Due papi e la profezia di San Malachia che potrebbe autoavverarsi

28 12 2014

Ottimo articolo che sottolinea la presente situazione di duplicità e incertezza, dove è possibile che gli archetipi contenuti nell’inconscio collettivo influenzino il procedere degli avvenimenti nella realtà concreta in una vera e propria matrix dove la mente influenza la materia.

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=14409

http://actualidad.rt.com/opinion/salbuchi/161120-salbuchi-historia-dos-papas

Ho sottolineato i punti che m’han colpito di più.

 

due papi

 

Una storia di due papi 

Di Adrian Salbuchi

Questa settimana la Chiesa cattolica ha celebrato il suo secondo Natale con due papi. Avrà un significato più profondo di quello che sembra? Sarà forse l’indizio di una rivelazione “in pieno giorno” che il Vaticano sta svelando a “chi ha occhi per vedere e orecchie per sentire”?

La Chiesa Cattolica è l’istituzione cristiana più importante del mondo. Ha attraversato profondi cambiamenti per allinearsi ai “segni” dei tempi che corrono.

La chiave per comprendere il successo dei suoi più di due millenni di esistenza la si trova nel suo stesso nome: la Chiesa è “Apostolica” (si basa sulla vita e le opere dei discepoli di Gesù Cristo); è “Cattolica” (dal greco καθολικός che significa universale; oggi diremmo “globale”); e infine, è “Romana” (geografica, culturale e geopolitica).

Nonostante le centinaia di migliaia di cristiani che furono martirizzati dagli imperatori romani, anzi la Chiesa deve molto a Roma. Non solo situò la sua sede centrale nel cuore della Città Eterna, ma adottò addirittura la sua lingua secolare –il latino- rendendolo una lingua sacra; assorbì gran parte della struttura giuridica e amministrativa romana, e adottò molti dei suoi simboli, concetti e stili.

Quindi, il “Pontefice” –costruttore di ponti- ha la chiave per la salvezza eterna, e la nascita di Cristo stesso viene festeggiata il 25 dicembre così come Roma celebra Mitra, dio iraniano importato dai Legionari Romani quando tornarono dai lontani confini orientali dell’Impero. Anche la Croce –simbolo del Martirio- era un artefatto creato dai romani.
Indipendentemente dall’opinione e dalla fede di ognuno, la verità è che la Chiesa ha resistito bene nel tempo. Certamente oggi la si vede un po’ stanca, deteriorata e grigia, ma è ancora l’istituzione più antica dell’ Occidente, con duemila anni di continuità, che fissò la sua sede a Roma. In realtà è molto tempo.

Ci sarà una durata massima della vita per le istituzioni collettive da misurarsi in periodi molto lunghi, che noi non riusciamo a comprendere dato che le nostre brevi vite ci obbligano a pensare in tempi molto più corti?

 

Tempo, tempo e tempo

Le sottili leggi che governano il corso dei millenni sono sicuramente diverse dal nostro moderno, materialista e breve terminale concetto del tempo. Infatti, nell’antichità esistevano tre concetti per affrontare il tempo: “Cronos”, che descriveva un tempo profano e lineare; “Kairos”, che rappresentava i momenti salienti della vita quando Dio o gli dei manifestavano il loro piano divino agli uomini: potremmo chiamarli “tappe cosmiche”; e “Aion” , dal dio romano dei periodi molto estesi di tempo ciclico, da dove deriva il termine moderno “eon” .

La storia della Chiesa sembra dirci che Cronos risiede dentro Kairos, che sono tappe cariche di significato che ci aiutano nella comprensione del “profetico”(“Il mio”Kairos non è ancora arrivato rispose Gesù a sua madre in merito ai Matrimoni di Cana…). A loro volta, entrambi sono situati all’interno di Aion, il ciclico “tempo delle età” dove cambiamenti sottili, lenti e a lungo termine, sorgono e decadono nella psiche collettiva degli uomini.

Nell’oscura e acuta crisi che il mondo moderno sta vivendo, ci sarà qualcuno così illuminato nella stessa Chiesa che ha compreso questi complessi meccanismi, e gli stà permettendo di manifestarsi come vuole la loro misteriosa natura?
Lo scorso anno, di una svolta –un Kairos- senza precedenti quando il papa Benedetto XVI (Joseph Ratzinger) abdicò per essere rimpiazzato un mese dopo dall’attuale papa Francesco (Jorge Bergoglio).

Questo piega insolita nell’ordine successorio e ordinato al trono di San Pietro, in base al quale i nuovi Papi ascendono sempre dopo la morte del predecessore, sarà dovuta solo al fatto che Benedetto si sentì troppo vecchio, stanco e debole per continuare nello svolgimento delle sue funzioni mondane e spirituali?

 

Pietro e Paolo: fondatori della Chiesa

San Pietro (Simone Pietro in latino; Petrus, la pietra) morì intorno all’anno 64 d.C. crocifisso dall’imperatore Nerone Augusto Cesare. Fu uno dei dodici discepoli originali ordinati da Gesù Cristo del quale Gesù disse che sarebbe “la Pietra della mia Chiesa” (Matteo 16:18), e che la Chiesa considera come il suo primo Papa. –la tradizione dice che Pietro fu crocifisso dove oggi sorge la Cappella Clementina e che le sue ossa riposano sotto la Basilica di San Pietro.

San Paolo, è un caso diverso. Il suo nome ebreo era Saulo; era più giovane di Pietro e non faceva parte dei dodici apostoli diretti da Gesù. In realtà Saulo cominciò a seguire i discepoli di Gesù a Gerusalemme, finché un giorno mentre si dirigeva a Damasco gli apparse il Cristo risorto come una potente luce che lo accecò. Dopo tre giorni recuperò la vista, e “avendo visto la Luce”, si convertì, cambiò il nome in Paolo e cominciò a predicare che Gesù di Nazareth era il Messia ed il Figlio di Dio.

Paolo fu un intellettuale prolifico e brillante, quattordici dei ventisette libri del Nuovo testamento sono per tradizione attribuiti a lui. Le sue Epistole costituiscono la spina dorsale della teologia, la fede e il rito cristiano, non solo per il cattolicesimo ma anche per gli ortodossi ed i protestanti.

Paolo predicò soprattutto ai pagani e spesso era conosciuto come “l’Apostolo dei Gentili”, mentre Pietro mantenne uniti agli ebrei convertendoli alla nuova Fede nonostante le grandi persecuzioni.

Potremmo dire che il leale Pietro è il cuore della Chiesa –la stessa pietra sulla quale fu eretta e continua in piedi ancor’oggi a Roma -; mentre il brillante Paolo fu il “cervello” della Chiesa, forgiando il Dogma che si è mantenuto fino ai nostri giorni (o quasi, dopo il Concilio Vaticano II).

Nel complesso, possiamo dire che Pietro e Paolo fondarono insieme e in modo magistrale la struttura attuale, temporale e spirituale della Chiesa Caattolica Apostolica e Romana. Non c’è da stupirsi allora che il calendario dei santi li celebri entrambi il 29 di giugno, Festa della solennità di San Pietro e San Paolo.

Diamo un’occhiata alla Chiesa dei nostri giorni.

È forse possibile che stiamo oggi presenziando un riflesso contemporaneo di quei due magnifici fondatori della Chiesa Romana –Pietro e Paolo- che vissero insieme, lavorarono insieme e quasi morirono insieme con i due pontefici che anche oggi vivono e lavorano insieme (e probabilmente muoiano insieme) a Roma, Francesco (il “Vero” Papa) e Benedetto XVI (il Papa “emerito” ritirato)?

 

La lista di San Malachia

Malachia fu un santo irlandese del XI secolo, arcivescovo di Armagh, e il primo figlio di Irlanda ad essere canonizzato. Ad oggi, però, Malachia è ricordato maggiormente per la visione apocalittica che ebbe mentre viaggiava per Roma e che si affrettò ad annotare, dove “vide” ai 112 papi che avrebbero regnato dopo il suo tempo e fino al Giorno del Giudizio e alla seconda venuta di Gesù Cristo.

Quella famosa “Lista di Malachia” venne dimenticata per quattro secoli, fino a che il monaco benedettino Arnold de Wyon la scoprì e la pubblicò nell’ anno 1590, chiamandola “Profezia della fine dei tempi”. Molti ricercatori, tuttavia, la considerano un falso del XVI secolo.

Potrebbe essere così … Ma c’è qualcosa di molto strano nel modo in cui le 112 frasi oscure in latino che Malachia assegnò ad ognuno dei 112 papi a cominciare da papa Clemente II, si sono poi rivelate plausibili –sia in maniera sottile che portentosa- nei successivi vescovi che sono ascesi al trono di San Pietro lungo i secoli.

Se si trattò di un falso, è stato certamente ordito in modo molto ispirato! O come dicono gli italiani, se non è vero è ben Trovato.

A questo si aggiunge un altro fattore insolito: il tempo. Dal momento che Malachia ha scritto la sua Lista visionaria, abbiamo visto alcuni Papi regnare per lunghi anni come Pio IX e Giovanni Paolo II (rispettivamente, 31 e 26 anni), mentre altri regnarono per periodi tristemente brevi, come i 33 giorni di Giovanni Paolo I.

Di fronte a tali enormi variazioni nella durata dei papi successivi, l’intera lista di Malachia avrebbe potuto sviarsi per secoli interi, finendo troppo presto (secoli fa), o essere trascorsa troppo lentamente (avendo ancora secoli davanti a se); ma tuttavia …

Qui siamo nell’anno del Signore 2014, e stiamo presenziando l’ultimo papa sul trono di San Pietro della lista di Malachia, un uomo che ha appena compiuto 78 del quale non dovremmo aspettarci che viva molte decadi …

Quindi non dovremmo prendere troppo alla leggera il messaggio del vecchio San Malachia, nonostante la sua insolita lista è stata deformata e banalizzata da coloro che si attribuiscono al “New Age” o “Zeitgeist”. Dopo tutto, non dimentichiamo che nella sua Irlanda nativa, Malachia era arcivescovo del villaggio di Armagh, che ha chiari echi di Armageddon … Spesso, Dio scrive verità diritte con righe storte…

 

Dove andremmo a finire da qui?

Potrebbe forse essersi attivato qualche sottile fattore psicologico/collettivo riguardo a ciò? Quello che molti oggi sentono come la vicinanza dell’ “apocalittica fine dei tempi ” sarà forse il riflesso di qualche archetipo collettivo finora dormiente? Forse quello di cui parlava e indagava così profondamente lo psicoanalista svizzero Carl Jung G nel secolo scorso?

Tuttavia, potrebbe anche esserci un forte componente di profezia auto-compiuta in tutto questo.

Nel 1935, il drammaturgo inglese T.S. Eliot scrisse una commedia intitolata “Assassinio nella cattedrale”, che racconta l’omicidio nella sua cattedrale di Canterbury dell’arcivescovo Thomas Becket da due suoi cavalieri al servizio del re Enrico II Plantageneto d’Inghilterra.

Re e l’arcivescovo erano in disputa da una lotta politica su chi avrebbe avuto l’ultima parola in affari interni: se il re a Londra o il Papa da Roma.

In una magnifica scena, vedendo avvicinarsi cavalieri di Re Enrico, monaci fedeli a Becket cercano di bloccare le porte della cattedrale per proteggere l’arcivescovo. Becket, però, dà l’ordine che le porte rimangano aperte, per attrarre a sé il martirio; in una vera e propria “Imitazione del Cristo”, nel senso che la profezia “deve sempre compiersi”, ciò che poi permise la santificazione di Becket.

Quando antiche profezie diventano sacre e attecchiscono in profondità nella psiche collettiva, tendono a generare un forte impulso inconscio tra i popoli nel viverle nel tempo e nello spazio; quasi come se si trattasse di un gioco o di un’opera lirica.

Questo fascino collettivo non diminuisce per il solo fatto che sappiamo esattamente come si concluderà il dramma, che si tratti dell’assassinato nella cattedrale, Amleto, Macbeth, Faust, l’Anello del Nibelungo di Wagner, o … . La Lista di Malachia.

 

Il Segreto dei segreti

Sarà forse possibile la materializzazione di queste profezie sta prendendo forma in modo dinamico, coscientemente o incoscientemente, da corridoi bui e nascosti del Vaticano, che tanti segreti e misteri nascondono?

Andiamo a vedere gli ultimi quattro Papi della Lista di Malachia:

– Giovanni Paolo I (109° nella lista): Malachia lo denominò “Della mezza luna”. Il povero Albino Luciani fu Incoronato in una notte di mezzaluna nel 1978 e trovato morto 33 giorni dopo nella successiva mezza luna …

– Giovanni Paolo II (110 nella lista) è stato descritto come “Dal lavoro del sole” (che alcuni interpretano come l’eclissi – lavoro – solare): Karol Wojtyla è nato durante un’eclissi solare e i suoi funerali solenni si sono svolti durante un’altra eclissi 84 anni dopo …

– Joseph Ratzinger (111 nella lista) è chiamato “Gloria dell’Ulivo”. Il nome scelto da Ratzinger onora San Benedetto da Norcia, fondatore dell’ordine dei Benedettini da cui discende il ramo degli Oliventini …

Ma poi ci fu l’inaspettato avvenimento dello scorso anno: Benedetto XVI abdicò, generando grande attesa per il prossimo, e apparentemente ultimo papa. Quindi la lista di Malachia finisce il 12°Papa ed invece di assegnargli una breve descrizione, scrisse il seguente messaggio tremendo: “Durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa regnerà Pietro il Romano, che pascerà il suo gregge tra molte tribolazioni , dopo di che, la città dei sette colli (?? Roma Gerusalemme) sarà distrutta e il terribile giudice giudicherà il suo popolo. Fine “..

Il 112° Papa sarebbe stato l’argentino Jorge Mario Bergoglio, che fortunatamente non scelse come nome da papa quello di Pietro. Infatti, dal primo Pietro, nessun papa ha mai scelto il nome di Pietro, tabù che però non venne applicato a Paolo (c’erano stati sei papi con quel nome.)

Se San Paolo è stato il “cervello” della Chiesa, possiamo vedere in Benedetto XVI la sua controparte moderna? Un brillante intellettuale, freddo, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, uomo lontano dalle questioni mondane?

E se Pietro fu la “roccia”, solida, emotiva e semplice su cui Gesù ha costruito la sua Chiesa, sarà forse Francesco – che conquistò velocemente i cuori dei cattolici e dei non cattolici, con il suo stile caldo, semplice, e poco sofisticato – la sua controparte moderna?

È da almeno sei secoli che la Chiesa non aveva due papi viventi insieme. Anche se Paolo non era Papa, riunire oggi “Pietro e Paolo” nuovamente per “unire le forze” – per così dire – sembra una cattiva idea in questi tempi di sfida per la Chiesa e il suo gregge.

Senza dubbio tutto viene caricato da presagi. Soprattutto quando vediamo che tutte le persone sono attaccate dalla stesso compatto ed oscuro potere di un elite che ha il dominio sul mondo.

Poiché questi sono tempi di “guerre e di rumori di guerre” promosse da élite radicate negli Stati Uniti, il Regno Unito, l’Unione europea e Israele (che sono stati chiamati il “quattro cavalieri dell’Apocalisse”): l’Ucraina e la Siria; Corea, Africa e Iraq; Afghanistan, Egitto e Mali; Somalia, India, Pakistan, Libia, Crimea e Sudan; Cecenia e l’Iran; debiti parassitari imposti dall’Internazionale d’oro e la crescente minaccia della bomba atomica …

La Chiesa starà prendendo sul serio San Malachia più di quanto vorrebbe ammettere? Ha forse considerato che oggi risulta particolarmente prudente “prepararsi al peggio mentre si prega affinché avvenga il meglio”?

Se si scoprisse essere vero, con tutta la saggezza, informazioni, profezia, le verità segrete, le schiaccianti evidenze nascoste e prove vergognose oggi nascoste nelle più profonde sale del Vaticano, la Chiesa stessa si sta preparando al peggio, allora forse tutti noi faremmo bene a seguire il suo esempio.

Le tragedie politiche possono accadere perché racconti vitali sono stati soppressi; le informazioni chiave vengono nascoste, e l’ovvio non è conosciuto.

Miliardi di uomini e donne in tutto il mondo sperimenterebbero un cambiamento collettivo di consapevolezza se queste verità fondamentali fossero state rivelate al mondo; se i veri colpevoli venissero smascherati; se perversi attaccabrighe venissero giustamente puniti, e se i leali cercatori della Verità venissero ascoltati e rispettati.

Oggi, più che mai, il mondo ha bisogno di un messaggio vitale.

Forse è giunto il momento che la Città Eterna parli con urgenza e chiarezza… Perchè se la verità non deve venire da Roma, ispirato dallo spirito di Pietro e Paolo e dalla volontà divina, allora da dove dovrebbe venire quella verità che oggi la gente necessita e rimpiange?

[…]

 





Guglielmo da Baskerville e Jorge Luis Bergoglio, due nomi senza tempo

25 10 2014

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Ho da poco terminato di rileggere “Il nome della rosa” di Umberto Eco, tra l’altro nella sua edizione originale del 1980, l’avevo già letto in precedenza ma nell’edizione Bompiani successiva: m’è recentemente capitata un’occasione fortunosa in cui ho potuto acquistare quella primissima edizione, che penso possano vantare di averla in pochi ormai.

“Il nome della rosa” anche se ambientato nel novembre 1327, come spirito lo trovo straordinariamente attuale, senza tempo. Si tratta della descrizione, da parte del personaggio principale, di una settimana dentro un’abbazia medievale del Nord Italia, che contiene una BIBLIOTECA LABIRINTICA.

In quella settimana lì dentro ne succedono di cotte e di crude.

Si tratta di un libro cupo, tenebroso, dove all’apparenza di benevolenza cristiana dell’abbazia, si contappongono segreti inenarrabili, giochi di potere incrociati, vendette e sentimenti ben poco caritatevoli e religiosi.

Molte figure cattoliche vengono raffigurate nel romanzo in modo spregevole.

A cercare di indagare il perché delle cose brutte che stanno succedendo dentro le mura dell’abbazia in quella settimana di novembre, ci pensa un certo Guglielmo da Baskerville, appartenente all’ordine dei francescani, che, come uno Sherlock Holmes in anticipo di cinque secoli e mezzo (“Il mastino dei Baskerville”) cercherà di ottenere il più possibile dagli indizi di cui è disseminata quella specie di fortezza religiosa, assieme al giovane novizio Adso da Melk, che gli fa da spalla watsoniana con cinquecento anni e mezzo d’anticipo.

L’aver lasciato inavvertitamente il volume (senza sovraccoperta) all’aperto, a causa d’una dimenticanza, m’ha portato a ritrovarmelo con la copertina un po’ rovinata dalle zampe di un animale, ed è stata per me come un’anticipazione – perlomeno l’ho vista come tale – di ciò che avrei letto in seguito, alla fine del libro, nel culmine del settimo e ultimo giorno, quello in cui Dio si riposò, secondo la leggenda biblica.

Il settimo giorno avviene la NEMESI, che non la rivelo nei particolari per rispetto a chi non ha mai letto il romanzo, la cecità di uno dei personaggi – al centro di tutti i segreti – fa si di far concludere tutto, di far finire l’abbazia.

Le contraddizioni, le incomprensioni, le ambiguità e i nodi irrisolti trascinano all’evento finale.

Ripensando a ciò che avviene nell’ultimo capitolo, alle immagini che mi ha suscitato, non ho potuto non pensare alle immagini del finale del film di Hitchcook “La donna che visse due volte  – Vertigo” (di cui se n’è già parlato in questo blog), in cui la CATARSI avviene per opera dell’inconsapevolezza di una figura religiosa.

https://civiltascomparse.wordpress.com/2013/05/24/vertigo-25-maggio-articolo-solo-di-immagini-e-musica/

Il personaggio cieco che, nel finale de “Il nome della rosa”, attiva la spirale di avvenimenti finale fu ispirato a Umberto Eco da uno scrittore argentino, di cui non faccio il nome, ma che è tra le letture più ricorrenti di un certo papa Francesco.  E, non solo, pare che quest’ultimo fosse anche amico di tale scrittore argentino.

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Bergoglio (a sinistra) e Borges (a destra)

Successivamente, qualche giorno dopo la fine della lettura del libro, mi sono imbattuto sul seguente articolo tratto dal magazine online “Taormina oggi”

http://www.blogtaormina.it/2014/09/25/bergoglio-e-la-pulizia-in-vaticano-nel-nome-della-rosa/190893

La svolta di Bergoglio – Il Papa aveva fatto intuire un cambio radicale dentro le mura vaticane. Era necessaria un’inversione di tendenza, per recuperare quella credibilità perduta nel corso degli ultimi decenni. Tra scandali di potere e sessuali, la Chiesa cattolica si è allontanata sempre più dai suoi fedeli. Adesso tocca al pontefice argentino riavvicinare le parti. In realtà lo ha fatto dal primo giorno in cui è stato nominato. Con quel modo di parlare semplice e diretto e il nome, Francesco, che ha scelto per rappresentare il suo pontificato, sottolineano un desiderio di tornare alle radici, all’essenza del cristianesimo. Non sarà un percorso semplice. I primi bastoni tra le ruote li hanno messi i mafiosi e quella parte di clero, disseminato sul territorio italiano, che hanno sfidato le parole di scomunica del Santo padre nei confronti dei criminali. Quelle dichiarazioni, pronunciate nella Piana di Sibari, hanno rimesso in primo piano la parola legalità, che negli ultimi decenni non è stata un imperativo categorico per il mondo cattolico.

Lotta ai pedofili in abito sacro – Poi c’è la piaga degli scandali sessuali e della pedofilia. Un qualcosa di diffuso in tutto il mondo, una vergogna che Papa Francesco non ha nascosto e non si è risparmiato nel chiedere scusa e nell’incontrare le vittime. Però non basta, non è sufficiente. Così Bergoglio ha dato il via libera all’arresto dell’arcivescovo polacco Jozef Wesolowski, che a Santo Domingo adescava ragazzini nella sua rete di lussuria. Il tribunale del Vaticano gli dovrebbe dare, almeno, sei o sette anni di prigione e le accuse si aggravano, perché Wesolowski è stato trovato in possesso di materiale pedopornografico. L’ormai ex Nunzio apostolico non è l’unico a essere finito sotto i riflettori della vergogna. Il Sant’Uffizio, in questi giorni, sta processando per abusi sui minori due vescovi. Si tratta del cileno Marco Antonio Órdenes e del peruviano Gabino Miranda Melgarejo. L’obiettivo è fare pulizia, in fondo e sul serio. Solo in questo modo la Chiesa potrà riacquistare credibilità di fronte al mondo e le sue parole potrebbero avere un peso diverso.

Quel legame francescano tra Bergoglio e Guglielmo da Baskerville – Papa Bergoglio è determinato a far portare avanti le indagini e a scoprire altri abusi da parte del clero. In questo ricorda molto il protagonista del film “Il nome della rosa”. Si tratta di Guglielmo da Baskerville, interpretato da Sean Connery. Era un erudito frate francescano e dopo il suo arrivo in un’abbazia benedettina gli venne chiesto di investigare sulla strana morte di un monaco, alla quale se ne aggiunsero altre. Fra Guglielmo aveva avviato le sue indagini, aiutato dal giovane Adso, e scoprì una serie di legami lussuriosi all’interno del mondo benedettino. Non era questo il suo obiettivo e infatti la parte conclusiva del film mostra bene ciò che interessava porre all’attenzione dello spettatore, ma Guglielmo da Baskerville ha scorto il peccato tra quelle mura. Lo ha guardato dritto negli occhi, proprio come sta facendo il pontefice sudamericano che con tutte le sue forze, la sua intelligenza e la decisione sta cercando di rinnovare la Chiesa, ripulirla contro il volere di molti. Del resto anche il francescano Guglielmo era stato ostacolato nella sua azione di verità.
In seguito, ho sognato il papa emerito Benedetto XVI e papa Francesco vestiti con degli abiti lunghi che però non sembravano ecclesiastici della liturgia cattolica ma cinesi o sudamericani, e ricordo che, soprattutto papa Francesco, aveva in testa un copricapo a forma di scodella rovesciata fatto di canapa o di vimini; vedevo sia Benedetto XVI sia papa Francesco come in una specie di anticamera o di corridoio lungo e stretto, soprattutto papa Francesco andava e tornava da una stanza fuori dalla mia vista e aveva l’aria agitata, smarrita, incerta e preoccupata.
E, guardando questa scena, giravo la testa e dicevo a uno dietro di me che “qualcosa stava bollendo in pentola” e forse questo qualcuno penso fosse proprio uno dei miei compari sul web di questi argomenti misteriosi di cui mi occupo.




Prossimamente…

10 04 2014

Londra, Washington, Roma.

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La trinità della “morsa globalista.” Tre stati che controllano l’Occidente, e quindi il mondo, e che non fanno parte del territorio in cui sono inseriti. La City di Londra (potere finanziario), la Città del Vaticano (potere spirituale), il Distretto di Columbia di Washington (potere militare). In ognuno di questi centri di potere vi è un obelisco.

La RESTAURAZIONE (2008-20…)

 

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2008: nel centro di potere di Washington D.C., Il VECCHIO, fatto percepire come GEORGE W. BUSH, e il CAMBIAMENTO, fatto percepire come BARACK H. OBAMA.

 

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2013: nel centro di potere della Città del Vaticano, Il VECCHIO, fatto percepire come JOSEPH RATZINGER (Benedetto XVI), e il CAMBIAMENTO, fatto percepire come JORGE BERGOGLIO (Francesco.)

Prossimamente, nel centro di potere della City di Londra…?…

 

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Appunti tratti dal mio quaderno 11 – a mente fredda, a bocce ferme, con quasi due mesi di ritardo

8 05 2013

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Giovanni Paolo II è durato tanto. Più di ventisei anni. Un’infinità. Un’eternità. Fino all’aprile 2005, io avevo praticamente visto solo lui nella mia vita. Come papa. Paolo VI e Giovanni Paolo I ero troppo piccolo per ricordarli. Solo lui, e per tanti altri miei coetanei era lo stesso, era “il papa.” Karol Woijtila, con quella sua faccia larga, gonfia, da polacco, con gli occhietti a fessura. Il papa attore, il papa rock-star, con le masse di persone attorno a lui, come nei concerti rock-pop degli anni ottanta.

In tutti quegli anni, il papa vestito di bianco, era sempre lui, Giovanni Paolo II, la mia generazione non ne aveva conosciuti altri, fino al 2005, non aveva mai assistito a un conclave “in diretta.” Com’era accaduto, per ben due volte, nel 1978. Quel nome, “Giovanni Paolo” era stata un’idea di Albino Luciani, eppure sarebbe rimbombato per un’infinità di tempo e lo si sarebbe, ovviamente, associato molto più a Karol Woijtila che ad Albino Luciani il quale, a differenza dei 26 anni di Woijtila, aveva già concluso il suo pontificato dopo 33 giorni.

Il fatto che “il papa” stesse male, la decadenza fisica del papa, la mettevo assieme alle paure che avevo in quella fine millennio, il Terzo Segreto di Fatima. Il disfacimento del papa era la mia paura per la Guerra Termonucleare (molto più probabile che durante la Guerra Fredda, qualcuno diceva) – magari scatenata “per errore” – quegli articoli che leggevo su rotocalchi come Visto. Alì Agcà e Padre Balducci. In quel 1996, dove avevo anche letto quel libercolo in biblioteca intitolato “L’atomo militare.”

Un vero proprio abisso tra la durata dei pontificati dei due Giovanni Paolo. I due conclavi del 1978 sono stati a metà tra l’epoca di Carosello e l’epoca degli spot commerciali della neo-televisione, che avrebbe avuto in Berlusconi il suo uomo più noto. Il settantotto, l’anno del culmine della strategia della tensione e del terrorismo, col rapimento e uccisione di Aldo Moro e dei giornali a fumetti di satira anarchica, come “Frigidaire”, “Il Male”, “Cannibale”; l’anno in cui mio papà acquistò la Simca 1000 color ottone  – l’ultimo modello dopo di cui avrebbero smesso di produrla – con i fanali rettangolari davanti e dietro, l’anno in cui venne comprato il pesantissimo televisore a colori Blaunpunkt.

A proposito della faccenda del papa di origine africana, del “papa nero”, nel senso di “papa con la pelle nera” (come aveva cantato il gruppo ska veneto “Pitura Freska” a Sanremo, in chissà quale anno, di anni tutti uguali uno dopo l’altro), sorprendentemente, qualcuno l’aveva pensato quando il cardinale protodiacono, nel secondo conclave del 1978, dopo l’Habemus papam aveva fatto il nome di Karol Wojitila, qualcuno aveva pensato a uno dei cardinali di origine africana.

Per lunghissimi anni della mia vita (dai due ai ventotto anni) non avevo mai avuto modo di vedere alcun conclave. Per me, il papa visto in diretta, da vivo, era sempre lui, il papa eterno, unico e solo. Poi, il conclave del 2005, quando avevo iniziato da poco la seconda serie di lezioni universitarie. E l’Habemus papam durante le ore di luce, e l’immagine del papa eletto, Ratzinger, con la mozzetta rossa e la stola. E quel nome scelto, proprio da “principe della Chiesa”, nel solco della tradizione cattolico-vaticana, Benedetto XVI, coi numeri romani ben in evidenza. Avevo scoperto la notizia, e il nome che s’era scelto, sulla prima pagina di Televideo. Dopo tantissimi anni avevo modo di vedere una persona diversa da Karol Wojitila, vestita completamente di bianco.

Invece, otto anni dopo, l’esito del conclave 2013 – quello dopo le dimissioni di Benedetto XVI – sulle prime, ben sapendo che era imminente la rivelazione del nome del nuovo papa, volevo andare a letto senza sapere, e conoscere solo l’indomani mattina, una volta alzato dal letto (e pensavo questo mentre espletavo al bagno i miei bisogni), ma poi sono stato spinto come da una forza ad accendere la Tv su “France 24”, a seguire la diretta da “Rome”…ricordo le riprese della piazza notturna gremita di persone: no, mi sono espresso male, la piazza non era “notturna” nel senso di “notte”, non era notte, erano semplicemente finite le ore di luce, a marzo, tra le sette e le otto e mezza di sera. Era buio ed era appena piovuto. Vi era questo cardinale protodiacono francese, sua eminenza Tauran, che ha detto. “Annuntio vobis gaudum magnum, habemus papam”, dopo una lunga attesa tra la “fumata bianca”, l’illuminazione arancione della stanza dietro la finestra altissima, enorme, e l’apertura di quest’ultima. Ha detto poi lo sconosciuto nome di battesimo del cardinale eletto papa e poi, poco prima di volatilizzarsi, ha detto il nome scelto: “Franciscus.” E, subito dopo quel momento, sulla piazza è calato uno strano silenzio. Su quella piazza San Pietro gremita di gente. L’ho visto in diretta, a differenza che nel 2005.

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Bene. Gli appunti, ricopiati più o meno fedelmente dal quaderno, finiscono qui. Tra qualche giorno saranno passati due mesi dall’inizio di questo pontificato, siamo già oltre i 33 giorni del primo Giovanni Paolo, quello meno famoso del secondo, anche se ebbe lui l’idea di scegliere un nome pontificale associando i nomi dei suoi due predecessori, i papi del controverso Concilio Vaticano II degli anni sessanta (iniziato poco dopo l’inizio del “mondo collettivo occidentale” in cui ci troviamo tuttora) da cui ebbe origine la Chiesa Cattolica di oggi: postmoderna, ecumenica, informale, mondana, massonica, finanziaria. Incentrata più sull’Umanità che su Dio.

E il gesuita Bergoglio alias Francesco (nome poco o nulla pontificale, senza nemmeno un numero romano) è il non plus ultra della mondanizzazione della Chiesa Cattolica, e questo l’ha ostentato prima ancora del suo insediamento, per esempio col suo rifiuto dei paramenti sacri e degli orpelli papali, e col suo preferirsi chiamare “vescovo di Roma” anziché papa. Tra l’altro – per la primissima volta nel mondo moderno e postmoderno – con il suo predecessore ancora in vita, ancora vestito di bianco e ancora chiamato papa, col suo nome pontificale. Situazione decisamente anomala.

C’è da fantasticare che la mondanizzazione di papa Francesco giunga ai livelli suggeriti da alcuni critici, tanto da scegliere di mostrarsi in pubblico vestito di un clergyman come quello dei preti e dei vescovi (e che lui sceglieva di portare, anche quando era già cardinale e andava in autobus nei sobborghi poveri di Buenos Aires) un clergyman tutto bianco. In quel momento, se mai succedesse una cosa simile, la figura di colui considerato come “pontefice” si staccherebbe, nell’immaginario dei fedeli e non solo, da quella di tutti i suoi predecessori fino ad allora, diventerebbe “qualcosa d’altro”, come forse era sempre stata destinata a diventare, la sua rappresentanza non sarebbe più quella del Divino ma dell’Umano, magari interstellare.

Claude Vorhilon, Jose Maria Bergoglio, pope Francis, papa Francesco

Claude Vorhilon, capo dei raeliani





Come ci sentiremmo se Silvio Berlusconi diventasse DAVVERO papa?

11 03 2013

17/feb/2013 – Il Papa si dimette? E chi sarà il successore? Per i twitters europei non ci sono dubbi: Silvio Berlusconi sarà il nuovo Papa.(http://www.italia2013.me.)

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Un avvenimento del genere vorrebbe dire che la trasformazione in farsa della politica e della Storia (a cui assistiamo ormai da anni) è andata fuori controllo, sarebbe un avvenimento di tale magnitudine da far deragliare l’immaginario collettivo fino a un punto di non ritorno. Qualcosa di diverso dall’avverarsi del Terzo Segreto di Fatima ma, forse, identico nelle conseguenze. Lo sbriciolarsi definitivo della più millenaria tra le istituzioni del potere occidentale sotto il peso della satira estrema diventata realtà, per necessità oscure di equlibrismi occulti all’ombra del colonnato del Bernini.

Da decenni, e soprattutto fino a Giovanni Paolo II ma anche ancora un po’ sotto Ratzinger, la guida suprema della Chiesa Cattolica, l’erede di San Pietro, il seduto sul soglio pontificio, il vescovo di Roma vestito di bianco, è sempre stata presentata alle masse come una figura molto devozionale, a cui tutti i fedeli potevano guardare come a un simbolo di forte levatura morale e spirituale, immacolato come l’abito talare che indossa. Una figura da idolatrare.

Con l’eventuale ascesa di Berlusconi a 266° papa della Chiesa Cattolica, l’orologio della Storia sarebbe come se tornasse indietro fino al 1492, quando divenne pontefice Rodrigo Borgia, un personaggio vizioso e dissoluto, pieno di figli illeggittimi.

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Questo avvenimento sarebbe l’equivalente di un attentato terroristico definitivo alla credibilità dell’istituzione vaticana (oltre che al buon senso) e la successione di combinazioni, sincronismi e casi fortuiti che porterebbe a far uscire dal conclave il nome di Berlusconi, potrebbe far pensare a una complicata serie di mosse frutto di incredibili lotte intestine all’ombra del Cupolone, giunte a un tale livello da sconfinare in un risultato apocalittico.

E non c’è ombra di ironia in ciò che ho scritto.

Un risultato allucinante che era stato in precedenza annunciato da molti segnali, interpretati come satira o folclore mediatico, e invece si trattava di premonizioni, per quei pochi che sapevano leggerle.

 “Un giorno ero ad Oristano e vedevo bar chiusi e nessuno per le strade, stavano tutti andando a un mio comizio. Avevano pensato che arrivasse il Papa, invece ero io. Guardate che adesso un posto si è liberato…”. Così Silvio Berlusconi al Lingotto di Torino. Il web si diverte. (http://www.huffingtonpost.it/2013/02/17/silvio-berlusconi-sul-papa-ora-si-e-liberato-un-posto_n_2707410.html#slide=2118709)
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Il Cavaliere? “Farà il Papa”. La battuta, un po’ scontata, è di Luciana Littizzetto, che parlando del Festival di Sanremo non ha potuto evitare un riferimento alle dimissioni di Benedetto XVI e una stilettata all’amato/odiato leader del Pdl. D’Altronde Silvio Berlusconi è uomo dalla smisurata ambizione e dalle infinte risorse e appena arrivata la notizia dell’addio di Papa Ratzinger sul web si sono scatenate le ironie, con tanto di foto del Cav in tenuta papale.

Le tre condizioni – La battuta offre l’opportunità per chiarire chi può diventare Papa, ironie a parte. Per essere eletto Romano Pontefice, il Codice Canonico prevede che il candidato ad validitatem risponda a tre requisiti. Tra questi, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non serve essere necessariamente cardinale o vescovo. Deve invece essere un battezzato (ex aqua et Spiritu Sancto), e fin qui Berlusconi c’è. Dev’essere di sesso maschile, e l’ex premier ha fatto di tutto, anche negli ultimi giorni, per dimostrarlo. Terzo e più importante attributo, non deve essere sposato.(http://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/1181470/Berlusconi-Papa–tecnicamente-possibile–se-non-fosse-per-Veronica-Lario—.html)

[Il Cavaliere, ufficialmente, è sposato, ma potrebbe benissimo avere divorziato in segreto od avere ottenuto una dispensa speciale e, ad ogni modo, la volontà emergenziale di farlo papa non si fermerebbe certo di fronte ai vincoli di un codice di eleggibilità papale vecchio di secoli, del resto, se hanno tolto l’uso del triregno, dei flabelli, della sedia gestatoria, della messa in latino, reso possibili gli obbrobri delle chiese moderniste e coperto i pedofili, potrebbero benissimo passare sopra a un’inezia come la necessità di essere sposati per diventare papa e, del resto, il già citato Rodrigo Borgia è diventato Alessandro VI essendo sposato.]