In questa puntata della serie “catastrofi sfiorate” ci concentreremo sull’anno 1974 in Italia, durante la maggior crescita e il culmine dell’eversione di estrema destra. Il 1974 è un anno decisivo per il cambiamento degli equilibri politici e l’iniziativa militare degli estremisti è più forte che mai; l’estremismo nero e le organizzazioni autoritarie hanno infatti cellule molto numerose, ben distribuite sul territorio nazionale e spalleggiate da una parte dei servizi segreti.
L’azione dello stragismo nel 1974 è sullo sfondo di una guerra tra due indirizzi d’azione presenti all’interno dei servizi segreti: l’ala più legata alla collaborazione con l’estrema destra volta a instaurare una dittatura militare di tipo presente in Grecia fin dal 1967, contro l’ala che pensa invece a una stabilizzazione del paese di tipo democratico presidenzialista alla francese ma senza comunisti e sindacati tra i piedi. Queste due posizioni si erano già delineate ai tempi della bomba di Piazza Fontana nel 1969 e anche da prima ancora, ma nel 1974 questa guerra sotterranea diviene violenta più che mai e provoca scintille che si concretizzano in minacce, agguati, arresti, sparatorie e soprattutto attacchi terroristici esplosivi, sia concretizzatisi (come a piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio e sul treno Italicus il 4 agosto) sia sventati, e alcuni di quelli sventati sarebbero stati assai più catastrofici di quelli avvenuti.
La guerra sotterranea è alimentata da uno scenario internazionale in piena evoluzione che porta alla fine delle dittature in Portogallo e in Grecia mentre negli Stati Uniti il presidente Richard Nixon è costretto a dimettersi in conseguenza del suo coinvolgimento nello scandalo Watergate.
L’azione di coloro che progettano le stragi (soprattutto i movimenti fascisti semi-clandestini Avanguardia Nazionale e Ordine Nero) punta a fungere da miccia per indurre l’ala dei servizi segreti italiani che vuole fare un colpo di stato di tipo dittatoriale militare. Nessun anno come il 1974 annovera una così numerosa serie di voci, progetti o minacce di colpo di stato. Il Movimento Sociale Italiano, dopo i successi politici ed elettorali del 1971-1972, è ora sotto tiro dall’opinione pubblica perché viene considerato vicino agli ambienti in cui si progettano quegli attacchi terroristici.
La strage sventata sul treno Torino-Roma
Già da prima dell’inizio del 1974 vi fu il rischio di una strage di grosse proporzioni: il 7 aprile 1973, infatti, un certo Nino Azzi, ventunenne affiliato di Ordine Nuovo (che verrà sciolto dal ministro dell’interno Taviani proprio a fine 1973) appartenente al gruppo milanese della Fenice, è colto sul fatto mentre intendeva attivare dell’esplosivo a bordo del treno Torino-Roma. L’attentato al treno di cui l’esecutore era questo Azzi avrebbe provocato una carneficina se l’ordigno fosse esploso (com’era programmato) in una galleria appenninica. Un chilogrammo di tritolo venne collocato nella toilette di uno degli affollati convogli. Ad Azzi, nel tentativo di attivare l’esplosivo, scoppia il detonatore tra le mani. Una volta in tribunale confessa il suo obiettivo: fare una grossa strage – per fortuna sventata – in modo da favorire un colpo di stato in Italia.
Tra gli altri progetti (sventati o annullati) del gruppo Fenice di Ordine Nero vi fu anche un attacco alla Coop di Bollate con esplosione di camion minati e un attentato all’Università Cattolica di Milano.
D’altra parte, in quei due anni i traffici di esplosivi erano in auge più che mai. In due rastrellamenti avvenuti nel Nord Italia nel 1973 furono sequestrate due tonnellate di polvere esplosiva, migliaia di pistole e di candelotti di tritolo. A Sonico in una delle valli di Brescia, il 9 marzo 1974 vengono fermati due uomini di Avanguardia Nazionale con a bordo del loro veicolo 8 chili di plastico esplosivo e 364 candelotti di tritolo. Poco prima dell’esplosione a Brescia in piazza della Loggia (che porta al culmine la stagione delle bombe), il 19 maggio 1974 Silvio Ferrari, neofascista ventunenne, salta in aria a bordo della sua Vespa perché gli esplodono i candelotti che stava trasportando sotto il sedile: una delle rivendicazioni della bomba in piazza fu la vendetta per la morte di questo Ferrari.
L’attacco ai treni del 1974 venne iniziato il 29 gennaio a Silvi Marina, in provincia di Teramo, dove è collocata una carica sui binari destinata all’espresso Milano-Bari. L’ordigno non esplode perché l’inatteso passaggio di un treno merci trancia la miccia esplosiva.
La strage sventata del rapido Parigi-Roma a Vaiano
Un’altro gravissimo attacco che non ebbe luogo fu il fallito attentato alla linea ferroviaria a Vaiano, vicino Prato in Toscana il 21 aprile. L’ordigno è posto sulle rotaie e mira a colpire il rapido Parigi-Roma con l’obiettivo di provocare centinaia di morti. L’esplosione rompe una ventina di metri di ferrovia prima che vi transiti il convoglio ma lo sbriciolamento della struttura fa saltare l’allarme cosicché il treno si arresta senza conseguenze per i viaggiatori. Il fallito attentato di Vaiano provocò una cappa di inquietudine perché la popolazione cominciava ad avvertire come una spada di Damocle sospesa sopra la sua testa.
Tanto per dare un’idea della folle attività terroristica di quell’anno, soltanto in tre giorni, dal 21 al 23 aprile, si registrano: il fallito attentato ferroviario a Vaiano, al quale seguono gli attentati di Milano e Lecco (un terrorista nero colto in flagrante), i tentati incendi a Palmi vicino Reggio Calabria, una grave aggressione squadrista a Napoli. Un pugno di estremisti neri il 23 aprile alle due di notte piazzano una carica di un chilo e mezzo di tritolo a Moiano vicino Perugia che fa saltare in aria la casa del popolo, la chiesa e gli edifici circostanti. Gli attentati di Lecco, Milano e Moiano sono rivendicati da Ordine Nero e avrebbero dovuto costituire una sequenza destabilizzante se a Vaiano fosse avvenuta la strage progettata. Il 10 maggio altri due attentati di estrema destra a Bologna e Ancona: la prima azione viene vista dalla magistratura come una tentata strage: una carica di esplosivo è infatti piazzata in un edificio del quartiere Bolognina in cui vivono 36 persone.
Il progettato attentato al presidente Giovanni Leone
Pochi giorni dopo la bomba di piazza della Loggia, il 2 giugno, c’è la consueta parata commemorativa della Repubblica e l’atmosfera è satura di minacce all’ordine democratico che si alternano a voci di un possibile nuovo attentato, preoccupazione espressa anche dall’ambasciatore statunitense. Uno dei più autorevoli pentiti dell’estremismo nero rivela che era in progetto in quei giorni di attentare alla vita del presidente Giovanni Leone durante la parata della festa della Repubblica, particolare confermato in tribunale da più di un estremista nero.
La strage del treno Italicus Roma-Monaco doveva essere molto più grave
Il 4 agosto 1974 un ordigno ad alto potenziale esplode sul treno Italicus Roma-Monaco al termine della Grande galleria dell’Appennino, nelle vicinanze di San Benedetto Val di Sambro in provincia di Bologna: tra tutti gli attentati che si sono succeduti da quello di Piazza Fontana di dicembre 1969 in poi è il più cruento poiché muoiono bruciate 12 persone e ci sono più di 40 feriti (l’esplosivo adoperato fu di identica origine dell’esplosivo usato per la fallita strage di Vaiano). Il convoglio, proveniente da Firenze, era di 17 carrozze con a bordo 342 passeggeri, probabilmente l’esplosione fu prematura o anticipata perché l’obiettivo era o quello di far esplodere la carica una volta che il treno fosse giunto alla stazione di Bologna – evento esplosivo che si concretizzerà davvero poi il 2 agosto 1980 procurando il maggior numero di vittime per un attacco terroristico in Italia – o farla esplodere in mezzo alla galleria. Al momento dello scoppio il treno Italicus viaggia con 23 minuti di ritardo. Sia che l’esplosione fosse avvenuta a Bologna sia che si fosse verificata in mezzo alla galleria, gli effetti dell’attentato sarebbero stati più gravi: a Bologna avrebbero coinvolto molte altre persone e altri treni (proprio come si sarebbe visto esattamente sei anni dopo), nel caso fosse avvenuta in galleria (come successe in seguito, poco più di dieci anni dopo, nella strage del Rapido 904 il 23 dicembre 1984) tutti i 342 passeggeri sarebbero morti per asfissia a causa della termite, composto altamente velenoso presente nella bomba. Il fatto che l’attacco al treno Italicus sia una specie di “riassunto anticipatorio”, di “crocevia retro-causale” di altri eventi terroristici che sarebbero avvenuti in futuro, lo vediamo anche nel fatto che anche Aldo Moro avrebbe dovuto essere uno dei passeggeri del treno ma venne bloccato a Roma alla stazione Termini all’ultimo minuto per firmare dei documenti urgenti: lo stesso Aldo Moro il quale verrà poi rapito dalle Brigate Rosse in un agguato il 16 marzo 1978 che costò la vita ai suoi agenti di scorta.
Poco meno di un mese prima della strage di San Benedetto Val di Sambro, il 6 luglio, è collocata sui binari una potente carica di tritolo a Fesca, vicino Bari, che scoppia intorno alle 19,30 senza causare danni a persone. Il bersagio è il treno da Milano.
La strage mai avvenuta all’arena di Verona
Dopo Brescia e l’Italicus, la sanguinosa stagione stragista del 1974 avrebbe dovuto continuare con un attentato ancora più cruento dei precedenti: una bomba all’arena di Verona durante un concerto estivo. L’episodio, emerso da numerose confidenze nell’ambiente carcerario, è ritenuto dai giudici “non un’ipotesi ma una certezza”, per quanto la ragione che avrebbe indotto a rimuovere la carica già collocata (la consapevolezza di causare un massacro di proporzioni mai viste) non appare convincente essendo antitetica a ciò che gli estremisti neri hanno sempre proclamato [ovvero lo sprezzo della vita umana].
L’annullato crollo della diga Creva
Fino all’inizio dell’anno successivo, le cellule eversive continuano a progettare attentati e piani di uccisione su vasta scala in luoghi molto affollati . Il 28 ottobre a Varese sono compiuti altri arresti tra la destra radicale. Sui fermati cade il sospetto che volessero far saltare la diga Creva che regola la portata d’acqua dal lago di Lugano al lago Maggiore, inondando i paesi circostanti [avrebbe forse provocato quindi un disastro simile a quello di Longarone nell’autunno 1963]. Contemporaneamente, il 3 novembre, doveva esplodere una bomba allo stadio di Varese durante un incontro di calcio.
Una strage sventata presso Firenze
Dopo l’Italicus non è abbandonato l’attacco ai treni: Il 3 settembre, sotto un cavalcavia alle porte di Firenze, sono infatti scoperti tre chili di dinamite (90 candelotti, 50 metri di miccia) che potevano causare un’esplosione potenzialmente più grave di quella dell’Italicus.
Nell’autunno entra nel vivo l’attacco di Ordine Nero al ministro dell’interno Taviani (per via del suo anti-fascismo e del suo aver sciolto il gruppo Ordine Nuovo). Stavolta le bombe interessano Savona, il collegio elettorale di Taviani. Fra il 9 e il 23 novembre si registrano infatti a Savona sette attentati (di cui uno mortale) moltiplicati da falsi allarmi quotidiani.
Questa campagna era iniziata già in primavera: il 30 aprile 1974 viene assaltata l’abitazione del senatore Franco Varaldo, referente politico del ministro dell’interno Taviani, atto terroristico preannunciato al ministro qualche giorno prima con una lettera minatoria.
La strage sventata al treno Savona-Torino
L’episodio più grave che colpisce Savona avviene comunque sabato 16 novembre a Cimavalle, a otto chilometri dalla stazione ferroviaria della città: nel pomeriggio un congegno trancia oltre un metro di binario della linea Savona-Torino, proprio a neanche cento metri dal viadotto dell’ Acquabona. Un uomo, un certo Quinto Querini, assiste allo scoppio e corre coraggiosamente incontro al treno riuscendo a farlo arrestare all’ultimo minuto utile ed evitando che il convoglio quasi certamente finisca con i suoi 62 passeggeri giù dal viadotto alto 70 metri.
L’azione eroica di Quinto Querini, in seguito, verrà ricompensata da lettere minatorie e messaggi di morte provenienti da Ordine Nero.
Vedere anche:
Per la realizzazione di questo post di Civiltà Scomparse si ringrazia Mirco Dondi col suo libro inchiesta “L’eco del boato”.
Davvero notevole. Questo articolo mi porta anche a riflettere che almeno fino alla morte di Moro, la prima repubblica pur con tutti i sue mille difetti, fosse il sistema migliore che si potesse permettere l’Italia in un tempo in cui il post-moderno pur rampante era ancora semi-bilanciato da una società di tipo maggiormente storico-tradizionale, anzi mi viene da pensare che siamo stati davvero fortunati e che dobbiamo a quei politici enorme gratitudine, mi spiego meglio: l’Italia rispetto ad altri paesi occidentali, come spiegato in passato, era un crocevia e scenario principale di battaglia di diversi poteri anche per la sua posizione centrale e di snodo tra blocco Est ed Ovest, tra Africa ed Europa, tra medio oriente ed Occidente. I vari poteri erano Vaticano con appoggi di poteri di destra e moderati, Stati Uniti, Urss (in Italia vi era il più grande partito comunista di occidente), mafia, potere nero, probabilmente quello descritto da Joseph Farrel, che in Italia come dimostrato dal delirio anti-umano e psicopatico di questi attentati, era fortemente presente ed estremismo guerrigliero di sinistra. Forse questo enorme melting pot ci ha risparmiato il peggio, ma non ne sono sicuro, anche perchè se torniamo leggermente indietro nel tempo troviamo un altro avvenimento significativo che se si fosse verificato avrebbe completamente cambiato la storia italiana, ovvero il tentato colpo di stato di Borghese. Queste eminenze “nere” con collegamenti anche in Argentina (gelli e la p2), e le varie stagioni stragiste che propabilmente miravano alla creazione di un protettorato nero in Europa, in quello che Cuirchill chiamava ventre molle, non hanno comunque distrutto la democrazia in Italia che ricordiamolo con tutti i difetti permetteva ai fascisti di entrare in parlamento insieme ai comunisti e una forte libertà di espressione che spesso era ridotta più dal malato clima di estremismo politico piuttosto che dalle istituzioni. Non riesco a capacitarmi come nonostante questi attacchi terroristici estremi, le uccisioni di liberi pensatori, politici ed altri esponenti, la democrazia sia sopravvissuta in Italia.La stagione di attentati dell’isis in Francia ha creato una nazione sempre meno democratica e come violenza, numero ed intensità non possono essere paragonati alla stagione stragista italiana, così come tutto quello successo con al qaeda. L’Italia era in un vero e proprio stato di guerra che non ha paragoni in nessuna nazione occidentale dal post seconda guerra mondiale. Se fosse successo nel nostro periodo avremmo avuto lo smantellamente dello stato democratico, isteria e blocco della società civile.
Bravissimo Mediter, questo tuo lungo commento mi ha fatto proprio riflettere: io sono sempre stato sostenitore del fatto che l’Italia poteva e può benissimo essere un paese come e meglio degli altri (europei e non solo) ma, da secoli, ha una vita difficile e tormentata a causa della sua posizione geografica eccezionale, vero e proprio crocevia tra mondi diversissimi. L’Italia è una specie di singolarità geo-strategica, è un campo di battaglia totale.