Un diapason o “risuonatore” (usato per la prima volta nel 1869) è uno strumento o sistema che esibisce risonanza o un comportamento risuonante, che naturalmente oscilla con grande ampiezza rispondendo a qualche frequenza – chiamata “frequenza risonante” – piuttosto che ad altre frequenze.
Diapason o risuonatore è la definizione di un apparecchio usato per rendere più chiaro e forte il suono di uno strumento musicale. Possono certi individui essere definiti come “risuonatori”, i quali rispondono con maggiore intensità a un determinato evento? Certo.
Il 6 luglio 2019, un tweet di Diagonal22 notò un”Risuonatore #2,” il quale apparentemente stava parlando a proposito di come “JFK Jr. è ‘ancora morto’.” Ciò avveniva su un blog privato a me inaccessibile. Tuttavia, questo appare essere in relazione a un’ossessione dei social media riguardante le chiacchere sul fatto che John Kennedy Jr. non morì nel 1999 in un incidente e tornerà presto tra noi nelle vesti di supporter n°1 di Trump. Tutto simpatico e carino ma ciò che mi ha intrigato è stato l’uso del termine “risuonatore”.
Il 16 aprile 2019 il cripto-kubrickologo Alex Fulton ha usato l’espressione “risuonatore dell’11 settembre” in relazione all’incendio di Notre Dame avvenuto il giorno prima. Una diretta risonanza evento-evento.
Il 30 agosto, Fulton ha iniziato a usare “risuonatore” come definizione riguardante degli esseri umani, riferita a una persona che ha un effetto amplificato in relazione a un evento riguardante un’altra determinata persona. Fulton ha detto, a proposito della morte di Jim Leavelle:
“Questo potrebbe essere un risuonatore dell’evento di JFK del 1963? Lo scortatore di Oswald morì a 99 anni il 2037° giorno dopo che JFK venne ucciso. L’ex famoso detective di Dallas che acquisì celebrità per essere stato fotografato mentre scortava Lee Harvey Oswald nell’attimo in cui venne ucciso da uno sparo”
Dalla fine di agosto, ho usato “diapason JFK” denotando morti specifiche di persone le quali sono state direttamente connesse a JFK, RFK (Robert Fitzgerald Kennedy), e le questioni a loro associate. In anni passati, chiunque fosse stato un parente dei Kennedy e fosse morto, si sarebbe detto toccato dalla maledizione dei Kennedy. Ma le morti del 2019 di cui adesso trattiamo sembrano porre la nostra attenzione sugli omicidi Kennedy del 1963 e 1968.
Guardando all’anno in corso, qui abbiamo una cronologia di morti di persone che “risuonano” con JFK, RFK e le loro morti.
(Ma prima lasciatemi menzionare un annuncio bizzarro. Nell’ aprile 2019 è stata rivelata la morte di James McCord, due anni dopo la morte di questo complottista (nel senso di partecipante al complotto) del Watergate il quale, per qualche ragione, si trovava a Dallas il giorno in cui John F. Kennedy venne ucciso laggiù. McCord è morto il 15 giugno 2017 all’età di 93 anni per via di un cancro al pancreas nella sua casa di Douglassville in Pennsylvania. La sua morte non fu riportata nelle notizie nazionali e locali fino al 2019.)
Le morti del 2019 che fanno da “diapason” alla morte di JFK nel 1963 sono:
Dick Miller in Executive Action (1973).
Il 30 gennaio Dick Miller è morto per cause naturali all’età di 90 anni. Interpretò “l’uomo col fucile del team B” nel film Executive Action (1973). Il suo ruolo fu quello di colpire JFK. [Curiosità riguardante il nome: Miller interpretò un sacco di diversi personaggi (otto) chiamati “Walter Paisley.” Paisley = “church,” “cemetery” “chiesa, cimitero”] Vedere inoltre.
7 febbraio. Muore John Dingell a 92 anni. E’ stato l’ultimo membro del Congresso presente dagli anni cinquanta durante la presidenza di Dwight D. Eisenhower e poi di John F. Kennedy. On 12/18/2019, Donald Trump ha insinuato durante una manifestazione a Battle Creek nel Michigan che John Dingell stava “alzando lo sguardo” dall’inferno. Ulteriori informazioni qui e la citazione trumpiana in questo articolo della CNN.
Caroline Lee Radziwlll e Jackie Kennedy al funerale di RFK.
15 febbraio. Caroline Lee Radziwill (nata Bouvier, precedentemente Canfield e Ross), di solito conosciuta come Princess Lee Radziwill, 85 anni, la sorella più giovane della First Lady Jacqueline Bouvier Kennedy e cognata del presidente John F. Kennedy, è morta, per cause sconosciute. Vedere di più.
Nancy Gates in Suddenly (1954).
24 marzo. Muore Nancy Gates, 93 anni, attrice americana, che interpretò il film Suddenly (1954), dalla trama incentrata sul tentativo di assassinare il presidente. La parte dell’assassino in Suddenly venne interpretata da Frank Sinatra. Sinatra interpretò anche The Manchurian Candidate, che uscì nel 1962. Sinatra chiese alla United Artists di ritirare Suddenly dalla circolazione poiché aveva sentito delle voci sul fatto che Lee Harvey Oswald era stato visto vedere proprio quel film prima che sparasse al Presidente Kennedy. Per ulteriori informazioni vedere qui e qui.
11 maggio. Muore Lyle Noah. Un guidatore di ambulanze di Mesquite nel Texas, Noah fu presente nell’ospedale Parkland Memorial Hospital quando vi giunse il presidente JFK e il suo seguito. Fu lui ad esaminare i sedili posteriori della Limousine di Kennedy. Per ulteriori informazioni.
16 maggio. Muore a Manhattan I. M. Pei all’età di 102 anni. Pei fu l’architetto della biblioteca “The John F. Kennedy Presidential Library” e del museo situato in Columbia Point, vicino all’ università del Massachusetts a Boston. Per ulteriori informazioni.
18 giugno. H.P. Albarelli Jr., morto a 72 anni per un infarto. Albarelli Jr. scrisse di sincronicità a proposito dell’omicidio Kennedy, A Secret Order: Investigating the High Strangeness and Sychronicity in the JFK Assassination (2013), e un libro di prossima uscita, Coup in Dallas: Who Killed JFK And Why (2020). Per ulteriori informazioni.
27 luglio. Muore a 99 anni Edward Lewis, un produttore che ingaggiò Dalton Trumbo per lavorare al film Spartacus (1960) di Kubrick, continuando poi a lavorare con lui per film come il già citato Executive Action (1973) e altri ancora. Per ulteriori informazioni.
1° agosto. Muore a 22 anni Saoirse Kennedy Hill, una nipote di Robert F. Kennedy nella clinica “Joseph P. Kennedy House”, a Barnstable nel Massachusetts, a causa di un’overdose accidentale. Per ulteriori informazioni.
Tim McIntyre controlla JFK, visto alla sinistra del presidente
25 agosto. William “Tim” McIntyre, un agente del servizio segreto che si trovò a pochi metri di distanza da JFK quando venne colpito, è morto il 25 agosto, il 237° giorno dell’anno, all’età di 84 anni (42 + 42). Per ulteriori informazioni.
Il detective Jim Leavelle del dipartimento di polizia di Dallas sezione omicidi (con abito e cappello bianco) scorta Lee Harvey Oswald, nel momento in cui Jack Ruby spara il colpo contro Oswald, il 24 novembre 1963
29 agosto. Muore a 99 anni il detective di Dallas James Robert “Jim” Leavelle. Fu quell’uomo con l’abito bianco che scortò Lee Harvey Oswald nell’area di parcheggio per trasportarlo poi al dipartimento di polizia di Dallas, quando Oswald venne colpito da un’arma da fuoco da Jack Ruby. [Loren Coleman ebbe occasione d’incontrare Leavelle e Marina Oswald-Porter nel 1992 a un simposio sull’omicidio di John F. Kennedy (simposio noto come “the A.S.K. or ASK conference”) che si tenne a Dallas nel novembre 1992.] Per ulteriori informazioni.
31 agosto. Muore a 80 anni Ilona Marita Lorenz la quale è riportato ebbe un affare con Fidel Castro, venendo coinvolta nei piani CIA per l’assassinio dello stesso Castro. La Lorenz diede testimonianza a proposito dell’omicidio di John F. Kennedy affermando di essere stata coinvolta in un gruppo di militanti anti-castristi, il quale comprendeva Frank Sturgis e E. Howard Hunt della CIA, coinvolti anche nell’infamia del Watergate poco prima di quel tentativo di assassinio. Per ulteriori informazioni.
10 settembre. Muore a 89 anni il dottor Albert McClelland, 89, uno dei chirurghi che tentarono di salvare JFK. McClelland si accorse che uno dei proiettili era uscito dalla fronte, possibile indizio della presenza di un secondo fucilatore. Per saperne di più.
11 settembre. Robert Kennedy Jr. usa Instagram per dire che Thane Eugene Cesar, morto proprio quel giorno, fu il “secondo fucilatore” che assassinò RFK, il fratello di JFK. Per ulteriori informazioni.
16 settembre. Muore a 91 anni Sander Vanocur, il quale per decenni ha coperto giornalisticamente la politica USA e gli assassinii di JFK e RFK per la NBC, l’PBS, e l’ ABC. Fu all’opera durante il celebre dibattito televisivo Kennedy-Nixon; fu tra gli ultimi a intervistare RFK, e a intervistare Jackie Kennedy. Per ulteriori informazioni.
17 settembre. Muore a 75 anni la commentatrice politica Mary Martha Corinne Morrison Claiborne “Cokie” Roberts (nata Boggs). Suo padre fu il senatore Hale Boggs, un membro della celeberrima commissione Warren per indagare l’omicidio JFK (Boggs pensava ci fu un complotto); fece perdere le sue tracce nel 1972 in Alaska. Nel 2002 a Cokie Roberts venne diagnosticato un cancro al seno con metastasi. A quel tempo venne curata ma morì a Washington, D.C. per complicazioni dovute alla malattia. Il suo funerale si tenne nella cattedrale di san Matteo l’apostolo, lo stesso luogo in cui si tenne nel 1963 il funerale del presidente Kennedy. Per ulteriori informazioni.
7 novembre. Muore a 91 anni a Norfolk in Virginia Winston Lawson, l’agente del servizio segreto che studiava i percorsi stradali di John F. Kennedy e si trovava in posizione frontale rispetto al corteo presidenziale quando JFK fu assassinato. Fu anche colui che portò a Washington D.C. il fucile con cui Oswald commise l’omicidio. Vedere ulteriori informazioni.
12 dicembre. Muore a 86 anni Danny Aiello il quale ha interpretato il protagonista di Ruby (1992), il proprietario di un night di Dallas che uccise Lee Harvey Oswald. Tra gli altri interpreti del film, Sherilyn Fenn (Twin Peaks) oltre che David Duchovny (X-Files, Twin Peaks). Per ulteriori informazioni.
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237 + 237 giorni tra la morte di Marilyn Monroe e la morte di J.F. Kennedy. Da quei tempi son sempre circolate voci che tra i due vi fosse stato del tenero.
237 settimane tra la morte di JFK e la morte di RFK.
Le due immagini sopra sono note visive di criptokubrickologia #cryptokubrology sui Kennedy da parte dei cripto-kubrickologi Alex Fulton e Shawn Montgomery.
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I due film menzionati qui sopra, Ruby e Executive Action, s’è spesso notato come siano stati “seppelliti” “ignorati,” e “censurati”. Sebbene queste critiche siano forse un po’ esagerate, ciononostante tali film sono spesso trascurati nei necrologi degli attori che vi hanno partecipato.
Una nota a margine per il futuro: teniamo d’occhio l’attore Willie Garson il quale ha interpretato Lee Harvey Oswald in Ruby (1992) e in Quantum Leap (1989-1992).
Willie Gerson mentre interpreta Lee Harvey Oswald in “Ruby” (1992)
Lo storico incontro tra Jim Leavelle, Lee Harvey Oswald, e Jack Ruby immortalato il 24 novembre 1963.
Dal momento che a scrivere un’analisi seria c’ha già pensato il mio complice Mediter, pubblicando un articolo che vi invito a leggere, io qui mi limiterò ad aggiungere un po’ di frizzi e lazzi, di quisquilie e pinzillacchere, come avrebbe detto il principe della risata Antonio De Curtis in arte Totò.
Di che stiamo parlando? Ma delle elezioni presidenziali USA del 2016 naturalmente, quelle combattute forsennatamente tra Hillary Rodham Clinton e Donald John Trump nel corso dell’anno in corso, un 2016 ormai in dirittura d’arrivo.
Mi ricordo che si era cominciato a parlare della ri-candidatura di Hillary Clinton alla Casa Bianca già nel 2013, a inizio secondo mandato Obama, dopo che quest’ultimo l’aveva defenestrata dal posto di segretario di stato che aveva tenuto per tutto il primo mandato, quel mandato che, sfidando Obama alle primarie democratiche USA del 2008, avrebbe dovuto farlo proprio lei ma poi le cose erano andate diversamente e le primarie si erano risolte a favore dell’afroamericano.
Nel 2013, i giornali già parlavano di come le elezioni di tre anni dopo sarebbero state dominate dalla sfida tra la femminista ex first lady che aveva mantenuto il nome del marito ex presidente perchè “le facilitava la vita” e Jeb Bush, fratello dell’ex presidente George W. Bush. Insomma, corsi e ricorsi, la dinastia Clinton e la dinastia Bush per l’ennesima volta.
Le cose, come ormai sappiamo fin troppo bene, non sono andate così come si prevedeva nel 2013-2014. Nel giugno del 2015, il magnate immobiliarista Donald Trump detto “The Donald” – proprietario di un grattacielo a forma di torre a New York, di un casinò, di chissà quante auto e abitazioni e beni e di aerei boeing personali – annunciò di candidarsi come presidente degli Stati Uniti.
Trump me lo ricordo negli anni novanta, che era famoso di luce riflessa perchè, in Italia, era più famosa di lui colei che lo aveva sposato, una certa Ivana Trump: mi viene in mente che su tutti i rotocalchi come Novella 2000, Eva Tremila, Grand Hotel, Stop ecc si parlava a profusione di questa Ivana Trump, di come fosse riuscita a impalmare questo super-riccone americano, di come da quasi povera fosse diventata stra-ricca, e io mi ricordo che, dalle mille immagini su queste pubblicazioni da sala di aspetto, questa Ivana mi sembrava una con l’hobby della chirurgia estetica, e non la vedevo nemmeno come una troppo intelligente. Spesso, su queste foto, la si vedeva accompagnata al suo consorte, Donald Trump, un allora quarantenne che me lo ricordo quasi sempre fotografato in smoking e farfallino, dal viso largo e guanciottoso, con lo sguardo solitamente un po’ corrucciato.
L’annuncio di Trump, durante la conferenza stampa nel giugno del 2015 di partecipare alla corsa per la Casa Bianca come venne accolto? Con applausi? No, con risate!
Infatti il PERSONAGGIO TRUMP, negli Stati Uniti, nonostante la sua fama decennale di super-benestante, era, fino a quel giugno, conosciuto per essere più che altro una star televisiva o poco più, uno che presentava reality show come “The apprentice” dove si sfidavano aspiranti imprenditori ed era lui, Trump, a suo insindacabile giudizio, a farli proseguire con le successive puntate del programma oppure a farli uscire, a fargli interrompere la gara.
Certo, poteva capitare che “The Donald” intervenisse negli affari politici statunitensi attraverso i mass media ma, più che altro, era per avvallare teorie del complotto come quella che il presidente Obama non fosse nato sul territorio USA e quindi non poteva fare il presidente. Trump era considerato un COMPLOTTISTA, amico di complottisti, uno che, dicevano, aveva come sua specialità solo quella di dare aria alla bocca.
Eppure questo assoluto outsider della politica washingtoniana – che tutti i mass media principali attendevano da un momento all’altro dicesse “va beh gente, ho scherzato, ora posso tornare ai miei affari” – riesce a sbaragliare uno dopo l’altro i candidati dell’establishment repubblicano durante le primarie: il predestinato Jeb Bush della dinastia Bush (figlio e fratello di due ex presidenti), che aveva ricevuto una cifra record per la sua campagna elettorale, e la coppia di ispano-americani Ted Cruz (un superconservatore religioso) e il giovane Marco Rubio (nient’altro che una specie di robot il quale ripeteva a pappagallo la politica neocon antisociale e guerrafondaia.)
Com’è come non è, alla fine Donald Trump si aggiudica le primarie repubblicane (nonostante a un certo punto si pensò persino di bloccarlo con una candidatura indipendente di un uomo totalmente del sistema come Michael Bloomberg) e, a inizio estate, è ufficializzato come candidato repubblicano per la corsa alla Casa Bianca.
E dall’altra parte cosa succedeva, dalla parte delle primarie del partito democratico? Per la prima volta dopo chissà quanto tempo in America, aveva buone opportunità di vittoria (e quindi di diventare lo sfidante dei repubblicani) un uomo proveniente dal mondo dei sindacalisti (cosa che non succedeva dai primi anni ottanta), che si dichiarava pubblicamente SOCIALISTA ed era una super-colomba per quanto riguarda la politica estera: Bernie Sanders, solo BERNIE per gli amici.
Una giovane Hillary e un giovane Bill, negli anni settanta, tifano Bernie 2016
In molti stati Sanders è riuscito a sorpassare la Clinton, il socialista minacciava di vincere le primarie e allora gli si sono messi i bastoni tra le ruote, tant’è che poi sono usciti documenti che hanno dimostrato come l’organizzazione del partito democratico abbia avvantaggiato la candidata del sistema Clinton a spese dell’anti-sistema Bernie: questa documentazione si è spinta a tal punto di certezza da far sì che la presidente delle primarie democratiche fosse costretta a dimettersi.
A metà anno si è capito che queste non erano elezioni normali.
I repubblicani avevano mal digerito la vittoria di Trump, soffrivano di mal di pancia, gli facevano le pulci, tentavano di far sì che la sua corsa non proseguisse, non sapevano come ma ipotizzavano di sostituirlo in qualche modo.
I democratici sopportavano la Clinton, la maneggiona, la lady Macbeth del 2000, la strega dell’ovest e dell’east (coast), ciononostante era lei la beniamina dei mass media, era lei la spalleggiata da centinaia di giornali, quella che era destino fosse la prima presidentessa della storia degli USA, non era certo destino che L’ALTRO diventasse presidente USA, inquilino della Casa Bianca, il populista demagogo, quello spalleggiato da nemmeno dieci giornali e da un pugno di complottisti su internet, quello che incassava le simpatie del Ku Klux Klan, quello che aveva scimmiottato un giornalista disabile che l’aveva irritato.
Trump fa il verso a un disabile.
Gente del Ku Klux Klan, per la supremazia della razza bianca, simpatizza per Trump.
Non poteva certo diventare presidente degli United States colui che era considerato alla meglio un clown e alla peggio un Mussolini-Hitler redivivo, uno che somigliava a gente come l’italiano Borghezio e il russo Zhirinovskij, uno che diceva di volere regolare l’immigrazione di islamici e messicani con delle leggi peggio della nostrana Bossi-Fini e volendo addirittura costruire un muro tra Stati Uniti e Messico.
Borghezio, il Trump italiano, o padano.
Zhirinovskij, il Trump russo.
I mass media generalisti e mainstream (CNN, ABC, NSB, BBC…) minimizzavano le scoperte di Wikileaks sulla corruzione di Hillary (da alcuni detta simpaticamente “Killary”), gli scandali della Fondazione Clinton, le marchette alla grande stampa, le inchieste sui giri pedofili che lambivano il marito Bill, i capi di staff come John Podestà – già famoso per parlare di UFO e alieni – alle prese con il satanismo e l’arte sanguinaria, intanto si aprivano e chiudevano inchieste dell’FBI sulle e-mail illegali di quando era segretario di stato, con uomini del Federal bureau che si veniva a sapere chiamavano letteralmente Hillary “L’anticristo”, Julian Assange che diceva come “Killary” fosse dietro alle guerre di Obama quando era suo ministro degli esteri e che i Poteri Forti avrebbero fatto carte false per non far vincere Trump e far vincere LEI. Prendendo direttamente le consegne delle agenzie internazionali di notizie come la Reuters, per il Corriere della sera, La Repubblica, La Stampa ecc, la moglie di Bill e mamma di Chelsea era la santa del politicamente corretto contro il riccastro demagogo che scimmiottava gli handicappati, lo xenofobo, ovviamente POPULISTA, misogino (come ben mostrava un video del 2005 ben pubblicizzato su tutti i canali mainstream, dove Trump offendeva tutte le donne dicendo l’orrenda cosa che per un riccone è molto più facile molestare una donna rispetto a un poveraccio) e poi voleva buttare a calci nel sedere messicani e islamici fuori dai confini degli States se fosse stato eletto mentre Hillary stava dalla parte di tutti, soprattutto delle minoranze perseguitate. D’altra parte, non era “Stronger together”, “Più forti insieme”, il motto della sua campagna?, che ben campeggiava quando Hillary era fotografata col suo candidato vice, uno squalo di Wall Street che era sembrato un pazzo pieno di tic durante il confronto tv col candidato vice di Trump, l’unico confronto tv dei candidati vice.
No, queste non erano elezioni normali, con Trump che su Twitter mandava un tweet dopo l’altro svillaneggiando la Clinton e dicendogliene di tutti i colori e quest’ultima, dopo che su internet erano uscite molte voci sulla sua salute malferma le quali dai mass media venivano rimandate al mittente come complottismo, si afflosciava poi improvvisamente come un soufflè mal cotto durante la commemorazione delle torri colpite dagli aerei e da allora si intensificarono le dicerie su Hillary che aveva un doppio, un clone che la sostituiva; con il vicepresidente Joe Biden che minacciava i russi di contromisure hacker, di guerra informatica perchè circolavano ipotesi sul coinvolgimento russo nell’influenzare il voto delle presidenziali e “The Donald” si sapeva bene quanto fosse stimato da Putin e qualcuno l’aveva anche soprannominato “The siberian candidate”, il candidato del Cremlino nientemeno, facendo il verso al titolo del film “The manchurian candidate”, quello che parlava di un candidato presidente USA psico-programmato per diventarlo fin dall’adolescenza.
Non erano elezioni normali, erano le elezioni USA più PUFFONESCHE che si fossero mai viste (per usare un aggettivo che il giornalista italiano free lance Piero Ricca utilizzò per le elezioni politiche italiane del 2006.)
Michael Moore, l’ex fustigatore di Bush e delle sue guerre, che continuava a tifare democratico anche dopo la debacle di Bernie Sanders e quindi stava per la Clinton, diceva che avrebbero votato per Trump anche moltissimi democratici delusi e che moltissimi elettori bianchi avrebbero votato per Trump – anche se non condividevano per nulla le sue idee e magari lo disprezzavano – perchè l’avrebbero utilizzato come UNA BOMBA MOLOTOV UMANA da scagliare contro il sistema di Washington, avrebbero utilizzato così il candidato che diceva agli Stati Uniti di non lasciarsi incantare più dalle false promesse della globalizzazione. E Moore, comunque, nonostante qualche amico lo tentasse di fare altrettanto – di usare Trump come bomba molotov contro il sistema – avrebbe detto no, avrebbe continuato a stare per Hillary, la quale, secondo lui, avrebbe stupito il mondo una volta eletta, sarebbe stata rivoluzionaria come papa Francesco.
Micheal Moore in un sit in di protesta davanti all’ingresso della Trump tower.
Trump sarebbe stata la rivincita degli americani degli stati dell’America Profonda, quelli lontani dalle east coast e west coastliberal e radical chic, quelli lontani da Silicon Walley e Wall Street, quelli col cappello da texano e con la macchina con le corna di bisonte e la Bibbia nel cruscotto assieme alla pistola, gli americani rozzi degli stati rossi anticomunisti nelle cartine alla tv che stupiscono i mass media nelle elezioni dai risultati a sorpresa: dopo il “negro” Obama una donna come e peggio di lui sarebbe stata troppo, ci voleva una reazione. Il mondo di Trump è quello del complottista sbraitante Alex Jones, delle armi libere e per tutti, dei giacconi di pelle nera e delle cose che esplodono fiammeggianti su sfondo nero, dei combattimenti di wrestling dove si urla e poi si rade a zero la testa di chi ha perduto la scommessa sul vincitore, è il mondo dell’hard rock e dell’ex attore e wrestler complottista Jesse Ventura, ex governatore del Minnesota e amicone di Trump; per non parlare poi dello yuppies serial killer Patrick Bateman, protagonista del romanzo “American psycho” di Easton Ellis, che ha come idolo proprio il Donald Trump degli anni ottanta.
Alex Jones.
Jesse Ventura.
Christian Bale, che interpreta Patrick Bateman nel film “American psycho” tratto dall’omonimo romanzo, posa per una foto assieme a Donald Trump, di cui è fan lo yuppies serial killer assassino protagonista di romanzo e film.
Quando proverbialmente si dice che “La realtà supera la fantasia”, non si vuole intendere che nella realtà possono avvenire cose da film di fantascienza o fantasy ma che possono avvenire cose a cui non si avrebbe mai e poi mai pensato nelle proprie fantasie: non mi sarei mai immaginato, infatti, lo scenario qui descritto dove, dopo la vittoria di “The Donald”, gli adolescenti e i giovani americani sensibili, facili all’emotività e a essere feriti nei sentimenti (i cosiddetti snowflakes, fiocchi di neve, che mi ricordano gli EMO), erano bambini quando Obama divenne presidente e son sempre stati abituati alla sua dolcezza, adesso, ormai teenager, sono traumatizzati da Trump e dai suoi modi duri, spicci e venati di brutalità, e allora vengono organizzati per loro dei sostegni psicologici nelle scuole e nei college dove studiano in modo da aiutarli dopo questo trauma derivato dal vedere il soft Obama sostituito da un Borghezio/Zhirinovskij americano, decisamente hard. Allo stesso tempo, vi sono le continue manifestazioni di piazza contro Trump, con arresti e violenze, dove menano le mani e lanciano roba i neri dei gruppi di protesta di Black Live Matters, quelli probabilmente finanziati dal filantropo George Soros, e a queste manifestazioni si intrufolano non si sa come anche gli snowflakes e dunque i sensibili e traumatizzati emo snowflakes e i picchiatori neri sono uniti nella lotta contro Trump, da non credere.
Tra lo star system, tra le stelle di Hollywood dei rotocalchi glamour e patinati, solo pochi personaggi da “America profonda” (Clint Eastwood, Chuck Norris) si azzardavano ad ammettere e consigliare di votare Trump, tutte le altre star, in massa, erano pronte a votare e far votare Hillary Rodham Clinton. E anche qui la campagna elettorale è stata non normale, con un’artista pop come Madonna che prometteva una fellatio a chiunque avrebbe votato per la Clinton (e un elettore di Hillary ha pensato bene di andare a casa di Madonna a New York per sperare di ottenere il premio col risultato di farsi allontanare dal portiere), con l’erede (?!) della stessa Madonna, la musicista pop (?!) Lady Gaga, che s’è presentata a un comizio della sua beniamina facendo il gesto V di vittoria, vestita con uno strano abito nero e rosso che ricordava vagamente una divisa militare postmoderna.
Selfie di Kim Kardashian con Hillary Clinton.
Lady Gaga al comizio di Hillary Clinton.
E poi Jon Bon Jovi, Bono Vox, Bruce Springsteen, Jennifer Lopez, Meryl Streep, Katy Perry, Beyoncè, George Clooney, Kim Kardashian, Miley Cyrus, Natalie Portman, Britney Spears, le Spice Girls (ah no, quelle tifavano Tony Blair, vent’anni fa)…tutto il sistema delle star americane al gran completo, e degno di menzione speciale il grande interprete Robert De Niro che, in un video circolato su You Tube si rivolge direttamente a Donald Trump dicendo che lo prenderebbe volentieri a pugni in faccia.
Ehi, dico a te, ce l’ho proprio con te, ti prenderei volentieri a pugni in faccia!
Naturalmente, il 9 novembre, è stato l’apice di tutto questo: ma come? Un candidato come Hillary, la regina del politicamente corretto, la paladina dei diritti civili e delle minoranze, pompata da tutti i media che contano, pompata dallo star system; la sera prima delle elezioni i corrispondenti italiani nei comitati USA in Italia non riuscivano a trovare uno che fosse uno che ammettesse di stare per Trump, il populista demagogo xenofobo e misogino sembrava spacciato, il New York Times dava la Clinton all’ 85% di probabilità di vittoria, alcuni giornali e tv anche oltre il 90%… e poi il mattino dopo la surprise.
C’è da dire che la visione di un Trump presidente USA, assieme a una presidente donna tipo la Clinton, sembrava aleggiare nell’aria da anni: sincronicità, coincidenze, premonizioni, visioni deformate del futuro. Prendiamo per esempio la bufala secondo cui i cartoni animati dei Simpson nel 2000 predissero Trump presidente: approfondendo scopriamo che in realtà si tratta di una MEZZA bufala.)
Effettivamente, nell’episodio dei Simpson “Bart to the future”, andato in onda nel marzo 2000, Lisa è un presidente donna somigliante a Hillary Clinton che ha ereditato una situazione problematica dalla precedente presidenza di Donald Trump.
L’effettiva BUFALA in cui viene spacciato che nel 2000 i Simpson predissero Trump presidente quando invece l’episodio da cui sono tratte le immagini risale al 2015, anno in cui era già ben nota la candidatura di Trump come presidente.
Nel febbraio scorso, quando il magnate era in testa alle primarie repubblicane, avevamo già dato un’ “allerta sincromisticismo”, pensando a un’apparizione di Trump nella parte di se stesso (una delle sue tante nei film di Hollywood) in “Home alone 2” (“Mamma ho perso l’aereo 2”) del 1993 e agli indizi sincromistici che sembrano alludere a una commistione tra l’allora candidato, la città di New York, il disastro dell’11 settembre, la statua della libertà e un possibile futuro – per adesso ignoto – in cui tutto questo in qualche modo si intreccerà e riemergerà a galla in modi ancora non prevedibili, un possibile futuro che si manifesta e si è già manifestato in passato con indizi, per adesso enigmatici ma che comunque alludono a qualcosa che avverrà o potrebbe avvenire. E si saprà che in passato gli indizi alludevano a una certa cosa quando questa cosa si sarà effettivamente manifestata.
Prendiamo il secondo film della serie Back to the future, Ritorno al futuro, tra l’altro film ambientato in parte nel 2015, l’anno in cui Trump ha avanzato in pubblico la sua candidatura per la Casa Bianca. Come abbiamo detto, “The Donald” è stato l’ideatore di un reality show di successo chiamato “The apprentice” (L’apprendista) in cui si sfidavano aspiranti imprenditori sotto il suo insindacabile giudizio, e uno dei tormentoni di quel programma tv durato anni era “You are fired!”, “Tu sei licenziato!” annunciato da Trump a colui che era escluso dalla gara e doveva quindi uscire fuori dal reality show. Ebbene, una delle scene centrali di Ritorno al futuro II è proprio quando uno dei personaggi (il McFly padre del futuro, del 2015) viene licenziato per via telematica, e si vede “You are fired!” uscire da tutte le parti nella stanza di casa collegata telematicamente con l’ufficio.
Per altri dettagli interessanti sulle sincro in “Ritorno al futuro” relative al momento presente, vedere il seguente link (in inglese):
Ma decisamente il botto lo fa personaggio di Biff Tannen – centrale in Ritorno al Futuro II – in cui lo svolgersi degli eventi passa freneticamente dal 1955 al 1985 al 2015. Biff Tannen è il bullo persecutore dei McFly (padre e figlio) e, andando clandestinamente indietro nel tempo dal 2015 al 1955 intrufolandosi non visto nella macchina del tempo del dr. Brown, Tannen riesce a parlare al lui stesso più giovane di sessant’anni, donandogli un almanacco sportivo coi risultati dal 1950 al 2000. Il giovane Biff Tannen del 1955 riceve dunque dal vecchio Biff Tannen del 2015 quell’almanacco del futuro e, nel corso degli anni, diventa stra-ricco per via di tutte le scommesse sportive vinte grazie all’almanacco, creando una linea temporale alternativa, un 1985 alternativo in cui finisce il malcapitato Marty McFly che scopre come il Biff Tannen del 1955 sia diventato una specie di Donald Trump del 1985 (e, noi sappiamo, ciò è avvenuto grazie al viaggio nel tempo dell’ottantenne Tannen tra il 2015 e il 1955 con in mano l’almanacco dei risultati dal 1950 al 2000), un Tannen che spadroneggia impunito in città facendo il bello e il cattivo tempo, con tanto di casinò modello Trump plaza chiamato nel film Pleasure paradise.
Il Biff Tannen bullo del 1955 alle prese con Marty McFly.
Il Biff Tannen magnate stra-ricco del 1985 alternativo.
Fantasticare; stillarsi il cervello per trovare un espediente o per indovinare qualche cosa: seguitando a almanaccar tra sé che cosa mai potesse essere tutto quel rigirìo (Manzoni); non chiudeva occhio almanaccando dove egli potesse trovar denaro (Verga). ◆ Part. pass. almanaccato, anche come agg., complicato, lambiccato: sofisticherie almanaccate (Tommaseo).
Se digitate su Google image “Biff Tannen” e “Back to the future” “Donald Trump” (e anche in italiano, “Ritorno al futuro” “Donald Trump”, “Trump plaza” “Pleasure paradise”) vedrete come questo meme sincromistico si sia già parecchio diffuso fino a uscire fuori soltanto digitando il nome di Biff Tannen e fino a sfiorare il mainstream. Persino su un giornale on line di sinistra come Carmilla gli effetti si sono fatti sentire.