Lo scatenamento della materia

23 01 2020

Presentiamo oggi un testo che pensiamo abbia diversi agganci con questioni di cui ci siamo interessati più volte nel blog.

Il testo guarda da vicino proprio quel “big bang” storico che fu Il XVIII secolo dal 1760-1780 in avanti i cui suoi prodromi possono risalire andando all’indietro fino ai tempi rinascimentali: quel cambiamento mentale collettivo che condusse alla rivoluzione scientifica nel XVII secolo e poi nel secolo dopo all’Illuminismo, e poi alle rivoluzioni industriale, americana, francese e tecnologica, per proseguire poi sempre più veloce.

Non siamo interamente d’accordo con le posizioni di Philippe Grasset di Dedefensa, trovandole un po’ troppo combattive e manichee (d’altra parte Grasset è un anti-moderno tradizionalista), ma il suo è un bell’ esempio di lettura metastorica degli avvenimenti storici.

La metastoria è una visione della storia così globale e complessiva da trascendere la sua visione comunemente accettata.

http://www.dedefensa.org/article/glossairedde-le-dechainement-de-la-matiere

Con l’espressione “scatenamento della materia” intendiamo un avvenimento concettuale, simbolico e anche metafisico, fondamentale nella nostra visione metastorica, il quale fornisce un certo punto di visione sulla storia dal XVIII secolo in poi.

Si tratta di un avvenimento metastorico datato precisamente : “1776-1825”… L’anno 1776, lo si comprende facilmente, è quello in cui Jefferson scrisse la dichiarazione d’indipendenza delle colonie americane dalla madrepatria inglese, marcando così formalmente il processo che portò alla formazione degli Stati Uniti. La data del 1825 è più enigmatica e deve essere spiegata: 1825, è l’anno in cui il letterato Stendhal scopre con orrore che il “partito liberale” o “partito del progresso” è in realtà il “partito dell’industria” e se ne va via immediatamente da esso. Nel suo Stendhal et l’Amérique (Fallois, 2008), Michel Crouzet espone rapidamente la genesi di qualcosa divenuto presto un simbolo e il fattore principale dello sviluppo di quel sistema non della tecnologia ma del tecnologismo.

Stendhal immaginò che il suo pamphlet che ridicolizzava l’ideologia industrialista avrebbe trovato un largo consenso. Fu un grave errore perché, così pensando, Stendhal si oppose al credo fondamentale dell’epoca. Saint Simon per primo ebbe l’intuizione di vedere che l’industria, considerata da un punto di vista storicistico, era la concretizzazione materiale degli ideali dell’Illuminismo, “il punto in cui il pensiero metafisico si reifica e si abolisce nel pensiero della tecnica che occupa e chiude tutto l’orizzonte”: così come disse H. Gouhier, “l’epoca dei Lumi è ormai l’industria”.

Tra i due avvenimenti che presenteremo più precisamente i quali daranno il via allo “scatenamento della materia”, si trova la rivoluzione francese e anche questa sarà letta attraverso la stessa prospettiva.

Sono queste “tre rivoluzioni”, quindi, che formano l’avvenimento fondamentale del nostro “scatenamento della materia” : La rivoluzione “americanista” (più che “americana”, certo), la rivoluzione francese, la rivoluzione della scelta della termodinamica (ciò che noi simbolizziamo col titolo del libro di Alain Gras, Le choix du feu, “La scelta del fuoco”) : nel 1776 comincia la rivoluzione americanista, nel 1825 la rivoluzione della scelta della termodinamica è integrata nello sviluppo concettuale e ideologico con il battesimo del partito liberale e progressista in “partito del’industria”. Lo “scatenamento della materia” è avviato.

Hédi Doukhar in un suo testo considera lo stesso Occidente in quanto “scatenamento della materia”.

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Verdun e la “contro-civilizzazione”

Per Philippe Grasset, l’idea dello “scatenamento della materia” è nata e s’è formata a Verdun, durante la sua prima visita sul campo di battaglia nel novembre 2006, seguita da altre visite che portarono all’elaborazione di un libro con testi insieme a foto dei campi di battaglia, intitolato Les Âmes de Verdun “Le anime di Verdun”.  Grasset s’è trovato in condizione di avere una cosiddetta “intuizione alta” che l’ha portato a interpretare la battaglia di Verdun come una manifestazione dello “scatenamento della materia”.

https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Verdun

Siamo in grado di esplicitare la coerenza della struttura storica nata da questa percezione intuitiva. Diremmo che, per le sue condizioni strategiche e tecnologiche, ma anche e soprattutto per la sua potenza psicologica e il suo monumentale aspetto simbolico, Grasset vede la battaglia di Verdun  come combattimento tra “la materia scatenata” (la potenza schiacciante del fuoco e l’acciaio dell’artiglieria) e la resistenza umana all’interno di un campo chiuso. 

Diceva infatti nel 1931 il letterato Paul Valéry:

«Mais Verdun, c’est bien plutôt une guerre toute entière, insérée dans la grande guerre, qu’une bataille au sens ordinaire du mot. Verdun fut autre chose encore. Verdun, ce fut aussi une manière de duel devant l’univers, une lutte singulière, et presque symbolique, en champ clos…»)

Quindi per la sua estrema singolarità che fa uscire questa battaglia dalla trama tattica e strategica della Grande Guerra, Verdun ne costituisce un riassunto violento, una sorta di archetipo simbolico e potente, sia della tesi dello “scatenamento della materia” sia come possibilmente sconfitto perché  “vittorioso alla Pirro”. In entrambi i casi lo “scatenamento della materia” fa parte della cosiddetta “metastoria”.  E’ paradossalmente grazie a Verdun, battaglia che da sola forma una guerra, che si può parlare della Prima Guerra Mondiale appunto come di una singolarità.

Vedere anche: https://civiltascomparse.wordpress.com/2019/02/02/the-wwi-enigma/

A partire da tutte queste intuizioni, Grasset ha potuto elaborare una nuova concezione della nostra storia recente (a partire dal Rinascimento). La storia convenzionale della “scienza storica” di carattere accademico e facente parte di un determinato Sistema diventa metastoria ; la continuità della nostra “civilizzazione” nel suo cammino verso la modernità (con annesso il Progresso) diviene una discontinuità brutale, metastorica, a partire dal 1776-1825.

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Le “tre rivoluzioni”

A partire dall’ “intuizione di Verdun”, abbiamo re-interpretato gli avvenimenti fondamentali già menzionati, per ricondurli in un solo avvenimento che esprime storicamente questo fenomeno metastorico dello “scatenamento della materia”.

Vediamo soprattutto queste “tre rivoluzioni” come il tutto che è qualcosa di più dei suoi componenti, e la differenza tra il tutto e i suoi componenti è una differenza di natura, più quantitativa che qualitativa. Si vedrà di prendere per acquisito che il risultato delle “tre rivoluzioni”, è un avvenimento differente in natura rispetto ai tre avvenimenti di cui è somma, un avvenimento che non è contenuto da nessuno dei tre e in nessun modo può essere ridotto a nessuno dei tre e neanche semplicemente all’addizione dei tre. E questo avvenimento è proprio lo “scatenamento della materia”.

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• La “rivoluzione americanista”

Diciamo proprio “rivoluzione americanista”, e non “rivoluzione americana”. Ciò che s’è creato nel 1776-1788, è il nucleo di una potenza, di una creatura vivente a dimensione continentale di cui il primo obiettivo, dal punto di vista metastorico, è quello di assicurare la perennità delle sue oligarchie (fondatrici) di proprietari privati, grazie a un sistema economico (capitalismo) protetto dalle esigenze del bene pubblico e volto al profitto.

Accanto a questo, si mettono in moto delle dinamiche straordinarie per contenere la sicurezza e lo sviluppo di questa nuova potenza. Due obiettivi che costituiscono – involontariamente in relazione all’uso che ne farà lo scatenamento della materia, la matrice dei sistemi di comunicazione (controllo della sicurezza) e della tecnologia (controllo dello sviluppo). Si tratta qui, dal punto di vista metastorico, dell’obiettivo strutturale della fondazione degli USA.

Privi infatti di una struttura storico-tradizionale, gli USA costituiscono il centro di una potenza destrutturante corrispondente alla dinamica dello scatenamento della materia. Gli USA iniziano a essere percepiti collettivamente dal loro flusso costante di comunicazione che producono, col tempo divengono produttori di narrative adeguate. La principale di queste narrative è l’American Dream, che dà origine a narrative secondarie come l’idea della felicità, l’idea della democrazia, e così di seguito.

L’obiettivo dell’ American dream è la costruzione della percezione collettiva, ovvero di una “realtà virtuale”. Questo sviluppo necessario di un potentissimo sistema di comunicazione sfocia, passando dalla interpretazione virtuale alla creazione virtuale, nel sistema della comunicazione che è uno dei due processi operativi del sistema Occidente.

Poi abbiamo il processo tecnologico, che gli USA sviluppano in parallelo. Ciò implica lo scartare tutta la dimensione storica tradizionale in favore della manifattura utilitaristica dello sviluppo economico, facendo tabula rasa installando il sistema usando tutta la materia possibile del mondo, in modo da porre nuove condizioni di sfruttamento.

La tecnologia è lo sviluppo della potenza meccanica sola, fuori da tutte le considerazioni per le esigenze della natura del mondo, avendo per obiettivo automatico la potenza assoluta della materia, da non poter raggiungere che nella sua negatività, nella sua capacità distruttiva (il massimo è l’arma nucleare).

L’essere così completamente integrata al sistema Occidente da parte della “Grande Repubblica” (gli USA) s’è così concretizzato da non poter far pensare ad altro che agli USA come parte integrante dello stesso sistema, come “figli del sistema” fuori dal controllo delle singole azioni umane. Il vedere infatti umani di buona volontà e in buona fede, continuare a fare elogi agli USA, (sia dentro che fuori dagli USA) non è che la testimonianza della perversione a cui le psicologie sono sottomesse, d’altronde rese estremamente fragili dalle condizioni che hanno portato allo “scatenamento della materia”.

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• La rivoluzione francese

Abbiamo simbolicamente definito la rivoluzione francese usando un’espressione impiegata il 21 agosto 1792 che caratterizzò la decisione di far rimanere in piedi l’artefatto più simbolico dell’avvenimento : «la ghigliottina permanente».  Farla rimanere in “place de la Révolution”, l’attuale piazza della Concordia, dove ebbe luogo il maggior numero di esecuzioni [1.119 persone in 11 mesi]  Ma prima e dopo altre piazze accolsero come un monumento questo strumento di morte simbolo della rivoluzione.

In effetti, nelle nostre proposte di definizione dello “scatenamento della materia”, la rivoluzione francese è qui per tranciare. Rompere il nodo gordiano che lega la stessa rivoluzione alla storia del mondo, – a tutto ciò che l’ha preceduta, a tutto ciò che fa memoria, dunque a tutto ciò che fa si che – metastoricamente – la storia sia storia.

Dal punto di vista della Materia, la rivoluzione ha il compito fondamentale d’imporre con la più estrema brutalità una tabula rasa alla Tradizione. In questo senso è complementare alla “rivoluzione americanista”: infatti distrugge le “verità di prima” per permettere alla “nuova verità” del “nuovo mondo” di spandersi con facilità. Il suo obiettivo principale è la psicologia di massa, e si può dire che assieme al collo, ciò che la ghigliottina trancia è appunto la psicologia collettiva.

Dal punto di vista della psicologia collettiva, la rivoluzione francese assassina la storia del mondo di prima, cioè la memoria e i legami con la Tradizione, tanto quanto «la ghigliottina permanente» trancia le teste, in particolare la testa di Luigi XVI. 

Si comprende allora quanto il ruolo della rivoluzione sia centrale nell’episodio dello “scatenamento della materia”, preparandone il terreno, rovesciandolo, facendone il caos di una terra storica annaffiata del sangue della memoria e della psicologia assassinata, seminandone poi su questo campo purificato i semi della “nuova civiltà”.

La rivoluzione è uno choc, un colpo terribile portato alla bussola della storia, per permetterne un completo rovesciamento ; portando al massimo grado l’ambiguità di quella “Grande Nazione” che è la Francia, capace del peggio e del meglio i quali tutti e due si affrontano dentro la sua anima.  Poiché la stessa Francia che ha fatto la rivoluzione resiste nel 1916 a Verdun a quello “scatenamento della materia” di cui è stata una delle origini.

• La “rivoluzione della scelta della termodinamica”

Impiegando l’espressione “rivoluzione della scelta della termodinamica”, non designiamo un avvenimento storico preciso ma una dinamica, una successione di scelte congiunturali, fatte essenzialmente in Inghilterra, che hanno portato alla rottura col “mondo di prima” dovuta alla rivoluzione industriale e manifatturiera basata sulla “scelta della termodinamica”.

In Inghilterra vengono prodotti progressi decisivi nel periodo di tempo influenzato direttamente dalle Rivoluzioni, – all’incirca tra il 1780 e il 1820, progressi nello sviluppo della tecnica e delle macchine. In questo periodo viene forgiata la matrice della tecnica industriale moderna; e si sceglie la termodinamica per produrre energia e sviluppare quelle macchine che saranno fondamento della nostra era tecnologica. A proposito della ‘scelta del fuoco’, Alain Gras mostra quanto questa scelta non sia stata ineluttabile, quanto sia stata dettata da causalità, nonostante conseguenze che hanno condotto effettivamente a una devastazione dell’ambiente a partire dal processo di combustione. Gras inoltre ci fa vedere che la scelta avrebbe potuto essere anche quella dell’idrodinamica come produttore principale di energia, in condizioni radicalmente differenti per la salvaguardia ambientale e per il modello di riferimento dello sviluppo del progresso tecnologico industriale.

Aggiungeremo che le concezioni economiche e finanziarie sviluppate in Inghilterra a partire dalla Rivoluzione (inglese), giungono fino a noi, fino alla nostra “globalizzazione”, nello spirito e nella dinamica destrutturante così simile a quella dell’altra Rivoluzione (francese).

A questo punto è necessario introdurre un’ipotesi di un’importanza fondamentale. […] Questa “scelta del fuoco” da parte dell’Inghilterra, che in fondo viene fatta senza la precisa intenzione di nuocere, diventa una scelta universalmente sconvolgente. Questa scelta apre la nuova era geologica dell’antropocene, proposta negli anni 90 del XX secolo come nuova tappa di evoluzione geologica.

Questa classificazione geologica è rivoluzionaria perché si stacca dalla geologia normale che fa riferimento all’evoluzione naturale, per prendere invece come quasi esclusivo referente l’attività umana; quella attività che, con l’utilizzo della combustione – a partire dalla “scelta del fuoco” – di diverse materie organiche fossili, per i suoi effetti sull’ambiente, l’equilibrio naturale, la composizione e le le variazioni dell’atmosfera e del clima, provoca mutamenti di tale portata da pensarla appunto come generatrice di una nuova era geologica.

Per noi la proposta di una nuova era geologica, l’ “antropocene” viene vista come singolarmente attraente proprio per il nostro proposito di una visione metastorica della storia. Una visione trascendentale, in rapporto con la “scelta del fuoco” che rivoluziona l’ambiente storico. Nel contesto generale della nostra ipotesi metastorica, il carattere potente dei fenomeni del mondo nel momento storico in cui le azioni umane pretendono di usurpare il corso della natura giustifica e rende credibile l’idea dell’era geologica chiamata antropocene.

L’incontro tra le tre Rivoluzioni ha il suo ruolo proprio nel debutto dell’antropocene. (Grasset vi vede un segno inatteso e quasi fulminante, come un potente lampo che illumina l’oscurità , il fatto che il qualificativo corrispondente ad “antropocene” sia “antropico”, omonimo di ’“entropico”, di cui si conosce il senso ; questo qualificativo sembra caratterizzare questa “era geologica” che vede l’intrusione dell’impostura su grande scala, per imporre effettivamente un disegno antropico-entropico.)

Integrazione delle “tre rivoluzioni”

Le “tre rivoluzioni” potrebbero, volendo, rappresentare gli attori dell’antico gioco della “morra cinese” (Sasso-carta-forbici), ma senza alcuna rivalità tra loro, al contrario con uno spirito di complementarietà.

La “rivoluzione americanista”, con la sua attivazione degli strumenti sofisticati per lo “scatenamento della materia”, è rappresentata dalla carta che circonda, soffoca, strangola, inganna e convince; la “rivoluzione francese” rappresenta le forbici che tranciano, procurando a forza lo choc col metallo che trancia portando la dinamica rivoluzionaria nel teatro del mondo; la “rivoluzione della scelta della termodinamica” infine è rappresentata dal sasso contundente, simbolo dei materiali fondamentali della scienza applicata e della tecnologia, l’universo nel cui grembo si gioca il dramma.

I tre elementi formano un tripode che sembra avere la formula per padroneggiare il nostro mondo moderno-contemporaneo così com’è diventato. C’è una gradazione perfetta tra lo scioccare il “mondo di prima”, il dopo-choc con l’accalappiamento del “mondo di prima”  e poi un nuovo ambiente di ferro e fuoco che il “mondo di prima” non può ormai far altro che accettare.

Questo conduce il “mondo di prima” ad accettare di punto in bianco l’insieme della narrativa prodotta dallo “scatenamento della materia”, senza poter più protestare e anzi trovandovi ogni sorta di virtù, che ora le vede come luminarie di una festa (i Lumi del XVIII secolo divenuti le lampadine del “partito dell’elettricità”).

Così la somma dei tre elementi che compongono lo “scatenamento della materia” finisce per essere ben più che la somma dei tre elementi. Lo “scatenamento della materia” è ben più di una somma, è qualcosa d’interamente nuovo che sembrerebbe non avere più nulla a che fare con ciò che lo ha preceduto, compresi i suoi componenti.

La stessa integrazione dei tre elementi che compongono il tutto, cioè lo “scatenamento della materia”, è già una rottura prima di essere scatenamento, una rottura di ciascuno di essi con ciò che li ha preceduti. Una volta che il gioco è fatto, l’America entra nel mondo della narrativa e non ha più niente a che vedere con se stessa, come se non fosse mai stata se stessa, e ciò è constatare l’evidenza ; una volta portata a nudo, la rivoluzione francese si cancella e sparisce, come Robespierre e i suoi amici, affettati dalla ghigliottina, e si può allora tentare di convincervi che dopotutto, il Terrore non era poi così terribile, secondo una narrativa che ha mantenuto tutta la sua dinamica; in quanto alla “scelta della termodinamica”, chi si ci interessa veramente, soprattutto nelle sue conseguenze di distruzione del pianeta, poiché si tratta ormai della “fata Elettricità”, generata dal “partito dell’Industria” per rischiarare il nostro avvenire radioso?

Così lo “scatenamento della materia” è, nonostante la sua potenza, i suoi ritmi, i suoi nitriti industriali, esso stesso, per la sua negatività evidente,  è un immenso “niente”, qualcosa di – fate bene attenzione – virtuale.

La dimensione metastorica

La rivoluzione francese, creata distruggendo la storia, dalle condizioni in cui questa stessa storia è stata sacrificata, dà alla luce la metastoria. Processo naturalmente del tutto involontario.

Dunque intervenendo con tutta la sua potenza e tutta la sua brutalità, lo “scatenamento della materia” crea le condizioni di un cambiamento decisivo. Mette in chiaro le cose e ci dice : “Ecco a voi dunque l’Ultima Battaglia che comincia.”Fino ad allora la metafisica poteva essere separata dalla storia, perché le condizioni storiche lo permettevano ; lo “scatenamento della materia” conduce a una nuova necessità, che è quella integrare la metafisica e la storia in un modo diretto e “operativo”. Lo “scatenamento della materia” conduce a questa nuova necessità di integrare la metafisica alla storia per salvare l’una e l’altra, poiché l’evoluzione descritta ha condotto alla distruzione della metafisica, che era parte costitutiva del “mondo di prima”, e che la storia senza metafisica non è niente. (Come scrive Crouzet a proposito di Stendhal: «…il pensiero dove il pensiero metafisico si reifica e si abolisce nel pensiero della tecnica che occupa e chiude tutto l’orizzonte.»)

Il tempo storico diventa necessariamente metastorico, alzando il confronto a livelli estremi; per lottare contro l’aggressione dello “scatenamento della materia”, il livello più alto concepibile si mette in gioco e la storia diventa una metafisica (o metastoria).

Vale a dire che non possiamo concepire il concetto di “scatenamento della materia” che da un punto di vista metafisico ; la Materia, creatrice del Sistema per rendere operative le sue azioni, si scopre agire in modo totalitario.

Abbiamo dunque datato metastoricamente il periodo 1776-1825 pensandolo come generatore di una “nuova civiltà occidentale” [occidente-centrica], o “contro-civiltà”. Lo “scatenamento della materia” è una sorta di golpe. Esso apre l’ultimo periodo del tempo storico divenuto metastorico. Stiamo regolando i conti.





The WWI Enigma…

2 02 2019

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Gli storici hanno bisogno di dare un senso agli avvenimenti e per la Grande Guerra hanno fatto ricorso a tutte le spiegazioni possibili: l’atavismo, l’imperialismo, il nazionalismo. Ma, facendo appello alle ragioni della storia, non sono arrivati a spiegare perché gli uomini diedero inizio a un conflitto che rappresentò la prima grande tragedia collettiva dell’intera umanità. Oggi essi ammettono che non esiste una spiegazione convincente, che sono misteriosi sia le origini della Guerra che il suo svolgimento [“Tutta la prima guerra mondiale è misteriosa”, ha scritto John Keegan (La prima guerra mondiale, una storia politico-militare, Carocci, Roma, 2000, p. 479)] e che essa era evitabile, perché la successione degli avvenimenti che portò al suo scoppio poteva essere interrotta in qualsiasi momento.
La Grande Guerra fu, in realtà, la madre di tutte le guerre del XX secolo e anche delle rivoluzioni, sia di sinistra che di destra: conteneva il codice genetico di tutte le sue tragedie. Da essa nacquero il bolscevismo, il fascismo e, più tardi, il nazionalsocialismo. Con una rilevante differenza: per Mussolini e per Hitler bisognava far nascere stirpi di guerrieri, in grado di alimentare nuove guerre; per Lenin, invece, la rivoluzione avrebbe dovuto porre fine a esse per sempre. Ma si sbagliava: i morti afferrarono i vivi e, come in una danza macabra del Medioevo, li trascinarono a decine di milioni in un abisso.

Questo è un estratto dal libro “Che c’entra Marx con Pol Pot?” di Aurelio Lepre, pg. 53, un professore ordinario, studioso materialista storico.

 





Che Guevara e i due Cesare Battisti

14 01 2019

Patria o morte!

(Cesare Battisti e Che Guevara)

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Due giorni dopo l’esplosione avvenuta a Parigi, è stato catturato in Bolivia lo scrittore e politico Cesare Battisti, latitante da trentotto anni per vicende criminali-terroristiche, legate all’ambiente dell’estrema sinistra extra parlamentare, di cui fu responsabile ai tempi della sua giovinezza: la latitanza di Cesare Battisti fuori dai confini italiani si è svolta tra l’Europa (Parigi, appunto, terra d’esilio di altri estremisti politici della stessa epoca) e il Sudamerica.

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https://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Battisti_(1954)#L’arresto_in_Bolivia_e_l’estradizione_del_2019

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Quello stesso Sudamerica che, più di cinquant’anni fa, vide la latitanza di un altro protagonista della lotta politica, da molti ancora oggi visto come un “estremista rivoluzionario”: Ernesto “Che” Guevara, catturato in Bolivia l’8 ottobre 1967 (per poi essere ucciso in un’esecuzione il giorno successivo)…

https://it.wikipedia.org/wiki/Che_Guevara#Cattura_e_uccisione

Ci possono essere coloro che si spingono a paragonare la vicenda di Cesare Battisti con quella di Che Guevara di cinquant’anni prima  ma, com’è facilmente prevedibile, sono dileggiati e ridicolizzati, anche se poco più di quindici anni, la rivista on line Carmilla organizzò una raccolta di firme di stima e solidarietà a Cesare Battisti a cui parteciparono molti giovani intellettuali di sinistra e hanno espresso parole di comprensione e solidarietà per lui persino un certo numero di personalità della cultura francese e sudamericana, parole spesso accompagnate dalle loro firme.

Vediamo quindi come Cesare Battisti sia un personaggio ambiguo, che divide: o lo si considera un perseguitato politico o un latitante che deve fare i conti con la giustizia dopo averla tanto sfuggita, è uno che spacca l’opinione pubblica, molto meno di Che Guevara, anche se…

…c’è da dire che, fino alla sua esecuzione, pure lo stesso Guevara era un personaggio che o lo si amava o lo si odiava, non lasciava indifferenti: non penso infatti che, all’epoca, quel guerrigliero fosse considerato innocuo un po’ come lo si considera oggi, con la sua effigie stra-conosciuta divenuta quasi un’immagine per uso commerciale come la Gioconda di Leonardo. Solo la morte di Guevara e il tempo trascorso ha livellato il giudizio dell’opinione pubblica nei suoi confronti: giudizio che oggi è molto difficilmente negativo così come, per una buona metà della popolazione, lo era invece negli anni sessanta, nel pieno delle scorribande guerrigliere per “liberare i popoli dell’America Latina sotto il giogo dell’oppressione”.

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Così come è molto difficilmente negativo – anzi c’è un coro unanime di elogio e stima nei suoi confronti ed è considerato un eroe nazionale – il giudizio verso un altro Cesare Battisti (anzi, il primo Battisti, l’altro è il Cesare Battisti di oggi): il professore e deputato socialista, di Trento quando Trento era ancora sotto l’Austria, il quale, poco dopo lo scoppio della Grande Guerra nel 1914, fuggì in Italia per arruolarsi come alpino tra le forze armate che combattevano l’Impero austro-ungarico  – quello di cui Battisti faceva parte, ne era cittadino e anche deputato al parlamento – per far sì che Trento e Trieste (terre cosiddette “irredente”) tornassero a essere italiane.

Di certo, anche il primo Cesare Battisti era considerato un pericoloso estremista politico, un traditore e terrorista latitante da stanare e acciuffare però, ovviamente, non erano gli italiani a considerarlo tale ma gli austriaci (per cui avevano anche spiccato un mandato di cattura per fallimento monetario e lo consideravano un “bancarottiere”).

Nel 1916, mentre combatteva come alpino, venne catturato da una brigata di suoi ex concittadini in divisa militare austro-ungarica e tradotto al tribunale militare che ne decretò la condanna a morte tramite impiccagione e non fucilazione come Battisti aveva richiesto.

https://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Battisti#La_cattura

Il primo Cesare Battisti fu catturato in Trentino l’11 luglio 1916 e venne ucciso dal boia il giorno seguente, 12 luglio.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/4/44/Cesare_Battisti_morto.jpg

Una cinquantina di anni dopo, Ernesto “Che” Guevara fu catturato in Bolivia l’8 ottobre 1967 e ucciso dal boia il giorno seguente, 9 ottobre.

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A circa cinquant’anni dalla cattura e morte del Che e a poco più di cento dalla cattura e morte del primo Cesare Battisti, ecco che il 13 gennaio, dopo lunga latitanza, viene catturato in Bolivia il secondo Cesare Battisti e un po’ di gente in questi anni ha associato mentalmente il secondo Battisti al Che, entrambi latitanti sudamericani, definendoli o entrambi eroi o entrambi farabutti (termine che gli austriaci avrebbero utilizzato anche per il primo Battisti, mentre gli italiani l’avrebbero definito, e lo definiscono, eroe).

https://www.liberoquotidiano.it/news/editoriali/13263396/sono-tutti-inchinati-a-che-guevara-celebre-farabutto-l-editoriale-di-vittorio-feltri.html

Oggi siamo in piena epoca di farsa e confusione mediatica oltre che di anti-storicità (per quanto la Storia tuttora ci perseguiti e condizioni) e perciò la vicenda del secondo Cesare Battisti ci appare tutt’altro che mitopoietica (= generatrice di miti) e quasi cristica, come invece le prime due vicende a cui quest’ultima ci sembra misteriosamente legata anche se ovviamente solo a livello archetipico-simbolico.

E così la storia non si ripete completamente per la terza volta e oggi il secondo Cesare Battisti non è stato giustiziato ma farà solo l’ergastolo perché, per fortuna, nel nostro ordinamento penale l’esecuzione non è più prevista e, altrettanto per fortuna, non siamo in legge marziale.

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http://www.opinione-pubblica.com/bolivia-decollato-laereo-che-portera-in-italia-cesare-battisti/

Quello degli “anni di piombo” è un periodo complesso e ancora troppo pieno di ombre per poter essere trattato in maniera sintetica. Alle azioni genuinamente rivoluzionarie e alle lotte del movimento operaio italiano e dei gruppi giovanili sia di sinistra che di destra, si sono spesso mescolate ed affiancate condotte delinquenziali ed operazioni dei servizi segreti nazionali e stranieri che hanno affogato nel sangue decine di vite, stabilizzando gli assetti di potere politici, affaristici e criminali.

Cesare Battisti è una delle tante figure opache, a metà tra la criminalità e la lotta armata, che hanno attraversato quella stagione, lasciandosi dietro una scia di morte, di odio ma anche di misteri.

Qualche considerazione su chi si è azzardato anche solo a tentare di fare un accostamento assolutamente ridicolo ed improponibile. La distanza tra La Higuera e Santa Cruz è ben più ampia dei 150 km in linea d’aria che le separano. Tra il 1967 e il 2019 esiste un abisso. E fare paragoni tra Che Guevara e Cesare Battisti, vuol dire non essere semplicemente somari ma cretini fosforescenti con qualche lampo di imbecillità (ci scusiamo con Marinetti per tale prelievo forzoso). Se le alture della Bolivia rendono faticoso il respiro, i fanatismi fanno diventare claudicante e miope la memoria.





Estate 1918

29 06 2018

https://civiltascomparse.wordpress.com/2013/01/30/inquietanti-coincidenze-di-centanni-fa-o-previsioni-per-il-futuro/

Questa sera presento un passo importantissimo verso la fine del libro “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Erich Maria Remarque; penso sia un po’ la poesia definitiva di cosa significhi continuare a combattere, difendersi e rischiare di morire senza alcuna speranza, ben sapendo infatti che la guerra la si è ormai perduta.

 

I mesi passano. Questa estate del 1918, è la più sanguinosa e la più pesante. I giorni stanno, come angeli azzurri e dorati, inattingibili, inconcepibili, sopra la cerchia della distruzione. Tutti qui sappiamo che perdiamo la guerra. Non se ne parla molto, ma siamo in ritirata, e non potremo più attaccare dopo questa grande offensiva, non abbiamo più né uomini né munizioni. E tuttavia la lotta continua, la strage continua…

Estate 1918: mai la vita, pure in questa sua così miseranda parvenza, ci è parsa più desiderabile di ora – rossi papaveri sui prati intorno ai nostri baraccamenti, lucidi insetti sui fili d’erba, calde serate nelle camerate semibuie e fresche, alberi neri e misteriosi nel crepuscolo, stelle e fluire di acque, sogni e lunghi sonni. Oh vita, vita, vita!

Estate 1918: mai si è tanto sofferto in silenzio quanto stavolta nel ritornare in linea. Incontrollate voci di armistizio e di pace che agitano gli animi sono sorte e turbano i cuori e rendono la partenza più gravosa che mai!

Estate 1918: mai la vita di trincea è stata più amara e orribile che in queste ore di fuoco, quando le pallide facce di combattenti giacciono sulla mota e le mani si avvinghiano nella spasmodica invocazione: “Non ora! non ora! Non ora, proprio all’ultimo istante”.

Estate 1918: vento della speranza che soffia sui campi bruciati, febbre delirante dell’impazienza, della delusione, del più atroce orrore di morte, inconcepibile domanda: perché? Perché non si pone una fine a tutto questo? E perché si levano queste voci, che annunciano la fine?





Il gemello malvagio del Big Bang

28 06 2014

100 anni fa in questo giorno Gavrilo Princip creò il Ventesimo Secolo che conosciamo, una specie di antieroe della storia, e tutto quello che noi conosciamo come storia proviene interamente da una sua singola azione, un evento che ha scombinato il castello di carta e plasmato la storia intera. Era il suo secondo tentativo. Avrebbe dovuto o potuto esitare, ma alla fine ha ceduto – Sarajevo, 28 Giugno 1914

Riflettiamo su questo incombere della ” follia ” nella storia dell’ Europa, su questa psicosi collettiva e sul desiderio di agitare, smuovere, rompere, distruggere, smontare di ogni struttura sociale ed equilibrio internazionale per scatenarsi in una guerra spaventosa. Come lemmings si sono lanciati in un abisso che gradualmente li ha divorati, e tormentati, causando un riscuotimento, un risveglio improvviso come da un terribile incubo, lasciandoci attoniti a chiedersi perchè e come sia potuto succedere, scaturendo in nuove riflessioni sulla natura umana. Gli umani possono far paura. La massa ci avvolge, ci trascina via.
E l’ esistenza stessa nel passato di questa psicosi collettiva non può che spingerci a temere che qualcosa del genere possa avvenire di nuovo, forse nel momento in cui ci sentiamo più sicuri, come nella Belle Epoque, per poi come un ladro nella notte far scatenare tutto da una singola azione individuale di una persona che non sa di aver dato origine a tutto ciò che conosciamo attraverso la pressione di un dito sul grilletto. Il Big Bang è avvenuto due volte.