Giorgia Meloni e le amazzoni della fiamma

21 06 2019

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meloni giorgia chat irc

Giorgia Meloni negli anni Novanta, quando chattava sulle chat col nickname Diavoletta78. — Tutte le immagini successive le trovate dopo il testo.

Giorgia Meloni è ormai una politica italiana di lungo corso ed è senza dubbio tra le più singolari del panorama attuale. Un altro dei politici italiani appartenenti alla cosiddetta “generazione x”.

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https://civiltascomparse.wordpress.com/2017/02/26/disamina-sincro-mistica-del-fenomeno-virginia-raggi-reloaded/

Però pochi ormai ricordano che fino al 2012 Giorgia Meloni non era un personaggio particolarmente brillante a livello mediatico – nonostante appartenesse al milieu berlusconiano (il gineceo politico del tychoon meneghino) – e fino al 2011 ministro della gioventù nel quarto governo del Silvio nazionale.

Poi, dopo la metà del 2012, dopo lo zenith del governo di Mario Monti, improvvisamente Giorgia esplose, sbocciò col nuovo partito “Fratelli d’Italia”, generato da una fissione o scissione degli ex di Alleanza Nazionale meno vicini all’europeismo filo-Monti a cui si assoggettò il Gianfranco Fini dell’allora suo partitello “Futuro e libertà”, uscito dopo i forti dissapori che Fini ebbe con Berlusconi nel 2010-2011.

A partire dal 2012 Giorgia Meloni iniziò a diventare un animale politico e questo fece in qualche modo esplodere anche una sua femminilità aggressiva, che prima di allora mi pare non trasparisse poi granché.

Era all’inizio del percorso che l’avrebbe portata da posizioni moderate di centrodestra fino all’anti-europeismo (cioè l’europeismo della finanza straniera deflattiva) e sovranismo attuali, posizioni le quali tra l’altro recentemente hanno pagato, poiché “Fratelli d’Italia” è indubbiamente cresciuto.

Però qui non parliamo di politica schietta ma di simbolismo e ne abbiamo ben donde in questo caso, poiché la Meloni possiede una carica simbolica mica da ridere.

https://civiltascomparse.wordpress.com/2014/05/17/il-front-national-in-francia-non-e-forte-solo-elettoralmente-ma-anche-archetipic-simbolicamente/

Non so se il suo tema astrologico natale possa avere delle affinità con quello di Marine Le Pen o di Marion Mareschal Le Pen ma mi sembra certo che la sua figura pare proprio mostrare un tipo di simbolismo affine a quello delle due Le Pen transalpine, “la liberté qui guide le peuple”, la Marianne, il quadro di Courbet della rivoluzione del 1830 in cui la si vede sventolare la bandiera (“le pavillon”) tricolore mentre ha il seno denudato, piuttosto che la Jeanne d’Arc, l’eroina che nel XV secolo riuscì nell’impresa di cacciare gli inglesi dal territorio francese (una specie di Balilla femminile ante litteram?)

A partire dal 2012 Giorgia Meloni è apparsa come posseduta dalla reincarnazione di questi archetipi: la trovai irriconoscibile nel primo manifesto di “Fratelli d’Italia” mai visto in vita mia mentre aspettavo l’autobus in piazza Caricamento, cioè non l’avevo proprio riconosciuta, era un altro mondo rispetto solamente a un anno prima quando era ancora ministro della gioventù nel governo poi cacciato da quelli che hanno messo Monti; fino ad allora, tra l’altro, non è che la conoscessi nemmeno granché bene, vista la sbiaditezza mediatica che fino ad allora aveva mostrato…si, mi ricordavo un episodio di un po’ di anni prima in cui la si era vista fuggire precipitosamente quasi in lacrime davanti al microfono di una giornalista australiana che le faceva troppe domande sui guai giudiziari di Berlusconi oppure quella volta che venne rimproverata in un talk show poiché si mostrava assente, distratta e sbadigliante.

Successivamente, scoprì perché non riconobbi Giorgia Meloni su quel primissimo manifesto di “Fratelli d’Italia”, poiché i suoi “graphic designer” avevano usato massicciamente il software di ritocco fotografico Photoshop per abbellirla alquanto e penso proprio non l’avessero fatto con l’intenzione cosciente di farne una Marianna o Giovanna D’Arco italiana, tutto viene da sé, no?

Tra l’altro, questo del fatto che la Meloni “photoshoppa” la sua immagine sui manifesti rendendosi più avvenente, divenne quasi un tormentone mediatico (o un meme internettiano) il quale non fece altro che amplificare una certa singolare attenzione nei suoi confronti.

Così come l’episodio del manga (= cartone animato giapponese) somigliante alla Meloni che era da lei stato usato come meme sui social network per “cartoonizzare” un’azione di “Fratelli d’Italia” per “difendere la famiglia tradizionale” ed era stato scoperto, da una frequentatrice dello spazio web della Meloni che costei si era “cartoonizzata” usando un personaggio femminile, di un manga chiamato “Love live”, che aveva l’abitudine di toccare e spremere i seni delle compagne di scuola, tale MARI Ohara!

Insomma, sicuramente ce ne stiamo rendendo conto solo noi, ma piano piano sembrava starsi creando un “complesso collettivo” con al centro la figura rinnovata di una Giorgia Meloni sempre più aggressivamente sexy (anche con l’aiuto di software di grafica), potente politicamente e potente anche nell’orbita simbolica delle eroine guerriere amazzoni che guidano il popolo per combattere contro l’oppressore, le quali si erano contemporaneamente reincarnate nella Francia delle donne politiche della famiglia Le Pen.

Eredi dirette di quello stesso Jean Marie Le Pen (“pére e grand pére” rispettivamente di Marine e di Marion) il quale nella Francia degli anni Settanta inaugurò quel partito, il “Front National”, il cui simbolo (la FIAMMA) caso strano venne direttamente preso di peso dal contemporaneo “Movimento Sociale Italiano”, cambiando solo i colori del tricolore della fiamma.

Quella fiamma che ancora brucia nel simbolo di “Fratelli d’Italia”.

Tema natale di Giorgia Meloni. Non ho trovato il tema natale di Marine e Marion Le Pen ma, d’altra parte, anche se l’avessi trovato non avrei avuto modo di essere in grado di capire le eventuali affinità tra i due temi natali, forse ci sarebbe riuscito il mio collega di blog Teoscrive.
Marine e Marion Le Pen, archetipi mediatici delle amazzoni eroine moderne che guidano il popolo contro l’oppressore straniero.
Marianne nel quadro di Courbet “La liberté qui guide le peuple”.
Marianne di oggi a una manifestazione di protesta contro l’oppressore straniero.
Giorgia Meloni, per rendersi più simpatica e accattivante difendendo la famiglia tradizionale, ha fatto sì di prendere a prestito un personaggio femminile di un manga chiamato “Love live”, personaggio chiamato Mari Ohara.
Non essendo forse a conoscenza che MARI Ohara ha un debole per il seno.
Giovanna D’Arco, la pulzella di Orleans che liberò il suolo francese dall’oppressore inglese.
Manga della Pulzella di Orleans somigliante a Mari Ohara.
Giovanni Battista Perasso, la “Giovanna d’Arco” italiana, il “pulzello” che fece sì di far scacciare l’oppressore straniero dal suolo patrio. Venne chiamato “Balilla”, il nome con cui venivano irregimentati i bambini e i ragazzi durante il ventennio fascista, “nickname” che divenne così comune da dare persino il nome a un’automobile.
Uno dei tanti manifesti in cui la Giovanna d’Arco Balilla dei nostri tempi mostra di essere diventata particolarmente avvenente grazie a software di ritocco fotografico, uno dei numerosi argomenti gossippari che fa sempre essere sotto i riflettori mass-mediatici la Meloni.




Catastrofi sfiorate e avvenimenti epocali annullati nel 1974 in Italia

19 12 2018

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In questa puntata della serie “catastrofi sfiorate” ci concentreremo sull’anno 1974 in Italia, durante la maggior crescita e il culmine dell’eversione di estrema destra. Il 1974 è un anno decisivo per il cambiamento degli equilibri politici e l’iniziativa militare degli estremisti è più forte che mai; l’estremismo nero e le organizzazioni autoritarie hanno infatti cellule molto numerose, ben distribuite sul territorio nazionale e spalleggiate da una parte dei servizi segreti.

L’azione dello stragismo nel 1974 è sullo sfondo di una guerra tra due indirizzi d’azione presenti all’interno dei servizi segreti: l’ala più legata alla collaborazione con l’estrema destra volta a instaurare una dittatura militare di tipo presente in Grecia fin dal 1967, contro l’ala che pensa invece a una stabilizzazione del paese di tipo democratico presidenzialista alla francese ma senza comunisti e sindacati tra i piedi. Queste due posizioni si erano già delineate ai tempi della bomba di Piazza Fontana nel 1969 e anche da prima ancora, ma nel 1974 questa guerra sotterranea diviene violenta più che mai e provoca scintille che si concretizzano in minacce, agguati, arresti, sparatorie e soprattutto attacchi terroristici esplosivi, sia concretizzatisi (come a piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio e sul treno Italicus il 4 agosto) sia sventati, e alcuni di quelli sventati sarebbero stati assai più catastrofici di quelli avvenuti.

La guerra sotterranea è alimentata da uno scenario internazionale in piena evoluzione che porta alla fine delle dittature in Portogallo e in Grecia mentre negli Stati Uniti il presidente Richard Nixon è costretto a dimettersi in conseguenza del suo coinvolgimento nello scandalo Watergate.

L’azione di coloro che progettano le stragi (soprattutto i movimenti fascisti semi-clandestini Avanguardia Nazionale e Ordine Nero) punta a fungere da miccia per indurre l’ala dei servizi segreti italiani che vuole fare un colpo di stato di tipo dittatoriale militare. Nessun anno come il 1974 annovera una così numerosa serie di voci, progetti o minacce di colpo di stato. Il Movimento Sociale Italiano, dopo i successi politici ed elettorali del 1971-1972, è ora sotto tiro dall’opinione pubblica perché viene considerato vicino agli ambienti in cui si progettano quegli attacchi terroristici.

 

La strage sventata sul treno Torino-Roma

Già da prima dell’inizio del 1974 vi fu il rischio di una strage di grosse proporzioni: il 7 aprile 1973, infatti, un certo Nino Azzi, ventunenne affiliato di Ordine Nuovo (che verrà sciolto dal ministro dell’interno Taviani proprio a fine 1973) appartenente al gruppo milanese della Fenice, è colto sul fatto mentre intendeva attivare dell’esplosivo a bordo del treno Torino-Roma. L’attentato al treno di cui l’esecutore era questo Azzi avrebbe provocato una carneficina se l’ordigno fosse esploso (com’era programmato) in una galleria appenninica. Un chilogrammo di tritolo venne collocato nella toilette di uno degli affollati convogli. Ad Azzi, nel tentativo di attivare l’esplosivo, scoppia il detonatore tra le mani. Una volta in tribunale confessa il suo obiettivo: fare una grossa strage – per fortuna sventata – in modo da favorire un colpo di stato in Italia.

Tra gli altri progetti (sventati o annullati) del gruppo Fenice di Ordine Nero vi fu anche un attacco alla Coop di Bollate con esplosione di camion minati e un attentato all’Università Cattolica di Milano.

 

D’altra parte, in quei due anni i traffici di esplosivi erano in auge più che mai. In due rastrellamenti avvenuti nel Nord Italia nel 1973 furono sequestrate due tonnellate di polvere esplosiva, migliaia di pistole e di candelotti di tritolo.      A Sonico in una delle valli di Brescia, il 9 marzo 1974 vengono fermati due uomini di Avanguardia Nazionale con a bordo del loro veicolo 8 chili di plastico esplosivo e 364 candelotti di tritolo. Poco prima dell’esplosione a Brescia in piazza della Loggia (che porta al culmine la stagione delle bombe), il 19 maggio 1974 Silvio Ferrari, neofascista ventunenne, salta in aria a bordo della sua Vespa perché gli esplodono i candelotti che stava trasportando sotto il sedile: una delle rivendicazioni della bomba in piazza fu la vendetta per la morte di questo Ferrari.

L’attacco ai treni del 1974 venne iniziato il 29 gennaio a Silvi Marina, in provincia di Teramo, dove è collocata una carica sui binari destinata all’espresso Milano-Bari. L’ordigno non esplode perché l’inatteso passaggio di un treno merci trancia la miccia esplosiva.

 

La strage sventata del rapido Parigi-Roma a Vaiano

Un’altro gravissimo attacco che non ebbe luogo fu il fallito attentato alla linea ferroviaria a Vaiano, vicino Prato in Toscana il 21 aprile. L’ordigno è posto sulle rotaie e mira a colpire il rapido Parigi-Roma con l’obiettivo di provocare centinaia di morti. L’esplosione rompe una ventina di metri di ferrovia prima che vi transiti il convoglio ma lo sbriciolamento della struttura fa saltare l’allarme cosicché il treno si arresta senza conseguenze per i viaggiatori. Il fallito attentato di Vaiano provocò una cappa di inquietudine perché la popolazione cominciava ad avvertire come una spada di Damocle sospesa sopra la sua testa.

 

Tanto per dare un’idea della folle attività terroristica di quell’anno, soltanto in tre giorni, dal 21 al 23 aprile, si registrano: il fallito attentato ferroviario a Vaiano, al quale seguono gli attentati di Milano e Lecco (un terrorista nero colto in flagrante), i tentati incendi a Palmi vicino Reggio Calabria, una grave aggressione squadrista a Napoli. Un pugno di estremisti neri il 23 aprile alle due di notte piazzano una carica di un chilo e mezzo di tritolo a Moiano vicino Perugia che fa saltare in aria la casa del popolo, la chiesa e gli edifici circostanti. Gli attentati di Lecco, Milano e Moiano sono rivendicati da Ordine Nero e avrebbero dovuto costituire una sequenza destabilizzante se a Vaiano fosse avvenuta la strage progettata. Il 10 maggio altri due attentati di estrema destra a Bologna e Ancona:  la prima azione viene vista dalla magistratura come una tentata strage: una carica di esplosivo è infatti piazzata in un edificio del quartiere Bolognina in cui vivono 36 persone.

 

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Il progettato attentato al presidente Giovanni Leone

Pochi giorni dopo la bomba di piazza della Loggia, il 2 giugno, c’è la consueta parata commemorativa della Repubblica e l’atmosfera è satura di minacce all’ordine democratico che si alternano a voci di un possibile nuovo attentato, preoccupazione espressa anche dall’ambasciatore statunitense. Uno dei più autorevoli pentiti dell’estremismo nero rivela che era in progetto in quei giorni di attentare alla vita del presidente Giovanni Leone durante la parata della festa della Repubblica, particolare confermato in tribunale da più di un estremista nero.

 

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La strage del treno Italicus Roma-Monaco doveva essere molto più grave

Il 4 agosto 1974 un ordigno ad alto potenziale esplode sul treno Italicus Roma-Monaco al termine della Grande galleria dell’Appennino, nelle vicinanze di San Benedetto Val di Sambro in provincia di Bologna: tra tutti gli attentati che si sono succeduti da quello di Piazza Fontana di dicembre 1969 in poi è il più cruento poiché muoiono bruciate 12 persone e ci sono più di 40 feriti (l’esplosivo adoperato fu di identica origine dell’esplosivo usato per la fallita strage di Vaiano). Il convoglio, proveniente da Firenze, era di 17 carrozze con a bordo 342 passeggeri, probabilmente l’esplosione fu prematura o anticipata perché l’obiettivo era o quello di far esplodere la carica una volta che il treno fosse giunto alla stazione di Bologna – evento esplosivo che si concretizzerà davvero poi il 2 agosto 1980 procurando il maggior numero di vittime per un attacco terroristico in Italia – o farla esplodere in mezzo alla galleria.                  Al momento dello scoppio il treno Italicus viaggia con 23 minuti di ritardo. Sia che l’esplosione fosse avvenuta a Bologna sia che si fosse verificata in mezzo alla galleria, gli effetti dell’attentato sarebbero stati più gravi: a Bologna avrebbero coinvolto molte altre persone e altri treni (proprio come si sarebbe visto esattamente sei anni dopo), nel caso fosse avvenuta in galleria (come successe in seguito, poco più di dieci anni dopo, nella strage del Rapido 904 il 23 dicembre 1984) tutti i 342 passeggeri sarebbero morti per asfissia a causa della termite, composto altamente velenoso presente nella bomba. Il fatto che l’attacco al treno Italicus sia una specie di “riassunto anticipatorio”, di “crocevia retro-causale” di altri eventi terroristici che sarebbero avvenuti in futuro, lo vediamo anche nel fatto che anche Aldo Moro avrebbe dovuto essere uno dei passeggeri del treno ma venne bloccato a Roma alla stazione Termini all’ultimo minuto per firmare dei documenti urgenti: lo stesso Aldo Moro il quale verrà poi rapito dalle Brigate Rosse in un agguato il 16 marzo 1978 che costò la vita ai suoi agenti di scorta.

Poco meno di un mese prima della strage di San Benedetto Val di Sambro, il 6 luglio, è collocata sui binari una potente carica di tritolo a Fesca, vicino Bari, che scoppia intorno alle 19,30 senza causare danni a persone. Il bersagio è il treno da Milano.

 

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La strage mai avvenuta all’arena di Verona

Dopo Brescia e l’Italicus, la sanguinosa stagione stragista del 1974 avrebbe dovuto continuare con un attentato ancora più cruento dei precedenti: una bomba all’arena di Verona durante un concerto estivo. L’episodio, emerso da numerose confidenze nell’ambiente carcerario, è ritenuto dai giudici “non un’ipotesi ma una certezza”, per quanto la ragione che avrebbe indotto a rimuovere la carica già collocata (la consapevolezza di causare un massacro di proporzioni mai viste) non appare convincente essendo antitetica a ciò che gli estremisti neri hanno sempre proclamato [ovvero lo sprezzo della vita umana].

 

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L’annullato crollo della diga Creva

Fino all’inizio dell’anno successivo, le cellule eversive continuano a progettare attentati e piani di uccisione su vasta scala in luoghi molto affollati . Il 28 ottobre a Varese sono compiuti altri arresti tra la destra radicale. Sui fermati cade il sospetto che volessero far saltare la diga Creva che regola la portata d’acqua dal lago di Lugano al lago Maggiore, inondando i paesi circostanti [avrebbe forse provocato quindi un disastro simile a quello di Longarone nell’autunno 1963]. Contemporaneamente, il 3 novembre, doveva esplodere una bomba allo stadio di Varese durante un incontro di calcio.

 

Una strage sventata presso Firenze

Dopo l’Italicus non è abbandonato l’attacco ai treni: Il 3 settembre, sotto un cavalcavia alle porte di Firenze, sono infatti scoperti tre chili di dinamite (90 candelotti, 50 metri di miccia) che potevano causare un’esplosione potenzialmente più grave di quella dell’Italicus.

 

Nell’autunno entra nel vivo l’attacco di Ordine Nero al ministro dell’interno Taviani (per via del suo anti-fascismo e del suo aver sciolto il gruppo Ordine Nuovo). Stavolta le bombe interessano Savona, il collegio elettorale di Taviani. Fra il 9 e il 23 novembre si registrano infatti a Savona sette attentati (di cui uno mortale) moltiplicati da falsi allarmi quotidiani.

Questa campagna era iniziata già in primavera: il 30 aprile 1974 viene assaltata l’abitazione del senatore Franco Varaldo, referente politico del ministro dell’interno Taviani, atto terroristico preannunciato al ministro qualche giorno prima con una lettera minatoria.

 

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La strage sventata al treno Savona-Torino

L’episodio più grave che colpisce Savona avviene comunque sabato 16 novembre a Cimavalle, a otto chilometri dalla stazione ferroviaria della città: nel pomeriggio un congegno trancia oltre un metro di binario della linea Savona-Torino, proprio a neanche cento metri dal viadotto dell’ Acquabona. Un uomo, un certo Quinto Querini, assiste allo scoppio e corre coraggiosamente incontro al treno riuscendo a farlo arrestare all’ultimo minuto utile ed evitando che il convoglio quasi certamente finisca con i suoi 62 passeggeri giù dal viadotto alto 70 metri.

L’azione eroica di Quinto Querini, in seguito, verrà ricompensata da lettere minatorie e messaggi di morte provenienti da Ordine Nero.

 

Vedere anche:

https://civiltascomparse.wordpress.com/2013/11/05/matteo-colpisce-ancora-parte-seconda-eventi-incredibili-che-stavano-per-accadere-se-pensate-di-aver-visto-tutto/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2017/07/14/la-seconda-edizione-di-poteva-accadere-nuove-quasi-catastrofi/

 

Per la realizzazione di questo post di Civiltà Scomparse si ringrazia Mirco Dondi col suo libro inchiesta “L’eco del boato”.