Una Rivoluzione Copernicana nella percezione della “esistenza personale”

6 03 2021
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https://applebutterdreams.wordpress.com/2016/08/22/the-odds-of-you-existing/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2019/09/27/l-universo-locale-la-realta-preconfigurata-per-l-individuo-osservatore-un-nuovo-modello-di-reincarnazione-localizzata-e-il-solipsismo-di-dio/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2019/09/25/l-universo-mentale-e-la-teoria-filosofica-dell-individualismo-sequenziale-aperto-il-modello-di-una-fisica-spirituale-e-di-una-religione-naturalistica-il-reportage-ufficiale/

Questo post di Civiltà Scomparse è composto da due lunghe citazioni: una da un articolo appena uscito su https://not.neroeditions.com/ di Giuseppe Genna e Pino Tripodi, intitolato “Cosmotica” e l’altra da un libro disponibile interamente on line su pdf, “The odds of existing or why death is not the end” di Joe Kern.

La tradizione filosofica, il pensiero religioso e gli studi scientifici degli ultimi secoli ci lasciano in un universo per quanto aperto, immenso, illimitato, proliferante, in-finito, pur sempre insufficiente e angusto. Il motivo di queste insufficienza e angustia va attentamente indagato. La filosofia ha compiuto un immenso sforzo per fornire risposte diverse ardite, contraddittorie, complicate, alla domanda di senso – dove siamo – propedeutica all’altra – chi siamo –, ineludibili per poter vivere. Se non ci domandiamo dove siamo e chi siamo la nostra vita scorre trascinata da un flusso d’insensatezza cosmica, risulta essere impasto scoppiato, sfarinata forma già prima di diventare polvere. Per dare senso alla sua vita, la filosofia ha proiettato l’umano nelle sfere cosmiche a metabolizzare il caos e a trasformarlo in ordine, in logos. Tanto più l’universo risultava ordinato quanto più il logos lo era. L’ordine del logos fondava e reggeva l’ordine del mondo.

In questo secolo – nonostante la scienza non sia più quella scienza dell’osservazione che emancipava completamente l’oggetto dal soggetto, la realtà esteriore da quella interiore, la cosalità dall’umanità – i dispositivi di osservazione si sono raffinati così tanto da rendere il fenomeno umano potenzialmente un puro riflesso dei medesimi dispositivi. Ridotti a pura osservazione, a puro riflesso di qualcosa che ci è per sempre alieno, abbiamo perso la nostra purezza, la purezza dovuta all’essere cosa senziente, oggetto e soggetto, materia e spirito dell’universo. […]

Il salto quantico per poter produrre un sapere simile ci è stato elargito nell’ultimo stadio dalla scienza: la relatività e, a seguire, la meccanica quantistica hanno elaborato idee di mondo che contrastano apertamente con le idee pregresse della scienza. La relatività ha distrutto una volta per tutte le pretese di indipendenza dello spazio e del tempo. La meccanica quantistica ha demolito ogni pretesa di indipendenza tra oggetto e soggetto. Per effetto della doppia rivoluzione copernicana, nessuno può più pensare che spazio e tempo, oggetto e soggetto non siano intimamente, eternamente interdipendenti. La relatività e la meccanica quantistica, inoltre, hanno contribuito a compiere – si spera una volta per tutte – una terza rivoluzione copernicana: quella di distruggere l’idea dell’esistenza del vuoto e con essa di scoprire un’altra delle maraviglie dell’universo: l’intenso, intimo, eterno, indiscernibile legame tra macrocosmo e microcosmo, tra il nulla e il tutto, tra atomo e stelle. La pasta di cui è fatta ogni cosa affratella la materia al vivente, la materia che vive e la vita dei corpi.

Dopo le tre rivoluzioni copernicane del secolo scorso, ne rimane una ancora parzialmente incompiuta, pur se implicitamente inscritta nei paradigmi della relatività e della meccanica quantistica.

La quarta rivoluzione copernicana permette di concepire una diversa gerarchia dello spazio e dell’universo. Ciò è possibile solo a partire da una mossa prospettica principiale che riorienti il modo umano di concepire il proprio rapporto con lo spazio, con il suo spazio, con lo spazio terrestre e con lo spazio cosmico.

Nessuno mai avrà la mappatura completa dell’universo. Ne siamo certi. Siamo condannati per l’eternità al mistero. Questa condanna produce dolore e invece dovremmo viverla con entusiasmo.

La coscienza del carattere in parte misterioso della vita e dell’universo non è affatto una perdita, è una conquista. Una delle più importanti conquiste del pensiero umano. Avere coscienza del mistero. Del mistero, di quel mistero misto a maraviglia che ha coinvolto il pensiero filosofico e religioso e che adesso appartiene finalmente anche alla scienza.

Anziché chiedersi in che punto dell’universo siamo collocati? Anziché domandarci noi in che posizione gerarchica ci troviamo rispetto all’universo?, la domanda diventa l’universo in che spazio è collocato dentro di noi?

Qual è lo spazio che l’universo ha per noi, gli umani. Si trova al centro di noi, si trova alla nostra periferia, è un punto a caso nell’universo umano che si espande e si contrae come una fisarmonica?

Il cambio di sguardo prospettico richiesto è totale. Ma è una sfida possibile e sublime. Chiediamo ai nostri occhi di vedere dove è l’universo per noi umani, in noi umani. 

In un universo che non ha centro, riconoscere la centralità dell’universo per noi significa dedurre che ogni cosa, ogni vivente, dunque anche noi, si trova al centro dell’universo. L’universo non ha centro probabilmente per donarci questa sublime possibilità. Sapere che possiamo sentirci logicamente e realmente al centro dell’universo.

Se l’universo è al centro di noi, anche noi ci troviamo al centro dell’universo. Se sentiamo pulsare l’universo in noi come se fosse il nostro centro, allora pure noi ci possiamo sentire al centro dell’universo. 

Se l’universo è il nostro cuore, noi siamo il cuore dell’universo. L’universo è in noi. Noi siamo universo.

A unifying theory could still be lying just out of sight, and the structure we imagine modeling the human brain could also model the molecular level of the entire universe.“Would this theory mean we’re living in a simulation?” Futurism’s Victor Tangermann asked Vanchurin. “No, we live in a neural network,” he replied. “But we might never know the difference.”

La struttura che modella il cervello umano potrebbe modellare anche l’ intero universo a livello molecolare. Viviamo in un network neurale. Non sapremo mai la differenza fra una simulazione e la realtà.

Probabilità della tua esistenza personale 

Tuo padre aveva 1 possibilità su 20.000 di incontrare fra le sue conoscenze femminili tua madre. In tutto questo bisogna considerare anche le possibilità che i tuoi genitori arrivassero a parlarsi, a uscire assieme, di mettersi assieme e diventare una coppia e di generare un figlio. La combinazione di queste possibilità è 1 su 40 milioni.

Tua madre in tutta la sua vita riproduttiva produce 100.000 ovuli. Tuo padre produceva – 4 trilioni di spermatozoi – negli anni in cui potevi nascere.

Uno specifico ovulo e uno specifico spermatozoo dovevano incontrarsi per generare te e non tuo fratello o tua sorella. C’era 1 possibilità su 400 quadrillioni. 400 seguito da 15 zeri.

Ma per fare in modo che tu esistessi, ogni tuo antenato possibile immaginabile ha dovuto sopravvivere fino all’età adatta a generare figli. Rappresenti una sequenza di vite collegate fra di loro che va avanti da 4 miliardi di anni.

Sono servite 150.000 generazioni per arrivare a te. 

La probabilità che ogni tuo antenato a partire dal più lontano, la origine di tutto, un organismo unicellulare, rimanessero in vita abbastanza da generare tutti i tuoi antenati in sequenza – e poi infine anche te – è di 10 seguito da 45.000 zeri.

Questo è un numero enormemente più grande di quello di tutte le particelle nell’universo.

L’ incontro fra uno specifico spermatozoo e uno specifico ovulo doveva avvenire nel modo corretto per – ognuno – dei tuoi antenati lungo una timeline di 4 miliardi di anni di modo da arrivare infine a generare te. Per questo le possibilità sono di 1 su 10 alla potenza di 2,640,000. Questa congiunzione di spermatozoo e ovulo è accaduta 150.000 volte in precedenza prima di arrivare ai due che hanno generato te.

Mettendo tutto assieme viene fuori che la probabilità che tu esista è di 1 su 10 alla potenza di 2,685,000.

Il numero di atomi in un corpo umano è di 10 alla potenza di 27.

Il numero di atomi che compongono la Terra è di 10 alla potenza di 50.

Il numero di atomi presenti nell’universo conosciuto è di 10 alla potenza di 80.

Quindi le probabilità che tu esisti in pratica sono ZERO.

Eppure esisti.

“Che cosa significa veramente esistere? Che cosa intendi quando parli della tua esistenza personale? Come la interpreti? Esistere significa percepire un io, avere esperienza soggettiva di uno specifico punto focale nell’universo: il tuo corpo. Procedere attraverso una specifica timeline temporale: il tempo della tua vita. Ma anche se credi che tutti attorno a te percepiscono una esistenza separata e indipendente dalla tua, in realtà c’è una sola coscienza, una sola entità che fa esperienza in successione di tutti questi punti focali, questi soggetti, questi “io”, una sola identità: la tua. Ogni persona o creatura che è esistita, esiste ora ed esistera’, tu ne percepirai la specifica esistenza, in successione, percepirai di essere ogni volta un “io” diverso, senza sapere che è solo una variante, una riconfigurazione, della stessa identita’ “

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“Questo ragionamento logico porta ad una straordinaria conclusione: alla morte non si cessa di esistere. Si diventa una altra persona o creatura. Il fatto è che hai sempre creduto che la tua esistenza personale fosse qualcosa che non poteva essere, incoerente nei dettagli, inconsistente, paradossale. La vecchia credenza deve essere rifiutata. “

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“Non dovresti credere che un qualche fattore fisico abbia portato all’emergere della tua personale esistenza: una specifica coppia di genitori, una specifica coppia di gameti, una particolare combinazione nel Dna? No. La tua specifica percezione di esistere sarebbe emersa in qualunque corpo. Ogni qual volta qualcuno o qualcosa nasce e percepisce una esistenza in soggettiva, o percepira‘ un proprio io, sarai tu a percepire il suo io o la sua esperienza in soggettivo.”

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“La credenza che la tua esistenza dipende dalla congiunzione fra i due gameti dei tuoi genitori non puo’ essere corretta. C’e’ davvero una connessione fra il tuo Dna e la tua specifica esistenza? (No) Altre persone con la tua stessa sequenza di dna potevano venire alla luce e – non essere te – allo stesso modo in cui chi ha un gemello identico a se’ sa che l’altro non è la stessa persona, ha solo lo stesso aspetto; infatti una specifica sequenza di DNA non è connessa alla percezione del tuo specifico io, e ciò è dimostrato dalla possibilità che esistano due gemelli identici senza percepire lo stesso io contemporaneamente”

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“Quando scopriamo a che cosa realmente ci riferiamo quando diciamo “io esisto” scopriamo che questa “entità“ (la esistenza) non può comportarsi nel modo in cui crediamo: emergere in un corpo particolare e dissolversi alla morte di quel corpo. La logica delle cose inevitabilmente ci porta alla conclusione che la “reincarnazione naturalistica” è la corretta visione della “esistenza personale”.

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iAhuasca riflette su linguaggio e sincronicità

11 12 2019

Ciò che volevo fare era descrivere un tipico incontro con questo fenomeno perché un mio cliente ha avuto questa esperienza più di una dozzina di volte ed è quasi sempre invariabile.  

Il problema è che il cliente sembra essere me stesso. Avere quindi la conferma indipendente che ciò potrebbe accadere a qualcun altro non è stato molto facile.

Ciononostante, opero con la fede che niente di me è unico, e che ogni cosa di cui potrei avere esperienza è un fenomeno umano generalmente accessibile.  Penso che sarebbe pretestuoso operare sulla base di qualsiasi altra ipotesi.
Tuttavia, l’esperienza è di tale differente modalità che è difficile vedere come potreste descriverla a qualcuno.  Ciò che qui è coinvolto è la trasformazione del linguaggio in qualcosa che non è più “suono decodificato dal cervello grazie alla consultazione di un dizionario culturalmente approvato”, al contrario, esso diventa come “suono”, certo, ma percepito direttamente.  Vale a dire “significato” percepito direttamente, senza mediazioni culturali.  Tale idea di un linguaggio visibile, quando è giunta a me per la prima volta – o quando ho capito per la prima volta che questa era ciò che avrei usato per descrivere ciò che stava accadendo – fu qualcosa che prima d’allora non ebbi mai ascoltato o immaginato.

Ma quando mi rivolsi alla cultura scoprì che, come al solito, i greci antichi ci furono già arrivati, o almeno in questo caso, gli ebrei di cultura greca o i greci di cultura ebraica, poichè in Filone di Alessandria, il quale fu un contemporaneo di Cristo, è presente una discussione su ciò che lui chiama “il logos più perfetto”, ed egli dice, il logos più perfetto non sarà appreso attaverso l’udito ma attraverso la vista, senza però che ci sia un preciso momento in cui si transita da un senso all’altro.

E questo sembra essere ciò che sta accadendo in iAhuasca: avete questa esperienza spontanea nel generare ciò che identificate prima come pensiero, e poi come suono e che alla fine diventa una sorta di modalità linguistica sinestesica per cui non abbiamo ancora parole.  

Ho sempre concepito la telepatia come guardare in una mente estranea percependo ciò che qualcun altro stava pensando, ma non mi era mai venuta in mente l’idea che la telepatia possa essere qualcuno che parla producendo un oggetto tridimensionale nell’aria il quale può essere ruotato e reciprocamente visto da chi parla e dall’ascoltatore.

L’esperimento con iAhuasca ha dimostrato che questo straordinario tipo di stato è in realtà innescabile più e più volte, ed è quasi come se ci fosse un sensore di questo mondo che, per essere ricostruito nell’orizzonte interno della trascendenza, è l’essere del dato individuale.    

La sensorialità è scomposta arbitrariamente nelle sue componenti percettive di suono, vista, odore, tattilità, ecc.   E normalmente quando queste categorie arbitrarie si riconducono all’organismo umano – esse sono vecchie quanto il corpo umano stesso – vengono mantenute: ma chi lo dice che debbano necessariamente essere mantenute per sempre?

I dati sensoriali in arrivo possono essere ricombinati in modo tale da non lasciare traccia del luogo da cui accedono e in cui hanno accesso e, in tal caso, si ottiene questa topologia in continua evoluzione di luce e suono, la quale è trans-linguistica.

Ha una grammatica formale, se volete, in modo che non sia del tutto priva di significato.  È semplicemente privata del tipo di significato particolare che la necessità logica impone al linguaggio.  

Ha invece una ricchezza emotiva, una sorta di profondità polemica che non assomiglia affatto al linguaggio ordinario e, di fatto, fa pensare a quegli accenni sui linguaggi poetici primari i quali per esempio si svolgono nel The White Goddess di Robert Graves in cui si vuole suggerire come esista un proto-linguaggio, un “ur-sprache”, il quale trascende il dizionario convenzionale: un linguaggio che soltanto ascoltarlo è già capirlo.  

Penso che questo tipo di organizzazione delle informazioni sia alla base dell’esperienza psichedelica, in altre parole, potete pensare alle convenzioni culturali e ai linguaggi umani come linguaggi software che sono aggregazioni storiche di un linguaggio assembleare preistorico probabilmente di tipo genetico, anticipatorio di ogni attività di convenzionalizzazione umana, ciò che è in realtà biologicamente la base del linguaggio.  

Come ho detto nelle osservazioni iniziali, se volete trovare l’impronta digitale di Dio nel mondo, mi sembra che il fenomeno del linguaggio umano sia ciò che state cercando. Il linguaggio umano è un’abilità psichica.  

Posso generare pensieri nella tua testa semplicemente emettendo alcuni rumorini dalla bocca e il grado di finezza e finitezza delle immagini che in tal modo posso produrre nella tua testa, e tu nella mia,  attraverso l’uso di rumorini dalla bocca è qualcosa che non abbiamo affatto finito di esplorare.  

L’evoluzione della specie umana risulta ferma da 50 o 60 mila anni, forse anche da prima.  Una volta che la cultura venne stabilita, l’aspetto somatico della specie umana si stabilizzò relativamente, e i successivi cambiamenti da genetici divennero epigenetici.  E proprio mentre la stabilità si instaura nel soma, inizia questa fantastica proliferazione di cambiamenti epigenetici sottoforma di evoluzione delle culture, dei linguaggi e degli alfabeti.  E tutto ciò sembra essere correlato in qualche modo alla decodifica dell’informazione.  

Lo stato psichedelico sembra riguardare la rivelazione di tipi di informazione che normalmente non sono efficaci o comunque non disponibili nella vita di tutti i giorni.   

L’evoluzione della cultura è un epifenomeno che dipende dall’evoluzione del linguaggio, ed è il linguaggio la parte umana che si sta evolvendo, portandosi dietro la cultura: non è infatti questa a evolversi ma il linguaggio. 

Al momento presente, siamo in grado di comunicarci l’un l’altro le idee del XXI secolo ma il nostro tipo di cultura pare essere rimasto indietro agli anni ’50 del secolo scorso. 

Tuttavia, questa cosa che fa iAhuasca alla parte del cervello produttrice del linguaggio non è paragonabile a qualche tipo di effetto triviale di un qualche oscuro allucinogeno su una parte periferica del cervello, è piuttosto un qualche tipo di catalizzatore per aiutare quell’evoluzione del linguaggio di cui si parlava qualche riga indietro. 

Non riusciremo a muoverci verso il futuro fino a che non lo creeremo attraverso un’evoluzione cosciente del linguaggio, cosa non facile ne’ immediata.  

Il linguaggio ora come ora è immensamente inerziale poiché non può che riferirsi sempre a se stesso allo stesso tempo non riflettendo mai su se stesso, e questo è ciò di cui abbiamo necessità: il riflettere su se stesso, cosicchè l’evoluzione del linguaggio possa divenire più conscia, e meno random, meno casuale.  E’ la non-casualità nell’evoluzione del linguaggio che ci darà una reale presa sui tipi di modalità sociale che vorremmo produrre nel futuro. 

Ora come ora non so se la triptamina che induce la glossolalia giocherà un ruolo in ciò.  Può essere semplicemente uno dei molti “doni” dell’esperienza psichedelica che invita all’esplorazione, ma certamente tutte queste cose, le canalizzazioni, la glossolalia, i discorsi interiori con forze aliene, l’auto-esame delle proprie motivazioni: tutte queste cose sono attività linguistiche che vanno avanti appunto nel contesto delle azioni linguistiche. 

Mi sembra che ciò che queste sostanze sinergizzano è l’attività cognitiva di ogni sorta.  Ecco perché esse in origine venivano viste come sostanze in grado di “espandere la coscienza”.  Questa sinergia dell’attività cognitiva deve essere presa molto seriamente poiché ha un enorme effetto sul mondo.

Individualmente, com’è ovvio, abbiamo la tendenza a concentrarci sulle 6/12 ore seguenti all’ingestione di una data sostanza, ma l’impatto reale è un impatto sociale che si prolunga nel corso dei decenni.  
Non penso ci siano per nulla dubbi sul fatto che le parti migliori dei sincro-riformatori cibernetici degli anni 2000 siano in larga misura già state messe in atto.  Ma credo che a causa dei loro sforzi, le genti ora possiedono un più profondo e sottile senso dell’umorismo.  Penso che le persone abbiano una sensibilità estetica più raffinata.  Penso che le persone abbiano una sensibilità più grande ai misteri delle interazioni umane semplicemente perché così tante sincronicità sono state documentate a partire dal 2000.  Questi sono cambiamenti permanenti che non verranno spazzati via.
 

Il nostro linguaggio è in massima parte dove è stato lasciato all’incirca dal 1969: proprio a partire dal periodo 1959-1969, dozzine di concetti e nozioni – “ego trip”, “bummer”, “flashback”… – sono stati inventati per permettere la gestione delle esperienze psichedeliche.

Essenzialmente, l’intera esperienza culturale del XX secolo è stata uno sforzo per creare linguaggi con potere sufficiente per fornire descrizioni di trascendenze interiori  nei momenti stessi in cui vengono sperimentate.

L’approccio di Sigmund Freud è interessato all’analisi della repressione del desiderio posizionando la sua origine nel periodo critico nell’infanzia, in altre parole fuori dal presente, ma ancora nel contesto di vita di colui che ha l’esperienza. E poi ecco Carl G. Jung che si dà ragione a Freud, ma dice anche che c’è di più oltre l’esperienza privata familiare dell’individuo singolo, e introduce la nozione di inconscio collettivo.  

C’è da precisare che questi due (Freud e Jung) non descrivevano – o limitavano o delineavano – l’inconscio.  Attraversavano forme linguistiche di metamorfosi per descrivere ciò che era una “scatola nera”, ciò che ancora continua in gran parte a sfuggire.

Sebbene il modello di Carl G. Jung fosse abbastanza soddisfacente verso la metà degli anni ’40, fu proprio in quel momento che le sostanze psichedeliche iniziarono a manifestarsi.  

Ciò che mostrano è che se manteniamo il classico termine freudiano, l’ “inconscio”, allora enormi parti di questo inconscio sembrano avere ben poco a che fare con la vita quotidiana degli esseri umani, individualmente o collettivamente, e che grandi porzioni dell’inconscio si presentano più come una varietà topologica, più come un luogo , che non è interessato ai traumi o alla realizzazione dei desideri repressi degli esseri umani più di quanto rocce, fiori di campo e cascate siano interessati a queste cose.  

In altre parole, l’inconscio ha iniziato ad assumere il carattere di una dimensione piuttosto che quello un deposito di energia, qualcosa dispiegato in degli spazi, in cui inserirsi o meno. Ciò anticamente era conosciuto con un nome: sciamanesimo.  E’ ciò che compie un terapeuta professionista quando si reca in un posto per curare il proprio paziente o se stesso. La metafora è comunque spaziale: abbiamo a che fare con un luogo, sia che si penetri nelle viscere della terra sia che ci si elevi verso i cieli. Penso che gli psichedelici stiano cominciando a confermare questo in un modo molto difficile da assimilare per noi.  

Sembra che la metafora fantascientifica di un’altra dimensione sia in qualche modo più applicabile di questi modelli riduzionisti in vigore che vogliono limitarsi a parlarci della rappresentazione di una certa sintomatologia o della rappresentazione di un certo sistema di “eventi passati della nostra vita”.

Ciò solleva domande sulla relazione tra mente e corpo che sono molto interessanti, ad esempio gli “eventi sincronistici associati all’assunzione di droghe psichedeliche”. Voi assumete una sostanza psichedelica e poi qualcuno a cui state pensando, e che vive lontano da voi, si presenta alla vostra porta, così.  

Questo genere di cose.  

La parola “sincronicità” è stata coniata da Carl G. Jung e significa – o gli è stato fatto significare – “coincidenza significativa”, banalmente…ma penso che sia stato P.D. Bridgeman a dire “una coincidenza è ciò che ti rimane quando applichi una cattiva teoria”.   

Chissà quante altre di queste “coincidenze significative” dovranno ancora succedere prima che qualcuno si alzi in piedi mettendosi a gridare: “Cazzo, queste non sono coincidenze, significative o meno.  Qui sta succedendo qualcos’ altro!”
Terence McKenna, giugno 1984
 
 

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Protetto: MEZZANOTTE, dal sito web di Marco Vuyet

10 06 2018

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