Alessandro Dal Lago e Valerio Evangelisti

25 04 2022

Ciao a tutti, sto preparando due lunghi post, che mi sono stati ispirati da una serie di aggiornamenti del blog di Christopher Knowles, non so quando vedranno la luce. Nel frattempo, ho avvertito il bisogno di onorare qui su “Civiltascomparse-il punto zero” la memoria di due uomini di grande cultura scomparsi di recente a poca distanza l’uno dall’altro: Alessandro Dal Lago e Valerio Evangelisti. Bisogno, anche perché m’è sembrato di notare come, a causa di una certa somiglianza tra loro sia per l’appartenenza politica – la sinistra non moderata – sia per i temi affrontati, sia per il loro forte piglio critico, per la loro appartenenza generazionale, finanche per il loro stesso aspetto fisico… il non essere passato nemmeno un mese tra le loro scomparse potrebbe far si che i due siano inclusi nel fenomeno descritto a questo indirizzo: “https://civiltascomparse.wordpress.com/2014/03/22/icone-massmediatiche-morte-nello-stesso-periodo/” , sebbene, sinceramente, sia Dal Lago sia Evangelisti “icone massmediatiche” non lo siano mai state visto che la loro fama era comunque sempre piuttosto di nicchia, nonostante (e mi sa forse proprio per questo) il valore delle cose che scrivevano.

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Alessandro Dal Lago

Alessandro Dal Lago 24/07/2003 Copyright Giovanni Giovannetti/Effigie/Writer Pictures NO ITALY, NO AGENCY SALES

Da qualche tempo sono iscritto alla newsletter di “https://pianetica.org/”, un progetto sia sul web sia su libro cartaceo, ideato da due scrittori italiani. Periodicamente, all’indirizzo della mia casella di posta elettronica con cui mi sono abbonato alla newsletter, mi vengono inviati aggiornamenti sulle nuove uscite di articoli i cui files di testo, destinati esclusivamente agli iscritti, passato un certo tempo, spariranno da internet, cioè “da remoto”, e saranno irreperibili, tranne magari nelle memorie dei computer “in locale” di quegli abbonati che nel frattempo avranno salvato i files, i quali possono però essere rimessi in circolazione nel web dagli stessi iscritti, basta che citino la fonte.

Per ora, presentiamo qui un testo solo di Valerio Evangelisti (anche perché è quello che ci è arrivato per email), non ne presentiamo anche uno di Alessandro Dal Lago (il quale per un breve periodo – proprio nel 2005 in cui fu scritto il testo di Evangelisti! – peraltro fu insegnante di chi sta scrivendo)…ma prima o poi potrebbe darsi che un suo scritto lo presenteremo qui sul blog. Il prof. Dal Lago è scomparso il 26 marzo.

Ciao subscriber,

viene rilasciato “Una narrativa adeguata ai tempi”, un saggio di Valerio Evangelisti, il grande scrittore scomparso il 18 aprile scorso. Il saggio è preceduto da un testo di chi scrive Pianetica. Per scaricare lo scritto è sufficiente cliccare sul pulsante azzurro qui sotto.

Ricordiamo che “Pianetica” è anche un libro cartaceo, di cui sono autori Giuseppe Genna e Pino Tripodi, autoprodotto in alta tipografia e acquistabile al prezzo al di là del mercato di 50 euro a questo link: http://www.milieuedizioni.it/prodotto/pianetica/.

 

Il 18 aprile 2022 è mancato Valerio Evangelisti.

È tra gli scrittori che è necessario ritenere fondamentali negli ultimi decenni di letteratura e critica e impegno nella regione italiana del pianeta. Non si intende qui tracciarne un ricordo o peggio un bilancio. Si possono recuperare in Rete moltissime e sincere testimonianze dell’ammirazione e dell’affetto tributatigli da lettrici e lettori, oltreché valutazioni sulla statura e la profondità del suo lavoro (ci permettiamo di segnalarne una per tutte: il ricordo in audio di Wu Ming 1 su radiocittàfujiko).

Se c’è un autore contemporaneo totale e non contenibile in una forma destinata a sclerotizzarsi, per chi scrive Pianetica è proprio Evangelisti. Dalla terza fase della sua raccolta di saggi ibridi, uscita col titolo Distruggere Alphaville, al momento fuori catalogo, ci preme riprodurre il saggio che qui segue, intitolato Una narrativa adeguata ai tempi.

Si tratta di un intervento che ebbe la sua pubblicazione nel 2005 e che risente di un processo storico, peraltro analizzato e perfino profetizzato dall’autore, in cui la riflessione si sofferma sulle crepature di ciò che fu ai tempi il presente e che le vicende si sono incaricate di spalancare ad abisso: per esempio, la questione dei generi. Tuttavia il rigore e la visione di Valerio Evangelisti lanciavano già l’elemento dei generi letterari in una dimensione ben più profonda e ora di clamorosa attualità: i generi esistenziali. Anche la visuale sul controllo e sulla dinamica tecnologica sembrerebbero collocabili nel contesto del 2005, ma le profondità dell’analisi del “Magister” surclassano la dittatura dei giorni e lanciano la prospettiva ben oltre l’attualità che stiamo vivendo, ben oltre l’ingenuità che sconta l’idolo critico del “capitalismo della sorveglianza”.

Il punto di vista pianetico è definitivamente la fase di confronto estremo a cui ha teso e non smette di tendere la scrittura di Valerio Evangelisti: l’uscita dai protocolli e dai canoni, la storia che non è più storica e però non cessa di esserlo, le plebi autonome e diffuse in un quadro di economia non più economica, la fine del politico a vantaggio dello sguardo planetario che ragiona su rapporti tra pianeti e sulla formazione e morte dei cosmi. La sorte biologica ha impedito a Evangelisti di approfondire questo confronto con un simile oggetto non formale, che abbisognerebbe di menti e di scritture come la sua: capaci di cambiare per sempre le percezioni, anticipandole attraverso la messa di se stessi in periferia, per poi distruggere l’intera città morente.

(La pòlis della politica è l’Alphaville di Evangelisti. La politica fondata sulla pòlis cede a un’infinità di relazioni e apparizioni fondata sul pianeta e non più sulle vetuste e inique categorie implicite nell’idea e nella storia di ciò che fu città).

Salutiamo il fratello sorella Valerio Evangelisti, nella notte ci guidano le stelle.

 

 

“Una narrativa adeguata ai tempi”

di Valerio Evangelisti

 

La globalizzazione dell’economia, il ruolo egemone dell’informatica, il potere del denaro astratto, le nuove forme di autoritarismo legate al dominio delle comunicazioni sembrano lasciare indifferenti gli scrittori di letteratura “alta”, quanto meno in Europa. Nella maggior parte dei loro romanzi il mondo pare rimasto immutato. Prevalgono le storie intimiste, identiche a quelle che avrebbero potuto svolgersi cinquanta anni fa, o che potranno svolgersi tra cinquant’anni. Amori, passioni e tradimenti continuano a consumarsi entro contesti dai colori tenui e dalle luci soffuse, in cui si annusa la polvere e il borotalco. Ci sono eccezioni, certo; ma rimangono isolate e non alterano il quadro generale, minimalista a oltranza.

Lo stile fiacco, estenuato, viene considerato realista. A esso apparterrebbe la verità, tanto da farne l’unica forma di letteratura veramente nobile. Poco importa che l’autore, se non ha tempo da perdere, batta il proprio testo su un computer e lo spedisca per posta elettronica. Poco importa che i tempi di stampa si siano più che dimezzati grazie a nuove tecniche tipografiche. Queste innovazioni vili non possono riflettersi nella storia narrata, salvo contaminarla e ridurne la carica di sublime. La prosa “realistica” si colloca fuori del tempo. Ciò che vi sta dentro è robaccia.

Certo, la letteratura “bianca” si trascina dietro la propria antitesi, il roman noir. Qui il sociale, la strada, la vita metropolitana, il conflitto hanno un ruolo importante. Non ve ne hanno, però, salvo rari casi, le strutture planetarie del sistema, i cambiamenti epocali, le modificazioni psicologiche e comportamentali indotte dallo sviluppo tecnologico. La vicenda si risolve, in fondo, nello scontro tra pochi individui animati da passioni eterne: l’odio, la vendetta, l’amore, la sete di giustizia. Il massimalismo della cornice si risolve nel minimalismo dello svolgimento. Poliziotto corrotto, o dubbioso, o onesto, contro criminale onesto, o dubbioso, o corrotto. Non è sempre così, per fortuna, ma lo è assai spesso. Se non altro, però, viene chiamato in causa il sistema nel suo assieme. È un minimalismo più grande, o un massimalismo rimpicciolito.

Due passi avanti e uno indietro.

Il fatto è che, oggi come non mai, il sistema si è diluito a livello di continenti, e il controllo sulle vite individuali è passato a centrali di potere anonime e distanti. Un volume di scambi vertiginoso decide nello spazio di una giornata centinaia di migliaia di destini. Una fabbrica chiude in Francia, una rivolta esplode in Indonesia, un’industria italiana sposta la produzione in Albania, un avventuriero guadagna miliardi in Australia e li perde in Spagna il giorno successivo. A tutto ciò, si accompagna una miriade di drammi che nessuno si incarica di registrare. E, quando si va a vedere chi è l’agente di tante tragedie, si scopre che si tratta di azionisti inconsapevoli che hanno affidato i propri risparmi a un gestore di fondi. Ma anche questi è parzialmente inconsapevole: tutto ciò che conosce è il mercato. E il mercato non è un’entità fisica, ma un’assieme di equilibri retti da norme. Chi ha dettato quelle norme? I governi. Ma anche i governi sono inconsapevoli, seppure in minima parte: assumono decisioni in sintonia con altri governi, che a loro volta sono condizionati dai governi più forti. E a chi obbediscono questi ultimi? In realtà a nessuno, in teoria al mercato…

Se si cercasse il vero elemento scatenante, forse si finirebbe per scoprirlo nel professore alcolizzato di una piccola università americana di provincia. Costui, in un momento di delirio etilico, ha elaborato una teoria basata sul nulla, ma molto in sintonia con quelle che erano, in quel momento, le esigenze politiche del suo governo. La teoria si miscela all’ideologia, il composto si trasforma in politica, la politica si converte in comando, il comando si fa potere. Il disoccupato sa a quel punto chi ringraziare. Anzi, non lo sa. Non lo sa nessuno. Mentre la letteratura “alta” si compiace di ignorare tutto ciò, nei piani bassi della narrativa c’è chi ne ha fatto da tempo il proprio oggetto.

Alludo alla fantascienza.

Non a tutta, è chiaro.

Se c’è una cosa che vi abbonda è la paccottiglia. Ma il genere è per sua natura massimalista, e incline a occuparsi di grandi temi: trasformazioni su larga scala, sistemi occulti di dominio, società alternative, effetti tragici o bizzarri della tecnologia. Come il più balordo degli spaghetti-western poteva contenere grande cinema, così il più illeggibile dei romanzi di fantascienza può contenere grandi intuizioni. Magari si disperderà in avventure fini a se stesse, in profili psicologici abborracciati, in semplificazioni degne di una favoletta per bambini. Ciò che non potrà mai tollerare è il minimalismo, estraneo al suo codice genetico.

È solo nella fantascienza che si trovano descrizioni realistiche (sì, realistiche!) del mondo in cui viviamo. Quale altro genere letterario ha mai dedicato un romanzo ai meccanismi delle crisi economiche? Nessuno. Prendete invece Depression or Brust (1974) di Mack Reynolds. L’annullamento dell’ordinazione di un frigorifero, da parte di un uomo qualunque, provoca il fallimento del concessionario, poi della casa produttrice, poi, di gradino in gradino, il crollo dell’intera economia statunitense. La storia non ha un protagonista vero e proprio che non siano la crisi in sé e la fragilità complessiva del sistema.

Non sarà letteratura raffinata, ma non la si può relegare nell’ambito dell’effimero e dell’irrilevante. Il tema è tanto forte da non lasciarsi emarginare. Risaliamo indietro. Prendete Hell’s Pavement di Damon Knight (1955). In una società di poco futura rispetto alla nostra, viene trovata la medicina definitiva contro il crimine. Ogni delinquente abituale viene condizionato ad avere allucinazioni al momento di commettere un misfatto. La trovata finisce però nelle mani di alcune multinazionali, che l’adattano ai loro scopi: il misfatto supremo, che provoca le allucinazioni, è acquistare i prodotti di una società concorrente. Risultato: il mondo intero si divide in aree di potere, in cui ogni multinazionale esercita il proprio dominio imponendo ai cittadini le allucinazioni a lei favorevoli.

Fa sorridere? Bè, io non sorrido troppo. Vivo in un paese in cui un intero movimento politico è sorto da un momento all’altro, per via del fatto che il suo leader possedeva una rete di catene televisive… Sempre in tema di allucinazioni, un autore italiano di fantascienza, Vittorio Curtoni, scrisse una ventina di anni fa alcuni racconti che avevano al centro una guerra futura. Le parti in lotta avevano fatto uso di armi psichedeliche. La conseguenza era stata quella di creare un’umanità ormai incapace di distinguere il vero dal falso, e anche di riconoscere se stessa come appartenente a un’unica comunità solidale… Chi abbia ancora in mente l’orgia di false notizie, presentate dalle fonti più autorevoli, che ha accompagnato la guerra nel Golfo e quella nel Kossovo, ha già capito a cosa alludo. I neonati che gli uomini di Saddam Hussein avrebbero strappato alle incubatrici, i 700 bambini kossovari che sarebbero stati rapiti e sottoposti a trasfusioni di sangue a favore dei soldati di Milosevic… Altrettante false notizie, che inducono a pensare che la guerra allucinogena sia veramente cominciata. Non voglio dilungarmi con gli esempi. Me ne permetto un ultimo.

Ho alluso alla difficoltà di trovare chi regga, oggi, le leve del potere. C’è un delizioso racconto di Jack Vance che si intitola Dodkin’s Job (1964). Un operaio è sconcertato dagli ordini irrazionali che, in una società rigidamente suddivisa in classi, gli pervengono dall’alto. Si mette alla ricerca di chi li emana. Dopo lunghe indagini, scopre che non provengono da nessuno. O meglio, è un anziano custode dei palazzi del potere che si incarica di batterne l’abbozzo su una vecchia macchina da scrivere. È poi l’intero sistema che li fa propri, li deforma e li muta in assurde imposizioni. A prima vista, poco più di una barzelletta. In realtà, un apologo sulla mancanza di democrazia che può manifestarsi nelle moderne forme del vivere civile, quando il comando si esercita senza controllo. Attraverso la metafora, la fantascienza ha saputo cogliere meglio di qualsiasi altra forma narrativa le tendenze evolutive (o involutive) del capitalismo contemporaneo. Ciò le ha permesso di frequente di superare i limiti della letteratura e di dilagare nel costume, nei comportamenti, nel vocabolario d’ogni giorno, nel vivere quotidiano. La corrente detta cyberpunk, attiva fino a una decina di anni fa, ne costituisce il principale esempio. Per la prima volta nella storia, molto in anticipo sugli attuali sviluppi di Internet, una folta schiera di scrittori assumeva a tema dei propri romanzi l’informatica, quale forma di connessione tra uomo e macchina.

Romanzi “fantastici”, lontani da quel realismo che è ritenuto forma letteraria privilegiata? Mi si permetta di dubitarne. Allorché Internet si è imposta, le opere di Gibson, Sterling, Rucker ecc. hanno fornito alla nuova realtà la terminologia adatta a descriverla, oltre a una mappa dei suoi possibili futuri. Più ancora, hanno indicato a gruppi di oppositori le vie per una possibile resistenza, culturale e pratica, alle minacce implicite nell’emergere di una rete comunicativa onnipresente, capace di riprodurre i rapporti di dominio sul terreno insidioso dell’immaterialità. Si sono visti spezzoni dell’ultrasinistra europea, influenzati per loro stessa ammissione dalla narrativa cyberpunk, creare la rete ECN (European Counter Network) e usare per primi la rapidità del nuovo sistema informativo per coordinare le proprie iniziative. I centri sociali dei giovani antagonisti si sono riempiti di modem e di computer, regolarmente distrutti dalla polizia durante le proprie irruzioni. Gli hackers hanno condotto titaniche battaglie individuali contro i grandi gruppi economici, rallentandone l’accesso al Web e la conquista del suo controllo. Si era già visto la letteratura popolare influenzare la vita concreta (penso al feuilleton ottocentesco e alle ricadute sociali dei romanzi di Sue), ma mai in forma così massiccia e sistematica. Tanto che il cyberpunk si è estinto non per debolezza propria, ma perché era divenuto superfluo, a fronte del proprio dilagare fuori del campo narrativo.

Non credo che altre correnti letterarie possano vantare una fine tanto gloriosa.

Viene il sospetto che il fantastico, e in particolar modo la fantascienza, rappresentino il solo modo per descrivere adeguatamente, in chiave narrativa, il mondo attuale. È un mondo in cui l’immaginario ha assunto un peso sconosciuto in precedenza. Se dovessimo riformulare una teoria del valore (e sarebbe quanto mai necessario), dovremmo aggiungere l’informazione ai fattori individuati dalle varie scuole economiche. Quantità di lavoro contenute nelle merci, scarsezza dei beni, gioco tra domanda e offerta non bastano più. Una merce è tanto più richiesta quanto più è conosciuta, e il suo valore cresce di conseguenza… Il capitalismo tradizionale si accontentava della pubblicità. Oggi penetra oltre: nella fantasia, nei sogni, nelle visioni del mondo più intime. La crescita della comunicazione gli ha offerto il destro per fare ciò, imponendo modelli di vita, creando bisogni dove non ce n’erano, accrescendo la sete di affermazione individuale. Non si capisce nulla della società attuale se non si tiene presente la rapida colonizzazione dell’immaginario che è stata attuata in questi anni. Una volta si svolgeva un ruolo produttivo per un certo numero di ore al giorno, e il resto del tempo era dedicato alla ricreazione e al riposo, cioè a se stessi. Oggi le attività ricreative, tutte basate sulla comunicazione, espandono l’area della produttività a detrimento dell’ozio e della quota di riposo. Praticamente ogni spettacolo televisivo contiene incitamenti all’acquisto, si tratti di pubblicità esplicita o di riferimenti ai modi di vivere ritenuti ottimali per tutti. Si sono visti interi rivolgimenti sociali dovuti all’immagine: la corsa alle merci occidentali dopo la caduta del muro di Berlino, l’afflusso massiccio di albanesi in Italia sull’onda delle trasmissioni televisive captate oltre Adriatico… Ma un conto è l’informazione, un conto è la manipolazione. La comunicazione capitalistica punta ormai direttamente all’inconscio. La produzione di simboli, un tempo affidata a evoluzioni secolari, è diventata frenetica. Lo smarrimento della propria identità è spudoratamente agevolato. Di contro, informazione e comunicazione sono state scisse quando ci sono in ballo grandi temi. Tragedie immense sono state ridotte a sequenze velocissime di immagini, tanto veloci da non sedimentare nulla. Assistere a un notiziario della CNN significa non assistere a niente. Se ne esce con una serie di nozioni inservibili, dato che mancano di antecedenti, di analisi, di riflessione. Il fatto è che il grande nemico comune, per chi controlla i destini altrui (sia pure in forma anonima), è la profondità. Il sistema sopravvive solo se chi è subalterno vive in superficie. Salvo l’esigenza di far penetrare nel suo intimo, e perfino nella sua psiche, false informazioni e false simbologie perché non si accorga della propria condizione. La fantascienza, il fantastico, la letteratura che ha al proprio centro l’immaginario, hanno il potere di fortificare la fantasia contro queste aggressioni. Lo usano meno del dovuto, e talora non lo usano affatto. La fantascienza statunitense contemporanea è lo spettro di ciò che era: standardizzata, miserabile, si riduce a forme spurie di divulgazione scientifica, nulle sul piano letterario e su quello intellettuale. Non le giova l’avere rinunciato, in nome del politically correct, all’ambiguità e alla provocazione. Ma non c’è da attendersi che sia il mainstream, tanto indifferente alla società che lo circonda da avere fatto del disimpegno e del ripiegarsi su se stessi un criterio qualitativo, a guidare la resistenza contro la colonizzazione dell’immaginario.

Occorre una narrativa massimalista, autoconsapevole, che inquieti e non consoli.

La fantascienza lo era.

Può tornare a esserlo.

 

[da Distruggere Alphaville, L’ancora del Mediterraneo, 2005]





Una Rivoluzione Copernicana nella percezione della “esistenza personale”

6 03 2021
Risultato immagine per mental universe
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https://applebutterdreams.wordpress.com/2016/08/22/the-odds-of-you-existing/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2019/09/27/l-universo-locale-la-realta-preconfigurata-per-l-individuo-osservatore-un-nuovo-modello-di-reincarnazione-localizzata-e-il-solipsismo-di-dio/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2019/09/25/l-universo-mentale-e-la-teoria-filosofica-dell-individualismo-sequenziale-aperto-il-modello-di-una-fisica-spirituale-e-di-una-religione-naturalistica-il-reportage-ufficiale/

Questo post di Civiltà Scomparse è composto da due lunghe citazioni: una da un articolo appena uscito su https://not.neroeditions.com/ di Giuseppe Genna e Pino Tripodi, intitolato “Cosmotica” e l’altra da un libro disponibile interamente on line su pdf, “The odds of existing or why death is not the end” di Joe Kern.

La tradizione filosofica, il pensiero religioso e gli studi scientifici degli ultimi secoli ci lasciano in un universo per quanto aperto, immenso, illimitato, proliferante, in-finito, pur sempre insufficiente e angusto. Il motivo di queste insufficienza e angustia va attentamente indagato. La filosofia ha compiuto un immenso sforzo per fornire risposte diverse ardite, contraddittorie, complicate, alla domanda di senso – dove siamo – propedeutica all’altra – chi siamo –, ineludibili per poter vivere. Se non ci domandiamo dove siamo e chi siamo la nostra vita scorre trascinata da un flusso d’insensatezza cosmica, risulta essere impasto scoppiato, sfarinata forma già prima di diventare polvere. Per dare senso alla sua vita, la filosofia ha proiettato l’umano nelle sfere cosmiche a metabolizzare il caos e a trasformarlo in ordine, in logos. Tanto più l’universo risultava ordinato quanto più il logos lo era. L’ordine del logos fondava e reggeva l’ordine del mondo.

In questo secolo – nonostante la scienza non sia più quella scienza dell’osservazione che emancipava completamente l’oggetto dal soggetto, la realtà esteriore da quella interiore, la cosalità dall’umanità – i dispositivi di osservazione si sono raffinati così tanto da rendere il fenomeno umano potenzialmente un puro riflesso dei medesimi dispositivi. Ridotti a pura osservazione, a puro riflesso di qualcosa che ci è per sempre alieno, abbiamo perso la nostra purezza, la purezza dovuta all’essere cosa senziente, oggetto e soggetto, materia e spirito dell’universo. […]

Il salto quantico per poter produrre un sapere simile ci è stato elargito nell’ultimo stadio dalla scienza: la relatività e, a seguire, la meccanica quantistica hanno elaborato idee di mondo che contrastano apertamente con le idee pregresse della scienza. La relatività ha distrutto una volta per tutte le pretese di indipendenza dello spazio e del tempo. La meccanica quantistica ha demolito ogni pretesa di indipendenza tra oggetto e soggetto. Per effetto della doppia rivoluzione copernicana, nessuno può più pensare che spazio e tempo, oggetto e soggetto non siano intimamente, eternamente interdipendenti. La relatività e la meccanica quantistica, inoltre, hanno contribuito a compiere – si spera una volta per tutte – una terza rivoluzione copernicana: quella di distruggere l’idea dell’esistenza del vuoto e con essa di scoprire un’altra delle maraviglie dell’universo: l’intenso, intimo, eterno, indiscernibile legame tra macrocosmo e microcosmo, tra il nulla e il tutto, tra atomo e stelle. La pasta di cui è fatta ogni cosa affratella la materia al vivente, la materia che vive e la vita dei corpi.

Dopo le tre rivoluzioni copernicane del secolo scorso, ne rimane una ancora parzialmente incompiuta, pur se implicitamente inscritta nei paradigmi della relatività e della meccanica quantistica.

La quarta rivoluzione copernicana permette di concepire una diversa gerarchia dello spazio e dell’universo. Ciò è possibile solo a partire da una mossa prospettica principiale che riorienti il modo umano di concepire il proprio rapporto con lo spazio, con il suo spazio, con lo spazio terrestre e con lo spazio cosmico.

Nessuno mai avrà la mappatura completa dell’universo. Ne siamo certi. Siamo condannati per l’eternità al mistero. Questa condanna produce dolore e invece dovremmo viverla con entusiasmo.

La coscienza del carattere in parte misterioso della vita e dell’universo non è affatto una perdita, è una conquista. Una delle più importanti conquiste del pensiero umano. Avere coscienza del mistero. Del mistero, di quel mistero misto a maraviglia che ha coinvolto il pensiero filosofico e religioso e che adesso appartiene finalmente anche alla scienza.

Anziché chiedersi in che punto dell’universo siamo collocati? Anziché domandarci noi in che posizione gerarchica ci troviamo rispetto all’universo?, la domanda diventa l’universo in che spazio è collocato dentro di noi?

Qual è lo spazio che l’universo ha per noi, gli umani. Si trova al centro di noi, si trova alla nostra periferia, è un punto a caso nell’universo umano che si espande e si contrae come una fisarmonica?

Il cambio di sguardo prospettico richiesto è totale. Ma è una sfida possibile e sublime. Chiediamo ai nostri occhi di vedere dove è l’universo per noi umani, in noi umani. 

In un universo che non ha centro, riconoscere la centralità dell’universo per noi significa dedurre che ogni cosa, ogni vivente, dunque anche noi, si trova al centro dell’universo. L’universo non ha centro probabilmente per donarci questa sublime possibilità. Sapere che possiamo sentirci logicamente e realmente al centro dell’universo.

Se l’universo è al centro di noi, anche noi ci troviamo al centro dell’universo. Se sentiamo pulsare l’universo in noi come se fosse il nostro centro, allora pure noi ci possiamo sentire al centro dell’universo. 

Se l’universo è il nostro cuore, noi siamo il cuore dell’universo. L’universo è in noi. Noi siamo universo.

A unifying theory could still be lying just out of sight, and the structure we imagine modeling the human brain could also model the molecular level of the entire universe.“Would this theory mean we’re living in a simulation?” Futurism’s Victor Tangermann asked Vanchurin. “No, we live in a neural network,” he replied. “But we might never know the difference.”

La struttura che modella il cervello umano potrebbe modellare anche l’ intero universo a livello molecolare. Viviamo in un network neurale. Non sapremo mai la differenza fra una simulazione e la realtà.

Probabilità della tua esistenza personale 

Tuo padre aveva 1 possibilità su 20.000 di incontrare fra le sue conoscenze femminili tua madre. In tutto questo bisogna considerare anche le possibilità che i tuoi genitori arrivassero a parlarsi, a uscire assieme, di mettersi assieme e diventare una coppia e di generare un figlio. La combinazione di queste possibilità è 1 su 40 milioni.

Tua madre in tutta la sua vita riproduttiva produce 100.000 ovuli. Tuo padre produceva – 4 trilioni di spermatozoi – negli anni in cui potevi nascere.

Uno specifico ovulo e uno specifico spermatozoo dovevano incontrarsi per generare te e non tuo fratello o tua sorella. C’era 1 possibilità su 400 quadrillioni. 400 seguito da 15 zeri.

Ma per fare in modo che tu esistessi, ogni tuo antenato possibile immaginabile ha dovuto sopravvivere fino all’età adatta a generare figli. Rappresenti una sequenza di vite collegate fra di loro che va avanti da 4 miliardi di anni.

Sono servite 150.000 generazioni per arrivare a te. 

La probabilità che ogni tuo antenato a partire dal più lontano, la origine di tutto, un organismo unicellulare, rimanessero in vita abbastanza da generare tutti i tuoi antenati in sequenza – e poi infine anche te – è di 10 seguito da 45.000 zeri.

Questo è un numero enormemente più grande di quello di tutte le particelle nell’universo.

L’ incontro fra uno specifico spermatozoo e uno specifico ovulo doveva avvenire nel modo corretto per – ognuno – dei tuoi antenati lungo una timeline di 4 miliardi di anni di modo da arrivare infine a generare te. Per questo le possibilità sono di 1 su 10 alla potenza di 2,640,000. Questa congiunzione di spermatozoo e ovulo è accaduta 150.000 volte in precedenza prima di arrivare ai due che hanno generato te.

Mettendo tutto assieme viene fuori che la probabilità che tu esista è di 1 su 10 alla potenza di 2,685,000.

Il numero di atomi in un corpo umano è di 10 alla potenza di 27.

Il numero di atomi che compongono la Terra è di 10 alla potenza di 50.

Il numero di atomi presenti nell’universo conosciuto è di 10 alla potenza di 80.

Quindi le probabilità che tu esisti in pratica sono ZERO.

Eppure esisti.

“Che cosa significa veramente esistere? Che cosa intendi quando parli della tua esistenza personale? Come la interpreti? Esistere significa percepire un io, avere esperienza soggettiva di uno specifico punto focale nell’universo: il tuo corpo. Procedere attraverso una specifica timeline temporale: il tempo della tua vita. Ma anche se credi che tutti attorno a te percepiscono una esistenza separata e indipendente dalla tua, in realtà c’è una sola coscienza, una sola entità che fa esperienza in successione di tutti questi punti focali, questi soggetti, questi “io”, una sola identità: la tua. Ogni persona o creatura che è esistita, esiste ora ed esistera’, tu ne percepirai la specifica esistenza, in successione, percepirai di essere ogni volta un “io” diverso, senza sapere che è solo una variante, una riconfigurazione, della stessa identita’ “

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“Questo ragionamento logico porta ad una straordinaria conclusione: alla morte non si cessa di esistere. Si diventa una altra persona o creatura. Il fatto è che hai sempre creduto che la tua esistenza personale fosse qualcosa che non poteva essere, incoerente nei dettagli, inconsistente, paradossale. La vecchia credenza deve essere rifiutata. “

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“Non dovresti credere che un qualche fattore fisico abbia portato all’emergere della tua personale esistenza: una specifica coppia di genitori, una specifica coppia di gameti, una particolare combinazione nel Dna? No. La tua specifica percezione di esistere sarebbe emersa in qualunque corpo. Ogni qual volta qualcuno o qualcosa nasce e percepisce una esistenza in soggettiva, o percepira‘ un proprio io, sarai tu a percepire il suo io o la sua esperienza in soggettivo.”

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“La credenza che la tua esistenza dipende dalla congiunzione fra i due gameti dei tuoi genitori non puo’ essere corretta. C’e’ davvero una connessione fra il tuo Dna e la tua specifica esistenza? (No) Altre persone con la tua stessa sequenza di dna potevano venire alla luce e – non essere te – allo stesso modo in cui chi ha un gemello identico a se’ sa che l’altro non è la stessa persona, ha solo lo stesso aspetto; infatti una specifica sequenza di DNA non è connessa alla percezione del tuo specifico io, e ciò è dimostrato dalla possibilità che esistano due gemelli identici senza percepire lo stesso io contemporaneamente”

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“Quando scopriamo a che cosa realmente ci riferiamo quando diciamo “io esisto” scopriamo che questa “entità“ (la esistenza) non può comportarsi nel modo in cui crediamo: emergere in un corpo particolare e dissolversi alla morte di quel corpo. La logica delle cose inevitabilmente ci porta alla conclusione che la “reincarnazione naturalistica” è la corretta visione della “esistenza personale”.

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