Cripto-kubrickologia: Donald Trump ed Eyes wide shut

19 06 2018

http://copycateffect.blogspot.com/2018/06/EWS-Trump.html

La cripto-kubrickologia mostra che Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick del 1999 si incontra con la presenza di Donald Trump attraverso un reality show del 2005.

Eyes Wide Shut è un film drammatico-erotico del 1999 scritto, diretto, prodotto da Stanley Kubrick. Basato sulla novella Doppio sogno di Arthur Schnitzler del 1926, la storia viene trasferita dalla Vienna del primo Novecento alla New York degli anni Novanta.

La lavorazione di Eyes Wide Shut iniziò nel novembre 1996. Le riprese si conclusero definitivamente nel giugno 1998. Il Guinness World Records ha riconosciuto Eyes Wide Shut come la più lunga e costante durata di riprese, “per oltre 15 mesi, un periodo che includeva riprese ininterrotte di 46 settimane”

Kubrick morì sei giorni dopo aver mostrato la sua ultima modifica alla casa di produzione Warner Bros.

 

 

La sequenza di Donald Trump nella video-registrazione del “reality show” Hollywood Access  assieme a una bionda che indossa un abito quasi dello stesso stile e colore si avvicina molto alla scena di Eyes Wide Shut mostrata qui sopra.
Il video di Hollywood Access fu registrato nel settembre 2005 nel parcheggio degli studi della NBC mentre Trump si stava preparando ad apparire in un episodio della soap opera Days of Our Lives andato in onda sulla stessa NBC.

Una volta arrivati, la troupe televisiva venne lasciata fuori dall’autobus dimodoché potessero riprendere Trump e Billy Bush che sbarcavano e s’incontravano con Arianne Zucker, la quale interpretava Nicole Walker nella soap opera e appariva accanto a Trump nell’episodio in cui Trump era la guest star.

Il 7 ottobre 2016, durante le elezioni presidenziali USA, il Washington Post pubblicò un video che accompagnava l’articolo sull’allora candidato presidenziale Donald Trump e il conduttore tv Billy Bush col quale ebbe “una conversazione estremamente oscena a proposito delle donne” nel 2005.
William Hall Bush nacque a Manhattan, New York, da Josephine Colwell (Bradley) e Jonathan Bush, un banchiere. Lo zio di William Bush (il fratello maggiore del padre) è George H. W. Bush; il quarantunesimo presidente degli USA. George W. Bush, il quarantatreesimo presidente, e l’ex governatore della Florida Jeb Bush sono cugini primi di William Bush.




Considerazioni, fantasie, coincidenze su Donald Trump & co

20 11 2016

Dal momento che a scrivere un’analisi seria c’ha già pensato il mio complice Mediter, pubblicando un articolo che vi invito a leggere, io qui mi limiterò ad aggiungere un po’ di frizzi e lazzi, di quisquilie e pinzillacchere, come avrebbe detto il principe della risata Antonio De Curtis in arte Totò.

Di che stiamo parlando? Ma delle elezioni presidenziali USA del 2016 naturalmente, quelle combattute forsennatamente tra Hillary Rodham Clinton e Donald John Trump nel corso dell’anno in corso, un 2016 ormai in dirittura d’arrivo.

Mi ricordo che si era cominciato a parlare della ri-candidatura di Hillary Clinton alla Casa Bianca già nel 2013, a inizio secondo mandato Obama, dopo che quest’ultimo l’aveva defenestrata dal posto di segretario di stato che aveva tenuto per tutto il primo mandato, quel mandato che, sfidando Obama alle primarie democratiche USA del 2008, avrebbe dovuto farlo proprio lei ma poi le cose erano andate diversamente e le primarie si erano risolte a favore dell’afroamericano.

Nel 2013, i giornali già parlavano di come le elezioni di tre anni dopo sarebbero state dominate dalla sfida tra la femminista ex first lady che aveva mantenuto il nome del marito ex presidente perchè “le facilitava la vita” e Jeb Bush, fratello dell’ex presidente George W. Bush. Insomma, corsi e ricorsi, la dinastia Clinton e la dinastia Bush per l’ennesima volta.

Le cose, come ormai sappiamo fin troppo bene, non sono andate così come si prevedeva nel 2013-2014. Nel giugno del 2015, il magnate immobiliarista Donald Trump detto “The Donald” – proprietario di un grattacielo a forma di torre a New York, di un casinò, di chissà quante auto e abitazioni e beni e di aerei boeing personali – annunciò di candidarsi come presidente degli Stati Uniti.

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Trump me lo ricordo negli anni novanta, che era famoso di luce riflessa perchè, in Italia, era più famosa di lui colei che lo aveva sposato, una certa Ivana Trump: mi viene in mente che su tutti i rotocalchi come Novella 2000, Eva Tremila, Grand Hotel, Stop ecc si parlava a profusione di questa Ivana Trump, di come fosse riuscita a impalmare questo super-riccone americano, di come da quasi povera fosse diventata stra-ricca, e io mi ricordo che, dalle mille immagini su queste pubblicazioni da sala di aspetto, questa Ivana mi sembrava una con l’hobby della chirurgia estetica, e non la vedevo nemmeno come una troppo intelligente. Spesso, su queste foto, la si vedeva accompagnata al suo consorte, Donald Trump, un allora quarantenne che me lo ricordo quasi sempre fotografato in smoking e farfallino, dal viso largo e guanciottoso, con lo sguardo solitamente un po’ corrucciato.

L’annuncio di Trump, durante la conferenza stampa nel giugno del 2015 di partecipare alla corsa per la Casa Bianca come venne accolto? Con applausi? No, con risate!

Infatti il PERSONAGGIO TRUMP, negli Stati Uniti, nonostante la sua fama decennale di super-benestante, era, fino a quel giugno, conosciuto per essere più che altro una star televisiva o poco più, uno che presentava reality show come “The apprentice” dove si sfidavano aspiranti imprenditori ed era lui, Trump, a suo insindacabile giudizio, a farli proseguire con le successive puntate del programma oppure a farli uscire, a fargli interrompere la gara.

Certo, poteva capitare che “The Donald” intervenisse negli affari politici statunitensi  attraverso i mass media ma, più che altro, era per avvallare teorie del complotto come quella che il presidente Obama non fosse nato sul territorio USA e quindi non poteva fare il presidente. Trump era considerato un COMPLOTTISTA, amico di complottisti, uno che, dicevano, aveva come sua specialità solo quella di dare aria alla bocca.

Eppure questo assoluto outsider della politica washingtoniana  – che tutti i mass media principali attendevano da un momento all’altro dicesse “va beh gente, ho scherzato, ora posso tornare ai miei affari” – riesce a sbaragliare uno dopo l’altro i candidati dell’establishment repubblicano durante le primarie: il predestinato Jeb Bush della dinastia Bush (figlio e fratello di due ex presidenti), che aveva ricevuto una cifra record per la sua campagna elettorale, e la coppia di ispano-americani Ted Cruz (un superconservatore religioso) e il giovane Marco Rubio (nient’altro che una specie di robot il quale ripeteva a pappagallo la politica neocon antisociale e guerrafondaia.)

Com’è come non è, alla fine Donald Trump si aggiudica le primarie repubblicane (nonostante a un certo punto si pensò persino di bloccarlo con una candidatura indipendente di un uomo totalmente del sistema come Michael Bloomberg) e, a inizio estate, è ufficializzato come candidato repubblicano per la corsa alla Casa Bianca.

E dall’altra parte cosa succedeva, dalla parte delle primarie del partito democratico? Per la prima volta dopo chissà quanto tempo in America, aveva buone opportunità di vittoria (e quindi di diventare lo sfidante dei repubblicani) un uomo proveniente dal mondo dei sindacalisti (cosa che non succedeva dai primi anni ottanta), che si dichiarava pubblicamente SOCIALISTA ed era una super-colomba per quanto riguarda la politica estera: Bernie Sanders, solo BERNIE per gli amici.

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Una giovane Hillary e un giovane Bill, negli anni settanta, tifano Bernie 2016

In molti stati Sanders è riuscito a sorpassare la Clinton, il socialista minacciava di vincere le primarie e allora gli si sono messi i bastoni tra le ruote, tant’è che poi sono usciti documenti che hanno dimostrato come l’organizzazione del partito democratico abbia avvantaggiato la candidata del sistema Clinton a spese dell’anti-sistema Bernie: questa documentazione si è spinta a tal punto di certezza da far sì che la presidente delle primarie democratiche fosse costretta a dimettersi.

A metà anno si è capito che queste non erano elezioni normali.

I repubblicani avevano mal digerito la vittoria di Trump, soffrivano di mal di pancia, gli facevano le pulci, tentavano di far sì che la sua corsa non proseguisse, non sapevano come ma ipotizzavano di sostituirlo in qualche modo.

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I democratici sopportavano la Clinton, la maneggiona, la lady Macbeth del 2000, la strega dell’ovest e dell’east (coast), ciononostante era lei la beniamina dei mass media, era lei la spalleggiata da centinaia di giornali, quella che era destino fosse la prima presidentessa della storia degli USA, non era certo destino che L’ALTRO diventasse presidente USA, inquilino della Casa Bianca, il populista demagogo, quello spalleggiato da nemmeno dieci giornali e da un pugno di complottisti su internet, quello che incassava le simpatie del Ku Klux Klan, quello che aveva scimmiottato un giornalista disabile che l’aveva irritato.

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Trump fa il verso a un disabile.

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Gente del Ku Klux Klan, per la supremazia della razza bianca, simpatizza per Trump.

Non poteva certo diventare presidente degli United States colui che era considerato alla meglio un clown e alla peggio un Mussolini-Hitler redivivo, uno che somigliava a gente come l’italiano Borghezio e il russo Zhirinovskij, uno che diceva di volere regolare l’immigrazione di islamici e messicani con delle leggi peggio della nostrana Bossi-Fini e volendo addirittura costruire un muro tra Stati Uniti e Messico.

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Borghezio, il Trump italiano, o padano.

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Zhirinovskij, il Trump russo.

I mass media generalisti e mainstream (CNN, ABC, NSB, BBC…) minimizzavano le scoperte di Wikileaks sulla corruzione di Hillary (da alcuni detta simpaticamente “Killary”), gli scandali della Fondazione Clinton, le marchette alla grande stampa, le inchieste sui giri pedofili che lambivano il marito Bill, i capi di staff come John Podestà – già famoso per parlare di UFO e alieni – alle prese con il satanismo e l’arte sanguinaria, intanto si aprivano e chiudevano inchieste dell’FBI sulle e-mail illegali di quando era segretario di stato, con uomini del Federal bureau che si veniva a sapere chiamavano letteralmente Hillary “L’anticristo”, Julian Assange che diceva come “Killary” fosse dietro alle guerre di Obama quando era suo ministro degli esteri e che i Poteri Forti avrebbero fatto carte false per non far vincere Trump e far vincere LEI. Prendendo direttamente le consegne delle agenzie internazionali di notizie come la Reuters, per il Corriere della sera, La Repubblica, La Stampa ecc, la moglie di Bill e  mamma di Chelsea era la santa del politicamente corretto contro il riccastro demagogo che scimmiottava gli handicappati, lo xenofobo, ovviamente POPULISTA, misogino (come ben mostrava un video del 2005 ben pubblicizzato su tutti i canali mainstream, dove Trump offendeva tutte le donne dicendo l’orrenda cosa che per un riccone è molto più facile molestare una donna rispetto a un poveraccio) e poi voleva buttare a calci nel sedere messicani e islamici fuori dai confini degli States se fosse stato eletto mentre Hillary stava dalla parte di tutti, soprattutto delle minoranze perseguitate. D’altra parte, non era “Stronger together”, “Più forti insieme”, il motto della sua campagna?, che ben campeggiava quando Hillary era fotografata col suo candidato vice, uno squalo di Wall Street che era sembrato un pazzo pieno di tic durante il confronto tv col candidato vice di Trump, l’unico confronto tv dei candidati vice.

No, queste non erano elezioni normali, con Trump che su Twitter mandava un tweet dopo l’altro svillaneggiando la Clinton e dicendogliene di tutti i colori e quest’ultima, dopo che su internet erano uscite molte voci sulla sua salute malferma le quali dai mass media venivano rimandate al mittente come complottismo, si afflosciava poi improvvisamente come un soufflè mal cotto durante la commemorazione delle torri colpite dagli aerei e da allora si intensificarono le dicerie su Hillary che aveva un doppio, un clone che la sostituiva; con il vicepresidente Joe Biden che minacciava i russi di contromisure hacker, di guerra informatica perchè circolavano ipotesi sul coinvolgimento russo nell’influenzare il voto delle presidenziali e “The Donald” si sapeva bene quanto fosse stimato da Putin e qualcuno l’aveva anche soprannominato “The siberian candidate”, il candidato del Cremlino nientemeno, facendo il verso al titolo del film “The manchurian candidate”, quello che parlava di un candidato presidente USA psico-programmato per diventarlo fin dall’adolescenza.

Non erano elezioni normali, erano le elezioni USA più PUFFONESCHE che si fossero mai viste (per usare un aggettivo che il giornalista italiano free lance Piero Ricca utilizzò per le elezioni politiche italiane del 2006.)

Michael Moore, l’ex fustigatore di Bush e delle sue guerre, che continuava a tifare democratico anche dopo la debacle di Bernie Sanders e quindi stava per la Clinton, diceva che avrebbero votato per Trump anche moltissimi democratici delusi e che moltissimi elettori bianchi avrebbero votato per Trump – anche se non condividevano per nulla le sue idee e magari lo disprezzavano – perchè l’avrebbero utilizzato come UNA BOMBA MOLOTOV UMANA da scagliare contro il sistema di Washington, avrebbero utilizzato così il candidato che diceva agli Stati Uniti di non lasciarsi incantare più dalle false promesse della globalizzazione. E Moore, comunque, nonostante qualche amico lo tentasse di fare altrettanto – di usare Trump come bomba molotov contro il sistema – avrebbe detto no, avrebbe continuato a stare per Hillary, la quale, secondo lui, avrebbe stupito il mondo una volta eletta, sarebbe stata rivoluzionaria come papa Francesco.

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Micheal Moore in un sit in di protesta davanti all’ingresso della Trump tower.

Trump sarebbe stata la rivincita degli americani degli stati dell’America Profonda, quelli lontani dalle  east coast e west coast liberal e radical chic, quelli lontani da Silicon Walley e Wall Street, quelli col cappello da texano e con la macchina con le corna di bisonte e la Bibbia nel cruscotto assieme alla pistola, gli americani rozzi degli stati rossi anticomunisti nelle cartine alla tv che stupiscono i mass media nelle elezioni dai risultati a sorpresa: dopo il “negro” Obama una donna come e peggio di lui sarebbe stata troppo, ci voleva una reazione. Il mondo di Trump è quello del complottista sbraitante Alex Jones, delle armi libere e per tutti, dei giacconi di pelle nera e delle cose che esplodono fiammeggianti su sfondo nero, dei combattimenti di wrestling dove si urla e poi si rade a zero la testa di chi ha perduto la scommessa sul vincitore, è il mondo dell’hard rock e dell’ex attore e wrestler complottista Jesse Ventura, ex governatore del Minnesota e amicone di Trump; per non parlare poi dello yuppies serial killer Patrick Bateman, protagonista del romanzo “American psycho” di Easton Ellis, che ha come idolo proprio il Donald Trump degli anni ottanta.

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Alex Jones.

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Jesse Ventura.

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Christian Bale, che interpreta Patrick Bateman nel film “American psycho” tratto dall’omonimo romanzo, posa per una foto assieme a Donald Trump, di cui è fan lo yuppies serial killer assassino protagonista di romanzo e film.

Quando proverbialmente si dice che “La realtà supera la fantasia”, non si vuole intendere che nella realtà possono avvenire cose da film di fantascienza o fantasy ma che possono avvenire cose a cui non si avrebbe mai e poi mai pensato nelle proprie fantasie: non mi sarei mai immaginato, infatti, lo scenario qui descritto dove, dopo la vittoria di “The Donald”, gli adolescenti e i giovani americani sensibili, facili all’emotività e a essere feriti nei sentimenti (i cosiddetti snowflakes, fiocchi di neve, che mi ricordano gli EMO), erano bambini quando Obama divenne presidente e son sempre stati abituati alla sua dolcezza, adesso, ormai teenager, sono traumatizzati da Trump e dai suoi modi duri, spicci e venati di brutalità, e allora vengono organizzati per loro dei sostegni psicologici nelle scuole e nei college dove studiano  in modo da aiutarli dopo questo trauma derivato dal vedere il soft Obama sostituito da un Borghezio/Zhirinovskij americano, decisamente hard. Allo stesso tempo, vi sono le continue manifestazioni di piazza contro Trump, con arresti e violenze, dove menano le mani e lanciano roba i neri dei gruppi di protesta di Black Live Matters, quelli probabilmente finanziati dal filantropo George Soros, e a queste manifestazioni si intrufolano non si sa come anche gli snowflakes e dunque i sensibili e traumatizzati emo snowflakes e i picchiatori neri sono uniti nella lotta contro Trump, da non credere.

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Tra lo star system, tra le stelle di Hollywood dei rotocalchi glamour e patinati, solo pochi personaggi da “America profonda” (Clint Eastwood, Chuck Norris) si azzardavano ad ammettere e consigliare di votare Trump, tutte le altre star, in massa, erano pronte a votare e far votare Hillary Rodham Clinton. E anche qui la campagna elettorale è stata non normale, con un’artista pop come Madonna che prometteva una fellatio a chiunque avrebbe votato per la Clinton (e un elettore di Hillary ha pensato bene di andare a casa di Madonna a New York per sperare di ottenere il premio col risultato di farsi allontanare dal portiere), con l’erede (?!) della stessa Madonna, la musicista pop (?!) Lady Gaga, che s’è presentata a un comizio della sua beniamina facendo il gesto V di vittoria, vestita con uno strano abito nero e rosso che ricordava vagamente una divisa militare postmoderna.

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Selfie di Kim Kardashian con Hillary Clinton.

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Lady Gaga al comizio di Hillary Clinton.

E poi Jon Bon Jovi, Bono Vox, Bruce Springsteen, Jennifer Lopez, Meryl Streep, Katy Perry, Beyoncè, George Clooney, Kim Kardashian, Miley Cyrus, Natalie Portman, Britney Spears, le Spice Girls (ah no, quelle tifavano Tony Blair, vent’anni fa)…tutto il sistema delle star americane al gran completo, e degno di menzione speciale il grande interprete Robert De Niro che, in un video circolato su You Tube si rivolge direttamente a Donald Trump dicendo che lo prenderebbe volentieri a pugni in faccia.

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Ehi, dico a te, ce l’ho proprio con te, ti prenderei volentieri a pugni in faccia!

Naturalmente, il 9 novembre, è stato l’apice di tutto questo: ma come? Un candidato come Hillary, la regina del politicamente corretto, la paladina dei diritti civili e delle minoranze, pompata da tutti i media che contano, pompata dallo star system;  la sera prima delle elezioni i corrispondenti italiani nei comitati USA in Italia non riuscivano a trovare uno che fosse uno che ammettesse di stare per Trump, il populista demagogo xenofobo e misogino sembrava spacciato, il New York Times dava la Clinton all’ 85% di probabilità di vittoria, alcuni giornali e tv anche oltre il 90%… e poi il mattino dopo la surprise.

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C’è da dire che la visione di un Trump presidente USA, assieme a una presidente donna tipo la Clinton, sembrava aleggiare nell’aria da anni: sincronicità, coincidenze, premonizioni, visioni deformate del futuro. Prendiamo per esempio la bufala secondo cui i cartoni animati dei Simpson nel 2000 predissero Trump presidente: approfondendo scopriamo che in realtà si tratta di una MEZZA bufala.)

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Effettivamente, nell’episodio dei Simpson “Bart to the future”, andato in onda nel marzo 2000, Lisa è un presidente donna somigliante a Hillary Clinton che ha ereditato una situazione problematica dalla precedente presidenza di Donald Trump.

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L’effettiva BUFALA in cui viene spacciato che nel 2000 i Simpson predissero Trump presidente quando invece l’episodio da cui sono tratte le immagini risale al 2015, anno in cui era già ben nota la candidatura di Trump come presidente.

Nel febbraio scorso, quando il magnate era in testa alle primarie repubblicane, avevamo già dato un’ “allerta sincromisticismo”, pensando a un’apparizione di Trump nella parte di se stesso (una delle sue tante nei film di Hollywood) in “Home alone 2” (“Mamma ho perso l’aereo 2”) del 1993 e agli indizi sincromistici che sembrano alludere a una commistione tra l’allora candidato, la città di New York, il disastro dell’11 settembre, la statua della libertà e un possibile futuro – per adesso ignoto – in cui tutto questo in qualche modo si intreccerà e riemergerà a galla in modi ancora non prevedibili, un possibile futuro che si manifesta e si è già manifestato in passato con indizi, per adesso enigmatici ma che comunque alludono a qualcosa che avverrà o potrebbe avvenire. E si saprà che in passato gli indizi alludevano a una certa cosa quando questa cosa si sarà effettivamente manifestata.

Prendiamo il secondo film della serie Back to the future, Ritorno al futuro, tra l’altro  film ambientato in parte nel 2015, l’anno in cui Trump ha avanzato in pubblico la sua candidatura per la Casa Bianca. Come abbiamo detto, “The Donald” è stato l’ideatore di un reality show di successo chiamato “The apprentice” (L’apprendista) in cui si sfidavano aspiranti imprenditori sotto il suo insindacabile giudizio, e uno dei tormentoni di quel programma tv durato anni era “You are fired!”, “Tu sei licenziato!” annunciato da Trump a colui che era escluso dalla gara e doveva quindi uscire fuori dal reality show. Ebbene, una delle scene centrali di Ritorno al futuro II è proprio quando uno dei personaggi (il McFly padre del futuro, del 2015) viene licenziato per via telematica, e si vede “You are fired!” uscire da tutte le parti nella stanza di casa collegata telematicamente con l’ufficio.

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Per altri dettagli interessanti sulle sincro in “Ritorno al futuro” relative al momento presente, vedere il seguente link (in inglese):

http://subliminalsynchrosphere.blogspot.it/search?updated-max=2016-11-15T18:52:00Z&max-results=7

 

Ma decisamente il botto lo fa personaggio di Biff Tannen – centrale in Ritorno al Futuro II – in cui lo svolgersi degli eventi passa freneticamente dal 1955 al 1985 al 2015. Biff Tannen è il bullo persecutore dei McFly (padre e figlio) e, andando clandestinamente indietro nel tempo dal 2015 al 1955 intrufolandosi non visto nella macchina del tempo del dr. Brown, Tannen riesce a parlare al lui stesso più giovane di sessant’anni, donandogli un almanacco sportivo coi risultati dal 1950 al 2000. Il giovane Biff Tannen del 1955 riceve dunque dal vecchio Biff Tannen del 2015 quell’almanacco del futuro e, nel corso degli anni, diventa stra-ricco per via di tutte le scommesse sportive vinte grazie all’almanacco, creando una linea temporale alternativa, un 1985 alternativo in cui finisce il malcapitato Marty McFly che scopre come il Biff Tannen del 1955 sia diventato una specie di Donald Trump del 1985 (e, noi sappiamo, ciò è avvenuto grazie al viaggio nel tempo dell’ottantenne Tannen tra il 2015 e il 1955 con in mano l’almanacco dei risultati dal 1950 al 2000), un Tannen che spadroneggia impunito in città facendo il bello e il cattivo tempo, con tanto di casinò modello Trump plaza chiamato nel film Pleasure paradise.

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Il Biff Tannen bullo del 1955 alle prese con Marty McFly.

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Il Biff Tannen magnate stra-ricco del 1985 alternativo.

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Il Biff Tannen ottantenne del 2015.

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L’almanacco.

ALMANACCARE: http://www.treccani.it/vocabolario/almanaccare/

Fantasticare; stillarsi il cervello per trovare un espediente o per indovinare qualche cosa: seguitando a almanaccar tra sé che cosa mai potesse essere tutto quel rigirìo (Manzoni); non chiudeva occhio almanaccando dove egli potesse trovar denaro (Verga). ◆ Part. pass. almanaccato, anche come agg., complicato, lambiccato: sofisticherie almanaccate (Tommaseo).

https://civiltascomparse.wordpress.com/2014/12/31/dialogo-di-un-venditore-di-almanacchi-a-un-passeggere-con-tante-scuse-al-conte-giacomo-leopardi-da-recanati/

Se digitate su Google image “Biff Tannen” e “Back to the future” “Donald Trump” (e anche in italiano, “Ritorno al futuro” “Donald Trump”, “Trump plaza” “Pleasure paradise”) vedrete come questo meme sincromistico si sia già parecchio diffuso fino a uscire fuori soltanto digitando il nome di Biff Tannen e fino a sfiorare il mainstream. Persino su un giornale on line di sinistra come Carmilla gli effetti si sono fatti sentire.

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Recensione de ” Il Pianeta Terra “

20 08 2016

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Eccoci qua per recensire uno degli ultimi sistemi di co-esistenza virtuale attualmente in commercio, un sistema dalle caratteristiche semplici e lineari, ci si accede come di consueto pagando la camera di immersione virtuale, da soli o in compagnia, se si volesse avere una nascita digitale gemellare o plurigemellare, certamente con dei limiti, poichè il software su cui è stato organizzato questo sistema non è esente da una serie di problemini tecnici, e fin troppo spesso si è verificato che in una immersione di coppia uno dei clienti non riuscisse a completare il processo di materializzazione del suo individuo all’ interno della madre virtuale che una volta attivato il processo di riproduzione consente al sistema di scaricare all’ interno del suo corpo virtuale un individuo puramente casuale, e ripeto casuale, fra i clienti che hanno contemporaneamente accettato di partecipare alla lotteria, e generalmente solo una camera riuscirà ad aggiudicarsi il posto. Ci sono state alcune critiche poichè in altri sistemi di mondi virtuali si può mettersi d’ accordo fra due clienti per decidere attraverso chi, dove e quando nascere. Ma il fatto è che questo sistema

” Terra ”  è basato su tutte le regole basilari di ” logica ” e ” scienza pura ” secondo le quali dovrebbe essere organizzato un sistema. Da qui il nome elementare.

Un altro fattore di questo sistema è che tutte le gemme di questa realtà virtuale sono nascoste agli occhi dei più , e naturalmente, si deve temporaneamente rinunciare alle proprie memorie originali e cominciare da zero, per avere esperienza di una vera esistenza alternativa alla propria. Il tempo qui dentro passa più lentamente, così che un giorno da questa parte corrisponde a un anno virtuale.

All’ inizio sembra di essere in un mondo abbastanza scarno di misteri, tutto basato sugli istinti, ma questo è un mondo in evoluzione, e dalla generazione della caccia e degli istinti primari si passa alle grandi epoche storiche, al progresso tecnologico, all’ evoluzione del pensiero fino alla fase più cruciale, quella della globalizzazione, e da questo punto in avanti la situazione si fa davvero interessante.

Qualcuno ha criticato la presenza di religioni, iniziate da particolari individui più simili a noi che a loro, che si sono offerti di ” scendere fra di loro ” per attuare una campagna di insegnamenti basati sullo stile di vita e sul pensiero, ma è già stato constatato che il risultato è contrario alle aspettative. Nonostante tutti i cambiamenti impostati, l’ aumento di libertà individuale, l’ uscita dal percorso preimpostato di quello che nella timeline storica di questo sistema sembrava piuttosto una sorta di tutorial i parametri emotivi e psicologici dei clienti di questo sistema, probabilmente troppo sbilanciati, hanno dato origine a un vero e proprio culto della guerra , e viene lasciato da parte il concetto di conservazione del sistema per l’ utilizzo spropositato ( una conseguenza dell’ aumento di clienti pronti ad inserirsi con l’ arrivo della patch ” storia moderna ” ) e per rispondere ai vincoli ossessivi del sistema emotivo della personalità virtuale, rendendo questa esistenza virtuale fin troppo simile a una telenovela del 20esimo secolo.

Questa sua impostazione della soddisfazione dei bisogni tarata in modo da lasciare poco spazio nell’ arco di una giornata virtuale per raggiungere gli obiettivi che una personalità virtuale ti propone è così temuta che sono state messe in commercio sul mercato nero delle patch che permettono di diminuire, o addirittura inibire ( soprattutto per quanto riguarda la soddisfazione del piacere fisico ) queste impostazioni per permettere alla personalità contro corrente di raggiungere maggiori obiettivi nella virtual life.

A livello tecnico la possibilità di libero arbitrio è limitata fortissimamente dalle impostazioni genetiche, dalle regole della fisica del sistema, e dai vari difetti fisici o psicologici a cui si va incontro nella generazione di una personalità in questo sistema. Anche se teoricamente un individuo può avere l’ impressione di aver scelto fra una miriade di opportunità diverse la verità è che talvolta sembra quasi si attivino memorie inconscie che ti fanno sentire come se vivessi in una gabbia al paradiso.

La Terra non era un sistema di grande successo agli inizi, quando si stava gradualmente sviluppando la timeline storica, tant’è che era in corso una revisione del sistema e addirittura una pulizia innescata dalla patch ” estinzione globale ” . Al posto di una impostazione direzionata verso l’ evoluzione di rettili umanoidi si è provato con la simulazione più simile alla nostra, quella degli umani ” semplicemente umani “, che è sopravvissuta a una serie di parametri inaspettati che hanno generato l’ esplosione di un supervulcano che ha provocato un collo di bottiglia nella capacità di ” insediamento ” dei clienti, cosa che ha reso molto più interessante la timimeeline di questo sistema.

Le gemme sono nascoste, dicevamo. Ebbene sì, i creatori di questo sistema hanno aderito all’ associazione di reality show basata sulla programmazione di ecosistemi artificiali così che tutti noi, se lo vogliamo, possiamo osservare qualunque cosa succeda al suo interno, anche e soprattutto per verificare che cosa sta succedendo ai nostri famigliari, poichè molti di noi hanno preferito rimanere vincolati alla loro personalità originale e reale, con il programma di trasferimento mentale. Proprio come doveva essere guardare una qualunque serie televisiva nel 21esimo secolo ora noi stiamo osservando la vita in un ecosistema che ricorda moltissimo il nostro, ma con tutte le peculiarità che in tale sistema verrebbero definite fantascienza ridotte a uno scheletro.

Abbiamo realizzato che la maggior parte dei clienti hanno avuto la netta sensazione, il più delle volte, di essere osservati, sempre più spesso ora che hanno la capacità di generare realtà alternative all’ interno del sistema virtuale, una realtà inscatolata nella realtà che a sua volta è generata artificialmente da quella reale. Molti hanno definito perversa e alienante la dinamica secondo cui la maggior parte delle personalità individuali, consciamente e inconsciamente, si rivolge ” allo schermo ” per varie richieste, lamentele o imprecazioni, facendoci sentire come se stessimo andando in uno di quegli ignobili ecosistemi che una volta si chiamavano zoo, oppure riportando alla memoria i più primitivi videogiochi di simulazione di realtà.

Sebbene la maggior parte degli animali più semplici e piccoli non contengono al loro interno una coscienza di alcun tipo se non quella che si potrebbe attribuire a una comune AI della playstation, molti hanno ritenuto una esperienza liberatoria quella di scegliere il percorso alternativo, ed essere rigenerati come animali ha dato loro un senso di avventura e culto dell’ imprevisto, che assomiglia alla reazione alla fine di un giro sull’ ottovolante. Molti hanno voluto vivere una esperienza ” viziata ” al riparo di una famiglia che li ha addomesticati e accolti, altri si sono buttati nella natura più raw, lontani da ogni tipo di contatto con gli altri clienti più ” psicologicamente altolocati “.

TO BE CONTINUED





Renato Vallanzasca e Reinhold Messner

25 10 2013

Renato Vallanzasca e Reinhold Messner.

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Diverse volte, in questo blog, s’è parlato della PERDITA DEL MITO, non solo storico, ma anche legato alla cronaca, e di come questo processo sia andato di pari passo e accelerato, a partire dagli ultimi decenni (soprattutto l’ultimo decennio) del XX secolo (secolo molto mitizzato), con i processi di ultra-secolarizzazione dovuti all’ideologia dominante, il cosiddetto “neoliberismo”, “neomercatismo”, il quale ha banalizzato tutti i miti (culturali e sottoculturali) dell’occidente (estendendoli al mondo globalizzato) semplicemente trasformandoli in merce, acquistabile e vendibile, attraverso la loro spettacolarizzazione pubblicitaria tecnologicamente raffinata. Ecco perché, soprattutto nell’ultimo decennio, vengono così guardati con affettuosa nostalgia gli ANNI 80, perché, sostanzialmente sono stati gli ultimi anni dove, in qualche modo, vi era ancora un’esistenza fuori dal controllo della mercificazione universale supportata da un apparato spettacolare di dimensioni macroscopiche, il quale ha distrutto completamente, come uno schiacciasassi, la realtà precedente, ancora impregnata di FIGURE ARCHETIPE molto tangibili, appartenenti a un’epoca ancora priva di un’inflazione così totalizzante, come abbiamo ben visto dalla fine degli anni novanta in poi, dove personaggi della musica, del cinema, dello spettacolo, dello sport, dei libri, della cronaca, sono apparsi e dimenticati nel giro di pochissimo tempo, triturati da programmi Tv spazzatura, recensioni lampo subito buttate nel cestino (sia quello fisico sia quello digitale), reality show e social network, due espressioni chiave in lingua globish, per comprendere il picco dello svilimento e dell’inflazione di cui parlo, assieme a real time (ovvero ciò che è alla base sia dell’uno sia dell’altro.) Ebbene, per mostrare come questo svilimento e questa inflazione riguardano figure che vanno anche oltre il mondo del cinema, della musica, dell’arte, del teatro, dei libri, ecc ecc, ne ho catturato due in particolare – tuttora viventi e nemmeno troppo vecchi – il cui mito fa parte di quell’epoca che ha visto il tramonto negli anni ottanta, e che posso indicativamente collocare con la fine dell’Unione Sovietica. Queste due figure appartengono a un mondo che non c’è assolutamente più, un mondo ben definito e definibile, dove i mass media erano più lenti e sembravano davvero riportare “ciò che succedeva veramente”, un mondo senza telefonini cellulari e senza internet, dove vi erano figure ben riconoscibili, collocabili, sature di concretezza e realtà, sulle pagine dei giornali di cartaccia con le foto in bianco e nero e sulle televisioni che erano ancora un po’ in bianco e nero, era l’epoca un po’ a colori e un po’ in bianco e nero, e questi due vi appartenevano pienamente; ripeto, sono entrambi ancora vivi e non particolarmente vecchi, ma non sono più quei due che si sono giustamente stampati nella memoria, perché ben definibili, non personaggi usa e getta che durano lo spazio di una stagione tv o di quattro STATI su Facebook o su MySpace. Non appartengono nemmeno strettamente al mondo dello spettacolo, l’uno era un criminale dalle imprese rocambolesche e leggendarie, l’altro un alpinista dalle imprese rocambolesche e leggendarie. Erano ben definibili, avevano un loro perché, nessuno doveva sforzarci di farci notare che erano importanti, perché lo erano già di loro, lo capiva anche un bambino. Non si dovevano sforzare di essere famosi, perché lo diventavano naturalmente, senza sforzarsi. Agivano perché la loro natura era quella lì, avventurosa, oltre i limiti della fatica umana, al di là del bene e del male, non per essere inquadrati da una telecamera o un cellulare, o per essere celebri su internet attraverso un social network. E i loro volti riuscivano a imprimersi bene dentro le capocce perché appartenevano a un mondo che andava più lentamente in qualche modo, che era più credibile e quindi reale, e quindi anche loro erano reali, perché le loro imprese non erano studiate dalla Endemol o da qualche istituto di marketing, ma nascevano dall’intimo del loro essere (avventuroso criminale uno, avventuroso scalatore l’altro), le loro imprese le facevano a prescindere dal diventare i testimonial di una pubblicità, tanto per dirne una.





E ne resterà soltanto uno: la parabola di Pietro Taricone

25 04 2013

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Ricordo bene quell’autunno 2000, quando c’era stata la prima edizione italiana della trasmissione IL GRANDE FRATELLO.

Il Grande Fratello, come tutti sanno, è il dittatore assoluto che assoggetta le popolazioni attraverso gli schermi televisivi, nel libro distopico, 1984, dello scrittore britannico George Orwell.

Nulla, in quell’anno, lasciava presagire che, negli anni successivi, molti commentatori avrebbero bollato come orwelliana la gestione massmediatica della “guerra al terrorismo” e le leggi in materia di sicurezza promulgate in seguito, le quali ponevano limiti alla libertà e alla privacy della cittadinanza.

La prima edizione de Il grande fratello era qualcosa di “storico”, non mostrato soltanto come tale, nonostante fosse un format dell’agenzia olandese Endemol distribuito in molti paesi, non solo in Italia. Per la prima volta in questo paese, era trasmesso un programma che riprendeva 24 ore su 24 un gruppo di persone, prigioniere di una casa di loro spontanea volontà.

Le successive dodici edizioni de Il grande fratello, per me erano state solo copie malriuscite della prima, la VERA edizione storica e classica, indimenticabile, che sarebbe rimasta “scolpita nei secoli.” Forse soltanto ancora la seconda si era un po’ salvata, quella che fu fatta partire con una settimana di ritardo per via degli attacchi terroristici del settembre 2001.

Era forte, dunque, la NOVITA’  originale e originaria di quella prima edizione, avevo letto che persino Umberto Eco passava una parte del suo tempo a guardarla; tra i partecipanti ricordo personaggi come Rocco Casalino, Un certo “Ottusangolo” (come era soprannominato dalla Gialappa’s band), la pittrice sarda che di cognome faceva Tilloca, e adesso non ho voglia di andare su un motore di ricerca per rintracciare il suo nome (che ora me lo sono ricordato, era Maria Antonietta), poi la bagnina bionda del lago d’Iseo dal forte accento lombardo-orientale, il pizzaiolo-deejay siculo e pelato col bandana e altre figure che, settimana dopo settimana, venivano “nominate” dal televoto del pubblico a casa e dalle scelte dei loro compagni i quali, all’interno di una specie di loculo tutto rosso chiamato il “confessionale” decidevano chi per loro doveva uscire  Era come un rituale molto preciso, una specie di cerimonia che andava avanti settimana dopo settimana il giovedì sera su Canale 5, condotta da  Daria Bignardi e in onda sull’antenata di Sky, Stream Tv, come si è detto, 24 ore su 24.

Settimana dopo settimana, dunque, chi aveva ricevuto più nomitation (negative) sia dal pubblico a casa che dai loro compari – tutti sorrisi davanti e coltelli dietro – usciva dalla casa, e c’era il giornalista Marco Liorni ad accompagnare all’uscita  colui o colei che era stata espulsa dalla casa, per poi ritrovarsi in studio di fronte alla Bignardi con, sullo schermo dietro alle loro spalle, i compari rimasti nella casa. E tutti commentavano l’uscita, con grandi emozioni, trasmesse al pubblico a casa, e non ancora diventate routine, come nelle edizioni successive, quelle condotte da Alessia Marcuzzi. In seconda serata, poi, ci pensava la Gialappa’s band a fare una specie di montaggio video della serie “vogliamo ricordarlo/a così”, con i momenti più salienti del personaggio dentro la casa, con il noto brano di Vangelis come accompagnamento musicale.

Tra i personaggi di quella prima edizione andata in onda nell’autunno del mitico anno 2000 (dall’equinozio di autunno al solstizio d’inverno), vi era uno che spiccava tra tutti per la sua personalità contraddittoria, multisfaccettata, verace, sincera, ma con una certa oscurità e malinconia di fondo, un po’ maudit. Senz’altro il più inquietante tra gli individui che popolavano la casa: PIETRO TARICONE.

Ricordo quando Pietro Taricone era riuscito a vincere la prima edizione de Il grande fratello, il 21 dicembre 2000, quando era rimasto SOLO nella casa, come un leone in gabbia dentro il grande soggiorno con il divano e tutte le altre stanze della grande casa, vuote come le stanze dell’albergo di Shining, con TUTTI che lo osservavano dallo studio televisivo della Bignardi e di Liorni, dove si erano radunati i suoi ex compagni, ormai tutti fuori, e restava soltanto lui là dentro, ricordo che la musica di accompagnamento era estremamente evocativa. Non era solo un momento di grande televisione che accade raramente (potete ridere ma è così) ma era anche l’incarnazione, in diretta Tv, di una mitologia, il mito dell’eroe il quale, dopo essere di ritorno da un viaggio, da una battaglia, si trova faccia a faccia con la solitudine del vincitore. Vi era, dunque, un aura in quell’ultima puntata della prima edizione, la quale non si sarebbe più ripresentata per tutte le dodici edizioni successive. Non era più un banale reality show (all’epoca quest’espressione non era ancora entrata nell’uso comune) ma la concretizzazione di un archetipo eterno.

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La locandina del film con Vincent Price “L’ultimo uomo sulla Terra.”

In quel momento Taricone era l’ultimo uomo sulla Terra, era Adamo senza Eva, Caino senza Abele, Socrate prima di prendere la cicuta, Gesù Cristo sulla croce.

Ed era forse destino che Pietro seguisse l’espressione, resa famosa da una canzone di Francesco Guccini, “gli eroi muoiono giovani e belli” poiché il 29 giugno 2010, a soli 35 anni, morì in seguito a un incidente di paracadutismo, una disciplina in cui era esperto.

Tralasciando  le considerazioni complottiste su questa vicenda, voglio concludere riportando uno scritto tratto dal blog The Hive, postato proprio nel giorno della morte di Pietro Taricone, e che riguarda avvenimenti tuttora in corso.

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Cosa hanno in comune il prematuro decesso di Pietro Taricone, l’ aggressione a Papa Benedetto e l’ iter giuridico del processo al Vaticano (in merito allo scandalo pedofilia)? Tutti e 3 gli avvenimenti, avvenuti in perfetta specularità temporale (vedi figura sopra), parlano in modo figurato – o meno – della caduta della chiesa: la caduta del Papa, il massimo esponente Vaticano (S. Pietro), e la “Caduta” di Pietro Taricone, morto “inspiegabilmente” quando in USA la magistratura tuonava vendetta contro il Vaticano (S. Pietro), proprio durante il giorno di San Pietro! (quando è troppo è TROPPO).

La morte di Taricone è la perfetta risonanza temporale di un avvenimento simbolico del passato, che è il riflesso anticipato di un futuro che piano piano viene svelandosi, in maniera speculare e perfetta, noi oggi sappiamo, che questi segnali allegorici potrebbero essere il presagio di un futuro meno allegorico e piu concreto dove potremmo assistere inesorabilmente alla caduta (questa volta non allegorica) dell’ impero di S. Pietro..

Un futuro, che è stato gia pressoche scritto e programmato si preconfigura inizialmente in maniera immaginativa (a livello di pensiero), per poi mutare in evento simbolico ed allegorico, per diventare infine realtà.

I segnali arrivano, e il Messia moderno (la TV) anticipa a suon di “parabole” simboliche ciò che ci aspetta: a testimoniare la natura riflettente del tempo […]

Dal punto di vista umano, è pressochè evidente a questo punto, che chi lavora in televisione ed ha puntati addosso gli occhi di milioni o miliardi di persone, diventa a maggior ragione, pedina del gioco dell’ universo, ove tutto è in un perfetto Caos Organizzato.. fenomeni mediatici come ad esempio la morte di M. Jackson, e la morte di Taricone, sono segnali evidenti di una matrice intelligente di eventi che si muove e vibra in maniera organizzata, e di come gli esseri umani (sopratutto quelli che nella società hanno un ruolo chiave) vengono manovrati misteriosamente da questa matrice (la morte di Taricone e quella di Jackson sono state entrambe piuttosto anomale e misteriose).

http://hive1.blogspot.it/2010/06/specularita-30.html