I cicli Saturno-Urano, Saturno-Nettuno e il testamento di André Barbault

Nel settembre scorso avevo postato un articolo inerente un senso di certezza che mi sentivo di avere a proposito di ciò che succederà nei prossimi anni e decenni, a differenza di tante altre volte quando invece avevo mostrato di andarci con i piedi di piombo al riguardo.

In quel caso quel mio senso di certezza era dovuto a diverse profezie e narrazioni le quali mostravano in qualche modo come un certo numero di fonti che non si conoscevano l’un l’altra “videro il futuro nel passato”, per quanto in modo distorto e deformato.

E queste diverse e profezie e narrazioni indipendenti l’una dall’altra in qualche modo coincidono nello scenario di fondo.
Il quale scenario ci parla del crollo negli anni venti del XXI sec. dell’attuale mondo in cui siamo abituati a vivere e della nascita di un nuovo mondo radicalmente rinnovato qualche anno dopo a partire dal 2036-2040, un nuovo mondo che sarà all’apogeo nel 2050-2060.
Quell’immane cambiamento, quella rottura titanica che secondo diversi ci sarebbero dovuti essere intorno al 1999-2000 e in seguito, passata questa data invano, ci sarebbero dovuti essere nel 2011-2012, ci saranno – e stavolta sicuramente – negli anni compresi tra il 2024 e il 2030.

Il mio collega Teoscrive, come ben sa chi segue da tempo questo blog, è da anni che ha sviluppato una sua personale ricerca sulla timewave ideata da McKenna e implementata da Meyer, a cui parteciparono anche altri studiosi come Kelly e Watkins.

La timewave è un grafico frattale generato da un programma informatico e questo grafico è la mappatura sia dei “corsi e ricorsi” della storia sia dell’alternanza della prevalenza dell’abitudine sulla novità e della novità sull’abitudine. Secondo il modello della timewave gli avvenimenti registrati dalla storia conosciuta si ripresentano sotto nuove vesti e con intensità (magnitudine) diversa: il grafico sale quando è l’abitudine a prevalere e scende quando invece a prevalere è la novità.

La timewave è dunque tutta la storia lineare a noi conosciuta possibile, auto-ripetente e auto-somigliante come un frattale, la quale man mano che si avvicina al “punto zero” si ripete dall’inizio in maniera sempre più veloce. Più sono alte le cifre del grafico (più la linea sale) più l’abitudine storica si fa sentire, più sono basse le cifre del grafico (più la linea scende) più la novità irrompe. Fino al “punto zero” finale della timewave, l’abitudine appunto non giunge mai allo 0, ci giunge nel punto finale della timewave: ne conseguiva, secondo McKenna, che quando l’abitudine sta a 0, la novità sta a infinito e quindi in quel punto zero finale lì lo spazio-tempo della storia a noi nota finisce inaugurando un nuovo spazio-tempo storico che non ha più nulla a che fare con quello precedente.

Il “punto zero” all’estrema destra in basso collocato erroneamente da McKenna il 21/12/2012.

Il mio collega Teoscrive è da anni che conduce una sua personale ricerca sul grafico timewave in modo da collocare il “punto zero” in una data ben precisa. Abbiamo detto che il grafico frattale autoripetente della timewave c’è già tutto intero ma è privo di date: la difficoltà per il ricercatore è far sì di farlo coincidere con le date storiche del nostro calendario, “punto zero” finale compreso. McKenna aveva collocato questo “punto zero” il 21 dicembre 2012, la stessa data che per anni ci fu mostrata come la “fine del lungo computo degli anni” del calendario astrale dei Maya, ma abbiamo visto bene come quel giorno il tipo di storia che conosciamo non sia affatto finita, e quindi non era la data giusta. Meyer, colui che sviluppo con il computer l’idea di McKenna della timewave, stabilì invece come “onda temporale zero” l’8 luglio 2018 e anche in questo caso anche dopo quella data la storia è proseguita nella stessa maniera che sappiamo, senza alcuna discontinuità ne’ rottura di paradigma storico.

Il mio collega Teoscrive sulle prime pensava anche lui che il “punto zero” ci sarebbe stato in una data degli anni 10 del XXI secolo e quindi, come altri informatori alternativi, vedeva gli anni 10 come un decennio propizio per un evento o serie di eventi di magnitudo così grande da spazzare via il senso comune della storia.
Per ora non è andata così ma i suoi studi sulla timewave continuano. Un po’ ne è interessato anche chi scrive ma di sicuro non con la stessa fedeltà e assiduità del mio collega.

Può essere che il mio parziale disinteresse verso la timewave sia dovuto al fatto che le ricorrenze e le ripetizioni di eventi storici senza che ci sia dietro un senso o una narrazione riguardante le dinamiche della società e della civiltà mi lasciano piuttosto freddo.
Come ho detto più volte a Teoscrive, sono affascinato dalle possibilità che ci schiude la timewave: quelle di poter mappare lo spazio-tempo storico in un grafico, l’alternanza di abitudine e di novità come motore della storia, l’ipotesi di un “punto zero” finale in cui il ritmo solito della storia si conclude e inizia un ritmo nuovo completamente diverso da quello concluso…ma lungi da me mettermi lì, come fa lui – e lo ammiro – a scandagliare in lungo e in largo il programma timewave per sapere in quali ripetizioni storiche siamo, in che punto del grafico ci troviamo attualmente rispetto al punto finale.

Il “punto zero” della timewave viene ora collocato da Teoscrive tra il 2021 e il 2022, in particolar modo in diverse date del 2022.
Un anno vicino a quei 2023-2026 di cui ho diffusamente trattato nell’articolo di settembre.

Ora, recentemente, ho avuto modo di imbattermi in diverse fonti informative, di natura perlopiù ASTROLOGICA, le quali parlano di grandi sconvolgimenti e cambiamenti in un arco di tempo che va dal 2020 al 2040, proprio il ventennio di crollo-ricostruzione di cui ho diffusamente trattato nell’articolo di settembre.
In quell’articolo non facevo uso di riferimenti astrologici, perlomeno direttamente, ma confrontavo tra loro diverse fonti che potrei definire “profetico-narrative”: dalle profezie bibliche alle profezie “alla Nostradamus” a film e fumetti di fantascienza della seconda metà del XX secolo. Tutte con una cosa in comune: la metà degli anni venti del XXI secolo come teatro di cambiamenti immani, presumibilmente catastrofici. I quali però porteranno – più in là – a una nuova “età dell’oro” (dovuta anche a ritmi storici completamente diversi da quelli precedenti).

Nell’articolo in corso vedremo quanto abbia scoperto certe analisi di astrologia presentino elementi di vicinanza a ciò da me scritto nell’articolo di settembre.

Come ho scritto anche recentemente, questo non è un blog di astrologia, nonostante il mio collega Teoscrive, co-autore in questo blog, se ne sia interessato e qualche tempo fa abbia anche messo su un sito di “archeologia post-moderna” di sua invenzione. Però, l’interesse per tematiche quali i cicli della storia, la ciclologia, le sincronicità, il sincro-misticismo, la retro-causalità, il futuro nel passato, la meta-storia, la sincro-storiografia, è naturale che prima o poi faccia sì di incrociare anche l’astrologia. Naturalmente l’astrologia inerente i ritmi della storia, non certo quella di Paolo Fox.

Molto di recente, a proposito dell’assassinio del generale iraniano Soleimani, ho trattato dei cicli planetari Saturno-Plutone, quello 1947-1982 e soprattutto quello 1982-2020, il quale si è concluso il 12 gennaio.
E’ ormai da un certo tempo che mi interesso al ciclo Saturno-Plutone, interesse partito da un accenno che ne fece il mio collega Mediter in un suo articolo di inizio 2017, il particolare il “Saturno-Plutone” tra la congiunzione del 1982 e la congiunzione del 2020.

In cyclesofhistory.com il ciclo Saturno-Plutone viene definito “della trasformazione violenta”, avviene all’incirca ogni 33 anni (ma gli ultimi due “Saturno-Plutone” sono durati rispettivamente 35 e 38 anni) e quello 1982-2020 viene fatto coincidere con il fondamentalismo (islamico ma non solo) contro le forze spionistico/militari del “neoliberismo a guida USA-UK globalizzatore” (terza rivoluzione industriale), nel ciclo precedente 1947-1982 la “trasformazione violenta” è quella della guerra fredda in primis che poi muterà in contestazione, Vietnam e guerriglie; nel ciclo ancora precedente 1914-1947 il mondo dell’800 che non vuole finire genera tensioni di ogni tipo e due guerre mondiali; il ciclo ancora prima, quello concluso nel 1914 (iniziato penso con una congiunzione di fine ’70 dell’800) la “trasformazione violenta” è di certo dovuta al nazionalismo, imperialismo e colonialismo così come alle intensità della seconda rivoluzione industriale.

Fino a oggi, da buon “non astrologo”, non avevo ancora ben approfondito i cicli planetari e il loro legame (legame, non “influsso”) con gli avvenimenti storici.
Dai cicli come quello di 20 anni, breve ma considerato molto importante: il “Saturno-Giove”, ai cicli riguardanti cambiamenti di lungo periodo, come il “Nettuno-Plutone” di 493 anni (cambiamenti secolari della mente collettiva) e l’ “Urano-Nettuno” di 172 anni (che cyclesofhistory lo vede come caratteristico dei cambiamenti di mente collettiva dovuti allo sviluppo tecnologico), all’ “Urano-Plutone” di 139 anni, visto come inerente ai cambiamenti intellettuali.

Tornando al “Saturno Plutone”, mi ero troppo concentrato su di esso non tenendo in debito conto altri cicli che mi sono accorto essere importantissimi tanto da essere sicuramente stato in torto a trascurarli.
A tal punto non me ne sono reso conto da aver compiuto un errore in quel recente articolo, cioè di aver citato le guerre locali post-sovietiche e le primavere arabe (con la fine di Gheddafi) come caratteristiche del “Saturno-Plutone” quando invece lo erano di altri due cicli, quello “Saturno-Urano” della durata di 45 anni, ciclo che caratterizza il cambiamento dovuto al mutare degli assetti politico-industriali (e cyclesofhistory lo connette anche alla periodicità dei genocidi), e quello “Saturno-Nettuno” di 36 anni, che caratterizza il cambiamento centrato sui mutamenti delle idee politiche inerenti il sociale e il lavoro (cyclesofhistory lo connette al comunismo).

Non ho potuto fare a meno di notare come il “Saturno Urano” è un ciclo che sembra andare in coppia col “Saturno Nettuno”: il primo della durata di 45 anni mentre il secondo della durata di 36 anni tra una congiunzione e l’altra. Il “Saturno Nettuno” è il ciclo delle lotte politiche; il “Saturno Urano” pare legato ai ritmi del capitalismo e delle democrazie occidentali (versus “resto del mondo”) mentre il “Saturno Nettuno” pare legato ai ritmi della lotta sociale e dei lavoratori e alle strutture politiche a essa inerenti. Il “Saturno Nettuno” combacia dunque con le vicende dell’URSS e il sapere ciò mi ha dato una certa sorpresa, in particolare quando poi mi è capitato di leggere al riguardo in un documento che si potrebbe definire come il “testamento” di colui ritenuto il maggior esperto di “astrologia mondiale”, André Barbault (guarda caso un francese come François Roddier e Gaston Georgel citati nell’articolo di settembre) (e come anche François Masson, il “matematico della storia”.)

Urano e Nettuno sono i pianeti più esterni del sistema solare (visto che dal 2006 Plutone non è più considerato un pianeta) e Saturno è Crono, il pianeta del tempo che mangia i suoi figli.

Urano venne scoperto a inizio anni 80 del XVIII secolo, subito dopo che vennero fondati gli USA e nel pieno del primo slancio del capitalismo industriale; Nettuno venne scoperto nella seconda metà degli anni 40 del XIX secolo, nel momento in cui nacque il marxismo (“il manifesto del partito comunista” nel 1848) e tra l’altro proprio poco dopo una congiunzione “Saturno-Nettuno”.
Basta vedere solo le date dei vari “Saturno-Nettuno” per rendersi conto di quanto abbiano a che fare con le dinamiche e i ritmi del sociale, del comunismo e in particolare con l’evoluzione dell’URSS: 1881-1917; 1917-1953; 1953-1988. Tra l’altro il 1988, l’anno di fine di quest’ultimo ciclo coincise con la fine del “Saturno-Urano” iniziato nel 1942.
Il “Saturno-Nettuno” iniziato nel 1988 finirà nel 2026, il “Saturno-Urano” iniziato nel 1988 finirà nel 2032.

Tenete a mente queste date perché tra poco, leggendo le parole degli astrologi Fabrizio Cecchetti e André Barbault, le rivedrete.

Intanto riportiamo le parole di un altro astrologo, Francesco Faraoni Curitti, la cui analisi ci mostra importanti coincidenze con il periodo temporale di cui ho parlato nell’articolo di settembre:

https://www.astroteosofia.it/il-sinodo-del-capricorno-2019-2020/

La Grande Congiunzione del 2020 riguarda e coinvolge i pianeti Marte Giove Saturno Plutone che transiteranno in momenti specifici nella simbologia zodiacale del Capricorno per poi concludere con la congiunzione GIOVE-SATURNO a 0° nello stesso momento che avverrà a Dicembre 2020. […] la Grande Congiunzione […] nel 2020 aprirà un ciclo che arriverà a compimento e a manifestazione nel 2040 quando – a mio avviso – inizierà ufficialmente una Nuova Era nella Coscienza della Terra, evento che faccio coincidere con il mese di settembre 2040 per via di una Congiunzione Dorata formata da Luna Marte Mercurio Venere Giove Saturno nella simbologia della BILANCIA che segnerà nell’orologio terrestre un momento X per tutta l’umanità.

In “Salvare i prossimi due decenni”, tenendo presente soprattutto le date dette da François Roddier e Yves Cochet, parlo di periodo impegnativo (diciamo “la fine dell’Inferno e l’inizio del Purgatorio”) dal 2020-2040 e di “Paradiso” o “nuovo Rinascimento” dal 2040 al 2060.

Un articolo su “Sirio” è stato scritto da Fabrizio Cecchetti quando ancora la “grande recessione” cominciata nel 2007-2008 era nel futuro prossimo. Cecchetti l’ha prevista abbastanza con precisione.

I più affezionati ed attenti lettori di Sirio forse ricorderanno i temi affrontati nei miei articoli sull’emergenza petrolio e sul movimento No-Global, ebbene in entrambi formulai una previsione finale piuttosto allarmante: sul futuro prossimo del mondo, attorno al 2010 (nel 2009 o al più tardi nel 2011), si sta allungando l’ombra di una gravissima crisi economica, finanziaria e produttiva.

Dal momento che l’articolo di Cecchetti parla di “capitalismo in affanno”, viene ovviamente citato il ciclo “Saturno-Urano”  e ci viene detto come il primissimo slancio del capitalismo industriale nei ’70 del ‘700 vide una super-congiunzione Urano-Nettuno-Plutone tutti quanti assieme a Crono cioè Saturno: proprio i pianeti dei cicli di 33-35-38, 36 e 45 anni che abbiamo visto avere massima importanza nel XIX e XX secolo e l’avranno nel XXI fino a inizio anni trenta.

Notare che Cecchetti a inizio anni 2000 prevede la grande recessione iniziata nel 2007-2008 poiché l’aspetto dei pianeti durante la crisi del 1929 è somigliante all’aspetto dei pianeti che nell’allora futuro ci sarebbe stato nel 2010-2014, i quali, come ben purtroppo ora sappiamo, sarebbero stati gli anni in cui la recessione si conclamò e morse di più.

[…] la crisi serpeggiante del capitalismo, dovuta all’avvicinamento del picco petrolifero e all’aumento dei disastri climatico-ambientali, deflagrerà in tutti i suoi aspetti economici più minacciosi proprio attorno al 2010.

E in quel 2010, a proposito di petrolio e di disastri, sarebbe avvenuto anche il versamento petrolifero nel golfo del Messico.

Successivamente Cecchetti, in quei lontani primi anni 2000, parla anche del 2020, e ci dà un po’ di speranza: secondo le sue previsioni potrebbero anche non avvenire i disastri catastrofici previsti da certi allarmisti:

Tuttavia possiamo coltivare una ragionevole speranza che l’umanità, dopo la botta tremenda subìta, prenda atto finalmente dei cosiddetti “limiti dello sviluppo” e che decida di correre al più presto ai ripari sfruttando gli aspetti planetari positivi successivi.

Il transito di Plutone in Capricorno, centrato dalla simultanea dissonanza del trio Urano-Saturno-Giove [configurazioni del 2020], sarà sotto molti punti di vista cruciale ed emblematico.

Dopo aver accennato a “valori pluto-capricornici” – i quali direi sono ben rappresentati da diversi personaggi del 2020! – e previsto anche come queste configurazioni prevederanno un’altrettanto intensa reazione di tipo ecologico-ambientalista (anche questo in atto!), Cecchetti conclude così:

Quale dei due scenari prenderà il sopravvento? Difficile dirlo. Ma se riusciremo a superare la seconda grossa e probabile crisi del 2020 (tripla congiunzione Giove-Saturno-Plutone in Capricorno), il mondo conoscerà nel 2026 un nuovo periodo di adattamento armonioso alle nuove condizioni energetiche. Sarà giunto il momento del trigono Urano-Plutone tra i Gemelli e l’Aquario!

“Dalla psicanalisi all’astrologia” di André Barbault.

André Barbault, uno dei più importanti esponenti dell’ “astrologia mondiale”, se non il più importante, si dilunga – in un testo che potrebbe essere considerato un suo testamento visto che morì di lì a non molto – su come abbia previsto astrologicamente in modo netto e ripetuto (fin da fine 60 inizio 70 del XX secolo) che il 1988-1990 – e in particolare l’autunno 1989 – sarebbe stato un anno di fortissima transizione per l’URSS e i paesi dell’est sotto il suo giogo. A più riprese Barbault si riferisce ai cicli “Saturno-Urano” e “Saturno-Nettuno” rispettivamente 1942-1988 e 1953-1988/1917-1953.

“Il mio fratello maggiore Armand ebbe allora l’idea di collegare quel clima rivoluzionario all’opposizione Saturno-Nettuno in corso, per via dell’associazione con la rivoluzione russa del 1917, avvenuta sotto la precedente congiunzione di quei due pianeti.”

In seguito Barbault approfondisce il ciclo di 36 anni “Saturno-Nettuno” facendolo diventare il suo primo studio astrologico mondiale approfondito.

“[rivoluzione del 1917] sotto la congiunzione, fondazione dell’Unione Sovietica al sestile, rottura tra Trotsky e Stalin alla quadratura, grandi opere di edificazione economica al trigono, e processi di Mosca, patto anti Comintern, guerra di Spagna, sotto l’opposizione.”

In quegli anni 40 del XX secolo, Barbault previde che il 1953 (anno dell’allora prossima congiunzione “Saturno-Nettuno”) sarebbe stato un anno di fondamentale importanza per l’URSS. E così fu: la morte di Stalin seguita da un periodo di turbolenza politica trasformativa che poi portò anche alle prime rivolte nei paesi dell’est sotto il giogo di Mosca.

“[…]Dato che il partito comunista russo è nato sotto la congiunzione del 1881, e ha conquistato il potere sotto quella del 1917, se ne deve dedurre che l’anno 1953 sarà importantissimo per l’URSS.”

In seguito, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 del XX secolo, tenendo presente il 1953, così si esprimeva Barbault:

«Forte di questo successo, mi si accorderà più credito se considero seriamente la prossima congiunzione Saturno-Nettuno del 1989 quale annuncio di una nuova svolta decisiva per il destino dell’Unione Sovietica o del comunismo mondiale?»

«Stalin muore sotto la congiunzione del 1952-1953, e l’URSS si trova in pieno cambiamento: inizia un nuovo ciclo che la conduce alla scadenza di capitale importanza del 1989.»

Dopo aver previsto in anticipo tutte le tappe, passo dopo passo dei rapporti URSS-resto del mondo, utilizzando le configurazioni celesti del “Saturno-Nettuno” da fine anni 50 a inizio anni 70 del XX secolo, Barbault, dopo aver anticipato l’inizio del declino dell’ URSS nell’opposizione 1971-1972, in quegli anni, nei suoi libri del 1967 e 1973!, scrive di come si sarebbe stabilito il destino nell’umanità nel XXI secolo proprio in quel 1989 in seguito alle congiunzioni Saturno-Urano e Saturno-Nettuno del 1988, con Giove in opposizione. Questo “grande appuntamento della storia” lo vede dopo “il grande sconvolgimento del 1982-1983” (accenno al “Saturno-Plutone” della “trasformazione violenta”?!) e inoltre fa anche menzione della congiunzione Urano-Nettuno del 1992-1993, ciclo la cui congiunzione successiva sarà nel 2165 e che viene visto da cyclesofhistory come rappresentante il rapporto tra idealismo e sviluppo tecnologico (il 1993 fu l’inizio di internet così come la conosciamo.)

21 anni prima del 1988-1989, in un suo libro del 1967, Barbault scrive così:

“Questo triplice incontro planetario, la riunione astrale più importante di tutto il XX secolo … con due rilanci storici … quello americano e quello russo, nella fattispecie del principio capitalista e del principio comunista … questi due gareggianti sono entrambi arrivati a fine corsa per l’ultima tappa del 1988-1989, alla cui scadenza il mondo tenderà a rinnovarsi per generare una società nuova.”

Per tutti gli anni ’70 e ’80, Barbault alle sue conferenze non fa che prevedere uno sconvolgimento storico decisivo a partire dal 1988. Spesso raccoglie scetticismo perché, ora è difficile ricordarsene col senno di poi, ma allora l’URSS, anche se in crisi, era comunque una superpotenza che appariva inamovibile.

Dal momento che mi son reso conto di quanto questo Barbault fosse esperto di “astrologia mondiale”, inutile dire che sono saltato dalla sedia quando ho letto la conclusione di quel suo testo che, come ho detto, potrebbe essere giudicato quasi un testamento. Tenendo conto di ciò che esposi in “Salvare i prossimi due decenni”.

“Già da più di un decennio mi è sorto un vivo interesse per la configurazione tanto gigantesca quanto imponente del 2026-2030, portatrice di un rinnovamento di civiltà, di un futuro da cui alla fine non può che scaturire il ritorno dell’astrologia.”

Dopo aver definito il 2020-2021 (con la triplice congiunzione Giove-Saturno-Plutone con la semiquadratura Urano-Nettuno) “un tempo universalmente caotico che colpisce tanto la natura quanto la società umana” [lo stiamo vedendo e temo lo vedremo ancora di più…], ecco però come Barbault conclude il suo testamento. Inutile dire che, tenendo conto di quanto già sappiamo, le sue parole sono impressionanti e meritano di essere riportate una a una:

La particolarità della svolta del 2026-2030 è rappresentata dalla centralità della congiunzione Saturno-Nettuno a inizio Ariete. Nucleo di convergenza del verbo nettuniano, priorità vitale rinforzata dal concorso di profonde basi saturniane. Entrambi hanno natura di Fondocielo: prevale l’interiorità, come i fondali oceanici o le profondità della crosta terrestre, con Psiche che all’occorrenza ha il sopravvento. Da qui il risveglio dei misteri della vita. Occorre considerare il calendario zodiacale associato a questa congiunzione. Già si dà il caso che sia preminente l’ingresso in Ariete, ma sono tutti e quattro i pianeti – in triangolo tra loro – che si muovono come se volessero metamorfosare il mondo. Ci troviamo di fronte alla possibilità di un mutamento tale da far sembrare troppo debole i termini “cambiamento” o lo stesso “sconvolgimento” per definire l’ampiezza di ciò che potrebbe trasformare il mondo conosciuto.

Cari lettori, vi ringrazio per l’attenzione prestata a questo commiato astrologico.

Un nuovo tempo per una nuova civiltà

Vi presento una parte del libro “La terza rivoluzione industriale” di Jeremy Rifkin, che ho trovato meritevole di attenzione in Civiltà scomparse. Molto vicina agli argomenti trattati nel blog.

Buona lettura.

 

La riscoperta dello spazio e del tempo

La decisione di fondare le loro nuove teorie sulle verità della fisica newtoniana indusse gli economisti illuministi a concepire lo spazio e il tempo in un modo molto meccanicistico e utilitaristico: lo spazio è un contenitore, un deposito, pieno di utili risorse pronte per essere espropiate a fini economici; il tempo, a sua volta, è uno strumento malleabile da manipolare per velocizzare il processo di espropriazione e creare una ricchezza economica virtualmente illimitata. Le azioni dell’uomo sono considerate una forza esterna che agisce sulle risorse contenute nello spazio, trasformandole nel modo più efficiente possibile con tecnologie labor-saving (risparmio di manodopera) in utilità produttive. L’approccio utilitarista allo spazio e l’uso efficiente del tempo sono diventati così le fondamentali coordinate spazio-temporali della teoria economica.

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I concetti illuministi e post-illuministi dello spazio, del tempo e dell’agire dell’uomo riflettevano il pensiero dell’epoca: geologi e chimici erano convinti che la materia inanimata della Terra fosse una sorta di giacimento di risorse ancora da sfruttare, passivo e illimitato, che attendeva l’intervento umano per essere attivato e trasformato in una ricchezza produttiva. Oggi le nuove scoperte della scienza sul funzionamento del nostro pianeta, e soprattutto sull’interazione tra i processi geochimici e i sistemi viventi, gettano il seme del dubbio sulle ultime vestigia del pensiero economico classico.

[…]

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Negli anni settanta del novecento lo scienziato britannico James Lovelock e la biologa americana Lynn Margulis analizzarono il modo in cui i processi geochimici interagiscono con i processi biologici sulla terra al fine di mantenere le condizioni ideali per la conservazione della vita. Nel corso dei decenni successivi la loro provocatoria “ipotesi Gaia” ha conquistato consensi sempre più vasti, ed è stata rafforzata e confermata da ulteriori evidenze empiriche rilevate da ricercatori in ogni campo.

Lovelock e Margulis osservano che la terra è un sistema autoregolato che agisce come un organismo vivente e, a sostegno della loro ipotesi, citano l’esempio della regolazione del metano e dell’ossigeno. Il livello di ossigeno nell’atmosfera terrestre deve mantenersi entro una fascia di oscillazione molto ristretta per permettere alla vita di conservarsi: se i livelli di ossigeno aumentassero al di sopra del livello massimo, la terra si trasformerebbe in una sfera infuocata e la vita si estinguerebbe. Ma come viene mantenuto tale equilibrio?

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Secondo i due scienziati, quando l’ossigeno nell’atmosfera raggiunge livelli superiori a quelli accettabili innesca un corrispondente aumento della produzione e rilascio di metano da parte di batteri microscopici. Il metano migra nell’atmosfera e agisce da riduttore dell’ossigeno, riportandolo al livello “normale”. Questo non è che un esempio delle migliaia di feedback circolari che fanno sì che la biosfera sia un luogo ospitale per tutte le forme di vita terrestri.

Sta emergendo una nuova visione scientifica del mondo, le cui premesse e ipotesi sono più compatibili con i modi di pensare reticolari alla base del modello economico della Terza rivoluzione industriale. La vecchia scienza è caratterizzata dal distacco, dall’esproprazione, dalla dissezione e dalla riduzione; la nuova dall’impegno, dall’integrazione e dall’olismo. La vecchia scienza è concentrata sul rendere la natura produttiva; la nuova un partnerariato con la natura.

 

[…]

Se tutti gli organismi biologici interagiscono continuamente con i processi geochimici per mantenere una condizione omeostatica favorevole alla perpetuazione della biosfera e alla preservazione della vita sulla terra, per garantire alla specie umana il benessere a lungo termine è fondamentale essere capaci di vivere entro i limiti spaziali e temporali che vincolano il funzionamento della terra. La teoria e la pratica economica classica e neoclassica, con la loro mania per l’espropriazione e il consumo, hanno minato alla base i meccanismi di feedback tra i processi biologici e geochimici della biosfera, impoverendo gli ecosistemi del pianeta e provocando un drammatico cambiamento delle temperature e del clima.

Se vogliamo sopravvivere e prosperare come specie, dobbiamo ripensare i concetti di spazio e di tempo. La definizione economica classica dello spazio come contenitore o deposito di risorse passive deve necessariamente essere sostituita da un’idea di spazio come comunità attiva di relazioni. In questo nuovo schema, la composizione geochimica del pianeta non può più essere considerata una risorsa o una proprietà, bensì una parte complessa delle relazioni interattive che rendono possibile la vita sulla terra. Allo stesso modo, le nostre priorità economiche devono passare dalla produttività alla generatività, da uno sfruttamento puramente utilitarista della natura alla tutela delle relazioni che conservano la stabilità della biosfera.

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Anche nell’organizzazione del tempo, l’efficienza deve cedere il posto alla sostenibilità: il nostro approccio all’ingegnerizzazione deve essere ricalibrato e sincronizzato con le ciclicità rigenerative della natura, invece che con i semplici ritmi produttivi dell’efficienza del mercato.

I passaggi dalla produttività alla generatività e dall’efficienza alla sostenibilità rimetterebbero la nostra specie al passo con i flussi e riflussi, i ritmi e le ciclicità della più vasta comunità biosferica della quale siamo parte integrante e indivisibile. […]

 

Per gli scettici, convinti che qualsiasi tentativo di integrare le attività umane nei ritmi e nelle ciciicità della biosfera sia inutile a causa dell’innata predisposizione biologica dell’uomo ad assicurarsi l’autonomia dalla natura e a esercitare il potere su di essa a distanza, un rapido excursus introduttivo alla cronobiologia dovrebbe bastare a tacitare ogni ulteriore obiezione.

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Tutte le forme di vita, dai microbi agli esseri umani, sono regolati da miriadi di orologi biologici che adattano i propri processi fisiologici al più generale ritmo della biosfera e del pianeta. Le creature viventi, inclusi gli uomini, scandiscono le proprie funzioni interne ed esterne sulla base del giorno solare (ciclo circadiano), del mese lunare (ritmo lunare), dell’avvicendarsi delle stagioni e della rotazione annuale della terra intorno al sole (ciclo circannuale). Lo psicologo John E. Orme ha osservato che “l’universo fisico è fondamentalmente ritmico per propria natura. La luna ruota intorno al sole e il sistema solare stesso muta posizione spaziale nel tempo. Tutti questi fenomeni producono cambiamenti ritmici regolari e la sopravvivenza delle specie biologiche dipende dalla capacità di seguire questi ritmi. [J.E. Orme, “Time: Psychological Aspects: Time, Rhythms, ad Behavior”, in T. Carlstein, D. Parkes, N.J. Thrift (a cura di), Making Sense of Time, New York, J. Wiley, 1978, p. 67.]

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Chiunque abbia provato il jet lag, avendo attraversato più fusi orari durante un viaggio in aereo, sa che il corpo umano è delicatamente calibrato e sincronizzato sui ritmi del pianeta, e che ogni alterazione provoca uno sfasamento dei processi corporei. La temperatura corporea aumenta e diminuisce secondo sequenze prevedibili nell’arco delle ventiquattr’ore, e lo stesso vale per lo stato termico della pelle. Il ciclo mestruale della donna tende a seguire il ciclo lunare e sono noti i “disturbi affettivi stagionali” (DAS), che si manifestano nei mesi invernali quando la diminuzione delle ore di luce provoca in alcuni soggetti predisposti un senso di sonnolenza e di depressione analogo al processo di letargo che nel periodo invernale rallenta l’attività fisiologica di molti mammiferi [K. Hammer, “Experimental Evidence for the Biological Clock”, in J.T. Fraser (a cura di), The Voices of Time: A Cooperative Survey of Man’s Views of Time as Expressed by the Sciences and by the Humanities, New York, G. Braziller, 1966; Joost A. Meerloo, Along the Fourth Dimension: Man’s Sense of Time and History, New York, John Day Company, 1970, p. 67; S. Sharp, Biological Rhythms and the Timing of Death, in “Omega Journal of Death and Dying”, 12, 1981-82, pp. 15-23.]

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I ricercatori nel campo della crono-farmacologia stanno cominciando a capire che il momento della giornata in cui viene somministrato un dato farmaco o eseguito un intervento chirurgico può influenzarne l’efficacia, e stanno sperimentando la sincronizzazione della terapia con l’orologio biologico interno del singolo paziente.

Il fatto che l’uomo, come ogni altra specie, sta biologicamente integrato nei cicli della terra cambia il modo in cui pensiamo allo spazio e al tempo: il nostro stesso essere è inserito nelle coordinate spaziotemporali del pianeta. Le cellule del nostro corpo vengono continuamente sostituite e la nostra esistenza è un esempio dell’attività della natura, con calorie energetiche a bassa entropia che entrano in noi dall’esterno, trasformandosi in nuove cellule che sostituiscono quelle divenute scorie e restituite all’ambiente affinché siano riciclate. Ognuno di noi è un’incarnazione delle correnti energetiche e dei processi geochimici e biologici che fluiscono attraverso la biosfera. Nel sistema planetario, la vita, i processi geochimici e le ciclicità della terra interagiscono in una varietà di relazioni strettamente sincronizzate che garantiscono il funzionamento di ogni organismo e della biosfera nel suo complesso.

Per molto tempo la nostra specie ha vissuto in sincronia con i ritmi del pianeta. Le energie concentrate nei combustibili fossili della Prima e della Seconda rivoluzione industriale hanno allontanato per la prima volta l’uomo dalle ciclicità della terra. Oggi l’illuminazione elettrica ventiquattr’ore su ventiquattro, la comunicazione Internet, i viaggi aerei, i turni di lavoro e una miriade di altre attività ci hanno allontanato dal nostro orologio biologico primordiale. Il sole e l’alternarsi delle stagioni sono diventati meno rilevanti per la nostra soppravivenza o, almeno, siamo ormai convinti di questo.

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La nostra crescente dipendenza dai ricchi giacimenti di radiazione solare inerte e conservata, in forma di combustibili basati sul carbonio, ci ha dato l’illusione che il nostro successo sulla terra dipendesse più dalla genialità e dal progresso delle tecnologie che dai cicli ricorrenti della natura. Adesso ci stiamo rendendo conto che non è così. L’imposizione di ritmi produttivi artifciali – soprattutto l’isitituzionalizzazione dell’efficienza meccanicista – ha portato una grande ricchezza materiale a una porzione significativa della popolazione umana, ma a spese degli ecosistemi terrestri, con conseguenze tragiche per la stabilità della biosfera.

[…] riportiamoci alla luce del sole. Affidandoci al flusso energetico che attraversa la biosfera – il sole, il vento, il ciclo idrico, la biomassa, il calore geotermico, le onde e le maree oceaniche – ci riconnettiamo con i ritmi e le ciclicità del pianeta. Torniamo a essere integrati nell’ecosistema della biosfera e giungiamo a capire che la nostra impronta ecologica individuale influenza il benessere di tutti gli altri esseri umani e di ogni creatura vivente.

[…]

Sotto questi e altri aspetti, i cambiamenti in atto nel modo in cui percepiamo la natura umana e il senso dell’avventura dell’uomo rispetto al pensiero dominante negli ultimi duecento anni, nel corso di due rivoluzioni industriali, sono così radicali che gran parte della teoria economica classica e neoclassica, che ha accompagnato e legittimato questi due straordinari periodi storici, non sopravviverà al nuovo paradigma economico emergente.

[…]

Owen Bartfield, un filosofo britannico recentemente scomparso, si è espresso sulla fase che la nostra specie sta attraversando e ha osservato che l’umanità, nella sua relazione con la natura, ha attraversato due grandi fasi.

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Per oltre il 90% della nostra esistenza sulla terra abbiamo vissuto come cacciatori e raccoglitori: i nostri più antichi antenati sperimentavano la natura in maniera diretta e intima. C’erano confini molto labili fra sè e l’altro da sè: la vita era vissuta in uno stato quasi onirico nel quale gli esseri viventi e gli altri fenomeni interagivano, si ricombinavano e si scambiavano di posto in uno sconcertante carosello, quella che gli antropologi chiamano “nebbia indifferenziata”.

La vita quotidiana era perfettamente regolata sulle ciclicità della natura e delle stagioni, come ancora accade a tutte le altre creature della terra. La “madre terra” non era ancora una metafora, ma un vero essere primordiale al quale i cacciatori-raccoglitori si affidavano per la propria sopravvivenza e, per questo, era trattata con rispetto, amata e temuta dagli uomini, che dipendevano dalla sua clemenza.

La grande trasformazione dalla caccia-raccolta all’agricoltura ha cambiato radicalmente la relazione dell’uomo con la natura: dal completo assoggettamento alla sua benevolenza e generosità a un suo sempre più stretto controllo e accurata gestione, in quanto risorsa. Con la domesticazione delle piante e degli animali, l’uomo ha cominciato a distaccarsi dal mondo naturale, creando una barriera fittizia tra il suo comportamento e quello animale.

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Nel Basso Medioevo, essere civilizzati significava essersi liberati dalla “bruta” condizione animale. Le generazioni successive sono diventate sempre più consapevoli di sé e autosufficienti, ma a costo della perdita dell’intima, originaria partecipazione alla natura di cui godevano.

Bartfeld ha scritto che la razza umana si trova oggi all’inizio di una terza fase della propria relazione con la natura: un momento in cui l’uomo torna a rapportarsi con il mondo naturale, non con un senso di dipendenza e timore – come avveniva per i nostri antenati – ma come scelta deliberata di diventare parte integrante di una più vasta universale comunità della vita. [O. Bartfield, Salvare le apparenze, trad. it. Genova-Milano, Marietti, 2010 (ed. or. 1965)]

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Questa è la coscienza della biosfera. Ciò che Bartfield lascia inesplorato, però, è il processo storico sottostante per il quale una specie sempre più cosciente di sè e individualizzata è in grado di cambiare direzione, scegliendo intenzionalmente di riscoprire la relazione d’interdipendenza con la natura[…]

Ogni successiva e sempre più complessa rivoluzione dell’energia e delle comunicazioni ha innescato una differenziazione delle mansioni sempre più elaborata che, a sua volta, ha incentivato una maggiore individuazione e consapevolezza di sé. Il generico “noi” che caratterizzava la semplice esistenza dei cacciatori-raccoglitori ha ceduto il posto a singole individualità: macellai, fornai e fabbricanti di candele, ciascuno con un più marcato senso del proprio io, reso possibile dalla mansione unica svolta per la società. Ancora oggi i cognomi evocano le competenze professionali trasmesse di generazione in generazione: Ferrari, Calzolari, Calderali, Malgaroli [ecc.]

[…]

Se la nostra natura intrinseca è empatica e abbiamo una pulsione innata all’affiliazione con la natura, come possiamo risvegliare la nostra connessione biofilica? Wilson afferma che qui “devono entrare in scena gli psicologi”, [Arousing Biophilia: A Conversation with E.O. Wilson, in “Orion”, inverno 1991; http://arts.envirolink.org/interviews_and_conversations/EOWilson.html. i quali ci devono aiutare a risvegliare la pulsione primordiale alla biofilia, a lungo sepolta nel nostro inconscio collettivo. Altri concordano con lui.

Nel 1992 Theodore Roszak, che ha coniato il termine “ecopsicologia”, nel suo libro The Voice of the Earth manifestava una certa delusione rispetto alla psicologia come professione, notando come l’American Psychiatric Association elencasse nel Diagnostics and Statistical Manual (DSM) oltre 300 patologie mentali, senza mai contemplare la possibilità che l’essere umano possa soffrire psichicamente a causa della perdita del legame con la natura. “Gli psicoterapeuti hanno esaurientemente analizzato ogni forma di relazione familiare e sociale disfunzionale, ma le relazioni ambientali disfunzionali non esistono neppure come concetto” scrive Roszak [T. Roszak, The Nature of Sanity, in “Psychology Today”, 1°gennaio 1996; http://www.psychologytoday.com/articles/199601/the-nature-sanity, ed evidenzia un punto molto significativo rilevando che “il DSM definisce il disturbo di ansia da separazione come un’ansia eccessiva riguardante la separazione da casa e dalle persone alle quali l’individuo è attaccato. Ma nessuna separazione è più pervasiva, in quest’epoca di ansia, della disconnessione dal mondo naturale”. Roszak ha sfidato la professione psichiatrica, dichiarando che i tempi sono maturi per “una definizione della salute mentale fondata sull’ambiente”. [T. Roszak, The Voice of Earth, New York, Simon & Schuster, 1992.][E.A. Bragg, Towards Ecological Self: Deep Ecology Meets Constructionist Self-Theory, in “Journal of Environmental Psychology”, 16, 1996, pp. 93-108.]