Hypnagogic pop (o Gio-fi) e Witch House (o Drag)

20 02 2013

Nel post di ieri ho esordito infilandoci un video di un brano Witch House, un genere musicale underground affine all’Hypnagogic pop. Se quest’ultimo è un tipo di musica che ricorda l’ascolto di brani musicali dagli anni sessanta agli ottanta mentre si è in una specie di dormiveglia metafisico, la Witch House ne è un ulteriore evoluzione, ispirandosi a quel pop che va verso la cupezza, le atmosfere gotiche, dark-surrealiste. Entrambi prendono le mosse dalle stesse premesse musicali. Lontane nel tempo. All’incirca trent’anni fa.

Soprattutto i brani Hypnagogic pop basano la loro esistenza sul richiamare tracce musicali pop degli anni ottanta (ma anche più indietro nel tempo) ma senza alcun intento di revival, di amarcord, anzi, probabilmente, la segreta speranza che sta dietro a questo tipo di musica è cancellare ogni possibile intento di questo tipo, mantenendosi sempre nella linea d’orizzonte tra il ricordo e una specie di condizione amnesica in cui la memoria si fa indistinta, imprecisa, pur ancora essendo, in qualche modo, presente, ma sempre costantemente al limite della scomparsa (a questo proposito, avevo scritto qualcosa qualche anno fa.)

Vi consiglio l’ascolto di una playlist YouTube come questa per esempio, “now that’s what I call hypnagogic pop.”

Prima o poi, quando ne avrò la forza, intendo sviluppare un post più consistente riguardante l’Hypnagogic pop e la Witch House. Per ora mi fermo qui.





Ecco chi sarà il nuovo papa

17 02 2013

Certo, ha “donato una parte delle sue ricchezze per i bambini poveri del mondo”, e nello stesso tempo sta dalla parte degli elitari della globalizzazione che operano per la riduzione della popolazione umana, con metodi alquanto discutibili.

E’ proprio vero che non c’è crimine peggiore di quello fatto nel nome di nobili intenzioni.





Status Quo Über Alles

15 01 2013

Il seguente articolo, dedicato al problema euro, di cui la versione originale è a questo indirizzo, ben identifica – soprattutto all’inizio – come gli attuali poteri politici dell’occidente, per far sì che non frani tutto, siano obbligati a non muoversi di un passo, a seguire sempre gli stessi schemi, sempre gli stessi programmi, dentro una specie di regno dell’immobilismo ristagnante. Esattamente come un cliente del supermercato che, per non far rotolare la piramide di scatole per terra, non si azzarda a spostarne nemmeno una. Infatti, da anni e anni, all’interno delle istituzioni europee e americane, all’interno del “regime occidentale”, circolano sempre le stesse facce che fanno sempre le stesse cose.

La quiete, anzi il “quieto vivere”, che precede la tempesta?

La palude dentro cui cade dentro il meteorite?

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 «Governare per non cambiare nulla»: oggi, questa è la cifra di tutti i poteri politici nel mondo, secondo la geniale intuizione di Fedor Lukianov, eccezionale analista della Novosti.
«L’aspirazione al potere per non fare nulla è un fenomeno nuovo della politica internazionale», per giunta in un mondo che invece cambia freneticamente.
Il presidente Obama è un modello addirittura caricaturale di questo immobilismo: ha chiesto per la seconda volta i voti per governare, e dopo non aver fatto nulla la prima, non sta facendo nulla nella seconda.
L’indecisionismo, la timorosa incertezza di Francois Hollande in Francia è diventato oggetto di satire e vignette.
Ma per Lukianov, anche Putin «nelle sue azioni mette l’accento soprattutto sui molteplici rischi da cui occorre proteggersi. I suoi tentativi di assicurare la stabilità interna s’incagliano sull’instabilità estera; ma questa dipende da fattori innumerevoli su cui Mosca non può influire». Per cui il governo «cerca soltanto di minimizzare i rischi». Non è solo un limite di «capacità», ma «di comprensione»: eccesso di complessità globale, ormai indominabile intellettualmente.
E non parliamo delle oligarchie che hanno preso il potere senza voto in Europa. Un’Europa, dice Lukianov: «dove gli uomini politici non osano neppure parlare di cambiamenti strutturali in seno all’Unione Europea, preferendo tappare i buchi indefinitamente. LEuropa ha perduto la sua forza innovatrice e il desiderio di cambiamento» (Gouverner pour ne rien changer).
Ahimè, quanto la politica italiana entra perfettamente in questo modello. Il Paese ha bisogno di una riforma fondamentale dello Stato, della costituzione e dell’amministrazione pubblica, ma non c’è una voce che ne delinei almeno i contorni, e nessun politico che la vuole, né che sia capace intellettualmente di porre il tema. Berlusconi chiede per la sesta volta voti per non far nulla, nemmeno fà finta di avere un programma. Il Pd sta per andare al potere ma tutto quel Bersani sa dire delle sue intenzioni è: «Servono più equità, più lavoro» (d’accordo: ma come? In che modo, nella pratica? Non lo dice), e per il resto gli va bene «l’agenda Monti». Ma anche l’agenda Monti, come Monti stesso (e i suoi reggicoda del «centro») è non far nulla, oltre che il «tappare i buchi – del debito, e delle banche a livello europeo – ordinatoci dall’eurocrazia e da Berlino, cura che tutti sanno peggiorare il male, ma che nessuno fa nulla per cambiare.
Si può dire che la democrazia terminale, la lunga egemonia del «pensiero unico», i disegni sovrannazionali oligarchici tipo UE che hanno avuto l’effetto di de-responsabilizzare il politici nazionali, sia il potere su di essi del turbo-capitalismo letale (che i politici li compra e congiura alla stessa de-responsabilizzazione), hanno ottenuto questo risultato: «politici» che chiedono voti e mancano delle tre qualità elementari necessarie all’uomo di stato: audacia, visione e previsione, e decisione esecutiva. Gli aspiranti a governarci sono invece vigliacchi, e mancano di ogni forza intellettuale per concepire visioni alternative a quelle, rovinose, dello status quo imposto dai profittatori.
Questa deficienza intellettuale vien prima della loro disonestà e corruzione, e ne è la causa: non avendo una visione complessiva da proporre ed attuare, cedono a tutti gli interessi particolari che li premono, a tutte le lobby. Persino risibili, come la lobby dei gestori di spiagge in Italia; figurarsi se possono resistere alla lobby bancaria mondiale e locale e imporre, poniamo, la separazione fra l’attività commerciale e quella speculativa. Mancando di idee alternative, accontentano tutti i gruppi che hanno qualche interesse da difendere, che li pagano o in cui sperano di trovare un elettorato.




Appunti tratti dal mio quaderno (7) + bonus

23 12 2012

Settima puntata.

In un servizio televisivo non so in quale programma per seguire la maratona elettorale delle elezioni politiche USA del 2000, uno degli ospiti, a un certo momento, con la mappa degli USA degli stati rossi e blu che appariva dietro, aveva detto che ormai era certo che il vincitore era Al Gore, e ogni tanto si vedeva la sua foto accanto a quella di Bush.

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In Videocracy, a un certo punto, la voce fuoricampo di Erik Gandini, parla di come, in Italia, si sia vissuto un’atmosfera, dagli anni ottanta in avanti, che possono capirla e riconoscerla soltanto coloro della generazione, nata e cresciuta in Italia, che l’hanno vissuta. Gli stranieri sono esclusi dal riconoscerla e capirla. E’ stata mostrata anche quella proto televisione commerciale, una trasmissione del 77 – 78 reperita su nastro smagnetizzato, diventato in bianco e nero, con rari sprazzi di colore, e le linee bianche magnetiche che attraversano il video.

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La trasmissione andava in onda su “Tele Torino International”, lo studio era l’interno di un bar coi tavolini e le sedie, le persone telefonavano da casa e, se rispondevano esattamente alle domande che venivano loro rivolte, potevano scegliere il vestito che una donna in sala (dal viso nascosto con una mascherina) doveva togliersi.

Gli operai al mattino erano stanchi e non rendevano nelle officine FIAT, perchè stavano alzati fino a tardi a vedere la trasmissione.

Il titolo era Spogliamoci insieme, ed era precedente anche a La bustarella e Colpo Grosso.

L’epoca iniziale, primigenia, del riflusso, del neoliberismo, del ritorno al privato (dopo gli anni settanta dell’impegno) si stava facendo strada con questo tipo di immaginario. Fanciulle discinte negli studi televisivi, assieme al dilagare di quella “mancanza di senso accompagnate dall’ipertrofia della visibilità e del gossip“, di cui scrive Sergio Di Cori Modigliani. Cose che si contrapponevano ai discorsi pacati, in bianco e nero, con i primi piani eterni, di Togliatti, con i suoi occhiali dalla mezza montatura spessa.

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Il Dadaumpa delle gemelle Kessler, coreografate da Don Lurio, diventava preistoria coperta di licheni. La paleotelevisione del servizio pubblico. Tv didattica e didascalica, dominata dal perbenismo cattolico. “Cattolico decoro”, come cantava Giovanni Lindo Ferretti.

L’attacco e l’invasione dell’Iraq nel 2003, erano stati tanto tambureggiati, prima e dopo, settimana dopo settimana. Ma era stata un’azione molto teatrale, molto mediatica. Il “tiranno” Saddam era ormai un pallone gonfiato, che si circondava e faceva sostituire da mille sosia, andava in Tv con una faccia che sembrava una sua caricatura, e non si capiva nemmeno bene se si trattasse proprio di lui. Con un paio di pesanti occhialoni dalla montatura spessa, e sopracciglia e baffi che sembrano tinti. Poi, alla fine di quel 2003, dopo che per mesi si dava per disperso e non si riusciva a rintracciare, Saddam venne “braccato”, nel periodo in cui prendevo cappuccini e merendine nei bar di Sestri Ponente, ascoltando il walkman, e le immagini del suo look, nel momento in cui venne catturato, erano diverse da quelle a cui c’avevano abituato i mass media.

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Durante tutta la prima metà del 2003, la Guerra in Iraq (pallido sequel della molto più classica originale e originaria Guerra in Iraq del 1991) era spettacolarizzata al massimo dappertutto: radio, Tv, giornali e internet. Ricordo persino un’immagine dei concorrenti di Sanremo (tra cui Bobby Solo e Little Tony) che posavano per mostrare tutta la loro contrarietà alla guerra.

Lele Mora, tutto vestito di bianco dentro quella stanza da letto in Costa Smeralda, dove ogni cosa era bianca, non riuscì a starmi antipatico quando vidi Videocracy. Al contrario, ha una faccia che mi è simpatica, più simpatica di quella di Fausto Bertinotti, mio idolo quanto avevo vent’anni.

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Bonus

Questo doversi sempre riferire a qualcosa di esterno che ci domina. Uno di questi “esterni che ci dominano” è il linguaggio, per esempio la lingua italiana. Non è qualcosa che ha origine dalla nostra interiorità, ma da un’esteriorità che ci individua e ci dice come dobbiamo essere. Per esempio, parlanti di una determinata lingua, nel mio caso la lingua italiana. Mi identifico con ciò che di me viene detto dal “mondo esterno”, ed abbocco all’amo. Mi identifico in ciò che mi viene detto di essere dal “mondo esterno”, e comincio a dimenticare (in seguito me lo dimenticherò completamente) che “mondo interiore” e “mondo esterno” sono la stessa cosa. I confini del corpo sono falsi confini. E’ il confine del corpo il confine da abbattere.





Il primo ministro Julia Gillard annuncia la fine del mondo

6 12 2012

Il primo ministro australiano, di orgine gallese, Julia Gillard ha predetto la fine del mondo in un videomessaggio per Triple J, una rete radio dell’Australia, ricevendo più di 200.000 visualizzazioni su You Tube in 24 ore.

Il messaggio è parte di una campagna pubblicitaria dello show di punta del mattino

Gillard dice nel filmato: “Miei cari concittadini australiani, la fine del mondo sta arrivando. Abbiamo scoperto che ciò che dice il calendario Maya è vero.”

E continua: “Se il colpo di grazia verrà da carnivori, zombie demoniaci, bestie infernali, o dal trionfo totale di K-Pop, voi tutti sapete che combatterò fino alla fine . “

Il videomessaggio è il coronamento di una ghiotta settimana per gli scherzi in Australia, dopo che due dj sono riusciti a ottenere da un ospedale gli aggiornamenti  sulle condizioni mediche in stato di gravidanza di Kate Middleton, spacciandosi per la regina e il principe Carlo.

http://www.digitalspy.co.uk/odd/news/a443468/australian-prime-minister-predicts-zombie-apocalypse.html