dell’ideologia.

Rousseau rifiutò esplicitamente la partecipazione umana alla vita condivisa non politica. Vedeva le associazioni umane piuttosto come “gruppi su cui agire” in modo che i pensieri e i comportamenti quotidiani potessero essere ripiegati dentro la mente unitaria di uno stato unitario.

E Rousseau sostiene proprio quello stato unificato – lo stato assoluto –  a scapito delle altre forme di tradizione culturale, e lo sostiene insieme alle “narrazioni” morali che forniscono contesto a termini come bene, giustizia e telos.

L’individualismo del pensiero di Rousseau, non è quindi un’affermazione libertaria di diritti assoluti contro lo Stato omni-consumatore. Non è prevista nessuna “insurrezione del ‘tricolore’ contro uno stato oppressivo.”

E’ piuttosto il contrario! L’appassionata “difesa dell’individuo” di Rousseau nasce dalla sua opposizione alla “tirannia delle convenzioni sociali” , le forme e gli antichi miti che legano la società: religione, famiglia, storia e istituzioni sociali. Il suo ideale può essere proclamato come quello della libertà individuale; ma è “libertà”, tuttavia, non in un senso di immunità dal controllo dello stato, ma nel rifiuto delle presunte “oppressioni e corruzioni della società collettiva.”

La relazione familiare viene così sottilmente trasmutata in una relazione politica; la molecola della famiglia è scomposta negli atomi dei suoi individui. E questi atomi, oggi sono ulteriormente preparati per essere pronti a liberarsi del loro genere biologico, della loro identità culturale ed etnica per poi venire nuovamente fusi nell’unica unità dello Stato.

Questo è l’inganno nascosto nel linguaggio della libertà e dell’individualismo degli ideologi. È piuttosto la politicizzazione di tutto nello stampo di una singolarità autoritaria della percezione. Il defunto George Steiner ha detto che i giacobini “hanno abolito la barriera millenaria tra la vita comune e le enormità dello storico [passato]. Oltre la siepe e il cancello anche del giardino più umile, marcia con le baionette dell’ideologia politica e del conflitto storico”.
 
Questa eredità giacobina fu ulteriormente perfezionata dai Fabiani e da personaggi del calibro di H.G. Wells, che scrisse nella sua nuova Trilogia biblica , pubblicata nel 1901:
 
“E’ diventato evidente che intere masse della popolazione umana sono, nel complesso, inferiori nelle loro pretese sul futuro, rispetto ad altre masse, che non possono essere date loro opportunità o essere affidato loro il potere così come ci si fida dei popoli superiori, che le loro debolezze caratteristiche sono contagiose e dannose per il tessuto della civiltà, e che il loro livello di incapacità tenta e demoralizza i forti. Fornire loro l’uguaglianza significa sprofondare al loro livello, proteggerli significa venire sommersi dalla loro fecondità.
 
Bertrand Russell, connesso alla stessa corrente di pensiero, l’avrebbe espresso in modo più diretto in un “The Scientific Outlook” del 1931:
 
“La classe dirigente basata sulla Scienza provvederà per un tipo di educazione destinata a uomini e donne ordinari e un altro tipo di educazione sarà invece per quelli che diventeranno i detentori del potere scientifico. Dagli uomini e dalle donne ordinari ci si attenderà che siano docili, puntuali, spensierati e contenti. Di tutte queste qualità, probabilmente la contentezza sarà considerata la più importante e tutti i ragazzi e le ragazze impareranno fin dalla più tenera età a essere “cooperativi”, vale a dire il fare esattamente ciò che qualsiasi altro sta facendo. Lo spirito d’iniziativa non deve venire incoraggiato nei bambini a scuola e l’insubordinazione verrà punita soltanto con l’emarginazione.”
 
In sintesi, l’odierno “Totalitarismo light” (basato ormai in gran parte sulla tecno-crazia) della vita occidentale contemporanea, accetta il fatto che, mentre gli esseri umani formano naturalmente gruppi sociali per scopi comuni, l’odierna ideologia WOKE presuppone però che le associazioni organiche naturali e tradizionali in qualsiasi comunità radicata, non siano in grado di sostenere una “buona società” (a causa del razzismo radicato, della trans-omo-fobia e altre “fobie” ecc.), e perciò le comunità umane devono essere quindi “ripulite dall’alto verso il basso” (attraverso soprattutto la burocrazia e i mass media) “per liberarle da tali perniciosità.” Questo è il seme “bolscevico” che Rousseau ha seminato.
 
Questo è il punto: il nostro disorientamento e senso di sanità mentale collettiva scomparsa, deve molto allo stress psichico di abbracciare un’ideologia che pretende di essere esattamente ciò che non è. Cioè che, in altre parole, proclama di essere “per la libertà e l’individualismo”, mentre in realtà è per uno statalismo assoluto.
 
Alain Besançon osserva che “non è proprio possibile rimanere intelligenti sotto l’incantesimo dell’ideologia”. L’intelligenza, dopo tutto, è un’attenzione continua alla realtà, che è incompatibile con l’ostinazione propria dell’ideologia. L’intelligenza non può nemmeno mettere radici nel suolo sterile del diffuso ripudio della cultura. Ecco perché tutti i regimi ideologici sono, senza nessuna eccezione, afflitti da pura inettitudine.
 
Il che ci riporta di netto al suddetto pezzo del Telegraph:
 
“Né c’è alcuna spiegazione per questo fiasco a parte decenni di ipotesi fallite e passi falsi della nostra classe dirigente. Sulla scia della grande crisi finanziaria [2008], l’establishment è quasi riuscito a convincere il pubblico a sottomettersi ai rigori purificatori dell’austerità [politica dei sacrifici], convincendo gli elettori che tutti condividiamo la colpa della crisi e dobbiamo tutti svolgere un ruolo ruolo nell’espiazione degli errori del Paese. Questa volta, le élite non possono sottrarsi alla responsabilità per le conseguenze dei loro errori fatali.
 

“La carneficina è già arrivata … a cui i britannici non potranno sfuggire In effetti, anzi, per molti versi sembrano destinati ad avere un ruolo centrale.

“La situazione che si avrà da fronteggiare cambierà probabilmente i giochi. Abbiamo scarsamente iniziato ad afferrare quanto imprevedibili saranno i prossimi anni – e quanto poco siamo preparati ad affrontarne le conseguenze. Può suonare come una prognosi sfavorevole ma, particolarmente in Gran Bretagna, sembra che siamo appena entrati nell’atto finale di un sistema economico che ha palesemente fallito. Risulta più chiaro che mai come l’imperatore non abbia ormai vestiti e non gli sono rimaste storie con cui distrarre”.

L’autore ha ragione. Ci saranno proteste pubbliche – in alcuni stati, forse, più che in altri; disobbedienze civili – che stanno già avvenendo nel Regno Unito e nei Paesi Bassi: la campagna ‘The Don’t Pay’ , che esorta le persone a partecipare a uno ‘sciopero di massa per non pagare i costi dell’energia’ – sono dei primi segnali.
 
Tuttavia, questi non sono che primi passi. Quando le autorità finanziarie internazionali dicono di “accogliere favorevolmente” una recessione per distruggere la domanda – e così ridurre l’inflazione – in questa affermazione è implicita la convinzione delle élite che le proteste verranno represse con successo.
 
Ci sono tanti segnali che è in previsione una spietata, violenta e amministrativa soppressione dell’inquietudine popolare.

Ogni tanto, nel corso della storia, gli umani hanno periodicamente fatto esperienza a di un profondo senso di come le loro vite siano in qualche modo vuote, con nulla di realizzato, e di come il mondo intorno a loro risulti falso, illusorio e privo di significato.

“Come sai che sono matta?” disse Alice.

“Devi esserlo” disse lo Stregatto, “o non saresti venuta qui.”

Se guardiamo a questo schema, che si ripete, più e più volte, otteniamo un chiaro senso sia dell’evento che dei ricorsi di questa esperienza di vuoto collettivo. Perché, sono l’insicurezza e la paura associate al “vuoto” a far svanire il torpore e le persone esplodono in un “risveglio” disordinatamente ribelle. Otteniamo anche un chiaro senso del perché il tentativo da parte delle cerchie ristrette d’élite di ‘gestire’ tali risvegli, finisce così facilmente in tragedia (e spargimento di sangue.)
 
Ma c’è un’ulteriore difficoltà nella situazione odierna. Anche se le ‘porte della percezione fossero state ripulite’ (Aldous Huxley), e non ci fosse dunque nessuna chiara concettualizzazione per cui si possa dire: ‘qui è ‘dove’ dovremmo andare’ – o, almeno, non c’è un ‘dove’ che avrebbe senso per coloro che sono già presi dal panico per ciò che percepiscono come l’assalto a tutti i punti di riferimento con cui hanno vissuto le loro vite.
 
Cosa potrebbe alla fine spezzare una psicosi collettiva che fa sì si sia coinvolti in qualche irresistibile incantesimo ‘magico’? Bene, in parole povere, dolore. Il dolore è il grande agente chiarificatore.
 
Cosa succede quando le persone riescono a risvegliarsi dagli inganni di un “totalitarismo light” che si atteggia a “libertà e individualismo” (per non parlare della “democrazia”!). La domanda allora diventa: verso quali altre ‘idee-immagini’ le persone migreranno collettivamente?
 
L’implicazione geopolitica di questa domanda è che l’Italia può migrare verso una “idea-immagine”; la Germania verso un’altra; e la Francia verso un’altra ancora, e altri magari potrebbero semplicemente “arrendersi” a tutto l’intero pasticcio della politica dell’Unione Europea (dunque rifugiandosi tra le braccia del nichilismo). E’ importante una cosa così? Potrebbe essere qualcosa di…rivitalizzante?
 
Che cioè ci permetterebbe di rivolgerci direttamente con lo sguardo verso la “Bestia Occidente”, l’Ideologia: a cui, attraverso l’inettitudine dei suoi adepti è stata inavvertitamente fatta venire via la maschera, aprendo un “vaso di Pandora.” Chi può dire quale maschera indosserà dopo?
 




Post-modernismo in un tempo di mostri

24 04 2019

Postmodernism in a Time of Monsters

Come movimento intellettuale, il registro del post-modernismo è stato … ambivalente.

Se non siete sicuri di cosa sia il post-modernismo, e non sapete cosa farvene, non preoccupatevi poiché siete nella stessa condizione della maggior parte dei post-modernisti. Un filosofo, Jean-Francois Lyotard, una volta riassunse il post-modernismo come “incredulità nei confronti delle meta-narrazioni”. In altre parole, mancanza di fiducia nelle grandi idee, mancanza di fiducia in grandi teorie onnicomprensive di come funziona il mondo; ciò mancanza di fiducia nelle “ideologie”, nel senso negativo della parola. Cosa è il post del post-moderno o il post post-moderno? Immagino si tratti di grandi idee. Queste grandi idee sono mostri. Finiranno per uccidervi.

Questo post-moderno ha avuto una vasta gamma di applicazioni nelle arti, nella filosofia, nelle scienze e nella cultura in generale. Il più delle volte, una sensibilità post-moderna si presenta più come un sentimento vago e generale piuttosto che un insieme specifico di significanti o temi. La qual cosa è, si potrebbe arguire, parte del suo ethos, se ciò lo si potesse vedere come un ethos.

La mia prima esposizione al termine fu quell’ episodio dei Simpson in cui il personaggio di Moe apre un nuovo bar dotato di conigli sospesi al soffitto e monitor con gli occhi dei cartoni animati che guardano i clienti. Quando interrogato da Homer su cosa vogliano dire tutte le cose bizzarre di cui il bar è ora pieno, Moe risponde che si tratta di “Po-Mo – Post-Modern”. Quando la sua evocazione di questa parola suscita in risposta sguardi interrogativi, la definisce “Stranezze fatte apposta per tipi strani”.

Sebbene detto così sembra si riduca a uno scherzo, ciò non è comunque impreciso data la propensione del post-modernismo a fare cose prive di una chiara intenzione e ragione, fondendo la semiotica della cultura popolare e delle culture di nicchia in collage eclettici. Per poi agire come se l’intenzione e ragione dell’azione si esaurissero esclusivamente nel produrre tali collage eclettici [senza che alle spalle di ciò ci sia storia e cultura]. Marshall McLuhan diceva “il mezzo è il messaggio”, noi diremmo “il messaggio è il mezzo” [anche se noi che traduciamo non vediamo il senso di questa inversione!]

Un altro modo di descrivere il post-modernismo potrebbe essere riassunto nell’avvertire come la sincera finzione sia preferibile alla finta sincerità .

Un riconoscimento del fatto che viviamo in un mondo così vastamente artificiale da costringerci ad arrendersi a esso. Tutta l’informazione è, in una certa misura, una bugia, poiché la nostra realtà sociale è costituita da costellazioni di costruzioni sociali che possono anche mirare alla verità, ma non possono mai catturarla. Allora perché combattere tutto ciò? Arrendetevi e abbracciate il mondo delle bugie! Almeno se sapete che sono tutte bugie, potete scegliere di credere alle bugie che vi portano più soddisfazione.

Dato che è emersa come una mutazione del pensiero modernista e strutturalista sulla scia della Seconda guerra mondiale e nel mezzo della Guerra Fredda, probabilmente era una comprensibile controreazione a un mondo affollato di totalitarismi in competizione – ognuno dei quali sosteneva di avere accesso alla Verità con la V maiuscola. Il capitalismo, il marxismo, il fascismo e varie religioni pretesero di essere la salvezza della specie umana, e tutti finirono quasi per distruggerla, comportandosi da leviatani e da mostri.

Nel migliore dei casi, il pensiero post-moderno ha generato un sano scetticismo nei confronti delle autorità e dei dogmi stabiliti, riconoscendo come ciò che sappiamo del mondo sia sempre, in una certa misura, costruito, non semplicemente saputo. La nostra conoscenza somiglia alla ricostruzione di una scena del crimine per un documentario: possiamo provare ad avvicinarlo il più possibile alla realtà di quello che è successo il, ma ci sarà sempre un certo grado di omissione e abbellimento.

Nel peggiore dei casi, ha portato a un disprezzo malsano verso l’idea che alcune cose siano più vere di altre. Ha anche favorito un atteggiamento che si risolve nel credere che l’unica ragione per cui alcune affermazioni sul mondo siano così accettate e diffuse è che esse servono i potenti, mai perché potrebbero descrivere esattamente il mondo.

Nelle arti, direi che la sua influenza è stata per lo più positiva. Le tendenze degli anni ’90 e 2000 del pastiche e dell’ironia ci hanno permesso di guardare al genere e ai tropi in modi nuovi, con l’occhio cinico della finzione postmoderna che ci costringe a confrontarci con la falsità della società tardo-capitalista in un modo che renderebbe orgoglioso Holden Caulfield del libro “Il giovane Holden”. Proprio come la New Hollywood della fine degli anni 60 e dei primi anni 70 servì come utile e necessaria demolizione dell’ottimismo della Old Hollywood, opere postmoderne come Barton Fink , The Matrix e Distant Voices; “Essi vivono” sono state un correttivo tanto necessario alla certezza degli anni 80 reaganiani. A volte si deve smontare la cultura come un orologio per vederne il funzionamento, anche se rischiate di distruggere la bellezza dell’oggetto originale. Questo è ciò che l’arte postmoderna ha impostato come missione.

Nelle scienze umane, la sua influenza sembra essere stata ambivalente.
La filosofia postmoderna e la teoria letteraria hanno condotto la guerra all’assoluta certezza e hanno permesso alle voci più marginalizzate di parlare ai ricchi bianchi nonqueer che da tempo confondevano la loro particolare visione e presa sul mondo con l’obiettività e l’universalità.
Ma l’istintiva sfiducia nei confronti della verità ha portato anche al rigetto di molte tradizioni del passato che hanno ancora molto da offrire. Per offrire un esempio dalla mia sfera di studi, la tradizione di anarchismo post-strutturalista (o “post-anarchismo”), associata a scrittori come Saul Newman e Todd May, ha respinto quasi tutta la teoria anarchica classica come “essenzialista” e “umanista” , spesso senza leggere attentamente per accorgersi che stanno solo reinventando le intuizioni offerte da Peter Kropotkin e Emma Goldman.

Nelle scienze, penso che la sua influenza sia stata orribile e distruttiva. Quando ho saputo la storia di Bruno Latour il quale negava che un antico re egiziano potesse morire per una malattia non era ancora stata “inventata” ai suoi tempi, sapevo che non avrei mai potuto prendere sul serio il post-moderno, almeno non come metodo di indagine scientifica.

Il postmodernismo serviva in larga misura a uno scopo storicamente utile: rimproverare le pretese che certe ideologie dovevano parlare in termini veri in modo universale. Ha anche fornito le strutture intellettuali per molti gruppi sociali oppressi per comprendere e criticare la cultura che ha cercato di renderli persone “da meno di” il gruppo sociale dominante. La teoria queer, ad esempio, è probabilmente un prodotto della filosofia post-strutturalista.

Tuttavia, ora viviamo in un’epoca in cui abbiamo un disperato bisogno di concentrarci a discernere il vero dal falso. I potenti sembrano ora affidarsi sempre meno alle ideologie assolutiste e sempre più ad ideologie contraddittorie del “rimescolamento delle carte”, progettate per rendere impossibile dire la verità contrapposta alle falsità del potere, perché la verità stessa è sempre più difficile da reperire e quindi da usare. La retorica sostituisce la realtà come standard per giudicare le richieste provenienti dal pubblico; pensate a Donald Trump e Milo Yiannopoulos, le cui azioni si muovono ben al di là della nozione stessa che le loro dichiarazioni dovrebbero corrispondere alla realtà.

La speranza iniziale che la “post-verità” disarmasse i potenti, è andata in fumo. I potenti possono approfittare altrettanto facilmente dell’idea che la verità non è fissata e creata attraverso il discorso, assumendo il comando del discorso come mezzo per modellare la “verità” aprofittandone proprio per migliorare la propria influenza e il proprio dominio. Il sonno della ragione ha generato mostri.

Abbiamo ora bisogno di abbandonare il postmodernismo – sia come discorso estetico che intellettuale – sostituendolo con qualcosa che riconosca come la verità sia certo mediata dai nostri valori [o i valori che consideriamo tali], ma che consideri anche la verità stessa come un valore. Potremmo non essere in grado di acquisire conoscenza del mondo che corrisponde al 100% con ciò che è “là fuori” al di là della percezione umana e della cognizione, ma possiamo almeno cercare di rendere la nostra conoscenza il più vicino possibile a qualcosa che assomigli all’obiettività. Certo, la nostra ricerca della verità può essere colorata di pregiudizi, e possiamo iniziare a controllarla in modo da controllare meglio tali pregiudizi, nel caso in cui ci portino fuori strada.

Solo perché la nostra conoscenza del mondo è in buona parte costruita non significa che non sia importante ottenere la nostra conoscenza più vicina a “ciò che è veramente” possibile. E solo perché delle grandi idee ci hanno portato fuori strada nel passato non significa che non dovrebbero servire come ispirazione per andare avanti.

Cos’è dunque il post-postmodernismo? Non ne sono sicuro. Almeno nelle arti c’è una dozzina di diversi modernismi che fluttuano intorno a idee viste come alternative: meta-modernismo, ri-modernismo, trans-modernismo, alter-modernismo, neo-modernismo e qualsiasi altra cosa possano venire fuori prima che abbiano esaurito tutti i prefissi greci e latini nei loro dizionari etimologici. Aggiungete a questi la “nuova sincerità” e l’attenzione alla “ricostruzione”, in contrasto con la decostruzione di vecchi tropi artistici – mirando a prendere a bordo critiche decostruttive e post-strutturaliste, mentre ancora si cerca ciò che era buono del passato cercando di ricostruirlo in un nuovo contesto. Ci siamo lasciati alle spalle gli accenti più cinici e derisori di certo post-modernismo, sostituendolo con una prudente speranza e un rinnovato senso di sincerità.

Nelle scienze e nelle discipline umanistiche, sono già stati suggeriti alcuni approcci interessanti nelle forme del realismo critico di Roy Bhaskar e nell’ontologia orientata agli oggetti, che hanno entrambi il compito epico di provare a correggere tutto ciò che è andato storto nel pensiero filosofico almeno da Kant; rifiutando la tradizionale dicotomia tra il mondo reale e l’esperienza umana, ma senza ritirarsi in un realismo ingenuo che non tiene conto di come i nostri valori influenzano la nostra conoscenza.

Spero che questi movimenti paralleli si avvicinino e, a un certo punto, si uniscano. Questa fusione di prudente sincerità speranzosa ed estetica con un prudente realismo pieno di speranza nelle scienze e nelle discipline umanistiche (spero) si tradurrà in una prospettiva culturale che equilibra un grado appropriato di dubbio con un grado appropriato di spinta verso qualcosa di meglio.

Questo “qualcosa di meglio” è, al momento, qualcosa che stiamo ancora cercando. Possiamo solo avere vaghi scorci di esso sul bordo della nostra coscienza. Non esiste ancora, ma ogni tanto viene fuori qualcosa, a volte di proposito, a volte per caso. Lo creiamo un passo alla volta mentre neghiamo ciò che è venuto prima e ci spingiamo nell’oltre inesplorato. Mentre esploriamo, dovremmo cercare di essere consapevoli di ciò che vale la pena di tenere lontano dal passato e di cosa abbiamo bisogno di inventare di nuovo. Dobbiamo stare attenti. Dopo tutto, troppe volte in passato, le generazioni pensano di aver fatto qualcosa di completamente nuovo, finendo per reinventare vecchi e stanchi autoritarismi. Stiamo attenti, ma anche audaci. Siamo entusiasti del processo di creazione e della vitalità del miglioramento. “Pessimismo dell’intelletto; Ottimismo della volontà “. Questo è un tempo di mostri. Ma alcuni di questi mostri sono in realtà grandi animali domestici.