La sincro-retrocausalità di Bifo

13 10 2020

Leggere prima i due post seguenti:

https://civiltascomparse.wordpress.com/2018/09/17/eric-wargo-time-loops-libro/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2018/01/13/un-nuovo-approccio-alla-precognizione-raccolta-di-appunti-parte-1/

Non riesco più a ritrovare sul web una cosa di Franco “Bifo” Berardi da me letta in cui raccontava di come, decenni e decenni fa ormai, intorno al 1980-1981 o giù di lì, dopo la fine della “grande ondata di rinnovamento” iniziata intorno al 1960 [leggere il libro “L’orda d’oro” di Nanni Balestrini e Primo Moroni] , ci avrebbero atteso ora decenni di un faticoso – e anche per certi versi doloroso – mantenimento di uno “status quo”, basato sulla fusione tecnocratica tra sistema burocratico di stato e meccanismi automatici di mercato, a cui molti avrebbero dato il nome di “neoliberismo.”

Leggendo alcuni passi tratti dal testo a questo link, “https://www.doppiozero.com/materiali/bifo-fenomenologia-della-fine“, sono stato colpito dal fatto che secondo l’autore sono in via di compimento progressivo quelle lontane profezie inizio anni Ottanta di Franco “Bifo” Berardi [apparse allora su pubblicazioni di controinformazione semi-clandestine adesso del tutto introvabili], a cui ha tenuto fede in tutti questi anni, mostrandosi talvolta come una specie di Don Chisciotte.

Le previsioni di Bifo, che ha continuato a non mollare nonostante apparisse andasse controcorrente in una maniera appunto quasi donchisciottesca, hanno cominciato a concretizzarsi, quarant’anni dopo, in questo 2020, anno le cui conseguenze future Berardi sembrò averle percepite a dir poco in anticipo. Quindi, nonostante certi nostri argomenti di questo blog, come la RETRO-CAUSALITà (le cause situate nel futuro, leggere il libro “Time loop” di Eric Wardo, 2017) ci sembrano ancora decisamente  non considerati da parte anche dell’informazione non mainstream,  tra le parole di alcuni autori, in modo non cosciente, quegli argomenti iniziano (?) ad affiorare qui e là.

Il soprannome “Bifo” di Franco Berardi  deriva dal tempo in cui  con quel nickname (si sarebbe detto in seguito…) era uno degli animatori, a metà anni Settanta, della radio libera bolognese “radio Alice” la quale, ricordiamo, venne fatta chiudere dalle forze dell’ordine perché considerata sovversiva.

Eppure il libro di Bifo ha qualcosa di diverso, una freschezza le cui origini potrei riassumere in una parola: sincronicità. Sembra che Bifo stesse aspettando da tutta la vita di scrivere questo libro, e in un certo senso è proprio così. Non ci troviamo davanti a un autore a cui è stato chiesto di parlare del virus, ma a un autore che ha sempre parlato del virus fino a quando questo è arrivato per davvero e le cui riflessioni a riguardo, quindi, suonano puntuali ed efficaci. […] tra il Covid e Bifo sembra esserci una simbiosi perfetta.

Se la lettura è così piacevole però si deve soprattutto al fatto che Bifo è chiaramente a suo agio a parlare del virus: al fatto, cioè, che in tutta la sua opera ha parlato in un modo o nell’altro del ribaltamento totale del paradigma capitalista, anche quando la Storia sembrava andare in direzione opposta. Mi viene da pensare a un fotografo che passa quarant’anni a preparare l’inquadratura per uno scatto le cui condizioni sa misteriosamente che si materializzeranno nel lontano futuro: alla fine il soggetto giusto passa davvero davanti alla macchina fotografica e i tasselli vanno miracolosamente al loro posto. È il talento e la condanna dei visionari.

[…] Bifo raccontava già il mondo del futuro quattro decenni fa, in un cortocircuito temporale che risuona con l’hauntologia [http://covatamalefica.blogspot.com/2008/06/hauntology-1-visioni.html] dei nostri tempi: questo futuro di accelerazione e automazione, di postcapitalismo e virus psichici, di crisi permanente e apocalisse al rallentatore che abitiamo sgomenti. 

Questo futuro, per citare il titolo di una rivista brevemente pubblicata da Bifo nel 1977, in cui finalmente il cielo è caduto sulla terra – e ora che la realtà ha compiuto l’atto surrealista della sovversione radicale con questo mondo sottosopra dobbiamo fare i conti. Nelle sue 250 pagine scarse che si leggono come fossero meno della metà, Fenomenologia della fine offre una quantità sorprendente di idee e spunti, analisi e categorie per immaginare una via d’uscita dalla crisi che non sia l’ennesimo tentativo di mantenere in vita artificialmente il cadavere di un sistema agonizzante da anni.





Mangiare un passato scomparso

1 03 2020

Confesso di subire il fascino degli spot pubblicitari delle merendine e snack degli anni ’80-’90 oggi non più in produzione.

Anche perché, durante la mia infanzia in quegli anni quelle merendine le avevo mangiate!

Nonostante, oggi come oggi, se ne producano ancora eccome (e forse più di prima), hanno perduto del tutto la carica mitologica che possedevano in quegli spot pubblicitari di trenta-quarant’anni fa.

Il loro mito è dato dal ritmo collettivo diverso e più ottimista dei tempi che li produssero e che, dalla distanza attuale, dei ritmi di oggi, appare come un paradiso che abbiamo perduto, anche se quell’ottimismo era dato anche da ingenuità e illusioni.

Il fatto che di quelle merendine attualmente si sia interrotta la produzione, intensifica la sensazione di perdita di una cornucopia della fortuna, di divinità dell’abbondanza e prosperità che ci hanno abbandonato, ritirandosi in dei posti per noi ora irraggiungibili.

E poco importa che quei dolci di pandispagna, cioccolato e creme, che quei biscotti e patatine al formaggio fossero buonissimi in confronto a quelli di oggi anche perché dentro avevano ingredienti grassi attualmente posti sotto divieto di utilizzo per produrre alimenti industriali.

Con i suoi profumi e i suoi gusti, non ho mai trovato nulla di più attraente del CIBO DEL PASSATO.

D’accordo, opere d’arte, tecnologie, avvenimenti bellici, documenti scritti, statue, film, abiti…ma se c’è una cosa che ci risulta davvero concreta è il cibo…e quello del passato, di trenta, settanta, cento anni fa: l’abbiamo irrimediabilmente perduto, con tutti i profumi e i sapori che c’erano allora e che oggi per via del passare dei tempi, non ci sono più.

Infatti, un certo numero di spot pubblicitari di allora intendeva sollecitare e solleticare lo spettatore proprio ventilandogli la possibilità che i biscotti dolci proposti dalla pubblicità tv fossero “proprio come quelli di un tempo”, soprattutto allora! Anche se erano una novità.

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Oggi rimpiangiamo il fatto che gli “iogoroll” siano stati sostituiti dai “flauti” (meno compatti e non più disponibili farciti crema di yogurt e frutta) che il “tegolino” di allora era assai più grande, quadrato e burroso, che non fanno più “campanelle”, “soldini” e “fieste” alla mandorla…ma all’epoca c’erano questi spot che presentavano i “dolcetti delle feste” come riproposizione di tradizioni antiche mai esistite nella realtà ma solo in uno spot in cui veniva mostrata della gente di “altri tempi”, vestita fuori moda vagamente XIX secolo nelle campagne, tutto in stile flou e sognante, in questo “dì di festa”, avrebbe detto Leopardi. E i nomi dei “dolcetti” che mangiavano in quell’occasione erano in linea con tutta la narrazione “c’era una volta”, quando i mulini erano bianchi, avendo nomi di cose che non erano più di moda: “baiocchi”, “nocchie”, “gemme”.

Così come anche “l’antica gelateria del corso”, che io mi ricordo pensavo, con quel suo logo Belle epoque fosse una VERA tradizione di un negozio di gelati da una fine XIX secolo-inizio XX  in realtà mai esistito, se non nella fantasia professionistica di un team di pubblicitari del nord Italia.

Ricordo, dunque, inoltre, che un po’ di anni fa, una volta passata infanzia e adolescenza (parlo del primo lustro degli anni 2000) ero attratto da questi prodotti la cui intenzione era proprio quella di proseguire una vera tradizione presente fin da tanti anni prima; mi ricordo, per esempio, la marca “spumador” di Como o giù di lì. Sapevo già da qualche tempo della sua esistenza poiché in certi bar, quando chiedevo la spuma al banco, mi servivano delle aranciate, dei ginger o delle sanguinelle proprio di quella marca…ma fu una sorpresa quando scoprì che la “spumador” quella originale, modello n°1 diciamo, risalente all’anno 1938 in Italia era ancora in produzione, con la stessa ricetta di allora e persino con lo stesso stile retrò di etichettamento.

Un po’ di anni fa feci un sogno in cui mi succedeva di riuscire a mangiare prodotti alimentari, più o meno di produzione industriale, dell’Italia degli anni Trenta del secolo scorso, riuscivo chissà come mangiare cibi confezionati prodotti nel 1936-1939 o giù di lì.

Naturalmente sarebbe stata un’emozione per me dal momento che magari avrei avuto a che fare con caratteristiche del cibo ormai non più presenti attualmente, le quali mi avrebbero stupito.

Comunque, il mangiare cibo della seconda metà anni Trenta mi sembrava proprio come qualcosa che poteva succedermi soltanto in sogno dal momento che la vedevo come una cosa decisamente improbabile reperire prodotti alimentari di quegli anni senza poter disporre di una macchina del tempo.

Finchè non mi sono imbattuto recentemente in un certo Steve di http://www.mremarketplace.com/ , il quale è nel commercio delle razioni militari vendute ai civili. Nei suoi video presenta sue recensioni delle cosiddette “razioni K” ovvero un pasto giornaliero completo destinato ai militari che si trovano in missione composto da tre scatole colazione, pranzo e cena. Ogni esercito di ogni paese ha le “razioni K”, Italia compresa. Questo Steve, mentre consuma il pasto giornaliero contenuto nelle tre scatole, lo recensisce.

Oltre che recensire razioni militari dei nostri giorni, Steve si è cimentato a consumare razioni militari del passato, da lui reperite. Assieme a pacchetti di sigarette, caramelle e chewingum, se le confezioni ermetiche sono riuscite a conservarsi in buono stato, dentro le lattine e i sacchetti si possono trovare polveri di caffè e di latte instantaneo, burro di arachidi e biscotti i quali in qualche caso sono ancora perfettamente commestibili, cinquanta, sessanta, anche ottant’anni dopo essere stati prodotti in un mondo che oggi non c’è più.

Quel mio sogno si può allora avverare…





La chiamavano vaporwave

17 01 2017

E’ già da un po’ che su civiltascomparse non tratto di un tipo di musica, di sound che, si può dire, sia uno dei più originali del nostro oggi. Un tipo di musica che parte dal synth pop-new wave-new romantic-italo disco anni ottanta ma che non è una rielaborazione nostalgica, non è un operazione revival, non si tratta affatto di ciò. Quei materiali vengono utilizzati per generare qualcosa di nuovo, inedito, un nuovo immaginario musicale, vengono utilizzati un po’ come Giorgio De Chirico utilizzava le statue e i templi greco-romani nei suoi quadri metafisici. E questo tipo di nuova musica (che si trova sottotraccia, soprattutto su internet, su video You Tube non professionistici) penso possa essere definita metafisica, penso che l’intenzione dei suoi autori sia raggiungere una condizione senza tempo, a-temporale, adoperando materiale strettamente legato alla musica pop anni ottanta, che viene riproposta in modo onirico, deformato, con sample e campionature ripetitive il cui ascolto somiglia a quello di una radiolina a pile sul comodino, ascoltata in dormiveglia di notte o all’alba, le cui pile si stanno scaricando a poco a poco.

Su civiltascomparse abbiamo trattato di questo tipo di veramente nuova musica diverse volte, ecco i link:

https://civiltascomparse.wordpress.com/2013/06/10/lazerhawk-distress-signal/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2014/10/01/le-cassette-non-e-revival-ma-metafisica-synthpop/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2013/12/01/lo-spazio-e-il-posto/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2014/11/18/vhs-glitch-cala-rossa/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2013/09/23/lake-r%e2%96%b2dio-heavens-gate/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2015/01/28/stellar-door-the-war/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2013/10/02/newretrowave/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2013/02/22/toro-y-moi-hypnagogic-pop-o-glo-fi-o-chillwave-o-summermusic/

https://civiltascomparse.wordpress.com/2012/04/01/18-carat-affair-lake-radio-ovvero-lantichita-sepolcrale-dei-nastri-videoregistrati/

eccetera.

Questo tipo di musica pare si possa chiamare con diversi nomi. Io da qualche anno la conoscevo come hypnagogic pop, chillwave, glo-fi; recentemente ho scoperto che è diventata “famosa” col nome di vaporwave. Sulla blogosfera italiana si trova scritto poco e nulla su questo argomento (ma anche su quella inglese, tuttalpiù, si trovano solo playlist e immagini) eccetto qualcosina su Prismomag. A parte Prismomag, solo Ilmegliodinternet ha scritto qualcosa sul tema vaporwave, concludendo in un modo che riesce a illustrare un certo senso della vaporwave ma che, a mio parere, non coglie il fatto che gli autori di questo tipo di sound (e di immagini e video legati a questo sound) vanno oltre (senza rendersene conto ovvimamente), riuscendo a generare sensazioni somiglianti preoccupantemente a quelle che sorgono guardando i migliori risultati dell’arte della prima metà del XX secolo.

Cosa dice Ilmegliodiinternet:

E quindi, per quale motivo sta roba dovrebbe essere interessante? Beh, pensateci: il vaporwave risucchia frame culturali che hanno completamente perso il valore originario (se mai ne hanno avuto uno) e li mischia insieme creando un artefatto e bizzarro senso di nostalgia che ineluttabilmente colpirà i nati negli anni ’80 o primissimi ’90. Beh, in fondo, non è un po’ tutta la sottocultura di internet a funzionare in questo orrendo e splendido modo? Vabbè, vista la natura fluida e ridondante del microverso Vaporwave, mi pare alquanto palloso continuare a menarla sulla sua mitologia, sui valori simbolici, esoterici e salcazzo cosa. E’ abbastanza facile arrivarci da soli, comunque. Se sta roba vi ha incuriosito, scopritela.

Read more: http://ilmegliodiinternet.it/vaporwave/#ixzz4W28MuX2m

Non solo: la vaporwave mi risulta proprio imparentata con un altro tipo di sound originale uscito negli ultimi anni, che è quello chiamato witch house: l’incontro tra lo spirito del gothic dark e della new wave più cupa con quello della house.

https://civiltascomparse.wordpress.com/2011/12/31/witch-house-o-grab-strana-epidemia-musicale-underground/

 





Fantasilandia e i due tutti vestiti di bianco

23 10 2015

ATTENZIONE: questo post fa parte della categoria “appunti tratti dal mio quaderno” anche se questa volta l’ho scritto su file .txt. e poi fatto copia incolla qui su wordpress.

Nel pieno degli anni ottanta, ora perduti nella nebbia di tre decenni fa, quando abitavo ancora nell’appartamento di via Biga, e stavo per delle ore da solo in salotto a disegnare sul pavimento e fare i compiti delle elementari con la presenza del pesante televisore (anzi, “tv color”) Blaupunkt risalente al 1978, su quello schermo scorrevano i programmi Fininvest che trasmettevano uno dei tanti telefilm americani programmati da canale 5 & c: nello specifico, il telefilm FANTASILANDIA.

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Puntata dopo puntata – forse veniva trasmesso prima dei cartoni animati e lo vedevo solo aspettando che finisse? – vi era sempre questa coppia di protagonisti: uno spilungone ultracinquantenne assieme un NANO privo di età.
Lo spilungone dai capelli corti ricci brizzolati aveva l’aria a metà tra un prestidigitatore e un presidente argentino, e l’adulto ipodotato d’altezza lo seguiva sempre. Entrambi vivevano le loro avventure in uno di quei posti californiani con le palme spalancati sull’oceano; il nano guidava una specie di mezzo speciale con due ruote cicciotte, forse elettrico, o mi sa che mi confondo, assieme allo spilungone, erano invece tutti e due su una di quelle automobili particolari, da spiaggia, tipo pedalò o ciclomotore a quattro ruote con il tetto bianco.

Insomma, succedeva sempre di tutto in queste puntate di Fantasilandia, i due tipi completamente vestiti di un completo tutto bianco da capo a piedi (il farfallino era nero ma l’ho fatto diventare bianco io con Gimp), erano al centro degli incontri con molti personaggi; in certe puntate vi erano anche delle cosiddette GUEST STAR, ovvero personaggi celebri del jet set hollywoodiano, i quali partecipavano con un cameo al telefilm, facevano presenza.
Gli attori misconosciuti si ringalluzzivano quando incontravano le GUEST STAR che, a differenza di loro, erano DAVVERO FAMOSE, ma loro non ci facevano più nemmeno caso. E si schernivano ma, sotto sotto, si vedeva che erano compiaciuti, anche se magari facevano finta anche in questo.
Non si capiva niente.

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Aspettando i cartoni animati, non seguivo bene, non capivo la storia, vedevo questo nano e l’altro che arrivavano con il loro mezzo non a motore, in mezzo a Palm beach o qualcosa di simile, non so se l’ambientazione fosse la California o la Florida. Parlavano, si muovevano, facevano come giochi di prestigio che non riuscivo a seguire, non capivo la puntata dove andasse a parare, attendevo che iniziasse il cartoon di una di quelle maghette giapponesi e i loro occhioni immensi e brillantissimi, con la sigla di Cristina D’Avena ragazzina.

Vedevo i loro ospiti (gli ospiti della loro tenuta tra le palme e l’oceano Pacifico o quello Atlantico, che sembrava un castello, sembrava Shangri La, bianca come i loro abiti) che parlavano con loro, prima erano sorpresi, si attendevano chissà cosa, si aspettavano chissà quali spettacoli, quali magie, e alla fine rimanevano delusi. Il duo aveva il compito, puntata dopo puntata, di esaudire i sogni di quelli che incontrava: questi americani, questi statunitensi sempre bisognosi di sognare, di illudersi, sempre scontenti della realtà. E, alla fine succedeva qualcosa per cui – dopo anche aver incontrato le GUEST STAR dell’episodio – gli statunitensi capivano che era meglio la loro vita normale, di tutti i giorni, quella di cui si lamentavano, rispetto all’illusione regalata loro da quei due, anzi, soprattutto da quello alto, perchè quello basso, se non ricordo male, faceva più da spalla che altro anche se, magari, in qualche puntata era lui, a differenza del solito, che risolveva tutto, o qualcosa di simile.

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Tengo a precisare che, all’epoca, il senso di Fantasilandia non lo capivo, come ho detto, vedevo che succedevano tantissime cose, puntata dopo puntata, ma le seguivo come seguivo i labiali finti dei cartoni animati, come si vede boccheggiare un pesce rosso preso ai baracconi dentro la boccia di vetro.
Solo successivamente, andando a reperire qualche libro in biblioteca, smanettando coi motori di ricerca, alla fine ho capito quasi tutto, ma questo accadde solo anni e anni dopo.

Vedere anche https://civiltascomparse.wordpress.com/2013/05/08/appunti-tratti-dal-mio-quaderno-11-a-mente-fredda-a-bocce-ferme-con-quasi-due-mesi-di-ritardo/

e https://civiltascomparse.wordpress.com/2014/12/28/due-papi-e-la-profezia-di-san-malachia-che-potrebbe-autoavverarsi/





La fine esami di maturità dei ragazzi della III C

22 01 2015

 

 

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….. IO comunque voglio DIRE una cosa: ditemi Voi chi NON si commuove davanti alla SCENA de “I RAGAZZI DELLA TERZA C” in cui finalmente terminano l’ ESAME di MATURITA’ e abbandonano per SEMPRE la SCUOLA teatro delle loro “mille avventure”, e, mentre escono, ognuno incontra IL NUOVO SE STESSO pronto a RIMPIAZZARLO nell’ Eterno Ritorno della Storia che si ripete, tutti incontrano “I NUOVI LORO”, perché il LORO TEMPO è stato fatto e adesso tocca agli ALTRI, tutti che ENTRANO mentre loro ESCONO per l’ULTIMA volta, e alla FINE rimane il solo CHICCO LAZZARETTI a osservare il CORRIDOIO, dove in anni e anni ne hanno combinate di ogni, ora DESERTO. Silenzio. E’ finita. Gli ANNI ’80 stanno volgendo al TERMINE. Poi esce. la VITA ADULTA lo aspetta, per SEMPRE. Tiratemi fuori IL LAUREATO, FANDANGO, Y TU MAMA TAMBIEN, AMERICAN GRAFFITI finché Vi pare, ma io non riesco a vedere questa scena senza PIANGERE. Quindi vuol dire che il vecchio, fuckin’ VERO Cinema ha fatto il suo sporco e UNICO lavoro: EMOZIONARE.

Davide Scovazzo